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La Calabria sprofonda

Mezzoeuro Anno IX num. 26 del 3/07/2010)

Rende, 2 luglio 2010

Presentato il nuovo rapporto della Banca d'Italia di Catanzaro

La crisi sembra non finire mai e la condizione delle regione è sempre più critica. Ma è proprio il credito ad avere le maggiori responsabilità

di Oreste Parise

Non c'era certo bisogno del rapporto della Banca d'Italia per conoscere il miserevole stato della congiuntura calabrese. L'autorevolezza della fonte e la disponibilità di statistiche creditizie, le indagini specifiche effettuate presso le banche locali rendono lo studio uno strumento indispensabile per una valutazione delle condizioni delle regioni e le possibili politiche necessarie per uscire dal tunnel. Lapidario l'incipit dello studio: "Nel 2009 la crisi economica e finanziaria ha continuato a produrre effetti rilevanti sull'economia regionale; la fase recessiva iniziata l'anno precedente ha raggiunto il suo apice nella prima metà dell'anno e ha riguardato tutti i settori produttivi". Non si salva niente. Agricoltura, settore manifatturiero, edilizia, opere pubbliche, Porto di Gioia Tauro è tutto un pianto greco. Piange il mercato immobiliare con una diminuzione delle vendite immobiliari e dei prezzi, piange il settore alimentare con una diminuzione delle vendite al dettaglio. Solo l'aeroporto di Lamezia Terme ha registrato una crescita del numero dei passeggeri. In transito. Sono ancora pochi quelli che si fermano nella regione, ma fornisce una indicazione su quello che potrebbe essere il ruolo di uno scalo aeroportuale baricentrico nel Mediterraneo.

Lo stato dell'occupazione nella regione è ormai a un livello drammatico, tanto che le statistiche non riescono a rappresentarlo in maniera veritiera e corretta. Diminuisce la disoccupazione e questo sarebbe un dato molto positivo. A guardare con attenzione il fenomeno, il dato è il risultato della disperazione, dello scoraggiamento dei giovani che rinunciano a cercare una occupazione nella regione e scappano altrove in cerca di qualche soluzione precaria. Nella fascia di età tra i 25 e i 34 in concreto non lavora più nessuno. L'unica piccola ancora di salvezza resta la pubblica amministrazione, ma il numero di posti disponibili in costante contrazione per le restrizioni imposte dalle varie manovre di contenimento della spesa pubblica. Resta il sommerso. Un mondo variopinto e sconosciuto dove s’incrociano tutte le problematiche regionali, l'immigrazione clandestina e non, i lavori precari, part-time, stagionali. Nell'immediato costituiscono un ammortizzatore delle tensioni, ma alimentano un fuoco sotto le ceneri destinato prima o poi a scoppiare. Rosarno docet.

Il vero dramma è il disarmo da parte dei privati che hanno rinunciato a investire, ad assumersi responsabilità imprenditoriali: “Secondo le risposte degli intermediari rilevati nell'indagine della Banca d'Italia, la contrazione della domanda è riconducibile al forte ridimensionamento dell'attività d’investimento da parte delle aziende”, si legge nello studio congiunturale.

A questo si aggiunge il disimpegno del lavoro autonomo, ingegneri, architetti, avvocati, commercialisti, geologi e via enumerando. La libera professione è stata un sogno e un traguardo per una parte importante dei giovani laureati calabresi. I lunghi anni di praticantato, l’anticamera negli studi professionali costituivano tradizionalmente un lungo parcheggio per l’agognata autonomia, il surrogato di una occupazione stabile. Siamo in fondo gli eredi del Regno dei paglietti, della fantasia e della creatività che hanno largamente supplito alla mancanza di un progetto industriale. Per lungo tempo hanno garantito stabilità al sistema. Oggi anche questa possibile possibilità sembra avere il fiato corto.

“L'occupazione è diminuita a causa della contrazione nei settori dei servizi non commerciali e delle costruzioni. Il calo più sensibile ha riguardato la componente del lavoro autonomo”, si legge nel rapporto. Anche la speme, ultima dea, fugge la Calabria si potrebbe dire parafrasando Foscolo. Fuggono i giovani, sono stanchi i professionisti, gli imprenditori sono impauriti dalla crisi, i consumatori frenano, le famiglie boccheggiano …

Un quadro molto allegro.

Sono almeno tre gli spunti di riflessione: creditizio, politico ed economico.

La questione del credito assume una rilevanza primaria. “Nel corso del 2009 i prestiti erogati dagli intermediari bancari hanno ulteriormente rallentato rispetto all'anno precedente”, scrive la Banca d’Italia.

“Il credito erogato alle imprese è diminuito a causa sia della minore domanda di finanziamenti sia della maggiore cautela delle banche nell'erogazione del credito. Secondo le risposte degli intermediari rilevati nell'indagine della Banca d'Italia, la contrazione della domanda è riconducibile al forte ridimensionamento dell'attività d’investimento da parte delle aziende”. “La qualità del credito, già notevolmente peggiore rispetto alla media nazionale, si è deteriorata marcatamente nel settore delle costruzioni e, in minor misura, in quello dei servizi”.

