La scommessa di Gioia Taurodi Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 01 del 09/01/2010) |
Rende, 10 gennaio 2010
La crisi mondiale ha colpito anche il traffico marittimo, Tutti gli scali di transhipment hanno fatto registrare vistose contrazioni nel movimento dei container e c'è chi teme il peggio. Più delle previsioni, a preoccupare è la scarsa dotazione infrastrutturale dello scalo che potrebbe metterlo fuorigioco rispetto alle concorrenti.
Qual è la situazione del Porto di Gioia Tauro? Per la Calabria che soffre di una crisi economica senza precedenti è una risposta cruciale poiché i container scaricati sulle banchine danno il ritmo dello sviluppo della regione. I segnali che provengono dalla Piana sono però niente affatto rassicuranti, La Contship presenta la richiesta di Cassa Integrazione ordinaria per 400 dei circa mille addetti all'attività portuale. Ci s'interroga se questo si possa interpretare come una fase di riflessione causato dal rallentamento della movimentazione del traffico container a livello internazionale, o sia la spia di un malessere molto più profondo destinato a incidere sul futuro del porto.
Se esaminiamo gli ultimi dati disponibili sul traffico container nei principali porti italiani (dati dell'8 luglio 2009, in migliaia di TEU), il porto di Gioia mantiene ancora un primato nel panorama portuale nazionale con una percentuale di traffico pari circa ad un terzo del totale. Nell'anno appena trascorso la movimentazione container a livello mondiale ha subito una diminuzione valutata intorno al 10%, mentre il rallentamento di Gioia Tauro è circa otto punti in meno. La flessione del volume di traffico riflette la contrazione della produzione mondiale, che mostra segni di miglioramento.
Traffico container nei principali porti italiani(dati della Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica - CONFETRA dell'8/7/2009) | |||
2007 | 2008 | % | |
Gioia Tauro | 3.445 | 3.468 | 0,7 |
Genova | 1.855 | 1.766 | -4,8 |
La Spezia | 1.187 | 1.246 | 5,0 |
Taranto | 756 | 787 | 4,1 |
Livorno | 745 | 779 | 4,6 |
Napoli | 461 | 482 | 4,6 |
Venezia | 329 | 379 | 15,2 |
Trieste | 266 | 336 | 26,3 |
Cagliari | 547 | 256 | -53,2 |
Salerno | 385 | 330 | -14,3 |
Savona | 243 | 253 | 4,1 |
Ancona | 107 | 109 | 1,9 |
Totale | 10.326 | 10.191 | -1,3 |
Anche il trend del transhipment è in fase congiunturale negativa, ma le prospettive a medio-lungo termine sono improntate ad una cauto ottimismo. Il rapporto finale dell'Indagine campionaria sui trasporti internazionali dell'Italia benchmark 2008 della Banca d'Italia mette in rilievo il ritrovato ruolo del Mediterraneo nei trasporto marittimo internazionale. “La rotta transcontinentale Asia/Europa attraverso Suez, che copre le aree Estremo Oriente, Sud Est Asiatico, Sub Continente Indiano e Oceania, rappresenta il 46% dei volumi complessivi, che arrivano al 50% considerando anche l'area del Medio Oriente, ormai anch'essa largamente coperta dai servizi di linea pendulum di lunga distanza. La rotta transatlantica che connette l'Italia e il Mediterraneo al Nord America rappresenta il 21% del traffico, mentre la quota di short-sea shipping nel Mediterraneo assorbe un ulteriore 20% del traffico totale”. Nel medio-lungo termine il Mediterraneo aumenterà la sua quota di traffico, per le prospettive della crescita del sistema Cindia e la ripresa del traffico lungo l'Atlantico.
Sulla base di queste considerazioni, il governo marocchino ha deciso la costruzione di un nuovo scalo proprio nell'estate del 2009, quando i segnali di crisi congiunturale erano evidenti e tali da aver imposto uno stop al completamento di Tanger Med II. Le previsioni statistiche sono state interpretare in senso ottimistico e si prevede che le difficoltà siano momentanee. Il governo marocchino accredita l'ipotesi che il volume di traffico dovrebbe raddoppiare entro il 2015-2017 e le infrastrutture esistenti nel Mediterraneo non sono sufficienti a sopportare la movimentazione prevista.
