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L'Unical annusa odore di affari

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 8 del 27/02/2010)

Rende, 26 febbraio 2010

Le piogge prolungate hanno messo a nudo le fragilità del suolo calabrese, ma soprattutto gli espedienti per sfuggire a qualsiasi forma di regolamentazione. Parlano due geologi. Beniamino Tenuta, membro del Comitato Scientifico di Geoitalia 2009 e vice-presidente nazionale dell'Ordine dei Geologi, e Eraldo Rizzuti, geologo e Assessore all'Ambiente del Comune di Rende.


Forum sull'ambiente con l'intervento di Beniamino Tenuta e Eraldo Rizzuti

Una situazione di grave dissesto.

E' bastato un inverno piovoso per provocare un disastro generalizzato in Calabria. Quali sono stati i casi iù clamorosi e quali le cause più frequenti?
Tenuta - In realtà non è così poiché, senza andare molto indietro nel tempo, già l'inverno 2008/09 aveva creato grandi problemi. L'anno scorso si è verificata una situazione di piovosità notevole e di lunga durata ma non straordinaria, che ha creato la riattivazione delle frane di prima generazione, piccole cose, salvo qualche isolato caso di più rilevante entità come la frana che ha interessato San Vincenzo La Costa. Chiunque girava nella provincia poteva notare tante manifestazioni di scollamenti superficiali generalizzati che hanno inciso sulla situazione di degrado già in atto in questa regione da sempre, poiché non c'è stato mai un piano di riassetto territoriale. Quest'anno si sono riattivate le frane quiescenti, frane riconosciute che storicamente non avevano più dato segni di attività generalizzate, o comunque non avevano più creato problemi da moltissimi anni. Per limitarci alla nostra provincia, si registrano circa 160 frane sulla viabilità, decine di strade chiuse, a Verbicaro si è riattivata la frana del centro storico che richiama un vecchio episodio che si era quasi dimenticato. A questo si può aggiungere Roggiano Gravina, San Marco Argentano, San Benedetto Ullano, Parantoro di Montalto, Verbicaro, Maierà e l'elenco sarebbe ancora lungo, dove si sono verificate fenomeni franosi di una certa entità. I danni sono quantificabili in milioni di euro.
Rizzuti - Vorrei aggiungere che ciò che emerge è l'espressione di una situazione in perenne evoluzione. Le piogge provocano gravi erosioni poiché lo strato superficiale del terreno è denudato e i detriti degradano verso il grande serbatoio che è il mare. Sta all'uomo di governare i processi erosivi, non di annullarli poiché questo sarebbe impossibile, ma mantenerli nella norma. Oggi si sono riattivati vecchi movimenti franosi, anche laddove si era già intervenuti come a Verbicaro, oppure a Tessano dove la Provincia era già intervenuta pesantemente per riattivare la strada, ma non è riuscita a impedire il ripresentarsi del fenomeno.
A cosa attribuire questo continuo ripetersi delle stesse situazioni, alla inefficacia degli interventi, all'insufficienza dei mezzi tecnici, alla incuria ...
Rizzuti -. Vi sono varie cause. Il primo è che manca una struttura adeguata a livello regionale come esiste in Toscana o in Umbria. Vi era un dipartimento di difesa del suolo e lo abbiamo ridotto a servizio. Qui si vive nell'eterna incertezza e si interviene solo quando si verifica l'emergenza. Ci vuole una cultura nuova, la consapevolezza che il territorio va difeso. Il nostro modo di vivere, di consumare, di comportarsi, di operare, decide la velocità del degrado antropico, misura lo stato del disordine dell'ecosistema terra.