Le più impaurite di tutte sono sempre le banche, le quali hanno iniziato una spirale pericolosa che aggrava lo stato della crisi. Le difficoltà economiche si riflettono nei conti, poiché imprese e famiglie fanno molta fatica a mantenersi nei limiti, a pagare le rate dei mutui, a mantenere gli impegni con le società finanziarie. L'esplosione degli incagli e sofferenze è un segnale inequivocabile dello stato di disagio degli operatori. Ma proprio questa particolare e generalizzato condizione impone una politica che eviti la miopia che nel recente passato ha messo in ginocchio l'intera economia del Mezzogiorno. Il governo ha preferito la scorciatoia dell'intervento a favore delle banche piuttosto che dare un sostegno a famiglie e imprese per superare questo momento di difficoltà. Il comportamento severo ha una forte componente prociclica, vale a dire che peggiora la situazione congiunturale.

In provincia di Cosenza vi sono in questo momento tre banche locali commissariate (la BCC di San Vincenzo la Costa, di Cosenza e di Spezzano Albanese) e una quarta sotto osservazione (la BCC di Tarsia). L'intervento dell'organo di Vigilanza è stato tardivo e rischia di ripetere lo stesso schema che qualche decennio fa ha portato alla scomparsa del sistema creditizio meridionale, ormai ridotto solo a poche banche locali.

Vi è una lunga battaglia legale che sta combattendo il Gruppo De Masi per denunciare il comportamento delle banche nella regione. In un comunicato diramato dallo stesso si da notizia di un ulteriore denuncia "nei rapporti con le Banche e in considerazione del comportamento anomalo della Banca d’Italia", rendendo evidente una serie di comportamenti anomali riscontrati nell'attività bancaria nella regione. Tra i reati contestati vi è la "omessa vigilanza del sistema creditizio, concorso in usura, in riciclaggio, in falso in bilancio, in appropriazione indebita, truffa".

Nella stessa sono messi in rilievo una serie di fatti e circostanze che riportiamo sotto:

a) una sentenza del Tribunale di Palmi ha affermato che diverse banche hanno praticato l’usura nei confronti delle aziende del Gruppo De Masi e che i sistemi di controllo non hanno funzionato;

b) Una nota della Polizia Tributaria di Matera del 27.04.09 ha affermato che i software delle banche per il controllo dei tassi d’interesse sono manipolati;

c) Il sistema bancario italiano pratica il più alto costo dei servizi bancari d’Europa, specialmente nel meridione e in Calabria;

d) In una nota del sindacato dei lavoratori bancari (Fabi) si afferma che le ingenti perdite delle banche sono state compensate dalle “4 manovre sui tassi e sulle spese”, asserendo, inoltre, “che sarà compito dei colleghi evitare che i clienti chiudano i conti e chiedano il rimborso”;

e) Nelle assemblee di approvazione dei bilanci delle banche, con verbale notarile, sono riportate affermazioni di soci che parlano di “bilanci falsi” “tassi e spese usurarie” e “attività di riciclaggio”;

f) L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (Antitrust) ha, come anche la CONSOB, emesso molti provvedimenti sanzionatori contro le banche e ha provveduto, con l’indagine conoscitiva IC36, a denunciare la presenza di un cartello bancario che priva il mercato dalla libera concorrenza;

g) La stessa Autorità Garante, con lettera del 16.04.2010 evidenzia a Banca d’Italia come, da indagini effettuate, in alcune regioni, come la Calabria, risultano applicati tassi d’interessi superiori al 20% (cui va aggiunta la cms). Affermazione questa che da sola certifica l’illegalità del comportamento delle banche, senza alcun intervento decisivo da parte della Banca d’Italia.

La risposta a uno stato di disagio è sempre una maggiore severità nei comportamenti che inducono la clientela a rivolgersi a soluzioni "alternative", che poi altro non è che l'usura praticata nelle forme più diverse. L'esperienza avrebbe dovuto insegnare come le difficoltà momentanee seppur di non breve durata non inducono la gente a non mantenere i propri impegni quanto piuttosto a cercare dilazioni per potervi adempiere senza compromettere il loro livello di sussistenza.

Bisogna ricordare che sono proprio le piccole banche ad aver sostenuto l'onere più rilevante nel sostegno dell'economia in questo particolare momento di crisi e la loro difficoltà è speculare allo stato di crisi congiunturale. Il commissariamento deve servire a ristabilire un sistema di gestione corretta, eliminando i comportamenti anomali e le disfunzioni organizzative. Nel passato si è approfitto di questo momento di debolezza per svendere gli istituti e snaturarli nella loro funzione di sostegno all'economia locale, come l'ex Cassa Rurale e Artigiana di Cosenza ceduta alla Banca Popolare di Bari, perdendo il suo contatto con il territorio.

