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Nel Sud il credito è ancora un problema (intervista a Emilio
Contrasto)
di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno
VI num. 44 del 3/11/2007)
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Rende, 30 ottobre 2007
La FALCRI
storicamente nasce come
sindacato delle Casse di Risparmio, che ha avuto in Calabria un
importante
ruolo soprattutto per la presenza della Cassa di Risparmio di Calabria
e
Lucania. A dispetto dei grandi mutamenti intervenuti e normativi e
istituzionali resta tra i principali sindacati del settore, il primo in
Calabria. Le casse di risparmio sono scomparse, così come le banche
popolari
che costituivano le principali istituzioni creditizie in Calabria. Con
esse si
sono dileguate le direzioni generali e le professionalità che vi
operavano.
Restano le organizzazioni sindacali di categoria per poter
discutere di
credito.
Emilio Contrasto
è il Segretario responsabile della FALCRI – Gruppo UBI Banca. Il
prossimo
avvio di Basilea 2 non ha trovato ancora grande eco, ma potrebbe
determinare
gravi restringimenti creditizi per le imprese calabresi, già oberate da
un
differenziale di tassi che incide sui costi aziendali e stenta a
scomparire.
Con lui abbiamo discusso sui principali problemi del credito nella
regione.
Intervista a Emilio
Contrasto,
Segretario
Responsabile della FALCRI – Gruppo UBI
Banca
- Cosa rappresenta la FALCRI in Calabria?
- Nel settore
del credito è da sempre uno dei sindacati di riferimento, poiché era il
più
rappresentativo delle organizzazioni di categoria operanti nella
vecchia Cassa
di Risparmio di Calabria e Lucania. Nasce per la rappresentanza dei
lavoratori
nei confronti dell'ACRI, l'associazione delle Casse di Risparmio, poi
confluita
nell'ABI. La Falcri ha continuato il suo cammino ed ancora il sindacato
di
riferimento dei bancari nella regione.
- Ma che fine ha fatto
la Carical?
Tra le tante vicissitudini ormai nessuno riesce più a seguirne le
tracce.
- Sono tanti anni che non esiste più. La Carical porta
nel suo
nome una reminiscenza della vecchia istituzione, ma la Banca, Banca
CARIME SpA, è oggi
espressione esclusiva
della proprietà, con il territorio non ha più niente da condividere.
- In che modo
l'equilibrio nella
struttura bancaria nel Mezzogiorno influenza la politica del credito.
In
particolare quale sarà l'impatto della prossima entrata in vigore delle
norme
di Basilea 2?
- Non parlerei
di Basilea 2 che detta regole generali che vanno comunque applicate a
tutto il
sistema del credito. Anche le banche locali sono, quindi, tenute ad
uniformarsi,
costringendo le aziende clienti ad attenersi. Ricordiamo che si tratta
di
applicare coefficienti oggettivi di patrimonializzazione, di copertura,
di
modalità di accesso al credito.
- C'è però una grande
preoccupazione per l'approssimarsi della scadenza del 1 gennaio
prossimo, per
la temuta restrizione del credito. Queste misure incidono in maniera
molto più
stringente nel Mezzogiorno dove vi è una sotto capitalizzazione
endemica. Quale
ruolo gioca l'assenza di una importante banca locale?
- Basilea 2 è un
processo normativo che coinvolge il sistema del credito nella sua
interezza.
Credo quindi che da questo punto di vista l'essere una banca del
territorio non
influenza significativamente la politica del credito. Da un punto di
vista dei
requisiti richiesti alle imprese cambia poco o nulla, poiché essi sono
fissati
nella norma e non possono essere gestiti discrezionalmente.
- Questo è vero, ma
l'applicazione
della norma può essere più o meno morbida, ci può essere più attenzione
per la
specificità del sistema imprenditoriale meridionale, avere la capacità
di
leggere le sensibilità del territorio.