Cause naturali o comportamenti antropici aggressivi

In particolare in che misura hanno inciso l'abbandono dei terreni, lo sfruttamento di cave e torbiere, l'agricoltura intensiva, il disboscamento a raso. Sembra che ai piedi della collina franata a Maierato vi fosse una cava abbandonata ...
Tenuta - Potremmo riassumere tutti questi motivi sotto la dizione di assenza di programmazione. Quello che si è verificato negli ultimi sessant'anni è possibile evidenziarlo in maniera molto precisa con un semplice raffronto delle carte attuali con quelle degli anni cinquanta. In questa regione noi consumiamo una quantità di suolo enorme, poiché vale la regola che io costruisco laddove ho un pezzo di terra di proprietà. Manca qualsiasi pianificazione territoriale, che oggi la legge urbanistica regionale ha finalmente costretto a considerare. Il disboscamento è un problema relativo, perché abbiamo grandi aree nuovamente boscate, che rendono la nostra regione una di quelle più densamente boscate d'Italia.
Parise - Non credo che si debba impedire lo sfruttamento economico del bosco, ma il sistema adottato. In Finlandia il taglio a raso non è ammesso, ma si ricorre al diradamento. In tal modo si mantiene sempre il terreno ricoperto dalla chioma arborea, che costituisce una formidabile difesa naturale contro il dilavamento del terreno.
Rizzuti - Il degrado del nostro territorio può essere datato in modo molto preciso, poiché il suo inizio può essere fatto risalire lo smantellamento della Cassa del Mezzogiorno e all'istituzione della Regione. Vi erano dei sistemi che forse oggi potremmo considerare primordiali, ma erano molto efficaci. Vi era una grande attenzione alla salvaguardia ambientale. La Provincia aveva i cantonieri che provvedevano a mantenere in efficienza il sistema di drenaggio delle acque sulle strade provinciali, vi erano persino vedette disseminate per le montagne per tenere sotto controllo i focolai di incendio e questo consentiva di intervenire con tempestività per impedire al fuoco di espandersi. Oggi il territorio è stato completamente abbandonato. Io non credo che il problema sia quello del consumo del suolo. Manca quella giusta attenzione di salvaguardia, di manutenzione, di protezione, di cura poiché ormai non rientra più in quell'armonia originaria quando la natura veniva intesa come la casa dell'uomo e rispettata. La natura è un grande dono fatto all'uomo, un dono che va curato amorevolmente.

Espansione urbanistica e condoni

Un'altra causa frequente è l'espansione urbanistica in luoghi non particolarmente sicuri. Sono molti i nuovi insediamenti in pericolo, mentre i vecchi centri abitati resistono meglio. E' una questione legata alla geologia dei terreni o anche alla tipologia costruttiva. In precedenza le case erano tutte basse, con il cemento gli immobili sono cresciuti in altezza ed in volumetria, con una incidenza maggiore sul terreno ... Vi è una differenza tra le tipiche case di due piani e i casermoni di dodici piani consentiti dalle nuove tecniche costruttive.
Tenuta - Questo mi permette di completare il pensiero sul consumo di suolo. Non sto parlando di un problema meramente quantitativo, ma soprattutto qualitativo. Noi siamo andati ad occupare suoli che non erano idonei a sopportare quegli interventi antropici, a sopportare l'espansione edilizia. Siamo andati a impegnare terreni che prima non erano proprio considerati per allocare insediamenti edilizi, avevano un'altra vocazione. Nel momento in cui io allargo ed espando gli abitati in ambiti che non hanno le caratteristiche di stabilità che dovrebbero avere, faccio una scommessa, accetto un rischio. E' chiaro che prima o poi si verificheranno eventi che creeranno grandi problemi: Vale l'esempio di Cavallerizzo di Cerzeto, dove non è venuto giù il vecchio centro, ma l'espansione recente. A Maierato è venuta giù la parte dove si stava espandendo, la collina di Zumpano è franata, distante dal centro abitato. Bisognerebbe capire quanta di responsabilità vi è da parte di chi non effettua i necessari controlli.
Il problema si è snaturato nel corso del tempo. Prendiamo l'esempio dei casali cosentini. E' stata consentita l'edificabilità, ma la condizione era che non si alterasse la morfologia dei versanti, che non devono essere tagliati a dismisura. Una volta ottenuta la concessione non vi è più alcun controllo su quanto si andava effettivamente realizzando. Poiché ognuno aveva bisogno di ulteriori vani per cantina o magazzini di deposito, si sono prodotte profonde ferite nelle colline: un fronte di tre metri considerato il massimo possibile per non alterare l'equilibrio dei versanti, passa facilmente a dieci, dodici metri per allocare strutture che non erano previste dal progetto originario. Se questo si verifica in sequenza si produce una completa alterazione dell'equilibrio geomorfologico della collina, con conseguenze difficilmente prevedibili in presenza di eventi meteorologici di particolare intensità, ma che rientro nella norma del nostro andamento climatico.

