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Il futuro delle BCC cosentine
Mezzoeuro Anno IX num. 28 del 17/07/2010)
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Rende, 15 luglio 2010
Cosa succederà alle tre BCC commissariate?
Intervengono Nicola Paldino, Presidente della BCC Mediocrati, Angela Napoli,
parlamentare nota per il suo impegno a favore della Calabria e Ignazio Messina,
commissario regionale di Italia dei Valori
E' un luglio molto caldo. Non solo per l'anticiclone atlantico che ha
portato l'estate. Anche per le BCC cosentine commissariate, che ancora non
conoscono il loro futuro. Non corrono alcune pericolo i risparmiatori, poiché
non vi è nessuno che ne mette in discussione la continuità di gestione. Il vero
problema riguarda l'autonomia e la territorialità. Vi sono forti dubbi sulla
possibilità che si prospettino soluzioni all'interno della regione. Questo per
il tiepido interesse con cui viene seguita la vicenda dalla forze politiche e
sindacali locali. Sembra una partita tutta cosentina, poiché qui si concentra
la quasi totalità delle BCC. “Para ch'è da nostra”, esclamavano senza scomporsi
due emigranti cosentini giocando a carte mentre la nave affondava. Non vi sono
banche reggine coinvolte in questo giro, anche perché vi è la sola BCC di
Cittanova che per fortuna gode di ottima salute. E' benemerita per aver il
grande contributo alla locride a fianco di Bregantini. Questo non giustifica un
eventuale disinteresse della Regione nei confronti delle BCC cosentine.
Il sistema delle BCC è molto importante per l'economia del territorio.
Sarebbe necessario creare una rete che si estende fino a coprire l'intero
territorio, piuttosto che disinteressarsi di problema vissuto come corpo
estraneo.
Si aspetta passivamente il verdetto della Banca d'Italia, le sue proposte
per poter plaudire alla saggezza di mamma Vigilanza come è avvenuto anche per
il passato. La Carical è morta con qualche lacrima di coccodrillo che si è
asciugata in fretta. E così tutte le altre. La Banca d'Italia ha svolto
lodevolmente il suo compito (e anche questa volta non sarà di meno), ma nessuno
ha tutelato gli interessi del Mezzogiorno, la perdita dei centri decisionali di
qualche rilievo, dei pochi che ve ne erano.
Eppur si muove. Nicola Paldino interviene con una intervista in cui
rivendica con orgoglio il ruolo svolto dalla sua BCC. Ignazio Messina
plenipotenziario dell'IDV in Calabria fornisce il suo appoggio per una
soluzione locale. Angela Napoli, coordinatore regionale dei finiani interviene
con una sua dichiarazione..
Noi non viviamo con l'ossessione del profitto. Intervista a Nicola
Paldino
di Oreste Parise
Il sistema delle BCC è un presidio economico anticiclico che non si basa su
numeri ma che cammina sulle gambe di persone in carne ed ossa.
- Le banche costituiscono il sistema nervoso dell'economia. In particolare
quelle locali strettamente legate al territorio sono un termometro in grado di
misurarne lo stato di salute. Come giudica la congiuntura economica provinciale
guardandola con l'ottica del movimento dei conti bancari.
- La nostra banca sta studiando da anni l'andamento dell'economia
provinciale. A ottobre pubblicheremo la VI edizione del rapporto sul sistema
produttivo cosentino e calabrese. Questo ci ha consentito di intravedere i
segnali della crisi prima dello scoppio della bolla finanziaria. Già alla fine
del 2007 abbiamo, quindi, avvertito l'esigenza di una maggiore trasparenza nei
rapporti con la clientela, e così abbiamo cancellato la commissione di massimo
scoperto.
- Quando avete percepito i primi segnali di crisi?
