Caro papà, da quando sei venuto a mancare la mia mente spesso ricorre a te. Ma soprattutto quando il mio sguardo, le mie mani o addirittura solamente il mio olfatto si accorgono della presenza di libri, ecco che il mio pensiero non può fare a meno di richiamare la tua presenza. Questo era il tuo mondo papà e tu amavi e appartenevi a questo mondo.
Quarto di cinque figli, nato in una famiglia modesta, padre impiegato e madre casalinga, eri nato poco più di sessantasette anni fa a Dan Yang, cittadina che si trova nella provincia meridionale dello Jiangsu. Forse un presagio, dato che tale cittadina oltre ad essere nota come la città dei pesci e del riso, è conosciuta anche per la sua alta concentrazioni di studiosi di ogni genere.
I tuoi studi sulla lingua e sulla letteratura italiana li hai svolti, dal 1958 al 1962, in Russia presso l'Università di San Pietroburgo. Questa mescolanza di influenze culturali: quella immensa e raffinata cinese, quella magnifica affascinante russa e quella splendida umanistica italiana, hanno plasmato profondamente la tua formazione mentale e culturale, tanto da fa scrivere ad un tuo amico collega, citandoti in un suo lavoro: “… oh, se avessi la tua eleganza ed il tuo stile …” riferendosi al tuo modo di essere e ne sono tanto orgogliosa di questo.
Avevo sperato in un miracolo affinché tu potessi trascorrere altro tempo con me, quando, nell'ottobre scorso, venuta a Pechino con una delegazione italiana per partecipare al XVI° Convegno sulla Letteratura Italiana, guidata dal Prof. Masini, ti avevo incontrato in un letto di ospedale che non stavi molto bene. Ma anche in quell'occasione, quando le forze ti stavano per abbandonare, non hai voluto risparmiarti per essere presente a quello che tu consideravi essere la tua vita. Infatti mi hai consegnato un tuo intervento che io dovevo leggere al Convegno: volevi esserci e solo la malattia ti ha tenuto lontano, ma solo fisicamente.
Quello fu l'ultimo tuo intervento. Hai usato un linguaggio estremamente sintetico. Sembrava che volessi dare una conclusione alla tua lunga ricerca e alla tua ricca esperienza culturale. Ti ricordavo sempre dotato di una forte volontà e tenacia, come quando da ragazzina ti vedevo imperterrito a stare sui libri nel tuo studio, quando alcune condizioni consigliavano di stare in altri luoghi: quel caldo opprimente inumidiva i fogli col tuo sudore. Anche questa volta ho ammirato la tua forte volontà che sfidava l'estrema fatica. E non mi scorderò mai quando alla fine dei tuoi lavori ripetevi che ti ritrovavi sempre con tanta gioia ed allegria. Consideravi il tuo lavoro di italianista come “un ponte che collega l'amicizia tra le due culture e tra i due popoli”. E spesso mi citavi Dante: “ … fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenze”. (Inf. XXVI).
Anche tu, come tanti altri intellettuali, hai sofferto tanto durante la rivoluzione culturale: Sei stato inviato in campagna per essere rieducato a fare dei lavori fisici pesanti e per sei lunghi anni sei stato costretto a non leggere alcun libro italiano. E un ricordo doloroso. Alla fine degli anni '70, quando finalmente hai potuto ricominciare col tuo lavoro, dedicasti tutto te stesso alla tua amata impresa: “Mi trovo in uno stato di estasi. Finalmente posso svolgere quello che più amo”. Sono parole che non scorderò mai caro papà. E in più di un quarto di secolo hai svolto davvero tanto. Hai presentato più di cento scrittori italiani; hai organizzato moltissimi convegni nazionali ed internazionali sulla divulgazione della cultura e letteratura italiana in Cina e non ricordo quante opere hai prodotto. Ricordo che la luce del tuo studio rimaneva accesa fino a notte tarda.
Adesso ti sei addormentato. Stai riposando in un posto meraviglioso, ma alquanto suggestivo: il cimitero di Porto a Fiumicino, nei pressi di Roma, circondato dall'oasi naturalistica e dalla zona archeologica. “La sembra che non c'è più l'esistenza del tempo e dello spazio” e mi “sembra di emergere nell'eternità e nell'infinito dell'universo”. Sono tue parole papà, ricordi? Un posto che richiama il paesaggio idilliaco di “… indeterminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete”. Lì nella mia mente risuonano gli ultimi versi della tua traduzione de L'infinito del Leopardi.
Addio papà, ti ho voluto, ti voglio e ti vorrò tanto bene.
Tua figlia Lü Jing