Si interviene solo a posteriori con provvedimenti tampone.

Rizzuti - Solo in questo periodo vi sono stati più di una trentina di episodi che hanno prodotto danni notevoli al sistema di viabilità. Trenta strade interrotte che hanno prodotto grandi disagi per la mobilità, incidendo in maniera pesante anche sul sistema socio-economico. Non sono contrario all'urbanizzazione estensiva, poiché essa offre l'opportunità di organizzare il territorio, e realizzare quelle opere che ci consentono di organizzare il territorio, come avviene a Los Angeles o Hong Kong. Se noi consentiamo uno sfruttamento verticale, con una concentrazione di carichi sul terreno si possono produrre spinte pericolose. Questo viene favorito dalla perequazione dei volumi che possono essere trasferiti a piacimento anche in altre aree. Questo sta modificando la struttura stessa dell'urbanistica della Calabria, che non è più la Calabria dei Casali. Stanno sorgendo conglomerati metropolitani di una certa entità. Prendiamo l'esempio di Rizzuti, una frazione di Colosimi costruita attorno ad una famiglia patriarcale, una organizzazione clanica attorno alla masseria ed ai bisogni dell'agricoltura. Adesso questo modello è stato stravolto e si preferisce lo sfruttamento verticale che provoca una forte pressione sul territorio. In alcuni versanti assistiamo a casi frequenti di deposito di materiali di risulta che nel tempo vengono utilizzati per costruirvi sopra il pianoro che si produce nel tempo con l'assestamento. Sembra un terreno solido, ma che mostra tutta la sua fragilità quando si verificano questi normali processi evolutivi, come un inverno con piogge intense. Sono fenomeni conosciuti che si preferisce ignorare per motivi di speculazione.
Tenuta - Io non porrei l'accento sugli eventi meteorologici, che non hanno nulla di veramente eccezionale. Vi sono concause predisponenti come l'edificazione in ogni luogo e senza controllo. E' chiaro che un evento come una pioggia insistente concentrato in un periodo breve provoca dei danni. Ma io ricordo sempre che da piccolo doveva andare a scuola sempre con l'ombrello perché pioveva sempre. Il dato scientifico ci dice che vi è una grande variabilità dei fenomeni atmosferici, ma non si è verificato niente che non fosse nella norma se prendiamo in considerazione il lungo periodo, che dovrebbe essere il periodo di riferimento per l'edilizia. Ci dobbiamo chiedere perché allora la pioggia non provocava disastri, mentre oggi siamo costretti a dichiarare lo stato di calamità naturale. Non si deve partire dal presupposto di poter rendere fruibile all'edilizia un'area con delle opere di sistemazione che spesso si rivelano fragili di fronte alla scatenamento della natura. Dobbiamo individuare i terreni che presentino le caratteristiche geomorfologiche che le rendono idonee all'utilizzo edilizio.
Il meccanismo che consente di trasferire la volumetria ovunque sia conveniente è uno dei principali responsabili di questo nuovo corso dell'espansione edilizia incontrollata.
