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La scommessa a rischio di Gioia Tauro

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 5 del 06/02/2010)

Rende, 4 febbraio 2010

Una struttura in crisi, operai in cassa integrazione, un'angoscia che percorre tutta la regione. Ma il porto è una grande opportunità, dice Giovanni Novi, e potrebbe diventare il grande cantiere di riparazione navale del Mediterraneo.

Qualche giorno fa Sergio Laganà, sottosegretario con delega al Porto di Gioia Tauro ha rilasciato una lunga nota dove vengono focalizzate le problematiche del porto di Gioia Tauro. Giunti allo spirare della Giunta, ci accorgiamo con piacere che esiste pure un responsabile per il Porto, che è cambiato più volte nella incomprensibile girandola di assessori e delegati vari che hanno caratterizzato questa legislatura regionale. Leggiamo di tanti buoni propositi, ma di cose fatte, poche o nulla. Ci sarà tempo per rimediare.

Di soldi ne sono stati sprecati molti, e spesi correttamente pochissimi. Ed anche adesso non sembra che si hanno le idee molto chiare per un rilancio del porto. Si fa fatica a ricordare, ma qualche anno fa è stato approvato un Patto Territoriale, concepito nel periodo aureo della programmazione negoziata, di cui si è persa traccia senza alcuna spiegazione logica. Le finalità perseguite dal patto della Piana di Gioia Tauro consistevano nell'impulso all'agricoltura

specializzata e nel rilancio del turismo. Erano gli albori dell'avventura portuale, mancava tutto a Gioia Tauro, vi erano solo le banchine. Ed allora piantiamo patate, per attrarre i turisti tedeschi. Ed erano d'accordo tutti su questa impostazione. L'elenco dei firmatari è lungo: alcuni comuni della Piana, CGIL, CISL UIL, CONFARTIGIANATO, Casa, CNA, Assindustria, Consorzio Asi. In quel libro dei sogni sono stati finanziati parrucchieri e panettieri, qualche bar e discoteca. Quanti sono stati i miliardi (di lire) spesi? Qualche centinaio, ma nello spreco generale dei fondi pubblici sono passati inosservati.

Per avere una visione del mondo visto dall'aldilà del Pollino, abbiamo incontrato Giovanni Novi, uno che di portualità ne mastica dalla culla. Ha una vasta esperienza maturata anche tra i broker marittimi delle banchine londinesi. Su suo suggerimento per dei dati statistici aggiornati ci siamo rivolti direttamente alla Drewry Shipping Consultants Ltd di Londra, che è una delle più importanti agenzie marittime internazionali che fornisce informazioni tecniche di carattere economico-commerciale ed assistenza tecnica a tutti gli operatori dalle società di navigazione, all'industria navale e di logistica. La signora Katy Aldrick, consulente dell'agenzia, con squisita cortesia britannica, ha risposto immediatamente via email, con una nota che si riproduce in traduzione nel quadro a margine.

L'aspetto più evidente è la perdita di quote del Mediterraneo centrale, dove è compresa l'Italia, a favore dell'area orientale, per la concorrenza di Porto Said in Egitto, e di quello orientale, dove il Marocco ha effettuato enormi investimenti a Tanger Med. Proprio nello scorso anno è iniziato il raddoppio di questo ultimo porto con la creazione di una enorme zona franca al ridosso del porto, un regime fiscale molto favorevole e l'avvio di una serie di trattative del governo con le principali compagnie di navigazione mondiali per conoscere le loro esigenze e poterle offrire nella nuova struttura. Né si possono trascurare i porti di Algeciras in Spagna e quello di Fos-Marsiglia, che costituiscono altrettanti temibili concorrenti per Gioia Tauro.

