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Frana la terra dei condoni

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 7 del 20/02/2010)

Rende, 19 febbraio 2010

Pezzi di Calabria che vengono giu

Altro che eventi meteo fuori controllo, dice l'assessore regionale all'Ambiente Silvio Greco, il disastro di Maierato è solo il esponibile di una regione che non ha mai "coltivato" il proprio territorio


Intervista a Silvio Greco

Qual'è la situazione della Calabria oggi?
Vi sono oltre 200 aree di crisi in questo momento, ognuna delle quali presenta delle drammaticità. Certo per il numero di persone coinvolte è Maierato ad aver polarizzato l'attenzione. Si è dovuto procedere all'avacuazione di 2400 persone, abbiamo dovuto sgomberare un intero paese. Ma anche contrada Janò di Catanzaro ha subito la stessa sorte e sono altre 200 persone, alle quali si presta minore attenzione per un problema semplicemente numerico, ma la drammaticità della situazione è la stessa. A queste due bisogna aggiungere le numerose case sparse per la regione, le interruzioni della viabilità per le numerose frane che hanno colpito importanti arterie stradali, le interruzioni dell'attività didattica, come nel caso del Liceo Telesio di Cosenza, sul quale incombe un costone in movimento. Persino dei cimiteri sono in pericolo, come quello di Fagnano e di Cosenza.
Tutto questo è la conseguenza dell'eccezionalità delle precipitazioni atmosferiche, un fatto naturale ma di intensità inconsueta.
Non possiamo nasconderci dietro la meteorologia per evitare di affrontare i veri nodi della gestione del territorio. Il fattore antropico gioca un ruolo determinante poiché il paesaggio è stato trasformato, violentato è mancato qualsiasi rispetto per i vincoli che la natura ci impone. Bisogna però fare una premessa. La Calabria è un terreno geologicamente giovane e perciò in continua evoluzione per la forte attività vulcanica e sismica. I movimenti del terreno sono una componente naturale di questa ricerca di equilibrio. Questo significa che noi dobbiamo imparare a convivere con i dissesti geomorfologici, come a San Francisco ed in Giappone hanno imparato a convivere con il terremoto. Questo non significa rassegnarsi all'ineluttabilità degli eventi, ma operare nel rispetto del territorio, della sua conformazione. A questo bisogna aggiungere l'accanimento climatico, che produce fenomeni in concentrazione elevata. Non vi è nessuna eccezionalità nelle piogge, ma la quantità di acqua caduta in un arco di pochi giorni è assolutamente eccezionale.
Lei sembra quindi confermare l'ipotesi di una natura maligna, che si è accanita contro questo territorio morfologicamente fragile.
No, non intendo affatto questo. Sto cercando solo di delineare i problemi nella loro corretta dimensione. L’eccezionalità delle precipitazioni fungono da detonatore e fanno esplodere le contraddizioni, che noi tutti abbiamo contributo a creare per il malgoverno del territorio. Gran parte del territorio collinare è in uno stato di abbandono che ha prodotto il degrado delle sistemazioni idrauliche adottate dai nostri genitori. I contadini provvedevano al terrazzamento del terreno, alla costruzione dei canali di scolo e al loro mantenimento, alla copertura arborea. Da molti decenni è mancata una gestione della condizione idrica del territorio. Vi sono vaste aree abbandonate dagli agricoltori dove l’acqua ristagna perché non è più irreggimentata creando una melma viscida pronta a precipitare a valle. Il terreno si impregna completamente d’acqua e non è in grado di assorbirne altra. Andando in giro per la Calabria si ha l’impressione che i terreni per la maggior parte non sono stati in grado di drenare l’acqua dell’anno scorso. Le falde sono piene ed il terreno non ha avuto il tempo di asciugarsi e riprendere compattezza.
Per fortuna non vi sono state vittime.
