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Cavallerizzo: presentato il progetto esecutivo

di
Oreste Parise (Mezzoeuro Anno V num 47 del 25/11/2006)

Rende , 22 novembre 2006

Eppur si muove ... Più di un anno e mezzo è passato da quella notte piovigginosa che ha spazzato via interi fabbricati a Cavallerizzo, costringendo il resto della gente ad una forzata evacuazione. The show must go on. La vita ha ripreso il sopravvento ed è ricominciato il suo sonnacchioso ciclo. Ognuno ha cercato una soluzione per sé e per la propria famiglia, precaria e provvisoria per la gran parte. La ferita in fondo al cuore quella non si è ancora rimarginata. Le notti di pioggia provocano ancora incubi a bambini ed adulti che hanno vissuto quell'esodo notturno quando hanno visto le case inghiottite nel ventre della terra aspettando il chiarore dell'alba.

La comunità ha perso la sua anima. Ha trovato ospitalità nei paesi vicini, che hanno manifestato simpatia ed amicizia. Tuttavia è rimasta una faglia invisibile nei sentimenti, una frattura profonda che li divide dagli altri. Il bar di Lucio alla Vona è un punto di riferimento e di ritrovo, l'agorà dove si rivivono gli attimi di terrore, si raccontano episodi e leggende antiche, si ricorda ogni pietra, il profumo di ogni zolla frantumata dal calpestio nel diuturno ciondolare per ogni via del paese alla ricerca di un amico, del profumo dell'aneto o dei fiori di ginestra. È un piccolo segno di rinascita, la continuazione di un rito dal sapore antico. Un tressette tra amici, le infinite dispute tra "patruni e sutta" su chi subirà l'onta di andare "urmu". Un bicchiere stretto tra le mani come un ambito trofeo, un segno di complicità e di amicizia che continuerà nelle lunghe passeggiate.

La comunità, o quel che resta di essa, ritrova sé stessa chiudendosi. È una sorta di ritorna al grembo materno, una ghettizzazione volontaria per difendere la propria identità, per conservare la memoria. Non vi sono barriere o confini, non vi sono cartelli che limitino l'accesso agli "altri". Tuttavia, di fatto si è creata una invisibile barriera che impedisce una immersione nella nuova realtà sociale. Si vive nel passato tra speranze ed illusioni, corroborandosi nel ricordo. Un clima di nostalgia ed attesa. Almeno però si vive un'atmosfera comunitaria. Aver compagno al duol scema la pena, secondo un proverbio antico.

La maggioranza, però, sta dispersa nelle case di fortuna, alla ricerca di un volto familiare, di un'abitudine antica, un vecchio portico o quattro scalini dove scambiare pettegolezzi sui piccoli avvenimenti quotidiani. Sono perennemente avidi di notizie, di una parola di rassicurazione sulla ricostruzione. Si scruta l'interlocutore per coglierne ogni più intimo pensiero, per alimentare la propria voglia di vedere sorgere l'alba dalla finestra della nuova casa.

In questo clima surreale, tra suggestioni e difficoltà, la vita si snocciola lenta, avvolta in una patina di rassegnazione. L'attesa. Rode e corrode gli animi, soprattutto degli anziani, che vedono lontano il giorno della rinascita.

Una comunità lacerata come quella di Cavallerizzo, strappata alla sua sonnacchiosa quotidianità, è ansiosa per il proprio futuro, sulla possibilità di riprendere il cammino interrotto.

Il pensiero di tutti corre incessantemente alla ricostruzione, ai quei cartelli apparsi in località Pianette ed a Colombra che testimoniano l'inizio del processo che si preannuncia piuttosto lungo. Addirittura eterno per gli anziani che disperano di poter vedere quel giorno.

In questo clima si alimentano dubbi e incertezze, si crea confusione mettendo in discussione la volontà di realizzare il nuovo centro abitato. Sono apparsi articoli sui giornali e corrono voci preoccupate sul processo di ricostruzione.

La responsabilità dell'Amministrazione civica è enorme. Col passare dei mesi si è dimostrata incapace di cogliere gli umori di una umanità ferita, di rappresentarne i disagi e trasformarli in soluzioni. Ha alimentato risentimenti e rancori, tracciando un solco profondo con il resto della collettività. Si è dimostrata impreparata a gestire un momento straordinario che richiedeva metodi ed attenzione politica particolare. Superando i vecchi steccati tra gli opposti schieramenti, che da troppo tempo hanno frantumato la coscienza collettiva in una assurda contrapposizione personale e familiare. La collettività di Cerzeto si ritrova ancora più divisa. Proprio nel momento in cui vi sarebbe stata necessità di una "Giunta unitaria", di un governo cittadino proiettato nel futuro, preoccupata di far sorgere non solo un nuovo nucleo abitativo, ma di forgiare lo spirito collettivo. Niente di tutto questo è avvenuto.