Tenuta - Io dissenso da questo argomento. Intanto, la perequazione delle aree non è ancora entrata in vigore per il semplice motivo che la legge urbanistica regionale è partita solo nel 2006 con l'approvazione del regolamento e non nel 2002. Tranne in alcuni esempi molto modesti non ha ancora trovato applicazione. La perequazione dà la possibilità di trasferimento di volumetria a soggetti che hanno terreni non idonei all'edificazione, che mi sembra un principio giusto. Quello che, invece, si è applicato estensivamente è il coacervo di aree, il vecchio sistema di pianificazione che faceva riferimento alla vecchia legge urbanistica, e, in dispregio al dettato letterale della norma, si è consentito di raggruppare gli spezzoni di aree edificabili per concentrarle in un unico complesso immobiliare. Era un espediente utilizzato per poter risolvere situazioni che non avevano una soluzione nella legge. Questa non è una corretta pianificazione territoriale, ma un espediente per favorire i proprietari di aree edificabili. Voglio aggiungere che la perequazione è una operazione meritoria se verrà applicata correttamente poiché consente una reale pianificazione del territorio. Attualmente non esiste alcun piano approvato per cui il meccanismo non è stato ancora sperimentato. Il caso di Rende da una misura del cambiamento intervenuto nella politica urbanistica. Oggi ha una attività edilizia frenetica che sicuramente non è la stessa di prima. Si sono ridotti gli spazi a favore della collettività. Io abito a Rende dal'74, ne ho seguito l'evoluzione. Rimane pur sempre un modello difficilmente imitabile per le altre realtà della regione, ma anche qui si registrano modifiche significative. Le norme tendono ad adeguarsi all'assottigliamento delle aree.
La Calabria dispone oggi di un volume di fabbricati che potrebbero soddisfare il fabbisogno abitativo di una popolazione quattro volte superiore. Questo impone un limite all'espansione urbanistica. Forse occorrerebbe pensare di più al recupero, alla manutenzione, alla riqualificazione urbanistica.
Tenuta - Basta andare al sito dell'Assessorato all'Urbanistica per avere un'ampia documentazione su questi fenomeni, preparati per il Quadro Territoriale Regionale, che sarebbe Piano Regionale di Coordinamento di vecchia memoria nella nuova nomenclatura dei piani. Queste analisi vi sono e molto approfondite.
Parise - Quello che non si trova è la soluzione, se il territorio degrada ...
Tenuta - Non è vero, vi sono tante disposizioni importanti. Ad esempio è prevista l'inedificabilità assoluta fino a 700 metri dalla battigia e questo crea un grande problema sulla costa ionica dove vi sono ancora terreni vergini. E' una disposizione approvata da questa giunta e mi auguro che la prossima non alteri la decisione. Sono sicuro che gli amministratori locali faranno ferro e fuoco per aggirare questo vincolo. Oggi abbiamo un sistema normativo che consente una pianificazione territoriale in qualsiasi direzione. Il problema di fondo è che in molte situazioni si arriva in maniera tardiva, quando già la realtà è compromessa.
Rizzuti - Anche la possibilità di recuperare il volume dei fabbricati demoliti ed il sistema di premialità hanno contribuito a creare il disordine urbanistico che si è presentato così debole di fronte ad eventi meteorologici di grande intensità.