I lavori del nuovo scalo, che sorgerà nella baia di Betoya a trenta chilometri da Nador, inizieranno nei primi mesi del 2010 e si prevede di poter completare l'opera entro il 2015. Quello che caratterizza la nuova infrastruttura è la creazione di una vasta area di sviluppo di 850 ettari, alla quale è stata già concessa la specificità di zona franca, destinata a ospitare un complesso industriale, energetico e commerciale. Insomma, “Nador West Med” (NWM) come viene definito la nuova infrastruttura, è un progetto complesso che non si limiterà alla pura movimentazione dei container, ma mira a creare una vera a propria area industriale internazionale, concedendo rilevanti benefici fiscali agli operatori che vogliono insediarvisi. Programmazione, è la parola magica. Proprio quello che è finora mancato a Gioia Tauro, un progetto iniziato molti anni prima, ma ferma al palo, o meglio al molo, dove i container in arrivo sostano per qualche ora per essere imbarcati in gran fretta per altre destinazioni.
Nell'ottobre scorso, in una sua interpellanza al Parlamento, Angela Napoli evidenziava una serie di problematiche:
- la gestione del Porto di Gioia Tauro è stata sempre organizzata in un quadro di incertezze che non hanno consentito l'effettuazione della polifunzionalità del Porto stesso: ritardi nei finanziamenti, scarsa attenzione sulla rivalità nata da parte di altri porti italiani e mediterranei, lentezza nel completamento delle infrastrutture portuali, marginalità dell'obiettivo della polifunzionalità, mancanza dell'istituzione di una zona franca produttiva;
- fin dal dicembre del 1997, già Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi, con la presentazione delle linee-guida del «famigerato» master plan del Porto di Gioia Tauro, era divenuta del tutto marginale la relativa polifunzionalità, anzi era apparsa chiara la volontà di capovolgere la polifunzionalità completa, affermata nel protocollo d'intesa; - nel marzo del 1998, l'allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ha supportato il veto, espresso nel luglio 1996, dalle organizzazioni sindacali confederali circa l'ipotesi d'istituzione di zone franche nel sud, comunicando l'approvazione di ben quattro punti franchi doganali in Sardegna e non nel Porto di Gioia Tauro;
- ancora in questa legislatura la Regione Calabria ha assunto comportamenti che l'interpellante giudica equivoci nei confronti del Porto di Gioia Tauro; nonostante l'anomala nomina di un sottosegretario regionale con apposita delega per quell'area portuale, nonché la nomina di un Commissario Straordinario per l'elaborazione di un piano di sviluppo strategico per l'area ampia sempre di Gioia Tauro è riscontrabile una inefficiente ed equivoca programmazione per rilanciare le potenzialità del Porto stesso e del relativo retroporto;
- la legge finanziaria del 2007 aveva introdotto l'autonomia finanziaria delle Autorità portuali, senza creare alcun beneficio per Gioia Tauro, visto che oltre il 94 per cento delle merci che transitano per quel Porto non toccano terra e che le banchine esistenti sono quasi tutte concesse alla Medcenter e alla Blg;
- sempre la legge finanziaria del 2007 aveva autorizzato un contributo di 50 milioni di euro per il 2008 per lo sviluppo del Porto di Gioia Tauro;
- la stessa Trenitalia continua a far lievitare il costo della intermodalità mare - ferro, mettendo in discussione accordi commerciali sottoscritti soltanto alcuni mesi fa, e triplicando la circolazione dei mezzi pesanti sulle strade calabresi, sufficientemente penalizzate dai cantieri, sulla Autostrada Salerno - Reggio Calabria;
- solo l'istituzione di una “zona franca” nel Porto di Gioia Tauro avrebbe rappresentato uno strumento capace di creare sviluppo in sinergia con attività portuali e di Transphiment;
- ma dai quotidiani regionali degli ultimi giorni si apprende che nell'ambito delle entrate in vigore delle 22 zone franche urbane italiane, la Regione Calabria non avrebbe fatto inserire proprio quella di Gioia Tauro, propendendo per altre zone calabresi e finendo così con l' agevolare zone del territorio regionale sicuramente meno disagiate di quelle della Piana di Gioia Tauro.