La ricostruzione va avanti a dispetto e nonostante questi evidenti limiti della rappresentanza ufficiale del comune. La ricostruzione va avanti proprio per l'intervento di un organismo esterno che è stato investito del problema, per l'esautoramento della dirigenza locale. A farsi garante è la Protezione Civile, la responsabilità personale di Guido Bertolaso e la sua équipe che sta svolgendo un egregio lavoro di ricucitura tra le istituzioni e la comunità. Fin qui è stata l'unica istituzione che ha dato risposte, preoccupandosi di tutte le complesse fasi della gestione dell'emergenza prima e della ricostruzione dopo.

È una chiara dimostrazione dell'incapacità della regione di trovare una adeguata classe dirigente a tutti i livelli. Lo stesso Governo regionale si trova impaludato in un meccanismo che inibisce la capacità decisionale, impedisce di affrontare la soluzione dei problemi in favore di una continua ricerca di alchimie premianti per amici e parenti.

In questa opera ha avuto un sostegno concreto da parte del Comitato Civico che si prodigato in questi lunghi mesi a rappresentare i bisogni e le esigenze di tutta la comunità di Cavallerizzo, tra il velato scetticismo del sindaco che non ha mai nascosto di giocare una guerra "di potere per il potere" piuttosto che una faticosa ricerca di soluzione dei problemi, che gli avrebbe certamente consegnato quella leadership che insegue vanamente con atteggiamenti "cesareschi". 

Sono proprio i rappresentanti della Protezione Civile a sottolineare il positivo ruolo svolto da questo organismo creato spontaneamente che è stato subito riconosciuto come valido interlocutore. Il suo contributo più importante è stato il ruolo di aver favorito l'amalgama della comunità, prodigandosi in una opera di sistematica informazione in incontri settimanali dove è andato lentamente dipanandosi il complicato groviglio di interessi e bisogni.

"Tutti noi sentiamo di dover rimarcare il comportamento tenuto dalla popolazione, che ha dimostrato una dignità ed una compostezza che non abbiamo riscontrato in nessuna altra parte d'Italia. Questo ci ha imposto un obbligo morale di non abbandonarli, di non tradire la loro fiducia, di volere corroborare il senso dello Stato, lo spirito di sacrificio. La loro determinazione non si è tradotta in una contestazione violenta, ma ha assunto la forma di una partecipazione civile. Ci siamo sentiti obbligati a sentire le loro voci, a cercare di dare risposte ai loro problemi", afferma l'Ing. Natale Mazzei della Protezione Civile.

Per una volta è necessario sottolineare in senso positivo il loro essere arberësh, una comunità che porta ancora le stigmate della storia, di fughe e patimenti, delle lunghe sofferenze e delle ribellioni che li hanno portati a partecipare ai movimenti carbonari e rivoluzionari, alle insurrezioni ed alle lotte brigantesche con un tributo di sangue alla libertà. Per secoli si sono sentiti respinti, rifiutati, hanno sentito ripetere centinaia di volte la cantilena: "quannu vidi nu ghegghiu e nu lupu, spara prima lu ghegghiu e pui lu lupu ..." Oggi se ne deve sottolineare la fierezza, l'orgoglio e la compostezza di fronte all'ennesima avversità che li ha colpiti.

L'amministrazione comunale è assente o si esprime in forme contraddittorie. Eppure al di là della ricostruzione del centro abitato i problemi sono tanti. A cominciare dalla viabilità che è rimasta pressoché allo stato in cui era all'alba di quel 7 marzo del 2005. Qualche rattoppo alla vecchia interpoderale che collega Cerzeto con Mongrassano Scalo e poi null'altro. Lo stesso rattoppo mostra già i segni dell'usura che un sovraccarico rende sempre più evidenti e le esigenze legate al cantiere per la costruzione del nuovo centro abitato provocheranno nuove profonde ferite nel manto stradale. Sono previsti interventi più radicali per favorire il trasporto del materiale, ma i tempi si allungano senza che si intravede una concreta soluzione.

Ad una lunga peregrinazione è legato il collegamento con San Marco Argentano, centro commercialmente più importante del territorio che in questi lunghi mesi ha subito un tracollo delle attività, avendo perduto un vasto bacino di utenza, da Rota Greca a San Martino di Finita, da Torano a Cerzeto. In alternativa si utilizza un'altra bretella interpoderale ripida, stretta e dal manto stradale in molti tratti sconnesso. È già un miracolo se ancora non si sono registrati incidenti di rilievo. Ci si augura che non sia necessaria una tragedia per intervenire.