- Considerando
in modo rigido il dettato normativo, di fatto Basilea 2 costituisce una
rivoluzione nel modo di concepire il rapporto banca-impresa. La
rigidità della
norma abbatte di molto la discrezionalità e mortifica la flessibilità
del
rapporto. L'attività bancaria assume un carattere rigido, automatico.
Nel
vecchio modello era strategico il ruolo del direttore/gestore che
doveva
imparare a conoscere i propri clienti, ad instaurare dei rapporti
diretti,
cercando di interpretare i loro bisogni. Oggi non è già più così ed
ancor meno
lo sarà dal primo gennaio prossimo. La valutazione delle aziende si
baserà su
dei meri coefficienti tecnici, desunti dai dati di bilancio, che sono
degli
elementi rigidi, asettici. Si elimina completamente l'elemento
soggettivo - e
discrezionale - nella valutazione. Se noi ragionassimo in modo
pedissequo in
termini di Basilea 2 e l'applicassimo in maniera automatica, la
concessione
creditizia diventerebbe un fatto completamente automatico, con una
limitata discrezionalità
nell'ammontare e senza poter influenzare le condizioni di accesso.
Ma in qualche modo gli effetti della cancellazione del sistema
creditizio
meridionale si sono fatti sentire, tanto che si era avanzata l'ipotesi
di una
"Banca del Sud" ...
- Ne
parlava
Tremonti. Ma lo scopo di Basilea 2 è proprio quello di eliminare dal
processo
di valutazione qualunque tipo di riferimento soggettivo. Basilea 2, se
venisse
applicato letteralmente, dovrebbe eliminare il gap – nel delicato
comparto
dell’erogazione del credito - tra la banca locale ed il resto del
sistema
operante sul territorio. La funzione della banca locale o, meglio, del
territorio dovrebbe essere quella di conoscere e gestire quel mercato
adeguando
a livello generale le politiche gestionali alle specificità del
territorio.
Conoscendo ad esempio la debolezza patrimoniale delle imprese essa
dovrebbe
attivarsi per incontrare i Consorzi Fidi e concordare con essi una
linea di
azione. In altri termini, dovrebbe essere in grado di
svolgere un ruolo attivo nel processo di
preparazione ed assistenza delle imprese clienti ad adeguarsi alle
norme rigide
imposte da Basilea 2, anche allo scopo di rendere economicamente più
agevole e
sostenibile il ricorso al credito.
Se questa è la situazione desta qualche preoccupazione l'approssimarsi
della
scadenza. È un aspetto di cui non si discute abbastanza considerati i
possibili
effetti restrittivi. Cosa succederà concretamente?
- Intanto diciamo che il problema riguarda l'intero
Paese,
anche se nel Sud l'impatto potrebbe essere molto più dirompente. Nel
Sud già vi
è una minore propensione al credito da parte del sistema bancario e
temo che
con l'entrata in vigore di Basilea 2 il problema sia destinato ad
acuirsi,
poiché le aziende avranno molte difficoltà a soddisfare le loro
esigenze di
credito e l’assenza di banche effettivamente vocate al territorio ed
alle sue
esigenze non consentirà di immaginare ed attivare concreti ed efficaci
strumenti di correzione del modello.
- Ma se la diagnosi è evidente, non è possibile immaginare una
terapia?
- La
risposta
andrebbe trovata innanzitutto nel sistema delle garanzie, che possono
effettivamente
aiutare le aziende a superare l'ostacolo e poi nel pretendere che le
aziende
creditizie svolgano effettivamente il loro ruolo sul territorio non
preoccupandosi esclusivamente di logiche reddituali interne. Le
debolezze sono
strutturali e non è pensabile che possano risolversi improvvisamente e
da sole.
- Il riferimento è ai Consorzi Fidi, che incidono sul quadro delle
garanzie, ma
lasciano inalterato i requisiti richiesti dalle valutazioni
automatiche. Le
aziende continueranno ad essere molto carenti sotto il profilo
patrimoniale e
reddituale.