- all'interpellante appaiono davvero non più accettabili la disattenzione e le equivocità che fino ad oggi sono ruotate attorno al Porto di Gioia Tauro, nonché la mancanza di adeguati interventi utili a far rappresentare quel Porto quale volano per lo sviluppo dell'intera Calabria.
Tanto fumo e poco arrosto. Fiumi di inchiostro per risultati molto deludenti che hanno frenato lo sviluppo del porto consentendo ai suoi concorrenti di crescere e consolidarsi, fino a minacciarne il futuro.
Angela Napoli nella sua interrogazione chiedeva al ministro quali gli interventi si intendessero prendere “per scongiurare che le scelte della politica nazionale e regionale non provochino il definitivo abbandono della possibile polifunzionalità del Porto di Gioia Tauro ed il decremento dell'attuale attività di transhipment, con il conseguente crollo dell' attività occupazionale, esistente in una zona del territorio calabrese, sufficientemente intaccata dall'alto tasso di disoccupazione e dalla preoccupante pervasività delle cosche della 'ndrangheta. Non si hanno notizie di una risposta del ministro, com'è logico attendersi in un momento in cui il Mezzogiorno è totalmente comparso dall'agenda politica nazionale.
I nodi dello scalo reggino sono di natura essenzialmente politico-sindacale poiché non vi è stato nessuno che lo abbia difeso adeguatamente nelle sedi opportune per sciogliere in numerosi nodi che ne impediscono il decollo, nonostante possa vantare delle condizioni di sicuro vantaggio nei confronti dei più agguerriti concorrenti per la posizioni geografica e per la profondità dei fondali. Nel Mediterraneo si stanno creando le condizioni per poter superare Gioia Tauro, poiché i competitor colmano il divario con una migliore organizzazione logistica, l'offerta d'intermodalità, vantaggi fiscali e le condizioni di particolare favore riservate alle aziende che intendono utilizzare i servizi portuali. Né bisogna sottovalutare che la Conteship, nella sua strategia globalizzata, ha anche interessi in Marocco, poiché possiede partecipazioni importanti tanto in Tanger-Med che in Nador seguendo una logica di diversificazione industriale che l'ha portata a scendere da Genova a Gioia Tauro e potrebbe in un prossimo futuro indurla a cercare altri lidi.
Il futuro dei lavoratori dipende da fattori di mercato che nessuno riesce a controllare. I sindacati sono deboli poiché si trovano di fronte ad un'azienda che opera nel porto in una situazione di monopolio, che ha creato dal nulla questa realtà e si trova oggi a dover effettuare una scelta che potrebbe essere anche quella di abbandonare definitivamente lo scalo, un'azione di cannibalizzazione che può essere scongiurata solo affrontando i nodi che impediscono allo scalo reggino di decollare. E non si tratta della sola questione della criminalità, che non deve essere sottovalutata. Il blitz estivo che ha portato all'arresto di ha evidenziato la pericolosità della rete criminale che soffoca il porto, ma i problemi di natura industriale sono altrettanto importanti poiché sarà lo sviluppo il migliore antidoto contro la metastasi delinquenziale.
Come uscire da questa situazione di subalternità non è semplice. “Il sindacato si trova in una condizione di estrema debolezza”, dice Roberto Castagna, segretario regionale della UIL, “poiché in tutto questo tempo non si è riusciti ad ampliare le condizioni dell'offerta. Non siamo riusciti ad attrarre nessuno altro grande operatore disposto a venire a Gioia Tauro, non avendo trovato interlocutori adatti né a livello politico né imprenditoriale”.
Le cause di una crisi che potrebbe rivelarsi letale per lo scalo calabrese in fondo sono note. “L'analisi di Angela Napoli mi sembra molto lucida”, continua Castagna, “sono molte le esternalità negative che ostacolano lo sviluppo dello scalo: la mancata attuazione dell'intermodalità, lo stato deprecabile dei trasporti, basti pensare all'eterno problema della Salerno-Reggio Calabria, che a fatica si può definire una autostrada, l'assenza di una chiara politica di sostegno alle attività che intendono insediarsi nell'area”.