Interventi sempre a posteriori

Di fronte i disastri tutti chiedono interventi, come nel caso di Janò, un intero paese abusivo e condonato. Com'è stato possibile creare delle situazioni così assurde, qual è la responsabilità dei tecnici, dagli ingegneri ai geologi tutti si sono sempre prestati a trovare gli espedienti necessari per consentire gli scempi. Tutte le professioni si sono messe al servizio dell'abusivismo ed hanno contribuito a farlo crescere e poi condonare. Un paese condonato significa che vi sono stati ingegneri, architetti, geologi, avvocati che hanno ognuno per la loro parte contribuito a quel risultato, hanno asseverato quelle scelte. Non vi è stato nessuno che ha avvertito del pericolo: l'abuso si può condonare, ma il rischio di frana non si estingue con una oblazione.
Tenuta - Questo è un discorso legittimo, ma sparare nel mucchio è comunque sbagliato. La costruzione abusiva non è assistita da alcun tecnico. Che sia abusivismo di necessità o di carattere speculativo, ha lo stesso valore sul piano del depauperamento del territorio. Il problema è che l'amministratore locale non indossa la fascia tricolore per abbattere gli edifici, ma con una modesta somma gli consente di legalizzare quell'abuso. Il sistema dei condoni è stato una vera e propria iattura per tutto il Paese, ma in Calabria ha avuto una intensità elevata. Tutte le leggi sul condono hanno dato tutta la responsabilità al progettista, il geologo non è mai stato previsto in questi provvedimenti legislativi. Qui non si tratta di dire che i geologi sono esenti da colpe, ma che sono stati tenuti fuori. Che poi in molti casi abbiamo avallato operazioni discutibili, questo non può essere messo in discussione, altrimenti non saremmo nelle condizioni disperate in cui ci troviamo.
La situazione di Maierato è speculare a questo. Almeno in apparenza, lì tutto è avvenuto nella norma, con le approvazioni tecniche opportune, nei crismi della legalità con tutte le previste relazioni geologiche. Però il disastro è ancora più grave. Dobbiamo dire che la tecnica è ancora primordiale e approssimativa?
Rizzuti - Gli strumenti tecnici sono idonei e consentono di ottenere una buona descrizione del territorio. Nel PAI la frana era definita e circoscritta, ma c'è stato associato un rischio quasi nullo. Intanto il PAI della Calabria è stato un meritorio strumento che per la prima volta consentiva una conoscenza delle condizioni geomorfologiche. Si trattava di un piano stralcio è stato fatto solo ed esclusivamente per i centri abitati e le frazioni con più di 200 abitanti. Il restante 80% del territorio è escluso dal PAI, e questo costituisce uno dei suoi grandi limiti. Andava rivisto ed approfondito. Altrove sono arrivati fino ai piani di bacino, noi siamo ancora fermi all'anno zero.
Nel caso di Maierato non siamo di fronte ad un paese abusivo. A cosa si deve attribuire allora il disastro al fato o all'incompetenza dei tecnici?
Tenuta - Sul caso di Maierato non so dire molto perché è una situazione che non conosco nel dettaglio. La fortuna ha voluto che la frana abbia interessato una zona non abitata e non vi sono state vittime. Questo dimostra i limiti del PAI. L'elemento di franosità del territorio era stato evidenziato, anche se poi nel concreto l'area si è enormemente ampliata rispetto alle previsioni. Lo strumento urbanistico nella concezione vecchia lasciava da parte l'area agricolo per cui su quella non veniva fatto alcuno studio geologico. Si programmavano le attività urbanistiche all'interno dei centri abitati e nei dintorni, nelle aree di espansione. La nuova legge costringe tutti, il progettista, il geologo, l'agronomo - una figura che interviene per la prima volta nella pianificazione urbanistica, l'architetto ad occuparsi dell'intero territorio comunale, comprese le zone agricole.
Ma non vi è stata una carenza culturale che ha favorito lo scempio del territorio?
Tenuta - La carenza culturale, che possiamo ammettere che si sia stata, è cosa ben diversa dalla responsabilità che implica una azione consapevole di voler nascondere i rischi e consentire operazioni che la legge e il buon senso non dovrebbero ammettere.
Rizzuti - Il nostro è un paese strano. Ormai da più anni viviamo in una situazione di rischio, eppure, e vorrei ribadirlo, non abbiamo una struttura che sia in grado di intervenire. Il Calabria il Dipartimento di Difesa del Suolo non c'è. Non c'è specializzazione e lavoro d'équipe e manca il rispetto delle professioni. Vi è una sovrapposizione di competenze: il ricercatore fa il professionista, i professori fanno i professionisti, il politico si rivolge all'amico di turno. E il professionista è costretto a fare altre cose per sopravvivere... Questa è una situazione diventata insostenibile.