- Se
una azienda
non ha un adeguato profilo reddituale viene meno uno dei presupposti
per la
concessione quando parliamo di credito legato ad un processo
produttivo. Una
azienda che non ha i requisiti minimi reddituali non ha la possibilità
di
remunerare neanche i fattori produttivi propri e non potrà certo
accollarsi i
costi del credito, né può dare alcuna prospettiva di rimborso poiché la
gestione aziendale non genera cash-flow.
- Ma il problema che si pone non è tanto il possesso o meno dei
requisiti
reddituali, ma la sua capacità di dimostrarlo. Sembra accettato da
tutti la
forte incidenza del sommerso, la sottofatturazione quasi generalizzata
delle
aziende meridionali. I bilanci, i rendiconti sono generalmente falsati
poiché
non tendono a rappresentare fedelmente la condizione reale
dell'azienda, ma
sono finalizzate alla definizione del loro rapporto con il fisco.
L'imprenditore meridionale sembra non avere alcun interesse a conoscere
lo
status aziendale, ma a minimizzare le imposte. L'obiettivo della
contabilità è
di sottrarre al fisco quanto più imponibile possibile. Questa sfasatura
crea
problemi con le banche, con i fornitori. Molto spesso anche aziende
floride
presentano situazioni contabili disastrose. Come uscire da questo
paradosso?
- L’esempio che
viene in mente è quello della botte piena e della moglie ubriaca. Non
si
possono avere entrambe… Qui non si tratta di un problema squisitamente
bancario, poiché coinvolge il modo di essere del nostro sistema
imprenditoriale. Le aziende che hanno necessità di ricorrere a mezzi di
terzi
per finanziare la loro attività dovrebbero mettere in conto che
l'accesso al
credito richiede una serie di requisiti. È un problema essenzialmente
culturale.
Non credo che una banca possa risolvere questo dilemma poiché è anche
essa tenuta
al rispetto della normativa, di qualunque natura essa sia.
- Ma può svolgere una funzione pedagogica, dialogare con gli
imprenditori
e con i
professionisti rappresentando quali siano i comportamenti idonei a
superare
questo gap.
- Questo è un
compito di tutte le banche, anche se le banche con un forte radicamento
territoriale
hanno una maggiore possibilità di dialogo e di confronto. Se
affrontiamo il
problema sotto il profilo gestionale il ragionamento è ancora diverso.
Essere
banca territoriale significa capire il territorio, entrare in simbiosi
con
esso, avere stretti legami con i referenti locali e dell'economia e
delle parti
sociali. Esse sono in grado di instaurare dei rapporti di
collaborazione con
gli agenti locali. La banca locale deve sapere anticipare le esigenze e
preparare in anticipo il terreno per l'inseminazione normativa evitando
che si
producano poi frutti amari e, soprattutto, che il mercato e gli
operatori si
presentino impreparati ai nuovi eventi.
- In che modo può
svolgere questo ruolo?
- Mettendo in
campo una serie di prodotti, attività e funzioni che siano in grado di
soddisfare le mutate esigenze indotte dai cambiamenti normativi. Il Sud
non è
uguale al Nord, questo è un dato storicamente indubitabile. Si parla di
unità dei
mercati, di globalizzazione... La nostra economia è debole, le
esigenze
delle imprese calabresi non sono identiche a quelle di Milano o di
Bergamo. Qui
abbiamo un tipo di approccio che è completamente diverso anche nelle
procedure.
Consideriamo, ad esempio, un tipico risparmiatore settentrionale.
Quando va in
banca ha già in mente l'investimento che vuole porre in essere.
Ha già
metabolizzato i nuovi strumenti, per cui il tradizionale libretto o
certificato
di deposito è diventato quasi un pezzo di antiquariato. Il
risparmiatore del
Sud è molto più conservatore e si affida al suo dipendente bancario di
fiducia
il quale, a sua volta, si sente anche direttamente coinvolto nella
scelta del
cliente in quanto direttamente coinvolto.
- Anche qui però vi sono stati profondi mutamenti.