Vi è ancora un problema di rappresentatività. “Certo”, continua Castagna, “i nostri rappresentanti a Bruxelles parlano solo delle clementine, quasi questo fosse il problema della Calabria. Certo l'agricoltura va difesa poiché da sempre la consideriamo un settore strategico per la regione. Ma Gioia Tauro costituisce una opportunità unica, uno occasione irripetibile che non possiamo perdere che può dare un grande impulso anche all'agroalimentare attraverso la piattaforma del freddo”.
Il rigassificatore sembra allineato sui nastri di partenza, ma la sua entrata in funzione è ancora lontana, tuttavia. “Ma si sono fatti grandi passi avanti, la giunta Loiero ha dato un grande impulso a questa opera che deve essere considerata prioritaria. Recentemente sono stati stanziate risorse importante per migliorare le infrastrutture del porto, ma i tempi appaino troppo lunghi. Dobbiamo fare ogni sforzo per accelerare i tempi di realizzazione per battere i concorrenti internazionali del porto. Non possiamo consentire che perda il suo primato nel Mediterraneo”.
Quella della zona franca è stata una occasione persa, tuttavia. “Quando alla Calabria vengono offerte delle opportunità dobbiamo sempre accoglierle con favore”, si accalora Castagna. “Certamente, le zone franche urbane rappresentano una occasione di sviluppo e la Calabria questa volta non è stata penalizzata. Tuttavia, credo che sarebbe stato molto più opportuno concentrare le risorse sull'area industriale di Gioia Tauro proprio per favorire lo sviluppo dello scalo. Molto spesso abbiamo sprecato risorse con una politica di polverizzazione sul territorio e gli esempi sono tanti dagli ospedali alle aree industriali. E' arrivato il momento di operare delle scelte coraggiose ed individuare degli obiettivi precisi con una tempistica definita se vogliamo uscire dal campanilismo che ci distrugge. La Piana soffre della mancanza di una rappresentanza politica autorevole che possa difenderne gli interessi in tutte le sedi nazionali ed internazionali”.
Cosa fare per superare questo momento di difficoltà. “La prima priorità è un sistema di trasporti che ponga fine alla marginalizzazione del porto. Non si è ancora riusciti a creare un interporto per favorire l'intermodalità. Vi è un grande problema legato alla difficoltà di far proseguire i container per ferrovia, poiché le gallerie e pendenze costituiscono ostacoli insormontabili. E' un problema di cui bisogna farsi carico al livello politico e sindacali, poiché la ripresa della Calabria passa per Gioia Tauro. Poi occorrono almeno altre due condizioni. In primo luogo creare le premesse per aprire i container per una prima lavorazione, come il packaging ad esempio, non possiamo accontentarci di ricaricarli su navi più piccole. Infine, diversificare, creare nuovi mercati. Gioia Tauro ha tutto le caratteristiche per diventare un grande terminal auto per accogliere navi ro-ro e “car carrier” specializzate nel trasporto di automobili. Il nuovo ruolo internazionale della Fiat potrebbe aiutare, poiché non può certo limitarsi ad abbandonare Termini Imprese. Non è più il momento delle elemosine di Stato. Il Sud va aiutato valorizzando le sue potenzialità e certamente Gioia Tauro non chiede altro di essere utilizzato per le opportunità che offre”.
La mattina in cui questo settimanale sarà in edicola, il 9 gennaio, a Catanzaro si aprirà il summit sui parteciperanno tutti i soggetti interessati al porto, dai sindacati agli operatori economici che incontrano i rappresentanti istituzionali.
“Finora gli interventi su Gioia Tauro”, conclude Roberto Castagna, “sono stati pensati in una ottica ristretta. Sono stati stanziati e spesi molti milioni di euro, ma Gioia Tauro è ancora una cattedrale nel deserto, priva di una vera autostrada, senza poter contare sulla ferrovia, una metropolitana che la colleghi all'aeroporto, una zona franca con agevolazioni finanziarie e fiscali per le nuove attività, un'area industriale attrezzata, un interporto. La Calabria si salverà e riprenderà la via dello sviluppo solo se saprà vincere la sfida di Gioia Tauro.”
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