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Siamo qui per studiare e la facoltà di farmacia è molto apprezzata
all'estero
(Mezzoeuro Anno IX num. 16 del 24/04/2010)
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Rende, 22 aprile 2010
Gli studenti cinesi ad Arcavacata formano una
comunità molto numerosa, chiusa e riservata
Siamo qui per studiare e la facoltà di farmacia è
molto apprezzata all'estero
Preferiamo concentrarci per finire in breve tempo
e dedicarci al nostro lavoro
Ci sediamo ad un bar di fronte alla pensilina dove partono le navette per il
Ponte. Pi Ching è il rappresentante degli ospiti cinesi che studiano nella
nostra università. E' insieme a Wei Xun e Liu Nannan, una studentessa dagli
occhi a mandorla secondo la classica raffigurazione che noi occidentali abbiamo
degli orientali. Sono iscritti tutti e tre alla Facoltà di Farmacia. Un
rapporto antico che ormai dura da quasi trent'anni. Interrottamente. Il primo
nucleo arrivò, infatti, nel lontano anno accademico 1979/80. Uno sparuto gruppo
di 16 persone che rappresentavano però una grande novità nel panorama statico
di una regione che aveva un flusso migratorio in una unica direzione. La stessa
Cina è un mondo diverso rispetto a quello dinamico che conosciamo oggi, una
realtà chiusa, appena uscita da una devastante rivoluzione culturale che aveva
decimato la sua intellighenzia, un paese dove era difficile spostarsi
liberamente persino al suo stesso interno. La loro presenza nel campus in
embrione rappresentò una ondata di freschezza, di aria nuova per la Calabria e
per la stessa Cina. Anche se all'epoca qualcuno notò appena quel piccolo sasso
buttato in uno stagno.
A quel grande segno di apertura seguì un lungo silenzio. Le onde diventarono
sempre più impercettibili fino a sparire del tutto. Molti anni dopo, i cinesi
furono riscoperti per volere del preside della facoltà di farmacia che incaricò
Domenico Sturino di occuparsi della questione. Don Domenico è all'opera da
allora instancabilmente. Una figura di ecclesiastico letterato, parroco del
centro storico di Rende, docente universitario, poliglotta e multiculturale,
con una formazione americana e una profonda conoscenza della realtà locale,
frutto del suo apostolato e della curiosità che lo contraddistingue. Insieme a
Salvatore Andò, preside della Facoltà di Farmacia, decidono di riannodare quel
filo interrotto ormai da tanti anni. Una decisione che contribuì al prestigio
internazionale della facoltà, che viene classificata come una delle migliori
d'Italia. Il tentativo ha un successo immediato; gli studenti corrono a frotte
arginati solo dalla barriera del numero limitato che non consente l'accesso a
tutti coloro che ne fanno richiesta, soprattutto per le facoltà scientifiche.
Vi sono, quindi, margini per significativi aumenti pur in assenza di una
specifica politica di accoglienza degli stranieri. La sinologia è quasi
sconosciuta, la lingua cinese non trova grande attenzione nell'ateneo, la
ricerca sulle condizioni economico-sociali del gigante asiatico affidate alla
buona volontà di qualche volontario. Una difficoltà è rappresentata dalla
lingua, dalla diversità culturale, dalla scarsità di esperti. E si è fatto
molto poco per superare questo gap.
Oggi la comunità degli studenti cinesi conta più di 200 persone, tutte
alloggiati nelle maisonette. Sono molto diversi da quelli di trent'anni fa, che
erano animati da una voglia di conoscere il mondo, di leggere una realtà così
lontana dalla loro, timidi ma decisi ad ottimizzare la loro esperienza, a
cercare un contatto con gli altri studenti per uno scambio culturale e di
esperienze. Oggi sembra che i cinesi vengono qui con l'obiettivo preciso di
conseguire la laurea e tornare nel proprio paese per occupare il ruolo che gli
compete in una società in forte espansione, dove le competenze e le capacità
trovano ancora un immediato riconoscimento. Sono sicuri di sé, forti nel numero
e nella volontà, che li rende una comunità chiusa, quasi impenetrabile al resto
della popolazione studentesca. Vivono, parlano, dormono tra di loro con una
scarsa interrelazione con il mondo che li circonda. Persino nel Festival dei
Popoli che si svolge da molti anni all'Unical, la presenza cinesi è
inesistente, non si organizzano manifestazioni musicali, cinematografiche,
teatrali cinesi.