- Non vi è
dubbio, ma persiste una quota significativa di risparmio che si avvale
di
strumenti tradizionali. Se guardiamo il mondo delle imprese, questa
differenziazione è ancora più evidente e strutturale, anche a
causa della
piccola dimensione della media degli operatori economici meridionali
che per questo
motivo si presentano strutturalmente carenti sul lato della formazione
e delle
conoscenze.
- Ma qual'è il ruolo dei professionisti? In che modo interagiscono
in
questo
rapporto, considerato che si pongono come interfaccia ed influenzano ed
orientano il comportamento delle aziende? Perché non si è riusciti a
preparare
le aziende a questo traguardo?
- Vi
sono molti
problemi, ma l'eccessiva progressività del sistema impositivo e l'alta
percentuale del sommerso costituisce l'ostacolo maggiore. Un nuovo
imprenditore
ha la priorità di investire nella sua azienda per attrezzature,
pubblicità, materie
prime eccetera, ma si trova a dover competere da subito con uno Stato
che gli
chiede una serie di obblighi e di natura amministrativa e, soprattutto
di
natura fiscale, per imposte, contributi. Si trova inoltre in una
condizione di
enorme svantaggio rispetto a chi quelle regole non le rispetta e può
quindi tagliare
i costi di produzione e, conseguentemente, i prezzi di vendita. Per non
parlare
poi dei noti "oneri impropri" tipici del sud...
- Torniamo ai bilanci, o meglio al modo in cui vengono
confezionati. La
rappresentazione disastrosa che rappresentano è certo una delle cause
principali del divario di trattamento che viene spesso lamentato dalle
imprese
meridionali. Alla fine un prezzo lo si paga lo stesso. Il gioco vale la
candela? Il rapporto con le banche non sarebbe più facile se le aziende
avessero imparato a confezionare dei bilanci "true and fair"?
- Sembra che nel
Sud siamo di fronte ad una serie di aziende che, per definizione,
presentano bilanci
che mostrano margini minori di attività/profitto rispetto ad analoghe
aziende
operanti al Nord. Io non penso che sia così. Qui c'è innanzi tutto un
vero e
strutturale problema di mercato. Per tutta una serie di motivi -
infrastrutture, ubicazione, gestione, aspetti sociali, politica –
rappresenta
oggi un dato oggettivo e assodato che una impresa del Sud parte
comunque
svantaggiata rispetto ad una analoga concorrente del Nord. Oserei
dire
che, a parità di condizioni, una impresa del Nord è effettivamente meno
performante di una del Sud, perché qui un imprenditore deve affrontare
tutta una
serie di problemi che si traducono in un notevole aggravio di costi.
- Ma allora perché una azienda del Sud paga mediamente di più il
denaro?
- Per le ragioni
dette. Gli oneri propri ed impropri che una impresa del Sud deve
affrontare si
ripercuotono sui bilanci, che non sono falsati per ragioni fiscali in
misura
diversa di quanto avviene al Nord. Le difficoltà ambientali si
ripercuotono
sulla capacità di rimborso e Basilea 2 trasforma questa difficoltà in
un ulteriore
aggravio di costo.
- Resta una componente di sommerso che incide sui risultati
rappresentati
ufficialmente nei bilanci.
- Non sono così
convinto di questa equazione, non credo che sia questo il problema.
L'evasione
fiscale si presume che esista a tutti i livelli ed in ogni luogo, ma
non sono
certo questi i termini del problema. Sopratutto se parliamo di imprese
di un
certo livello. Il problema non è tanto di ricavi, ma di costi. E direi
di costi "sommersi". Qui esiste un problema ambientale.
Rispetto
alle imprese
del Nord, l'imprenditore meridionale si deve accollare oneri di
trasporto,
carenza di servizi, inefficienza della pubblica amministrazione ... e
pagare il
pizzo.
- Torniamo al problema più strettamente bancario. Possiamo
affermare che il
processo di ristrutturazione del sistema creditizio è terminato o
dobbiamo
ancora aspettarci altre evoluzioni? Quale potrebbero essere i riflessi
occupazionali di questi processi?
