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Vecchia e nuova Cina in Calabria
Mezzoeuro Anno IX num. 19 del 14/05/2010)
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Rende, 13 maggio 2010
Una manifestazione organizzata da Ragazzi del
'79, Amica Tellus e Unical in occasione dei 30 anni dell'arrivo dei primi
studenti cinesi al campus. Incontro fortemente voluto dal docente Gianfranco
D'Atri
Il 6 maggio per l'ottavo anno consecutivo l'Unioncamere ha organizzato la
"Giornata dell'economia". L'appuntamento è diventato un importante momento
istituzionale che offre l'opportunità di una riflessione sullo stato
dell'economia. In quella occasione, il Centro Studi Unioncamere presenta il suo
rapporto, che si avvale dei punti di osservazione degli enti camerali presenti
in tutte le province d'Italia, che a loro volta predispongono dei report
territoriali.
Lo studio non è realizzato a tavolino servendosi delle statistiche
ufficiali, ma si avvale del contatto diretto con il territorio attraverso gli
esperti e i rappresentanti delle più significative categorie economiche. Si
ottiene un un documento che si serve dei dati statistici per verificare i
giudizi espressi dai principali attori dello sviluppo che "sentono" il pulsare
del sistema imprenditoriale italiano. Il maggior pregio è di offrire una
fotografia reale, una diagnosi dello stato di salute della nostra economia
chiamando direttamente in causa gli attori che agiscono in sede locale.
Nella stessa giornata, in ciascuna provincia si è svolta una manifestazione
analoga con focus sull'economia locale. Il rapporto della Camera di Commercio,
in molte realtà, costituisce l'unico strumento disponibile per la conoscenza
del territorio. In Calabria da molti anni la Banca d'Italia di Catanzaro
predispone una nota congiunturale servendosi della ricca base statistica e
delle notizie fornite dal sistema bancario. I due documenti sono complementari
poiché il primo è incentrato sul comportamento dell'economia reale, il secondo
pone maggiormente l'accento sul sistema del credito.
Il rapporto banca-impresa si è molto deteriorato in questa lunga crisi. Le
aziende lamentano il mancato sostegno delle banche per affrontare le difficolta
del momento. Queste ultime si affannano a dimostrare che non vi è stata alcuna
significativa flessione nelle concessioni creditizie, mentre le sofferenze
hanno subito una impennata. A dispetto della maggiore rischiosità non hanno
fatto mancare il loro sostegno al sistema produttivo. L'alto grado di
automatismo derivante nella valutazione del merito creditizio conseguente
all'applicazione dell'accordo di Basilea-2 ha provocato un atteggiamento più
prudenziale da parte delle banche, mentre è venuto a mancare il dialogo tra
l'operatore bancario e l'imprenditore. Solo le BCC vengono percepite come "user
friendly", poiché sono più disponibili al dialogo.
Il rapporto Unioncamere mostra un paese con sviluppo molto variegato. Il
sistema produttivo mostra incoraggianti segnali di ripresa: le esposrtazioni
hanno ricominciato a crescere sebbene siamo ancora lontani dall'antico vigore:
quest'anno si è stimato che si creeranno circa 830.000 nuovi posti di lavoro.
Ne vengono però distrutti in misura maggiore tanto che il saldo permane
negativo per 173.000 unità. Una performance che può considerarsi con cauto
ottimismo, poiché costituisce un significativo rallentamento della crisi, un
positivo segnale di svolta della congiuntura. "Buone le previsioni formulate
dagli imprenditori manifatturieri e commerciali, che al secondo trimestre del
2010 guardano con atteggiamento positivo", si legge nel rapporto.
Ancora una volta sarà l'export a tirare la volata e consentire al sistema
Italia di riprendere il cammino dello sviluppo. La locomotiva questa volta si
trova in Asia. E' sufficiente ricordare un solo dato: per la prima volta la
Cina costituisce il più importante mercato di sbocco per le merci tedesche,
superando gli Stati Uniti d'America. Questo risultato è la conseguenza di
politica di apertura nei contronti del gigante asiatico iniziato già dai tempi
del cancelliere Gerhard Schröeder e proseguito con altrettanto vigore da Angela
Merkel. Anche per il sistema Italia, l'interscambio con la Cindia rappresenta
una componente significativa e strutturale del proprio commercio estero. Siamo
ancora lontano da un riequilibrio dei valori e il saldo commerciale è tuttora
largamente negativo.