Al di fuori del campus vi è una numerosa comunità cinese di molte migliaia
di persone, che lavorano, esercitano attività commerciale e di ristorazione. Ma
vi è uno scarso entusiasmo e poco voglia di conoscerli e avere rapporti con
loro. Si tratta di due mondi che non dialogano, poiché si considerano lontani
per cultura e interessi. Due mondi che si allontanano perché la comunità
esterna si radica sul territorio, crea una cultura propria conservativa. Nella
comunicazione familiare difendono strenuamente il proprio dialetto ma hanno una
scarsa familiarità con il mandarino, la lingua letteraria. I bambini
frequentano le scuole e hanno difficoltà ad apprenderla per mancanza di
qualsiasi aiuto dalle istituzioni scolastiche. La "Little China" si alimenta
dei figli del popolo, la comunità studentesca è una rappresentazione della
nuova borghesia, della nomenklatura, che dopo aver conquistato il benessere e
spesso la ricchezza, ora investe nella cultura. Una diffidenza reciproca e
finora nessuno ha tentato di creare qualche occasione di incontro.
- Come avete conosciuto l'Italia, quali sono stati i motivi della vostra
scelta?
- Pi Ching - Noi facciamo parte del gruppo di studenti cinesi che vengono
selezionati per studiare all'estero, non importa dove. Dal 2004 in
Calabria vi era solo la facoltà di farmacia aperta agli studenti
stranieri, ed ha una ottima reputazione. Tra le facoltà scientifiche
disponibili vi era anche la facoltà di veterinaria a Milano, ed ho
preferito venire qui. Ho scelto la facoltà, ma non il luogo.
- Cosa è l'Italia vista dalla Cina?
- Pi Ching - Pizza, buona cucina, moda. E la Sicilia, la mafia. A scuola
si studia Roma e la storia romana, l'arte. Ma non vi è una conoscenza
molto approfondita del vostro paese.
- Liu Nannan - La dolce vita. L'Italia appare come un paese allegro,
spensierato dove la gente si diverte.
- Avete incontrato la mafia, qui? Qual'è stata la vostra esperienza?
- Pi Ching - No. Non ho mai incontrato la mafia, l'ho letta nei libri e
l'ho vista nei film, come il Padrino. Un bel film. Credo che sia la prima
immagine dell'Italia che mi ha colpito. C'è una grande differenza tra
quello che immaginavamo prima di venire e la realtà che ci troviamo a
vivere.
- Wei Xun - Abbiamo trovato una situazione molto tranquilla, tanto
nell'università che nella città. Non abbiamo mai visto quella violenza
che viene raccontata sull'Italia.
- Quali differenze avete riscontrato?
- Pi Ching - In Cina si lavora di più, vi è un maggiore entusiasmo,
perché viviamo un momento di grande crescita, uno sviluppo accelerato.
Qui sembra che nessuno abbia mai fretta, tutto si prende con calma. Si
lavora tra un caffè e l'altro e nel pomeriggio tutti a casa, mentre in
Cina si continua a lavorare fino a tardi.
- Wei Xun - La stessa cosa avviene per lo studio. In Cina ci si applica
di più, si passano ore e ore sui libri. Per l'esperienza che abbiamo,
possiamo dire però qui il livello degli studi è molto elevato.
- Quindi voi pensate che qui si lavora poco? Forse perché viviamo un
momento diverso, una fase di recessione. Durante il miracolo economico, negli
anni sessanta del secolo scorso, si è avuto lo stesso dinamismo, si è
prodotto uno sforzo considerevole per sostenere un tasso di sviluppo elevato.
Potremmo dire che siamo in un momento di stanca.
- Pi Ching - Questo può essere vero. Ma si nota una diversa cultura del
lavoro. Per noi sarebbe inconcepibile un clima così rilassato, ma forse
con il tempo le cose potrebbero cambiare anche in Cina.
- Dove vivete, come trascorrete il vostro tempo libero?
- Pi Ching - Stiamo nel Centro Residenzionale, viviamo in appartamenti
con sei persone, due per stanza. Abbiamo molte difficoltà a studiare la
sera, perché ci disturbiamo a vicenda. Avremmo bisogno di uno spazio dove
poter studiare.
- Chiedete che sia aperta la sala studio della biblioteca, ad esempio.
- Pi Ching - Questa potrebbe essere una buona soluzione, ma forse
costerebbe molto, perché la biblioteca va custodita costantemente. Quando
cerchiamo di rifugiarci in un aula ci cacciano via la sera e non sappiamo
dove andare.