Giustamente le imprese multinazionali del settore sono molto attente ai loro bilanci e operano con una ferrea logica di efficienza, produttività e redditività degli investimenti, poco interessati agli aspetti sentimentali o culturali delle loro scelte. “MCT a Gioia Tauro da occupazione diretta e indiretta a circa millecinquecento persone e, negli anni, ha investito circa 330 milioni di euro”, ricorda il sottosegretario. Lo ha fatto perché ha creduto nel suo investimento e i fatti gli hanno dato ragione. Non ha esitato però ad inserirsi nell'affare Tanger Med e, in una logica mondiale, si prepara a valutare la possibilità di abbandonare Gioia Tauro in favore di soluzioni più convenienti e tecnicamente più avanzate. Certo la Contiship ha goduto di consistenti benefici pubblici, ma bisogna riconoscere che sono stati ben spesi e hanno dato il loro frutto. Per poterla convincere a restare, però, bisogna guardare al futuro ed eliminare gli ostacoli che rendono poco competitivo il porto, oggi. La società Grande Alleance ha scelto di spostarsi sul Porto di Cagliari, e deve avere avuto le sue ragioni che vanno individuate per rimuoverle. Persino, la Maersk ha iniziato anche essa una politica di diversificazione, nonostante sia azionista di riferimento del porto. Tanti comportamenti convergenti non sono più una pura e semplice causalità, a rispondono ad una precisa logica di mercato. Non ci si può tanto meravigliare di queste scelte. Il mondo corre veloce e chi vuole sopravvivere deve adeguarsi rapidamente alle nuove condizioni di mercato. Gioia Tauro ha molti punti di forza, ma occorre eliminare le carenze infrastrutturali, le pastocchie burocratiche che ne frenano il movimento, gli svantaggi competitivi per una fiscalità opprimente. La politica del governo ha penalizzato più volte Gioia Tauro, soprattutto con una mancanza di una visione strategica e la dovuta attenzione ad una infrastruttura che rappresenta una delle poche reali opportunità dell'ultima regione d'Italia in termini di sviluppo. Appare assolutamente miope la decisione di non istituire la zona franca nell'area portuale con una fiscalità di vantaggio che fosse in grado di vincere la concorrenza degli altri porti del Mediterraneo. L'ultima finanziaria ha aumentato la tassa di ancoraggio del 50%, tanto da far diventare i costi su Gioia di quattro volte superiori a quelli di Malta, ricorda il sottosegretario Laganà. Ma non sembra che i politici calabresi, con qualche lodevole eccezione come Angela Napoli, si siano stracciati le vesti per sostenere le ragioni del porto.

Gioia Tauro non ha un retroterra ampio e ricco per puntare sulla intermodalità facendo proseguire via ferrovia o via autostrada i container che arrivano sulle sue banchine. Non lo consente la condizione in cui sono ridotte le ferrovie italiane e l'eterno cantiere autostradale che costituirà un grave handicap ancora per decenni. Ma soprattutto risulta svantaggiata per la distanza con i mercati dell'Europa centro-meridionale. E' importante tuttavia far decollare le attività di logistica integrata e completare il terminal ferroviario utilizzando i fondi disponibili, ben consapevoli che senza un grande sforzo corale non si può avere un rilancio del porto, che deve essere considerato di interesse strategico nazionale.

Vi è stato un grande fervore programmatorio su Gioia Tauro, ma spesso ci si è fermati all'effetto annuncio per assurde competizioni tra gli organi burocratici, con una assurda competizione tra l'ASI di Reggio Calabria e l'Autorità Portuale. Si sono spesi tanti soldi in chiacchiere, mentre il resto del mondo produceva fatti. Questo ha determinato lo svantaggio competitivo che affligge oggi il Porto di Gioia Tauro.

La soluzione risiede nel porre la questione di Gioia Tauro al centro del dibattito politico, incentrando su di esso tutte le risorse disponibili per difendere la sua premiership nel Mediterraneo. E' la scommessa che la Calabria deve vincere se deve credere nel proprio futuro.


Lo sviluppo del traffico marittimo nel Mediterraneo nell'ultimo decennio (a cura di Drewry Shipping Consultans Ltd, Londra)

“La regione mediterranea ha avuto uno sviluppo impressionante nel transhipment tra il 1998 e il 2008, con una crescita annua del 13% annuo. Nel 2009 si è registrato una drastica riduzione del volume del traffico, stimata attorno al 9%. Per il 2009 si prevede una crescita del 5-7% del volume di traffico per transshipment, ma la crescita sarà concentrata nel Mar Nero e nel Mediterraneo Orientale, in maniera molto più consistente che nel Mediterraneo occidentale. Questo forte aumento è dovuto ad un costante incremento del transshipment per un crescente utilizzo di navi di maggiore dimensione che possono essere ospitate solo in alcuni porti, in aggiunta ad un aumento dei volumi di inoltro intermodale.