"E' l'estero che tirerà la volata, prevedono le imprese mentre positive ma
leggermente più modeste risultano le aspettative sugli ordini nazionali. Il
commercio al dettaglio di prodotti non alimentari fa segnare aspettative
positive sul fatturato per il secondo trimestre 2010", si legge nel
rapporto.
Il pollo di Trilussa nasconde le profonde differenze che emergono nel
confronto territoriale. Il Sud presenta ancora sintomi di una patologia grave
che va cronicizzandosi. Guardando dal basso dello stivale, infatti, sono
proprio queste due componenti a costituire l'anello debole della economia, che
continua a perdere colpi rispetto al Centro-Nord. Il sistema industriale
meridionale non ha ancora trovato il suo turning point e sente forti i morsi
della crisi. Le aziende meridionali non hanno effettuato gli investimenti
necessari per la riconversione della loro produzione e non sono riuscite a
recuperare competitività nell'interscambio estero.
La disoccupazione ha raggiunto valori drammatici che non si riflettono
pienamene nelle statistiche ufficiali perchè i giovani emigrano in massa alla
ricerca di fortuna, in numero crescente rinunciano ad iscriversi nelle liste
delle persone in cerca di occupazione, per lunghe anni parcheggiano nelle
università. Vi è un flusso di circa 300.000 giovani che ogni anno si spostano a
Nord alla ricerca di una opportunità di impiego, un'onda che non accenna a
diminuire. Parimenti l'export rappresenta una quota ancora molto modesta del
PIL meridionale e addirittura irrisoria se consideriamo il caso della
Calabria.
Anche la Camera di Commercio di Cosenza ha presentato il suo rapporto
sull'economia della Provincia: un documento stringato, ricco di numeri e di
facile lettura. Il quadro che emerge non si discosta molto dalla raffigurazione
classica della nostra economia, una economia debole, dipendente dai
trasferimenti statali, con una forte divaricazione non solo rispetto al Nord,
ma nella differenziazione tra la formazione e il consumo del reddito. Il
sistema produttivo langue, ma il livello dei consumi si mantiene tuttora
elevato, sostenuti dai trasferimenti statali, pensioni, impiego pubblico,
agevolazioni alle imprese. Un fattore che acquista un peso rilevante è il
trasferimento di fondi da parte dei numerosi nuovi migranti. Non si tratta più
del classico fenomeno delle rimesse degli immigrati che hanno sostenuto
l'economia ne periodo del miracolo economico. I nuovi migranti sono giovani,
spesso laureati, single e con una scarsa voglia di metter su famiglia. Non
lasciano alle proprie spalle mogli e figli, ma continuano a mantenere stretti
rapporti con la loro terra di origine. La maggioranza considera l'esperienza
lavorativa al di fuori della regione come un periodo temporaneo. L'esperienza
maturata viene spesso utilizzata per tentare la via della impresa, ancora
attratti dalla disponibilità di agevolazioni legate ai programmi dell'Unione
Europea. Questo spiega l'elevato tassa di natalità delle imprese; e di
mortalità, poiché in gran numero si vedono costretti a rinunciare o cambiare in
fretta attività.
La voglia d'impresa è spesso una risposta alla disperazione di una
condizione lavorativa di estremo precariato, ma si traduce in una passione
autentica da cui potrebbe scaturire quella classe imprenditoriale che fin qui è
mancata alla regione. Il fallimento della politica degli aiuti dovrebbe indurre
ad una profonda riflessione e un ripensamento complessivo degli strumenti fin
qui adottati.
Molte ombre e poche luci nel panorama economico della provincia. Qualche
speranza viene riposta nel nuovo governo regionale e nella dinamicità della
nuovo gestione camerale e dell'assindustria, nella convinzione che bisogna fare
affidamento unicamente con le proprie forze.
Per la prima volta a livello istituzionale si sente dire basta agli aiuti.
Può essere una provocazione. O una speranza che finalmente si è raggiunta la
consapevolezza che bisogna rimboccarsi le maniche.