- Credo che sia per una ragione di sicurezza.
- Pi Ching - Noi siamo d'accordo che tenere aperta un'aula ha un costo
per l'energia e la custodia. Però molti amici che studiano a Milano e in
tutte le università del Nord non hanno questo problema, perché hanno
sempre un luogo dove potersi riunire. Ci sempre delle aule aperte e
disponibili. Per noi questo costituisce un problema importante perché
siamo lontani da casa e vogliamo finire gli studi velocemente. Ogni sera
potremmo guadagnare almeno due ore di studio ed accelerare la nostra
preparazione. Per non parlare del week-end, sabato e domenica diventa un
vero problema trovare un luogo tranquillo dove concentrarsi per
studiare.
- Trovate facile la vita nel campus, vi sono servizi adeguati, o avete
qualche difficoltà?
- Pi Ching - Qui ci troviamo bene, è un posto tranquillo non abbiamo
particolari difficoltà. Vi sono due mense, una vicino alla Facoltà di
Ingegneria e un'altra nei pressi del Centro Residenziale, che lascia un
po' a desiderare per qualità e servizio e questo ci crea qualche
problema. Le maisonette sono un po' chiassose perché vi sono sempre
persone che parlano o disturbano fino a notte fonda e questo rende ancora
più problematica la concentrazione.
- Wei Xun - Questo per noi costituisce una difficoltà reale perché non
riusciamo a studiare come vorremmo. Non non siamo interessati alle
feste.
- Quanti studenti cinesi ci sono nell'Unical oggi? Siete tutti iscritti
alla Facoltà di Farmacia?
- Pi Ching. Siamo circa duecento, e la grande maggioranza sono studenti a
farmacia perché per qualche anno è stata l'unica facoltà disposta ad
accoglierli. Oggi ci possiamo iscriverci a tutte le facoltà, ma la
maggioranza preferisce farmacia, perché viene considerata di ottimo
livello ed è molto apprezzata in Cina.
- Wei Xun - Quando sono venuto qui era l'unica che potevo scegliere e
tanti si sono trovati nella stessa nostra condizione. Vorrei aggiungere
che noi non abbiamo borse di studio Erasmus o Marco Polo, come gli altri
studenti italiani e stranieri che vengono qui e hanno la retta gratuita.
Noi paghiamo 4500 € per un anno al centro residenziale e questo non mi
sembra giusto perché per le nostre famiglie è un costo molto elevato. Noi
studiamo e cerchiamo di superare tutti gli esami con voti buoni e però
non abbiamo alcun aiuto.
- Molti vi accusano di essere una comunità molto chiusa, state sempre tra
di voi e non cercate un rapporto con gli altri. Da cosa dipende questo
isolamento, dalla lingua, da difficoltà culturali, o vi sentite esclusi?
- Pi Ching - In prevalenza preferiamo stare tra di noi, perché siamo in
tanti e ci troviamo bene. Non abbiamo difficoltà con gli altri, tutti
abbiamo tanti amici però tentiamo ad isolarci. Certo la lingua
costituisce un ostacolo serio, perché soprattutto all'inizio quando
tentiamo di parlare in italiano nessuno ci capisce e questo crea una
condizione di disagio che poi ci fa chiudere. E' una esperienza
frustrante che soffriamo molto.
- Può anche essere stimolante. La lingua si impara soprattutto
praticandola, la chiusura non fa che esasperare le difficoltà. La lingua non
serve solo a comunicare, ma anche a penetrare nella cultura di un popolo.
- Pi Ching - Questo dipende dalle sensibilità individuali, la maggioranza
di noi vengono qui per completare i propri studi. Ci sono degli studenti
cinesi che amano isolarsi e non gli piace avere contatti con persone
diverse. Vi sono tuttavia molti di noi che hanno ottimi rapporti con gli
altri studenti. A me piace comunicare, ma non tutti sono così.
- Trovate difficoltà a seguire i corsi e sostenere gli esami. Ritenete
sufficienti i corsi di italiano?
- Pi Ching - La lingua è sicuramente l'ostacolo principale. Per fortuna
nelle facoltà scientifiche si usa un linguaggio tecnico e formalizzato
che rende più semplice l'esposizione poiché simboli e formule sono uguali
dappertutto. Io ho studiato italiano a Perugia e trovo che vi è una
grande differenza con quanto si organizza qui. La docente di italiano è
molto simpatica ma rimane sempre su un livello teorico.
