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Cosa c'è dietro l'ennesimo commissariamento

Mezzoeuro Anno IX num. 20 del 22/05/2010)

Rende, 20 maggio 2010

Anche la BCC di Cosenza finisce nel mirino della Banca d'Italia. Il terzo commissariamento in provincia di Cosenza, dopo le BCC di San Vincenzo La Costa e Spezzano Albanese

Ricomincio da tre. Dopo San Vincenzo La Costa e Spezzano Albanese, commissariata la Banca Popolare di Cosenza. “La banca è patrimonialmente solida” - afferma Tony Bilotta, responsabile regionale della Federazione Calabrese delle Banche di Credito Cooperativo - “l'intervento della Banca d'Italia è finalizzato a imporre il rispetto delle procedure di concessione. Ancora una volta si pone la questione della governance, che deve essere espressione della base sociale, ma possedere i requisiti professionali per una gestione trasparente e deve garantire l'applicazione rigorosa della normativa”.

“I risparmiatori possono stare tranquilli poiché non vi è alcun rischio e le attività della banca procedono regolarmente. Vi potrà essere qualche trascurabile ritardo nell'esame delle pratiche come è inevitabile che succeda nei momenti di transizione, e nient'altro”, continua Tony Bilotta.

Vi è una differenza rispetto ai due casi precedenti. Non si è ritenuto di intervenire sulla dirigenza interna. Dal direttore generale fino al commesso, tutti sono stati lasciati al loro posto. Questo significa che la struttura tecnica regge e dà sufficienti garanzie di svolgere correttamente il proprio lavoro. Non si temono possibili manovre per coprire posizioni imbarazzanti. Com'era inevitabile, gli organi sociali - Consiglio di Amministrazione e Collegio dei Sindaci - sono stati azzerati e il loro posto è stato preso dai commissari, nelle persone di Silvio Tirdi e Gianni Elia.

Il primo è un personaggio molto conosciuto nell'ambiente della Banca d'Italia e titolare, insieme a Pietro Mastropasqua, di accorsate società si consulenza finanziaria e di revisione contabile. In qualità di componente del Consiglio di Amministrazione di varie società del Banco di Napoli (Finban, Bn Commercio e Finanza e Bn Finproget) è entrato in una interrogazione parlamentare a firma di Carlo Pace, ex presidente del Banco di Napoli e deputato di Alleanza nazionale, sugli sperperi connessi alla liquidazione dell'Isveimer. Insieme agli altri componenti hanno aumentato i propri compensi annui da 15 milioni a oltre 50 milioni.

Il clima all'interno della banca appare molto tranquillo, non vi è stata alcuna mobilitazione pubblica, come è successo a San Vincenzo La Costa, dove politici, imprenditori e amministratori locali sono scesi in piazza per protestare contro la Banca d'Italia e rivendicare l'autonomia dell'Istituto. L'ex-presidente dell'Istituto, Giacinto Caroselli, è un noto e apprezzato medico, titolare della casa di cura Madonna delle Catene di Laurignano, non ha chiamato alla guerra santa. Ha avuto una reazione molto composta e misurata. Il suo mandato, interrotto bruscamente con il commissariamento, è durato troppo poco per essere ritenuto responsabile delle disfunzioni rilevate dalla Vigilanza che trovano origine alla storia ed alla particolare natura dell'istituto.

L'applicazione delle norme di Basilea2 ha prodotto non pochi problemi alle piccole banche, che hanno cercato di coniugare la rigidità insita nell'adozione dei sistemi di rating per la valutazione del merito creditizio con la flessibilità di criteri di valutazione personali che si avvalgono della conoscenza del territorio. Resta l'interrogativo della possibilità di regole uniforme per tutti gli istituti che non rispettano la peculiarità di ciascuna categoria. Si tratta di coniugare esigenze molto diverse tra di loro per impedire che la maggiore flessibilità si traduca in una gestione clientela e arbitraria. Resta tuttavia aperta la questione che l'imposizione di un identico “capital charge” a parità di rischio e di ammontare dei fidi erogati potrebbe comportare un onere eccessivo alle banche minori.

Secondo la diffusa opinione degli operatori economici sono stati i piccoli istituti a sostenere il maggior peso della crisi economica e ad aver evitato la débâcle del sistema. Il protrarsi della crisi provoca una lievitazione degli incagli e delle sofferenze, come è puntualmente segnalato nelle statistiche bancarie. L'atteggiamento prudenziale degli istituti maggiori operanti nella regione ha attutito il loro grado di rischio scaricando il peso della crisi sulle stesse aziende e sui piccoli istituti di credito.

Non vi è dubbio che si è prodotto uno iato nella gestione di questi istituti poiché sono chiamati a un salto culturale. La loro origine come Casse rurali li porta a una personalizzazione dei rapporti, mentre il loro attuale ruolo di banche di credito ordinario li costringe a uniformarsi ai comportamenti dei grandi istituti. La maggioranza della base sociale li considera ancora come creature proprie che devono venire in soccorso in caso di necessità e non si rassegnano a vederle trasformate in entità lontane. Il concetto di operare secondo criteri “Basel compliant” e lontano come è oscuro il suo significato, molto affine al latinorum manzoniano.

La scelta della governance è effettuata secondo un criteri di popolarità, di fiducia e simpatia, poiché la stragrande maggioranza dei soci (e clienti dello stesso istituto) vogliono difendere il carattere familiare degli istituti.

Questo è il conflitto che si genera con la Vigilanza preoccupata della qualità della governance e dei criteri di gestione.

La recente storia bancaria ha visto la sparizione dei grandi istituti di credito meridionali e proprio in occasione delle crisi si evidenzia il grande vuoto che hanno lasciato. La loro scomparsa ha sottratto alle imprese i naturali interlocutori in grado di leggere i loro bisogni e dare risposte personalizzate. Oggi vi è il rischio che anche le piccole banche possano venire travolte dallo tsunami della crisi. Oggi come ieri la politica sembra assente e non si intravede alcuna strategie per scongiurare il pericolo di una desertificazione del residuo sistema bancario sopravvissuto al diluvio.

La sola Camera di Commercio di Cosenza ha investito un anno del proprio bilancio per far nascere la Banca di Garanzia, che potrebbe rivelarsi lo strumento idoneo per creare una sinergia tra i vari istituti e concorrere alla contrazione del rischio creditizio. Questo potrebbe rivelarsi insufficiente senza un intervento da parte della Regione per la patrimonializzazione delle imprese attraverso Fincalabra, un ente fin qui inutile, e con un deciso sostegno all'iniziativa camerale. Sarebbe un grave errore assecondare le spinte localistiche e polverizzare le risorse, come è sempre stato fatto nel passato. Bisogna creare un ente forte e autorevole per impedire il crollo del sistema del credito cooperativo.

Dopo Cosenza, potrebbe seguire Tarsia. Non c'è più tempo per stare a guardare.


C O P Y R I G H T

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