In questa circostanza si deve evitare il rischio che le Bcc commissariate facciano la stessa fine, poiché dopo le Bcc c'è solo il vuoto e questo la Calabria non se lo può consentire. La risposta va trovata nell'economia locale con operazioni di capitale come una operazione si sottoscrizione di un "subordinated loan" per il rafforzamento patrimoniale degli istituti e operazioni di concentrazione tra gli stessi istituti locali per mantenerne la governance nella regione.

Nel frattempo il comportamento dei commissari ha assunto un carattere leonino, muscolare che vorrebbe una sistemazione delle posizioni immediata e in contanti. La questione del contante assume un carattere curioso se non addirittura paradossale. Nel momento in cui in Parlamento si varano leggi severe per limitare l'uso del contante nelle transazioni commerciali per la tracciabilità degli istituti, le banche - e quelle commissariate in maniera più pressante - pretendono il pagamento d’importi anche di rilevante entità in contante. In un momento di grave illiquidità del sistema, i detentori di grosse disponibilità liquide sono proprio "quelli", ben disponibili a operazione di salvataggio "riciclatorie".

Sotto l'aspetto politico si registra un momento di stasi nel governo della regione, con una severa diminuzione degli investimenti pubblici e delle sovvenzioni all'economia. Tutto lo sforzo è la redistribuzione del potere con una rigida applicazione del manuale Cencelli nell'attuazione dello spoil system, diventato ormai un sistema abituale e prassi accettata nei cambi di maggioranza.

Questo è stato applicato anche nella programmazione dei fondi europei, che costituiscono l'ultima leva finanziaria disponibile per dare un impulso allo sviluppo dell'economia regionale. Le critiche rivolte alla struttura regionale che ha confezionato lo strumento di programmazione sembrano più finalizzate a giustificare il turnover che ha individuare i correttivi necessari per accelerare i processi di spesa.

Il nuovo Por è una fotocopia, nei metodi e nei sistemi, di quello vecchio e decrepito che ha fornito una pessima prova di sé. Il confezionamento è stato affidato agli stessi personaggi del precedente. Marcello Lippi ha vinto il suo mundial nel 2004, e in Sud Africa ha fatto la fine che ha fatto. Perché nessuno ha pensato di riconfermarlo per il 2014? Nel nostro caso tutto è rimasto ancorato a un sistema fallimentare, a cominciare dal trainer e la sua èquipe. Si è nuovamente costruito un sistema basato su una ragnatela infinita di bandi e sottobandi, concepiti a bella posta per favorire la polverizzazione delle risorse, per consentire e giustificare comportamenti clientelari e nepotistici, per finanziare una infinita sequela di progetti inutili e antieconomici.

Il primo impegno avrebbe dovuto essere quello di una seria analisi degli errori, per evitare di ripeterli: errare humanum est, perseverare diabolicum. E la nuova giunta promette di fare altrettanto, limitandosi a un profondo cambiamento degli uomini, lasciando inalterato il sistema che fa politicamente comodo.

Manca una chiara programmazione delle risorse, la definizione degli obiettivi che si vogliono perseguire. Soprattutto sarebbe necessaria accelerare le procedure per una rapida immissione di liquidità nel sistema, perché realmente la Calabria rischia di affondare. Siamo ormai alla metà del cammino, e vi è la concreta possibilità di dover nuovamente ricorrere ai famigerati progetti ponte, che non hanno alcuna utilità se non di accentuare il carattere di dipendenza della nostra economia.

Il sistema imprenditoriale è troppo debole per poter sperare che da solo riesca a risollevarsi. Sarebbe tuttavia un errore altrettanto grave quello di voler mantenere in vita artificialmente aziende decotte senza alcuna possibilità di restare sul mercato. Per uscire dal tunnel è necessario fare delle scelte che non si limitino soltanto a mettere un proprio amico e sodale al posto dell'odiato altro.

Vi sono scelte che non si possono più rinviare, poiché uno dei punti deboli dello sviluppo è la carenza infrastrutturale che impedisce la formazione di una sana classe imprenditoriale. Sono necessarie una semplificazione delle procedure e una concentrazione degli interventi per ottenere un qualche risultato. Le prime mosse del neo governatore non sembrano dare un segnale chiaro e univoco delle reali intenzioni. Qualche sprazzo di lucidità è prontamente sommerso da comportamenti dubbi e scelte che lasciano perplessi perché indicano chiaramente che si tratta di pagamenti elettorali.

Una per tutte. Sergio Abramo era proprio il manager adatto per la Sorical? La sua esperienza sembra indicare che non vi è nulla di "liquido" nel suo passato da giustificare un incarico nella distribuzione dell'acqua. In altri contesti la voleva pubblica. E ora?

Ma forse vale ancora l'antico detto. Parigi val ben una messa.


C O P Y R I G H T

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