- Wei Xuan - Ci sono corsi di italiano, ma ci aiutano poco perché si
insegna la lingua letteraria, la grammatica e la sintassi mentre la
lingua parlata e quella tecnica sono molto diverse. C'è bisogno di una
maggiore concentrazione poiché i concetti sono difficile di per sé e la
lingua aumenta le difficoltà.
- Liu Nannan - Io qui mi trovo bene perché le lezioni sono sicuramente ad
un livello elevato, ma qualche volta non riusciamo a capire appieno la
spiegazione e ci dobbiamo aiutare con i libri. Questo è il motivo per cui
avremmo bisogno di uno spazio fisico, un'aula o una sala lettura come
hanno detto i miei amici.
- Vi sono occasioni d'incontro che favoriscono il rapporto, come incontri
culturali, spettacoli teatrali, circoli ricreativi, impianti sportivi?
- Pi Ching. Non vi sono molte occasioni d'incontro. Nel centro
residenziale io abito insieme a cinque ragazzi cinesi. Sarebbe opportuno
mischiare le nazionalità: due cinesi, due italiani e magari due russi. Ma
questo non avviene. Io volevo stare insieme a degli italiani, ma questo
non mi è stato consentito.
- Wei Xun. Abbiamo chiesto molte volte di poter stare insieme agli
italiani, ma ci hanno sempre risposto di no.
- Avete mai pensato di creare degli eventi per far conoscere la vostra
cultura, dal teatro alla musica. Gli altri lo fanno.
- Pi Ching. Ci sono i cubani ad esempio che organizzano tanti spettacoli.
La nostra cultura è molto diversa dalla vostra e pensiamo sia difficile
portala qui. Non ho mai pensato che i miei amici italiani possano essere
interessati ai film cinesi, perché non li capirebbero, e hanno
sottotitoli in inglese. Anche le altre forme artistiche come la musica o
il teatro sono molto difficili da rappresentare qui.
- Wei Xuan - A noi non piacciono molto le feste, preferiamo passare le
nostre serate tra amici o a studiare. Non abbiamo pensato di organizzare
delle manifestazioni culturali perché è molto difficile farli capire a
tutti.
- Qual è il rapporto con la comunità dei cinesi che vivono qui?
- Pi Ching. Abbiamo pochi rapporti con loro, perché viviamo una
esperienza molto diversa e vi è una differenza culturale notevole. Noi
siamo più interessati alla cultura, loro ai beni materiali: pensano ai
soldi, alle macchine, al lusso. Vogliono solo diventare ricchi. Noi
vogliamo prendere una laurea e tornare in Cina.
- Liu Nannan. Abbiamo interessi diversi. A me piace studiare. Non
troviamo molti motivi per stare insieme a loro.
- Trovate che vi siano molte differenze nel rapporto tra ragazze e ragazzi?
Come vedete la Calabria sotto questo profilo?
- Pi Ching. Vi è stata una grande evoluzione negli ultimi anni in Cina.
Soprattutto nelle grandi città i rapporti sono molto più liberi, ma nelle
campagne ancora persistono vecchie abitudini. Anche in Italia vi sono
molte differenze. Io sono stato a Milano per un molti mesi e ho potuto
toccare con mano la diversa ricchezza. Ma mi trovo molto meglio qui. La
gente è più aperta e amichevole. Io ho un amico che abita a Pavia. Quando
è venuto a trovarmi ha detto che qui ha passato i suoi giorni più belli
da quando è in Italia, perché qui è più tranquillo e più semplice.
- Wei Xun. Io trovo che qui i rapporti sono molto più liberi. E' tutto
molto più semplice e non trovo alcuna difficoltà. Noi cinesi siamo molto
più tranquilli, non amiamo molto il caos, la confusione, le feste.
- Liu Nannan. I ragazzi italiani sono molto più disinvolti. Pensano
subito al sesso, mentre noi siamo un po' più riservate. Questo crea molti
imbarazzi. A molte ragazze cinesi piace frequentare gli italiani perché
sono allegri, piacevoli ma dovrebbero anche avere maggiore tatto,
rispettare la nostra sensibilità. Prima di venire in Italia, pensavo che
fosse un paese molto evoluto e sviluppato. Poi ho dovuto prendere atto
che vi sono molte differenze tra il Nord e il Sud.
Don Domenico
Sturino "ministro degli esteri" della facoltà di farmacia racconta
Abbiamo portato qui i figli della nuova
borghesia cinese
Tutto è iniziato
per una felice intuizione del preside Sebastiano Andò nel lontano
1980
- Come è iniziato il cammino della seconda ondata di studenti cinesi ad
Arcavacata?