Questi fenomeni mandano dei segnali inequivocabili che non devono essere sottovalutati: crepe, fenditure, scricchiolii, smottamenti avvertono con largo anticipo, come è avvenuto in tutti questi casi. Non bisogna tuttavia dimenticare i casi come quello di Longobardi di Vibo Valentia o del camping di Soverato dove si sono verificati dei morti. Questo significa che occorre un’opera di monitoraggio continuo, di controllo del territorio. Quello che colpisce andando a Maierato è che la strada è completamente franata, c’è rimasto solo il cartello “Pericolo di frana”, quasi a dire “ve lo avevo detto io!” Bisogna riflettere sull’evidenza che sono proprio gli insediamenti più recenti ha subire i danni maggiori, mentre i vecchi centri abitati resistono da millenni e continuano a resistere.
Quali sono i fattori antropici, cui Lei faceva riferimento, che hanno contribuito a questo dissesto?
Credo che siano i più importanti. Noi dobbiamo imparare a convivere con il nostro territorio, conoscendone le sue debolezze e mantenendo un comportamento rigoroso. Non basta rispettare la legge, o mettersi a posto. In questi ultimi cinquant’anni si è fatto di tutto nel totale dispregio di ogni più elementare norma di sicurezza, una cementificazione spesso portata avanti con costruzioni abusive, poi condonate. In maniera legale o illegale si è costruito sui greti dei fiumi, su costoni di montagna, in zone geologicamente fragili. I reiterati condoni hanno messo sullo stesso piano costruzioni realizzate nel pieno rispetto della legalità con quelle che sono nate in maniera spontanea prive non soltanto dei servizi primari, addossati poi all’intera collettività, ma degli stessi requisiti di sicurezza. L’obolo del condono può far riconciliare con la burocrazia, ma non elimina la violenza sulla natura.
Lei attribuisce al comportamento dei privati la responsabilità del dissesto del territorio.
Direi che ognuno ha fatto la sua parte. I privati ce l'hanno messa tutta per stravolgere il territorio, all'edilizia selvaggia bisogna aggiungere allo sfruttamento dei greti dei fiumi per l'asporto spesso illegale di inerti, ad esempio. Ma anche la mano pubblica ha la sua parte di responsabilità. Intanto, molto spesso nelle frane si trovano anche edifici pubblici, come scuole o case popolari che subiscono la stessa sorte degli altri, senza alcun supplemento di comportamento prudenziale. E poi le infrastrutture, come le strade o le condotte. Ma è sul mare che il pubblico mostra il suo comportamento più pernicioso. Basta osservare le opere realizzate lungo le spiagge, come i lungomari. Solo qui da noi il mare non ha il diritto di arrivare fino alla spiaggia, viene impedito dalle barriere, dai porticcioli, spesso realizzati in luoghi improbabili dove la saggezza antica non si sarebbe mai arrischiato a costruirli. Dai fiumi non arrivano più inerti per pascere le spiagge, mentre il mare viene tenuto lontano. Poi si meraviglia dell'erosione che colpisce il 92% delle spiagge. A Vibo Valentia, ad esempio, è stato costruito un lungomare che è durato solo un anno, poi il mare si è vendicato.
Cosa bisogna fare adesso, come uscire da questa emergenza continua?
Bisogna arrendersi di fronte alla potenza della natura. Nell’immediato c’è poco da fare, salvo provvedere alla necessità della popolazione costretta ad evacuare. Poi bisogna inaugurare una stagione nuova di gestione del territorio. Bisogna smetterla con questa opera di cementificazione selvaggia, che ha interessato anche gli argini dei fiumi. E’ necessario scoprire l’ingegneria naturalistica, rispettare la vocazione dei territori. Gli amministratori locali devono imporre l’applicazione rigorosa delle norme, che ci sono e consentono di operare con razionalità. Non bisogna assecondare l’egoismo di pochi con la scusa dello sviluppo poiché il prezzo che paghiamo è troppo alto, e tra questo c’è il degrado del territorio e il sottosviluppo: si ottiene l’effetto opposto a quello desiderato.
Ma la legge urbanistica regionale ha esaltato il potere autonomo degli enti locali dando una larga discrezionalità, questo non degenera in abusi e in una gestione allegra dell’urbanistica?
Credo che l’attuale normativa sia rigorosa e consente di mettere in atto tutte le cautele necessarie. Quello che occorre, ripeto, è un’applicazione rigorosa e l’attivazione di controlli severi, senza tutta quella volontà giustificazionistica che ha caratterizzato questo cinquantennio. Nella predisposizione dei nuovi piani urbanistici si devono individuare le aree idonee per l’edificazione, senza concedere deroghe, poiché le soluzioni burocratiche non eliminano i rischi.