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Il sistema del credito impedisce lo sviluppo. Intervista a Pino Gaglioti,
Presidente della Camera di Commercio di Cosenza
- Parliamo del rapporto sulla situazione economica della Provincia. Da chi
è stato redatto?
- Anche quest'anno abbiamo preferito una soluzione in-house non solo per
una questione di risparmio, che mi sembra comunque una ragione valida, ma
soprattutto per valorizzare le risorse umane di cui disponiamo. Devo
aggiungere che il risultato è stato di ottimo livello, certamente non
inferiore a quanto avremmo ottenuto ricorrendo a istituti prestigiosi.
Ritengo che sia un documento di semplice lettura che consente di avere
una panoramica precisa della condizione della nostra provincia. Per avere
una maggiore organicità e significatività credo che dovrebbe essere
predisposto a livello regionale, a cura di un unico organismo che
raggruppi tutti gli enti provinciali e provveda a farne una sintesi.
Dobbiamo iniziare a pensare che con il federalismo dovremo presentarci al
confronto con un organismo forte e autorevole a livello regionale.
Sarebbe naturale pensare all'Unioncamere regionale superando la frattura
che si è venuta a creare, con nuove regole che tengano conto della
rappresentatività delle singole camere.
- La giornata dell'economia è un momento di riflessione anche sull'attività
camerale.
- La giornata dell'economia rappresenta anche il momento della
riflessione sull'attività della Camera di Commercio, un consuntivo delle
azioni svolte e la dichiarazioni programmatica per il nuovo anno.
Il primo obiettivo è quello di fornire una diagnosi dell'economia
individuando lo stato di malessere o di salute. Un fotografia
dell'esistente. Questo è un evento che deve essere appannaggio degli enti
camerali e delle imprese; i risultati sono messi a disposizione di tutti.
Il quadro che emerge è di una grande sofferenza del sistema, con elementi
di forte contraddizione: il settore dell'agricoltura è più performante,
l'artigianato mostra incoraggianti segnali di ripresa, mentre altri
settori sono in sofferenza. Un dato che può essere considerato ormai una
componente strutturale della nostra economia è l'elevato tasso di
natalità delle imprese. Io credo che ci sia una reale voglia di impresa,
anche se in Calabria si incontrano molte più difficoltà che altrove. Un
imprenditore del Sud deve avere realmente qualità particolari per poter
avere successo, poiché deve supplire a tutte le carenze territoriali. La
grande mobilità delle imprese esprime la grande dinamicità del sistema
economico soggetto a continui cambiamenti che richiedono un costante
aggiornamento dei sistemi produttivi, distributivi e dei prodotti, in
molti settori vi è un continuo rinnovamento di beni e servizi.
L'evoluzione tecnologia impone un continua aggiornamento e le imprese
sono costrette ad adeguarsi cambiando attività.
- Possiamo dire che il sistema delle imprese è oggi caratterizzato da una
grande volatilità che crea precarietà come avviene nel lavoro dipendente?
- Per la verità gli imprenditori sono da sempre esposti al rischio. Fin
dall'inizio della loro attività sono consapevoli del loro stato di
precarietà. Quello che è cambiato è l'accorciamento della vita media
delle imprese. Fino a qualche anno fa, vi erano molte imprese che
festeggiavano il centenario e costituivano una componente dello scenario
economico. Oggi tutto avviene in modo molto più veloce, bastano pochi
anni per stravolgere il panorama imprenditoriale. Non possiamo certo
nascondere che il rarefarsi dell'impiego pubblico e di quello a tempo
indeterminato ha indotto molti giovani a tentare l'avventura del lavoro
in proprio, scoprendone il fascino. Una volta che si è tentata la strada
del fare impresa difficilmente si torna indietro, ma si continua a
insistere per trovare l'attività più congeniale. L'impresa storica è
quasi scomparsa, sopravvivono solo in pochi. Si trattava di imprese
industriali che nel corso degli anni sono entrate in crisi.
- L'impresa è un mondo in continuo movimento, in evoluzione.