- Il preside della facoltà di farmacia ha intuito prontamente le grandi
potenzialità rappresentate da un paese emergente come la Cina, con una economia
crescente, interessi scientifici. Già dal 1990 subito dopo l'arrivo dei primi
ospiti cinesi, mi ha dato l'incarico di verificare la possibilità di creare un
afflusso regolare di studenti. L'internazionalizzazione è nella natura stessa
dell'università che costituisce un veicolo importante per il dialogo
multiculturale, un arricchimento reciproco attraverso lo scambio di esperienze.
Si è pensato di offrire agli studenti cinesi selezionati dal governo dieci
borse di studio per tutto il corso di laurea, a carico del bilancio
dell'Università della Calabria dietro richiesta della facoltà di farmacia. Ad
essi venivano offerti vitto e alloggio per tutto il percorso formativo, loro
dovevano accollarsi soltanto le tasse. In questi cinque anni l'università si è
aperta, ha avuto l'opportunità di farsi conoscere, di intrecciare rapporti
scientifici con altri prestigiosi istituti. Da allora quel flusso non si è mai
interrotto. Molti di quegli studenti hanno incarichi di responsabilità in
importanti istituti internazionali e contribuiscono a diffondere il nome della
nostra università.
- Come si è passati da dieci borse di studio a 200 studenti, gran parte dei
quali continuano a preferire la facoltà di farmacia?
- Dopo quella fase ci siamo rivolte alle agenzie paragornative, come la Dong
Feng International Center for Student Exchange, che provvedono a reclutare gli
studenti gli studenti cinesi che vogliano iscriversi in università straniere.
Sono agenzie un po' particolari, di carattere privato, ma i cui dirigenti sono
nominati dal governo, che li informa sulle università disponibili ad accogliere
gli studenti cinesi che siano allo stesso tempo ritenute qualitativamente
idonee, poiché il titolo rilasciato è tenuto in alta considerazione in Cina. Si
tratta di una categoria molto diversa da quella precedente, la cui estrazione
sociale è legata alla nuova borghesia nata a seguito del processo di
progressiva trasformazione dell'economia cinese. I rappresentanti della Dong
Feng si sono presentati da noi ed abbiamo iniziato un dialogo da cui è
scaturito un protocollo di intesa.
- Una delle lamentele è quella di dover pagare una retta annua di 4.500 euro
annua per la loro permanenza del campus e non hanno più alcuna borsa di
studio.
- Oggi non vi sono più borse di studio, proprio perché si tratta di una
categoria di studenti molto diversa. In una prima fase avevamo offerto
condizioni molto favorevoli e questo ha portato ad un progressivo ampliamento
del loro numero nel tempo. Con l'attuale crisi finanziaria che sta vivendo
l'università, il rettore ha inteso adeguare anche il costo a quanto praticato
agli altri studenti. Si tratta comunque di un privilegio, poiché viene
riservato loro un certo numero di posti nel campus e comunque la somma è
inferiore al costo effettivo del servizio.
- Non vi sono più borse di studio, quindi.
- No. Sono poche dappertutto e non così sostanziose come quelle che abbiamo
allora offerto ai dieci studenti. Abbiamo cercato di ottenerne qualcuna
attraverso l'associazione italo-cinese ed il ministero degli esteri, ma per il
momento non vi è alcuna borsa disponibile. Voglio ribadire che mentre i primi
studenti venivano selezionati dal governo per merito, questi vengono mandati
dalle agenzie che smistano tutti coloro che hanno intenzione di studiare
all'estero senza effettuare alcuno screening scientifico. Detto chiaramente qui
arrivano oggi i figli dei nuovi ricchi, che possono permettersi di pagare un
soggiorno all'estero per la loro formazione.
- Vi sono però altri che godono delle borse di studio Erasmus o Marco Polo,
che sono dei programmi per l'interscambio culturale finanziati dalla Unione
Europea. Anche l'Unical potrebbe organizzarli ...
- L'Università potrebbe attivarsi certamente, ma è una fase in cui lo stesso
ministero invita alla prudenza poiché non vi è una grande disponibilità
finanziaria. Ho chiesto ripetutamente al delegato del rettore a destinare una
piccola somma per premiare gli studenti che più si distinguono. L'anno scorso è
stata accantonata una piccola somma e si sta definendo come utilizzarla per
premiare il merito.
- Un altro inconveniente rilevato è il sovraffollamento delle maisonette, dove
sono sistemati due studenti per stanza. Manca lo spazio fisico per poter
studiare la sera e nei week-end.