Tenuta - Intanto, la componente geologica del Quadro Territoriale di Riferimento ha rivisto la situazione della franosità a livello regionale. Ci sono 42 tavole della franosità attuale. Il disegno non è più quello del PAI, ma vi è una revisione totale del sistema di conoscenza. Abbiamo degli elementi che voglio porre all'attenzione. In regione abbiamo un servizio di protezione civile che non ha geologi nel suo organico. In una recente richiesta di nuovo personale per rafforzare quell'ente, non si fa alcun cenno ai geologi. Per le sue esigenze è costretto a rivolgersi all'Autorità di Bacino, una struttura che all'origine aveva in organico 15 geologi e 15 ingegneri. Nel corso degli anni è stata svuotata e oggi sono rimaste 4-5 persone, gli altri sono andati via perché hanno deciso di fare altre esperienze.
Quando si verifica un fenomeno così vistoso, è un segno di disagio. Le difficoltà di lavoro in questa regione sono ben note.
Tenuta - Questo non lo so. Certo se non vi sono opportunità di avanzamenti di carriere, l'interesse finisce per scemare. Le forze non sono adeguate alle necessità e questo apre le porte ad altri soggetti. Le carenze possono essere colmate chiamando giovani professionisti. Perché questo non viene fatto? Perché si preferisce affidare ad un manager che afferisce all'Università della Calabria la gestione delle emergenze. L'Unical oggi lancia la "task force" perché si prevede un ghiotto piatto: piatto ricco, mi ci ficco, dice il proverbio. Vi sono risorse enormi che potrebbero arrivare e questo fa gola. L'anno scorso, in tempi di magra, si è guardata bene dal proporla e così per l'alluvione di Vibo o quella di Soverato. Questa iniziativa, per quanto meritoria, mi lascia perplesso. Sembra legittimo che questa regione, ultima in Italia, nel 1998 si dota di un Servizio Geologico Regionale. Nel 2005 arriva Loiero e nel suo programma quella struttura scompare e viene accorpato ai Lavori Pubblici, senza dotazione organica. In una situazione di questo genere si depaupera un servizio fondamentale per questioni di equilibrio di potere? L'Unical dovrebbe fare il suo mestiere che è quello di formare i tecnici.
Parise - Forse non avete, come geologi, un peso politico significativo ...
Rizzuti - Non si vuole dire questo, ma certo che siamo un migliaio in tutta la regione, contro i circa 5.000 ingegneri nella sola provincia di Cosenza. Nelle decisioni significative, spesso il metro di misura non è la professionalità, la competenza, l'esigenza del servizio. La capacità di pressione fa aggio sulle ragioni razionali. I geologi, nel campo delle professioni, sono un anello debole e non riescono a far valere le proprie ragioni.
Tenuta - Vi è, credo, una ragione più profonda. Il geologo per sua natura è sempre stato visto come un vincolo, un ostacolo alla realizzazione degli obiettivi. Questo è specialmente vero quando prevale la politica del fare, l'ansia del risultato, rispetto alla rigida applicazione delle cautele necessarie. I risultati si incassano subito, i guai arrivano con molto ritardo, quando chi li ha prodotti ha già incassato il suo dividendo e non risponde più delle sue azioni. In questa situazione di evidente debolezza, c'è chi privilegia la strada irta delle responsabilità e chi si lascia convincere a una maggiore flessibilità per sopravvivere. Qui non c'è una testa pensante, un coordinamento delle attività che consente una pianificazione. L'Arpacal che non ha tra i suoi compiti istituzionali la difesa del suolo, manda in giro i suoi geologi che fanno tutt'altro. Lo stesso avviene nelle Province dove vi sono dei geologi adibiti a compiti burocratici che vengono investiti dei disastri. E' naturale che non possano essere pronti a compiti di prevenzione e di riqualificazione territoriale.
Rizzuti - Questa situazione crea situazioni paradossali. Vi sono ancora famiglie rimaste in strutture alberghiere dalle frane dell'anno scorso, benché lo stato di calamità è scaduto il 31 gennaio. Molte di quelle stesse frane oggi si sono riattivate e la speranza di costoro di poter rientrare nelle proprie abitazioni si sono ulteriormente assottigliate. Quest'anno, all'emergenza dell'anno scorso si è aggiunta una nuova e più grave emergenza. Di questo passo finiremo tutti nell'emergenza.
Se le previsioni relative ai cambiamenti climatici sono vere, in futuro l'Italia subirà un aumento dei fenomeni estremi come precipitazioni intense alternate a prolungate siccità. Questo sarà un quadro ideale per il verificarsi di alluvioni disastrose perché un terreno secco, infatti, perde la capacità di assorbire acqua.
Quando arriva la pioggia, scarsamente ostacolata da un territorio con sempre meno alberi e sempre più cemento scende più velocemente lungo i pendii ingrossando rapidamente i corsi d'acqua a valle. Se le sponde e il letto dei corsi d'acqua non sono naturali, ma di cemento l'ondata di piena si abbatte a valle con grande velocità, lasciando poco tempo disponibile per avvertire le popolazioni e organizzare le difese ; i corsi d'acqua scavano sempre di più i loro alvei rendendo instabili i versanti lungo le sponde... E' evidente che oltre a una efficace sistema di allerta, è necessario ripristinare tutta quella sapienza antica fatta di cura delle foreste, di non occupare gli argini fluviali, di messa in sicurezza dei pendii, di rinaturalizzazione dei corsi d'acqua. Non serve alzare gli argini, ridurre gli alvei dei fiumi, ma bisogna lasciarli respirare.


C O P Y R I G H T

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