Eco alcune cifre del volume di traffico del Meditterraneo suddivisa per area geografica e l'andamento del Porto di Gioia Tauro.


Tabella I
Mercato transhipment del Mediterraneo (% per regione geografica)
Fonte: Drewry Shipping Consultants, Londra
Anni 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Medit. Occ. 32% 31% 34% 32% 31% 32% 31% 32% 32% 33% 36%
Medit. Centrale 47% 46% 44% 45% 45% 42% 37% 35% 35% 33% 32%
Medit. Orientale 21% 24% 22% 23% 24% 25% 29% 29% 28% 29% 30%
Mar Nero 0% 0% 0% 0% 0% 1% 3% 4% 5% 5% 2%
Totale 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%

TABELLA II
Quota del transhipment a Gioia Tauro in rapporto al Mediterraneo Centrale
Fonte: Drewry Shipping Consultants, Londra
Anni 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
a) Gioia Tauro1 1.701 1.825 2.175 2.065 2.433 2.619 2.804 2.824 2.586 3.186 3.221 2.674
b)Medit. Centr. 3,192 3,283 3,674 3,869 4,633 5,262 5,921 5,927 6,023 6,919 7,234 6,392
% (a/b) 53% 56% 59% 53% 53% 50% 47% 48% 43% 46% 45% 42%

Il Mediterraneo Centrale, che va dal Mar Tirreno fino allo Stretto di Gibilterra, sta perdendo quote di mercato in favore delle altre regioni mediterranee. In parte questo è dovuto alla capacità di espansione di Port Said e Tanger Med. Gioia Tauro sta progressivamente perdendo quota nel mercato del transhipment dell'area del Mediterraneo Centrale per il recente sviluppo di Taranto e Cagliari come hub. Gioia Tauro ha avuto un incremento spettacolare nel decennio 1998-2008, mentre per l'anno in corso, ma il dato è stimato, ha avuto una consistente flessione”.

Il calo di Gioia Tauro è certamente vistoso, ma dovrebbe avere limitato i danni al “solo” 17% e non al 30% come si vorrebbero le cifre allarmistiche diffuse a piene mani in questi giorni. Certamente il dato è preoccupante lo stesso, ma soprattutto la tendenza di lungo periodo che vede un progressivo restringimento del ruolo del Mediterraneo centrale, in cui è collocato sì il porto di Gioia Tauro, ma vi è compreso tutto il sistema portuale italiano. Il che significa che vi è un problema nazionale che investe il sistema dei trasporti marittimi che richiede una risposta forte da parte del governo che preferisce limitarsi all'effetto annuncio, ma non affrontare seriamente l'intero sistema dei trasporti.


A colloquio con Giovanni Novi

Sulla evoluzione del transhipment nel Mediterraneo abbiamo intervistato Giovanni Novi, uno dei principali esperti del settore, che ha una grande esperienza maturata in tutti i settori del trasporto marittimo. Ha fondato e diretto la Burke Shipping, dove ora riveste la carica di presidente onorario. E' stato Presidente dell'aeroporto di Genova nel 2004-5 e poi dell'Autorità Portuale della stessa città per quattro anni fino al 2008.

Cosa sta succedendo nel trasporto marittimo nel Mediterraneo?

R - Attraversa un momento di difficoltà a causa della crisi, poiché vi è stata una flessione nel volume complessivo del trasporto marittimo mondiale. Com'è noto vi sono quattro settori importanti, per semplificare non considerando le nicchie particolari che pur potrebbero rivestire una grande importanza per alcune realtà portuali: il carico secco, le navi cisterna, i porta-container e il trasporto passeggeri. Solo quest'ultimo continua a manifestare un incremento notevole, poiché il Mediterraneo mantiene intatto il suo fascino e l'attrazione per ragioni storiche e culturali. Questo mercato è in mano a pochi imprenditori, bravi, capaci e con molte disponibilità finanziarie. E non conosce crisi. Gli altri settori in misura più o meno accentuata ne hanno tutti sofferto, in particolare i porta-container che sono quelli che più interessano per valutare l'andamento di Gioia Tauro.

A cosa è dovuto questo vistoso calo?

R - La contrazione dei consumi ha determinato una diminuzione del volume di merci poiché i singoli mercati ne richiedono in quantità minori che possono essere trasportate con navi più piccole.