- La facoltà sta facendo ogni sforzo per poter dare risposte alle esigenze
espresse degli studenti. Al precedente rappresentante ora negli Stati Uniti
avevamo dato un piccolo stipendio per i lavori che svolgeva nei confronti della
propria comunità, abbiamo organizzato due borse di ricerca post-dott per gli
studenti più meritevoli finanziati interamente con fondi propri. La carenza di
aule esiste anche per i ricercatori e i docenti, per cui è difficile trovare
una soluzione adeguata. Ho già proposto di destinare una piccola aula alla
comunità cinese per le loro esigenze di studio, di incontro, di scambio
culturale. Mi sono attivato per promuovere un incontro multietnico e
multiculturale dove discutere tutte le problematiche che essi incontrano che si
terrà giorno 4 e cinque maggio. Devo però anche dire che spesso gli studenti
sono disattenti e non partecipano attivamente alle attività e poco propensi ad
assumersi responsabilità. Noi avevamo pensato di dare un'aula alla loro
associazione ed una borsa di studio che gli stessi avrebbero dovuto decidere a
chi attribuire. E' un loro diritto avere una sede per riunirsi, incontrarsi e
per tutte le attività che desiderano effettuare.
- Una difficoltà è rappresentata dalla lingua e dalla scarsità dei mezzi messi
a disposizione. Il corso di lingua è insufficiente a garantire un apprendimento
dell'italiano perché ritenuto teorico.
- Le università italiane richiedono una permanenza di almeno sei mesi nel
paese per l'apprendimento linguistico prima dell'inizio dei corsi. Sia il
progetto Marco Polo che la Dong Feng sono esortati ad organizzare dei corsi di
italiano in Cina della durata di almeno sei mesi prima dell'arrivo nel nostro
Paese. Ciò significa almeno un anno intenso di apprendimento linguistico.
- Chi ha avuto l'opportunità di frequentare il corso di italiano a Perugia si
trova in condizioni migliori rispetto a coloro che lo seguono qui.
- Quando avevamo i fondi noi organizzavamo corsi di italiano direttamente in
facoltà con docenti a contratto e i ragazzi ne hanno tratto grande beneficio.
Oggi si organizzano corsi tutto l'anno nel Centro Linguistico di Ateneo con
ottimi insegnanti che si aggiornano continuamente. Forse gli studenti trovano
qualche difficoltà a inserirsi con gli altri provenienti da ogni parte del
mondo.
- La comunità cinese tende ad isolarsi in questo anche favorito dal fatto che
nelle maisonette i gruppi vengono suddivisi per nazionalità.
- Inizialmente si era disposto di creare una comunione di intenti e di valori
mischiando le varie nazionalità. Questo buon proposito si è infranto sulle
difficoltà pratiche riscontrate, sugli attriti che si producevano e si è deciso
di rimandare la concreta applicazione di questo principio in altro momento. Più
volte sono dovuto intervenire per risolvere dei conflitti anche aspri. Io non
ho mai condiviso questa impostazione. Mi sono occupato del problema, ho fatto
degli studi, poiché va contro l'idea di multiculturalità ed interculturalità.
Mi auguro che sia una fase transitoria e che presto potremo riprendere il
cammino interrotto.
- Come mai la comunità cinese non partecipa al Festival dei Popoli, non
organizza manifestazioni culturali, come spettacoli musicali o teatrali, mostre
d'arte?
- Da me vengono tutti e sono pronto a dialogare e cercare soluzioni per i
problemi che mi vengono posti. Devo dire che non vi è mai stata alcuna proposta
in tal senso e credo che sarebbe auspicabile che vi fosse una forte presenza
della cultura cinese nella nostra università. Devo dire che per il secondo anno
consecutivo organizziamo un master di medicina cinese in collaborazione con
l'Università di Nanchino. Sono venuti dei ragazzi straordinari che sono stati
inseriti nei nostri laboratori ed hanno portato con loro la testimonianza di
una cultura millenaria. Una delle mie proposte è di istituire dei corsi
paralleli di farmacopea occidentale ed orientale per confrontare le diverse
farmacopee.
- Questo è molto interessante nello specifico, ma è rivolto ad un pubblico
particolare. Si dovrebbe anche far conoscere la musica, l'arte, il teatro
...
- Magari ricevessi proposte in tal senso. Vi è una certa ritrosia, forse
dovrebbero essere incoraggiati.
C O P Y R I G H T
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