- Molto è già
avvenuto, ma è difficile che oggi siamo arrivati ad un nuovo
equilibrio. Vi
sono processi in atto ed altri potrebbero seguire nel prossimo futuro,
anche in
virtù delle esternazioni del Governatore Draghi che spinge le banche a
ricercare
efficacia ed efficienza. L'impatto occupazione è stato fin qui
drammatico.
Guardiamo ad esempio alla vicenda Carical. Quando nacque Banca Carime -
e siamo nel
1998 - i
dipendenti erano circa 5.500. Oggi, togliendo il numero di coloro che
vengono
utilizzati dalla Capogruppo per attività proprie, siamo rimasti 2.200
persone
ed è in atto un piano industriale che prevede ulteriori tagli. Il
trasferimento
delle funzioni direttive ed il processo di riorganizzazione hanno
comportato
una riduzione di personale superiore al 50%. Non dimentichiamo, poi,
che siamo
nel sud dove il lavoro è e resta la vera emergenza. La preoccupazione
principale dei banchieri è soddisfare le esigenze di pochi azionisti.
Per
ottenere questi risultati sempre più brillanti ed il benessere di pochi
eletti si
distribuiscono ai manager premi incredibili.
- Ma il sindacato è favorevole alle "stock option", vale
a dire
la
distribuzione di azioni quale premio di rendimento per i manager?
- Assolutamente
no. È una forma di incentivazione riservata a pochi eletti, del tutto
sproporzionata rispetto all'apporto che essi danno all'azienda, è una
forma di
remunerazione antisociale. È impensabile che una sola persona possa
ricevere
una stock option equivalente al costo di un anno di addirittura
due/tremila
giovani. Si potrebbe capire un premio di carattere accessorio rispetto
alla retribuzione.
Il Sindacato fatica tantissimo per riuscire a ottenere spazi per nuove
assunzioni e modesti incrementi salariali per i dipendenti e poi
assistiamo a
queste elargizioni milionarie. Uno scandalo.
- Ma qual'è oggi la condizione del
personale bancario, un tempo privilegiato?
- Quei tempi
sono lontani anni luce. Oggi nelle agenzie si vive un clima di stress
per le
continue pressioni che deve subire il personale anche per effetto del
taglio
sconsiderato del numero degli addetti. I colleghi sono letteralmente
con
l'acqua alla gola, non hanno più pace, torturati dalla mattina alla
sera da
“pressanti inviti “ a vendere tutto a tutti. All'interno delle filiali
di tutte
le aziende di credito si scoppia, è veramente una situazione
incredibile e temo
che ancora non sia raggiunto il peggio.
- Ma perché il sindacato non riesce a svolgere il suo ruolo come in
passato? Oggi
subisce i diktat aziendali ...
- Vi è in primo luogo un problema di natura
squisitamente
tecnico. Dieci anni fa tutte le principali banche erano aziende
pubbliche o
controllate dallo Stato, dove l'azione sindacale veniva maggiormente
garantita.
Il rapporto con un "padrone" privato è più duro, meno
conciliante.
Poi è cambiato il mondo. Da qualche tempo l'evoluzione
legislativa ha
dato nuovi poteri agli imprenditori, indebolendo tantissimo la tutela
del
lavoro. Il privato decide a suo piacimento, ad esempio, la vendita di
un’azienda
o di una parte di essa, la cessione della rete sportellare, il ricorso
all'outsourcing per alcune attività, l'utilizzo di forme di lavoro
flessibile
... L'intervento del sindacato è quasi sempre successivo, quando le
decisioni
sono state già prese. Si è costretti a rincorrere le emergenze,
cercando di
gestire gli effetti e le ripercussioni sui lavoratori. Ciò nondimeno il
Sindacato svolge al meglio il suo ruolo e, ad esempio in Banca CARIME,
è anche
riuscito a
recuperare una situazione di stallo gestionale e di distruzione delle
risorse
che solo pochissimi anni fa stavano portando la banca al tracollo,
mettendo a
rischio anche i posti di lavoro.