Nel caso concreto, si deve procedere al recupero dei vecchi centri o alla costruzione di “new town” in zone più sicure?
E’ evidente che non vi può essere una risposta univoca, ma bisogna procedere empiricamente caso per caso. Ma in linea di principio bisogna cercare le risposte tecnicamente più corrette senza alcun accanimento storico. Laddove la situazione è compromessa bisogna trovare nuove soluzioni e lasciare che il terreno trovi un nuovo equilibrio. Noi possiamo favorirlo con un’ampia opera di riforestazione, con la realizzazione di parchi naturali, con opportune opere di canalizzazione delle acque. Dobbiamo aiutare la natura a trovare il suo equilibrio. Quando ci si è ostinati a mantenere la popolazione sullo stesso sito, nella maggioranza dei casi non si è fatto altro che prolungare un’agonia. Le “new town” non sono una invenzione moderna, Filadelfia, Delianova, Cittanova sono un esempio “borbonico”, costruite nel ‘700 dopo un disastroso terremoto.
Cosa ha fatto la Regione in questo campo?
Dopo il disastro dello scorso inverno abbiamo rastrellato 800milioni di euro sottraendoli a tutti i capitoli di bilancio da utilizzare nella difesa del suolo e nella prevenzione dei disastri naturali. E' stato uno sforzo enorme. Ma dobbiamo chiarire al proposito che la competenza in materia è dello Stato, e senza il concreto aiuto dello Stato, noi non saremo mai in grado di combattere questa emergenza. E’ venuto Bertolaso a promettere solennemente un aiuto, ma i sindaci presenti alla riunione hanno fatto ricordato che ancora stanno aspettando i soldi promessi l’anno scorso. C’è uno scivolamento di responsabilità.
C’è la buona volontà ma fatti concreti pochi.
Ci vuole un impegno corale di tutti. Le voglio fare un esempio pratico. A giugno dell’anno scorso, nel pieno della crisi del mare per il mancato funzionamento dei depuratori ho reperito e messo a disposizione dei sindaci 17 milioni di euro per gli interventi urgenti necessari. Sono ancora lì tra i residui attivi e nessuno finora ha presentato un progetto. E l’estate si avvicina … In questo settore vi sono responsabilità lontane e vicine, e ancora non abbiamo imparato che bisogna cooperare per risolvere i problemi. Non sono ammissibili atteggiamenti come quello esibito dal Geom. Vito Bordino dell’UDC che oggi vorrebbe fare il verginello e denuncia tutte le disfunzioni della regione. Ma dov’era lui in questi anni? Proprio in un posto dove doveva essere esercitato qualche controllo. L’ambiente non è una merce da utilizzare come ricatto politico.
Tuttavia, non si può negare che abbiamo migliaia di forestali che potrebbero essere utilizzati per un’opera di prevenzione …
Intanto, il loro numero non è più così stratosferico poiché si sono ridotti a circa tremila unità, che è un numero comunque ragguardevole ma lontano dalle cifre che ci hanno portato su tutti i giornali d’Italia. Certo, occorrerebbe utilizzarli meglio, ma questo è un problema annoso. Dobbiamo subito trasferirli alle Province perché sarebbero più gestibili per le opere necessarie di prevenzione. Poi ci sono anche i Consorzi di Bonifica che devono essere utilizzati per un’opera di prevenzione del territorio, poiché la loro tradizionale funzione è ormai esaurita.
Per finire, la telenovela delle navi di veleni è realmente finita? Tanto rumore per nulla?
Purtroppo no, la verità non è ancora emersa. Dietro la verità ufficiale c’è la realtà sottomarina che potrebbe nascondere qualche sorpresa. Il carico di quelle navi è costituito da rifiuti tossici, e il ciclo dei rifiuti desta non poche preoccupazioni. Lo stesso Gaetano Pecorella, Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha lanciare l’allarme sulla connessione con la criminalità organizzata e sulla presenza sospetta di componenti deviate dei servizi segreti in questa attività. I mezzi tecnici per poter arrivare alla verità sono disponibili, ma non vi sono risorse sufficienti. Secondo calcoli attendibili sarebbe necessario investire l’equivalente di una finanziaria e in questo momento nessuno è disponibile per questa emergenza.


C O P Y R I G H T

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