- Per questo è necessario soffermarsi a riflettere sui mutamenti e
osservare lo scenario che si presenta davanti ai nostri occhi. La
giornata dell'economia serve proprio a individuare i settori dinamici per
studiare le strategie idonee per affrontare il mercato, discutere con le
imprese per individuare le correzioni da attuare. Il nostro grande
problema è quello del credito che in questo momento di difficoltà crea
moltissime difficoltà alle imprese e non li aiuta a crescere. Abbiamo poi
un grande problema "ambientale".
- Qual'è il ruolo dell'ente camerale e quali sono le azioni poste in essere
dalla nuova gestione?
- Il primo obiettivo che ci siamo posti e quello di evitare la
dispersione delle risorse, un tipo di politica che può favorire la
costruzione di un sistema di consenso clientelare, ma che sicuramente non
produce sviluppo. Quest'anno abbiamo voluto concentrare le risorse
sull'agroalimentare, cui abbiamo destinato l'80% delle somme disponibili.
Per il 2011 dovremo rimodulare la spesa e individuare i settori
strategici sui quali concentrarci. Questo approccio ci ha consentito di
organizzare la partecipazione delle imprese del settore alle più
prestigiose manifestazioni del settore come il Vinitaly di Verona o il
Cibus di Parma, poiché il nostro obiettivo strategico è quello di
favorire l'internazionalizzazione delle imprese, vale a dire di dar loro
l'opportunità di ampliare il proprio mercato oltre i confini della
regione. A settembre partiremo con una fiera dell'artigiano, stiamo
pensando anche la partecipazione alla fiera del mobile, poiché vi sono
molti produttori che realizzano anche ottimi prodotti che non sono mai
usciti dai confini della regione, abbiamo anche in programma una visita
in Canada e per la prima volta vogliamo essere presenti al SIAL (Salon
International de l'Agroalimentaire) che si terrà dal 17 al 21 ottobre al
Parc des Expositions di Parigi. Abbiamo anche pensato alla mostra della
nostra arte orafa che ha una grande tradizione. Uno degli errori dei
nostri imprenditori è quello di limitarsi a produrre senza procedere ad
una seria analisi dei possibili sbocchi di mercato per le proprie merci.
Ci siamo posti l'obiettivo di abbandonare il sistema tradizionale di
voler considerare queste grandi manifestazioni come delle semplici
vetrine, che sono importanti per farsi conoscere ma non producono alcun
risultato positivo. La vetrina esprime una condizione statica. Era cura
dei singoli partecipanti organizzare degli eventi nel proprio spazio
espositivo e non si prevedeva una interazione tra di loro. Noi abbiamo
inteso capovolgere questa impostazione e sollecitato di privilegiare i
contatti con i buyer, i possibili compratori, offrendo loro la
possibilità di gustare i prodotti. Bisogna andare alle fiere per fare
affari, non per fare atto di presenza. Per questo è necessario affidarsi
a professionisti e programmmare con puntiglio tutte le attività. Vogliamo
avviare una serie di azioni molto articolate per portare le imprese a
cambiare la loro mentalità, vogliamo cambiare il sistema di approccio al
mercato per poter ampliare gli orizzonti.
- Quale è stata la reazione delle imprese di fronte a questa
rivoluzione?
- Inizialmente c'è stata qualche resistenza poiché gli imprenditori
lamentavano un restringimento della loro area di autonomia poiché erano
abituati ad organizzare da soli i propri spazi. Alla fine si sono resi
conto che una organizzazione comune offriva molteplici vantaggi, poiché
potevano disporre di una segreteria, di esperti, come chef, sommelier e
altri professionisti con i quali si riesce a esaltare i sapori e anche
migliorare la presentazione dei prodotti. La programmazione degli
incontri ha dato esiti molto positivi poiché vi sono stati molti contatti
che possono preludere alla conclusione di buoni affari, anche se l'esito
finale dipende dalla capacità dei singoli imprenditori di tradurre le
opportunità in affari. Ogni imprenditore deve comunque predisporre la
propria strategia di marketing, ma deve acquisire la tecnica di approccio
con l'interlocutore con canoni professionali senza lasciare nulla
all'improvvisazione. A Verona e a Parma abbiamo sperimentato questo nuovo
metodo e tra qualche tempo faremo il bilancio di questo esperimento.