Non si è avuto un effetto “pirati”, per i molti episodi che si sono verificato nel Mar Rosso, tanto da indurre le grandi società di navigazione a doppiare il Capo di Buona Speranza evitando il Mediterraneo?

R - Vi è stato qualche leggero calo nel momento in cui tutti i giornali riportavano le cronache degli assalti. A una riflessione più approfondita si è visto che era possibile adottare efficaci strategie di difesa. Il successo di quegli episodi era dovuto alla sorpresa degli equipaggi che non si aspettavano che si potessero verificare. Inoltre, bisogna considerare che il trasporto marittimo risponde a logiche di lungo periodo e non sono possibili sconvolgimenti immediati. Le prospettive del traffico marittimo nel Mediterraneo restano legate alla ripresa economica. Gli scambi sono destinati a crescere e il Mediterraneo manterrà il suo ruolo strategico. D'altronde gli stessi paesi africani hanno tutto l'interesse a non sconvolgere questo equilibrio, in particolare quelli rivieraschi.

Tuttavia, vi è una forte concorrenza nel Mediterraneo.

R - Come dicevo prima, il trasporto marittimo, ma questo vale anche per le altre forme come quello aereo o ferroviario, risponde a strategie di lungo periodo. Chi ha avuto lungimiranza è stato premiato, e basta vedere le statistiche di Gioia Tauro per accorgersi che siamo di fronte ad una scommessa vinta. Per un decennio ha avuto un aumento spettacolare, con un arresto nell'anno appena trascorso. Il problema è di individuare le cause, poiché quelle di breve periodo legate alla congiuntura sono destinate a sparire da sole. Ma se si guarda con maggiore attenzione, è tutto il Mediterraneo Centrale in cui siamo compresi noi che segna un lento declino. Gli altri paesi come l'Egitto, la Spagna e il Marocco hanno investito grandi somme e oggi stanno raccogliendo i frutti. Hanno costruito porti con un pescaggio sempre maggiore, hanno organizzato servizi portuali efficienti, hanno concesso benefici fiscali, hanno attrezzato delle vaste aree per le società che volessero impiantare delle aziende. Nonostante la crisi, la costruzione di Tanger Med 2 va avanti, poiché il Marocco oggi guarda avanti.

Ma vi è anche una guerra commerciale tra gli stessi porti italiani, che finisce per apparire una guerra tra poveri, visto il progressivo declino.

R - I porti sono delle infrastrutture altamente specializzate per territorio e per categoria merceologica. Genova, ad esempio, svolge una funzione insostituibile per il suo entroterra e subisce solo limitatamente la concorrenza di porti come La Spezia o Livorno. Non vi è dubbio tuttavia che vi è un forte incremento dell'offerta di portualità nel Mediterraneo e questo crea un problema particolarmente per il trasporto nelle lunghe distanze. I porti italiani, soprattutto quelli storici sopravvivranno, ma abbiamo bisogno di una prospettiva di sviluppo, di crescere e non di vivacchiare.

Cosa dovrebbe fare la politica?

R - Intanto, il trasporto marittimo è molto complesso e bisogna indagarlo nelle sue sfaccettature, i quattro settori cui facevo cenno all'inizio presentano problematiche molto differenziate e fin qui non è stato fatto uno studio attento. Prendiamo il caso delle autostrade del mare, che poi significa dare un'alternativa al trasporto delle merci su gomma. Le nostre autostrade sono insufficiente a sopportare il carico crescente di autotreni e autoarticolati, né è pensabile di riempire di asfalto l'intero paese. Il mare è una alternativa da sempre, lo è stato nei secoli e lo può diventare ancora una volta. La politica deve lasciare il più possibile gli investimenti ai privati, perché ci sono tante strutture che si autofinanziano. Il pubblico deve pensare a treni, treni, treni e ai collegamenti porto-ferrovia. In secondo luogo in Italia abbiamo tantissimi porti e tutti pensano di fare trasporto merci e passeggeri, ma non vi è mercato per tutti. Si potrebbe pensare, senza alcun investimento da parte dello Stato a trasformare i porti storici minori di grande fascino e con protezioni naturali costituite da splendide insenature, in porti per la nautica affidandoli ai privati che sarebbero nelle condizioni di poter effettuare gli investimenti necessari con fondi propri. Del centinaio di porti esistenti, solo una quindicina sono sufficienti ai traffici merci e passeggeri. E poi sarebbe necessario affidare una parte dell'IVA generata dai traffici marittimi direttamente alle Autorità Portuali per gli investimenti infrastrutturali necessari per renderli competitivi. Questa sarebbe una autentica rivoluzione.