- Anche in Italia i bancari diventeranno i "portoricani",
l'ultimo
gradino degli occupati come avviene da tempo in America? Oggi il lavoro
è tutto
informatizzato e non c'è più necessità di grandi professionalità per
svolgere
il lavoro bancario.
- Fermandosi
all'attività bancaria operativa quella da Lei descritta è un'evoluzione
che si
è già quasi completamente realizzata e già si parla del "cassiere
elettronico". In breve tempo il 50-60% dell'attività di tipo operativo
potrà
essere gestita in modo automatizzato, senza l'intervento di alcun
operatore
"umano". C'è però, di converso, una sempre maggiore esigenza da parte
dei clienti di avere risposte professionali per districarsi nella
giungla dei
nuovi prodotti finanziari. Questo apre scenari per la formazione di
nuove
figure altamente specialistiche. Oggi più che mai la figura del
bancario assume
quindi una importanza fondamentale per le aziende di credito. La
presenza di
persone che sappiano offrire apporto e consulenza professionale per
affrontare
un mercato difficile e competitivo come quello finanziario è il fattore
che può
fare la differenza nella concorrenza tra le banche.
- Vi è però l'idea che il bancario si sia ridotto al ruolo di
"venditore
di
enciclopedie", cioè vende prodotti preconfezionati dove non occorre
alcuna
competenza, da quelli finanziari alle commodity come vino o abbonamenti
calcistici...
- C'è qualcuno
che nel sistema ci sta provando e ci sta provando di brutto. Ma anche
riducendo
tutto all’esempio da Lei riportato la necessità di professionalità non
ne esce
sminuita, anzi. Anche per vendere enciclopedie bisogna saperci fare. Ma
bisogna
sottolineare i grandi rischi che si corrono a trasformare tutto in
prodotti
finanziari preconfezionati da vendere indistintamente. Basti ricordare
casi
come Parmalat, Cirio, i bond argentini e
via dicendo. Non so se il sistema possa permettersi di correre ancora
questi
rischi.
- Si recente vi è il caso dei mutui subprime...
- Anche quello
certo è un "prodotto"
finanziario”. La conseguenza è la fila dei
correntisti che si accalcano agli sportelli della Northern Rock in
Inghilterra:
uno spettacolo recente ed inquietante ma anche e soprattutto la
dimostrazione
evidente che la professionalità in banca non la si può abolire.
Ma ricordiamo anche
il caso
italiano di qualche anno fa. I mutui in ECU hanno lasciato profonde
ferite in
tanti risparmiatori che si sono visti costretti ad affrontare oneri
finanziari
non previsti. Tante famiglie si sono trovate a pagare rate più che
raddoppiate.
Lo
stakeholder
principale della banca è e resta comunque il cliente. Gli azionisti
possono
realizzare profitti se il cliente entra in azienda e pone in essere
operazioni.
Oggi la gente ha paura, vive una condizione di incertezza ed ha bisogno
di
trovare dei riferimenti che non possono che essere i tanto depauperati
bancari
che nel lavoro mettono in gioco anche la loro credibilità personale.
Tutto ciò
rende oggi, forse ancora più di ieri, la figura del bancario
fondamentale.
Certamente il modo di fare banca è cambiato. Rispetto a dieci anni fa
si è
verificata una vera e propria rivoluzione. Questo perché le banche
avvertono
per prime i segnali di cambiamento poiché sono il nervo sensibile della
società. Il compito sindacale è necessariamente anche diverso. È quello
di fare
in modo che la categoria recuperi la condizione di alta professionalità
e che
non diventi il portoricano cui si faceva riferimento prima. Le banche
stanno
ricominciando a fare selezioni e ad assumere
e ciò non accadeva più da tantissimo
tempo. Il sindacato ha lottato e sta lottando affinché sia
salvaguardato il
ruolo e la funzione del bancario, il livello normativo e retributivo
complessivo e per offrire anche alle nuove generazioni la possibilità
di
avvicinarsi ed entrare in un settore che da tempo sembrava del tutto
chiuso.
C O P Y R I G H T
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