In costruzione risulta un breve tratto che dovrebbe ripristinare i collegamenti con Mongrassano, dal torrente Turbolo fino a Borgo di Serra di Leo, a ovest del centro abitato. Il tracciato sembra disegnato a bella posta per creare più problemi di quanto promette di risolverne. Segue un antico tratturo che poggia interamente su un terreno argilloso. I lavori di costruzione potrebbero sconvolgere il fragile equilibrio scatenando movimenti franosi che non sono certo sconosciuti in quell'area. Non sarà inutile ricordare che a poche centinaia di metri si erge Mongrassano, anch'esso minacciato seriamente da movimenti franosi. Inoltre, le pendenze sono così accentuate da risultare problematiche proprio per i mezzi pesanti, come camion e pullman, che dovrebbero essere i primi a poterne beneficiare. Solo le autovetture potranno utilizzarla. E con molta cautela, specialmente d'inverno con la pioggia e l'acqua gelata.

Questo non è l'unico ostacolo. Resta la barriera di Cerzeto, con le sue strettoie che non consentono l'accesso ai mezzi pesanti.  Ma di una circonvallazione dell'abitato non esiste traccia, al momento.

Nessuna ipotesi concreta sembra avanzarsi per una operazione di rigenerazione naturalistica dell'area. Eppure la faglia di San Fili, che passa sopra gli abitati di Rota Greca, San Martino di Finita, San Giacomo, Cerzeto, il fu Cavallerizzo e Mongrassano, mostra evidenti segni di "vitalità", che si ripercuotono in diversa misura sull'intera area. Cavallerizzo in fondo, è l'unico ad aver "risolto" i suoi problemi. Ma resta una minaccia ed una preoccupazione per tutti gli altri.

Nonostante il lungo tempo trascorso e le segnalazioni fatte anche attraverso questo settimanale, resta tuttora irrisolto il problema del recupero dell'archivio del comune lasciato nella Scuola Elementare di Cavallerizzo, con porte e finestre sfondate, i faldoni sparsi per terra, esposti al vento ed all'umidità. A Napoli, sotto i bombardamenti americani, ci si è affannati a salvare il Grande Archivio borbonico. A venti mesi di distanza non si è riusciti ad organizzare una squadra di volontari per riprendersi parte della memoria della collettività.

Altrettanto lontano appare l'interesse per le problematiche urbanistiche che dovrebbero essere la principale preoccupazione considerata la ferita profonda che si è venuta a determinare sul territorio.

Se non intervenissero fattori esogeni, interventi dall'esterno gli abitanti di Cavallerizzo avrebbero una sorte simile ai baraccati del terremoto del 1905, che ancora attendono un tetto. Ormai si tratta dei nipoti ...

Martedì 21 nell'aula consiliare è stato presentato il progetto esecutivo. Una riunione che ha visto la presenza di un folto pubblico, per la maggioranza direttamente interessati a conoscere la loro sorte. Erano presenti il sindaco, l'Ing. Rinaldi in rappresentanza del Capo della Protezione Civile trattenuto a Napoli per l'emergenza rifiuti, i responsabili della ditta appaltatrice e lo studio professionale che ha materialmente redatto il progetto. Esso ricalca fedelmente il preliminare già noto, conferma la volontà di voler riproporre le gjitonie, di tentare una operazione di restauro sociale, ricreando le condizioni che consentono le interelazioni personali, il formarsi di legami profondi creati dal vissuto al di fuori dei vincoli di parentela.

Una boccata di speranza, una iniezione di fiducia. Nonostante tutto, non sono mancate le polemiche, tra il sindaco e il Comitato Civico, a cui è stato impedito di partecipare ai successivi lavori, definiti tecnici. La trasparenza e la adeguata pubblicità hanno sempre favorito l'instaurarsi di un clima di partecipazione e fiducia. La riservatezza può essere necessaria in alcuni momenti, quando sono in gioco interessi personali o informazioni riservate che nulla attengono al procedimento amministrativo. Non trovano giustificazione alcuna quando sono solo un pretesto per la delimitazione di ruoli.

La ricostruzione sembra incanalata su un giusto binario. I fondi stanziati sono accantonati nel bilancio della Protezione Civile, al riparo delle manovre della Legge Finanziaria, l'impresa ha le capacità tecniche e le risorse finanziarie per portare a buon fine l'operazione, il soggetto attuatore si dimostra interessato ed attento. Bisogna certo mantenere un vigile controllo democratico per evitare ritardi e rallentamenti, ma un sano ottimismo aiuta la comunità a superare questo lungo momento di disagio.


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