Ma è stato già fatto qualche cosa al riguardo.

R - Poco e senza un piano razionale. Ci sono delle rotte come la Genova-Palermo che funzionano discretamente, ma mancano le infrastrutture a terra per collegare il porto con il sistema di viabilità dell'entroterra. In una visione prospettica anche Gioia Tauro potrebbe svolgere un ruolo importante in questo senso. Ma finora non risulta che sia stato fatto alcun piano di investimenti nel settore.

Crede, quindi, che Gioia Tauro possa superare la sua crisi?

R - Gioia Tauro è un grande porto, una infrastruttura naturale che offre opportunità uniche. Dopo più di un decennio ha anche acquisito le esperienze tecniche necessarie per offrire servizi efficienti. Nonostante tutto, non credo che Cagliari e Taranto sia dei reali concorrenti, poiché vi è un divario enorme nella qualità dell'offerta, poiché è molto più organizzato e ormai è decollato. Questo non significa che non vi siano dei problemi, poiché non ha un entroterra significativo e l'attuale condizione delle ferrovie non consente di immaginare un proseguimento dei container su rotaie e questo costituisce un grave handicap. Lo stesso si può dire per la Salerno-Reggio Calabria, che impedisce il trasferimento su gomma.

Questi fattori costituiscono un forte impedimento per il rilancio del porto.

R - Bisogna saper valorizzare le opportunità che si offrono. Gioia Tauro ha la possibilità di giocare un ruolo importante per traffici di tutti i tipi, senza esclusione alcuno e parliamo di trasporto merci, ovviamente. Occorre investire sul futuro ed evitare di ripetere gli errori del passato. La storia portuale italiana offre gli esempi più svariati. Bisogna offrire infrastrutture, specializzazioni tecniche, flessibilità e individuare le possibili carenze che possono essere sfruttate con grande soddisfazione. Potremmo raccontare la storia del bacino di carenaggio di Genova, ma sarebbe una storia troppo lunga.

Credo potrebbe tuttavia essere molto interessante.

R - Beh! Sarebbe oggi una grande occasione per Gioia Tauro, che ha tutte le caratteristiche per attrezzare una grande area per riparazioni navali, per ogni genere di navi. Questa provocherebbe un vero e proprio shock positivo per il porto. Non bisogna dimenticare che il Mediterraneo è tornato a giocare un ruolo strategico nel traffico marittimo internazionale poiché è la rotta principale tra il lontano oriente e l'America atlantica, dove si prevede un flusso crescente di scambi. Quando vi è un grande numero di navi che circolano vi è anche una grande esigenza di riparazioni piccole e grandi, poiché anche le navi hanno i loro acciacchi piccoli e grandi.

Lei parlava di Genova, cosa è successo?

R - Genova aveva progettato il suo superbacino galleggiante, un mostro tecnologico. Una costruzione che è andata avanti dal 1972 e mai terminata. Un mostro di acciaio lungo 350 metri, largo 80, altezza 25, peso circa 100.000 tonnellate. Nessuno sapeva bene cosa farsene e non si trovano i finanziamenti per metterla in funzione. Per utilizzare diversamente la banchina cui era appoggiato si è pensato di venderlo. L'hanno comprato i turchi del cantiere di Karhaman Sadikoglu per un milione di dollari. Se lo sono trasportati nel porto di Tuzla vicino ad Istanbul dove stanno facendo un lavoro pazzesco, non riescono a tenere dietro alle richieste di riparazione. Finalmente il bacino svolge il lavoro per il quale era stato progettato da più di trent'anni ed è diventato un gioiello nel Mediterraneo, una occasione di occupazione. Per la Turchia, s'intende. Quello delle riparazioni navali è un mercato in grande crescita nel Mediterraneo e non vi sono al momento grandi concorrenti all'orizzonte. Gioia Tauro avrebbe tutte le carte in regola per potersi proporre come sede ideale di un grande cantiere navale. E' una scommessa per lo sviluppo.


C O P Y R I G H T

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