- Un fattore di successo delle imprese è costituito dalla disponibilità
delle figure professionali necessarie all'attività produttiva. La stessa
formazione manageriale degli imprenditori acquista un ruolo fondamentale.
Sono le scuole a rappresentare il terreno di cultura dei professionisti e
degli imprenditori del domani. In che modo la Camera di Commercio si raccorda
con il sistema scolastico?
- La qualità delle acque di un fiume si determina dalla sorgente da cui
sgorga l'acqua che lo alimenta. La futura classe imprenditoriale deve
nascere nelle scuole. Nel ricordo della mia infanzia ci sono i
rappresentanti delle grandi accademie milatari come quella di Modena, di
Pozzuoli o della Nunziatella. Noi ragazzi sognavamo e ciascuno si
costruiva il proprio sogno. E' lì che dobbiamo cominciare a formare gli
imprenditori del futuro. Dobbiamo far conoscere il mondo delle imprese
fin dalla scuola media, per dare loro l'opportunità di valutare le
opportunità che si presentano. Debbo dire che la Camera di Commercio
questo non lo ha mai fatto. Già da quest'anno abbiamo organizzato delle
visite guidate di studenti presso di noi e abbiamo potuto verificare il
loro interesse. Hanno avuto modo di scoprire che la Camera di Commercio,
che non si limita solo a rilasciare certificati, ma ha un ruolo attivo
nello sviluppo del territorio. Un nostro dirigente ha spiegato come nasce
una impresa, qual'è il suo ruolo, come si sviluppa e si raccorda con il
mercato. Abbiamo notato che vi era un gruppo di ragazzi che si dimostrava
molto attratto dal mondo delle imprese. Questo consente a tutti di avere
una alternativa al proseguimento degli studi nell'università e potrebbe
essere una soluzione per coloro che hanno una maggiore dinamicità e una
scarsa propensione agli studi.Siamo al secondo anno di attività e ci
troviamo ancora di fronte a problemi vecchi, atavici.
Nel bilancio 2011 pensiamo di destinare una somma significativa per una
campagna di informazione e di sensibilizzazione a cominciare dagli
istituti tecnici. Faremo dei seminari di approfondimento. Questi ragazzi
devono essere accompagnati con delle visite guidati agli stabilimenti
industriali, nelle aziende di servizi per fare conoscere dal vivo la
realtà d'impresa. Inoltre vorrei istituire delle borse di studio
sull'economia proprio nella "Giornata dell'economia" che non si traduce
in una somma di danaro. L'obiettivo è quello di accompagnare il vincitore
per uno stage in una azienda innovativa insieme ad un tutor. Il contatto
diretto mira anche a favorire il suo collocamento nelle nostre aziende.
In questo modo potremmo concorrere a formare figure professionali che
richiede il nostro mercato e l'inserimento dei giovani nel mondo del
lavoro.
- L'ente di formazione per eccellenza sul territorio resta l'università.
Quali sono i rapporti con la Camera di Commercio?
- La mia esperienza come Presidente dell'Ance, l'Associazione dei
Costruttori mi porta a dire che l'Università è un ente piuttosto chiuso,
elitario che stenta a dialogare con il mondo dell'impresa poiché si
considera su un piano superiore. Avevo chiesto al Preside della Facoltà
di Ingegneria di collaborare insieme per dei progetti di innovazione
tecnologica. Si sono chiusi nel loro recinto. Fino a quando l'università
non mette il sapere e la ricerca a favore della collettività noi non
avremo sviluppo. Sono del parere che l'università non deve essere
sovvenzianata dallo Stato, ma deve essere un sistema autofinanziato dalle
imprese.
- L'università vanta risultati molto positivo nello start-up di imprese
tecnologicamente avanzata come risultato della sua ricerca, nel campo
dell'informatica. Ha una serei di consorzi come TESI, CRATI, CALPARK ...
- Finora hanno prodotto ben poco e abbiamo visto come sono andati a
finire tutti questi enti. L'università deve aprirsi alle imprese e
collaborare con la comunità. Deve interfacciarsi con il mondo
industriale, con il mondo economico, con le associazioni di categoria,
con la camera di commercio e con le aziende. Uno volta ebbi a definire i
professori universitari come i monaci benedettini del Trecento che
mantenevano il loro sapere nel recinto del convento, e poi opprimevano e
disprezzavano i contadini che stavano fuori, perché si sentivano
depositari della verità. La scienza tenuta nascosta nei templi del sapere
non serve per il progresso della società. La verità, il sapere deve
essere un patrimonio comune. Le grandi intelligenze che si trovano dentro
l'università devono essere poste a disposizione di tutta la comunità.
Questa è la chiave del successo. Se tutti gli scienziati che hanno
prodotto innovazione non l'avessero posta al servizio di tutti oggi
staremo ancora all'età della pietra. Io sono fiducioso perché ho notato
recentemente dei grandi segnali di apertura. Le difficoltà che ci
troviamo ad affrontare costituiscono un forte stimolo per trovare una
sinergia, poiché solo unendo tutte le forze attive del territorio noi
potremo superare questo difficile momento.
- Dal suo osservatorio camerale come vede al congiuntura? Si intravede una
luce in fondo al tunnel?
- Parlare di crisi in Calabria è improprio, poiché siamo una regione in
crisi. Quando sembra che stiamo superando una crisi, su di noi si abbatte
una nuova crisi peggiore della precedente. Tutti gli indicatori ci
segnalano che la forbice rispetto al resto del paese si sta allargando,
le oscillazioni sono meno accentuate poiché il nostro è un mare quasi
piatto e la propagazione dell'onda avviene con qualche ritardo. Noi
possiamo registrare solo un peggioramento della situazione poiché di
fatto un vero e proprio momento di crescita non lo abbiamo mai avuto.
Mentre nel resto d'Italia si avvertono chiaramente i sintomi di una
ripresa sostenuta, da noi si cominciano a sentire con più virulenza i
morsi della crisi e la ripresa sara lenta e stentata. Bisogna segnalare
che viviamo in un realtà dalle mille contraddizioni. I dati sono
drammatici ma sembra che non riescono a fotografare la realtà.
- Si direbbe che l'andamento dei consumi non lascia trasparire la gravità
della crisi, ma cosa avviene nel mondo imprenditoriale?
- Le aziende soffrono per mancanza di ordini e i consumi languono secondo
quanto indicano le statistiche. La vera emergenza delle imprese è
costituita dalla stretta creditizia. Le banche continuano a dichiarare
che nel Sud non vi è stato alcun "credit crunch", ma le imprese soffrono
per la mancanza di credito.
- Se dovesse esprimere un giudizio sintetico con un solo aggettivo, come
definirebbe la situazione della regione?
- Gli Stati Uniti dettano le mode nel campo economico-sociale, che noi
importiamo con circa un anno di ritardo, mentre ad esempio a Malta il
ritardo è ancora maggiore, intorno a cinque, sei anni. Lo stesso
compertamento osserviamo per il Mezzogiorno rispetto al resto d'Europa.
Nel cuore industriale del continente si stanno superando le difficoltà,
da noi la crisi sta arrivando ora e sarà molto difficile uscirne poiché
non vi è un tessuto produttivo trainante che ci possa portare fuori dal
guado.
- In che modo si può uscire da questo circolo vizioso?
- Sono convinto che sarebbe necessario un grande sforzo da parte della
nostra classe politica, poiché qui costituisce il vero motore dello
sviluppo. Basti vedere quanto è successo nella vicina Basilicata. Partita
con ritardo anche rispetto a noi, in pochi anni ha saputo costruire un
cammino di sviluppo grazie proprio a una azione programmatoria che l'ha
portata fuori dall'obiettivo-1 in pochi anni. La leva strategica è
costituita dai fondi comunitari che rischia di essere l'ennesima
occasione mancata. Gli incentivi continuano a essere distribuiti a
pioggia. Abbiamo già accumulato un grave ritardo: stiamo per arrivare
alla fine e ancora non abbiamo ben chiari gli obiettivi che si intendono
perseguire. L'UE, lo Stato, la Regione devono cessare qualsiasi
intervento, poiché con gli aiuti non si crea sviluppo. Nessuno è più
disponibile a darci una mano, dobbiamo fare da soli. Questa è la vera
scommessa del futuro.
C O P Y R I G H T
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