- La salute della nostra economia non è stata mai così debole. È proprio in
tempi come questi, però, che bisogna individuare la strada giusta da seguire e
percorrerla con decisione. La recessione del “sistema Calabria” è emersa nel
rapporto di due anni fa, e già lo scorso anno abbiamo lanciato un vero e
proprio grido di dolore alla Pubblica Amministrazione. Attenzione, abbiamo
detto, il pagamento dei crediti alle aziende avviene con un ritardo che non è
più sopportabile. Purtroppo ancora non ci sono dati che testimoniano
l'inversione di una tendenza che rischia di essere devastante per l'intero
settore produttivo.
- La restrizione del credito è la conseguenza della scarsa propensione al
rischio degli imprenditori. Il cavallo non beve …
- Oggi, per quanto ci riguarda, registriamo una impennata delle richieste di
credito, una vera e propria richiesta di aiuto da parte delle aziende e delle
famiglie che versano in condizioni direi di difficoltà. Noi cerchiamo di dare
una risposta, senza ignorare la complessità del momento. La responsabilità
sociale che ci contraddistingue, del resto, ci porta ad adottare politiche
anticicliche a sostegno del territorio.
- Quali sono state le conseguenze sul bilancio delle BCC e quella del
Mediocrati in particolare?
- Possiamo ritenerci soddisfatti per la performance della nostra banca, anche
se l'utile del 2010 non sarà avvicinabile a quello dell'anno precedente che
superava i 3 milioni di euro.
Quest'anno è arrivata anche da noi l'onda lunga della crisi. I ritardi nei
pagamenti, la contrazione dei consumi, la mancanza di sbocchi significativi non
potevano che produrre una brusca frenata. L'abitudine alla crisi, tuttavia, non
ci deve consolare ma, semmai, dovrebbe essere usata lucidamente per individuare
finalmente i driver del nostro sviluppo.
- La crisi ha morso anche voi.
- Noi siamo un sistema solido, ma non viviamo con l'ossessione del profitto,
puntiamo a un equilibrio gestionale che garantisca la nostra solidità
patrimoniale. Il sistema delle BCC è un presidio economico anticiclico che non
si basa su numeri ma che cammina sulle gambe di persone in carne ed ossa. In
ogni BCC c'è un presidio di democrazia economica che, per funzionare bene,
necessita dell'apporto proattivo di tutti i suoi componenti, dai soci agli
amministratori. Nessuno può abdicare al suo ruolo, pena la creazione di un
vulnus nel meccanismo democratico che procura solo risultati nefasti per la
collettività.
Il sistema delle BCC, in tutta Italia, sta vivendo un momento di grande
attenzione, anche mediatica. La crisi ha reso evidente la diversità e tutti si
sono accorti che le banche di comunità, come le nostre, che prima erano solo
giudicate più piccole e meno evolute delle altre, hanno avuto un ruolo
importante nel garantire la “tenuta” del sistema Italia.
Tutto ciò, naturalmente, non significa che siamo immuni da problemi. Ogni
volta che ci allontaniamo dalla logica mutualistica, ad esempio, siamo
destinati a registrare brutte sorprese. Così come dobbiamo sentirci impegnati
sul fronte del conflitto d'interessi come e quanto gli istituti maggiori,
seppure con tutte le diversità del caso e con i limiti dei banchieri part-time,
come ci ha definito recentemente il Corriere della Sera.
- In che modo si può rafforzare il sistema delle banche di comunità?
- Proprio i momenti come questo evidenziano la necessità di fare sistema. E'
arrivato il momento di dare una forte accelerata al progetto Federcasse di
creazione di un Fondo di Garanzia Istituzionale. Una garanzia a tutela dei
risparmiatori e degli istituti stessi per i quali, tuttavia, gli obblighi
devono essere rigorosi e non possono basarsi solo su meccanismi di “moral
suasion”.
La BCC Mediocrati, da diversi anni, è governata attraverso una serie di
rigidi regolamenti e impronta la propria gestione a un'unica stella polare:
l'interesse primario della compagine sociale. Non l'interesse del singolo
socio, o di un amministratore, ma del territorio e dei soci che nel 2011
toccheranno quota 4.000, con un incremento superiore al 200% negli ultimi dieci
anni.
- Come giudica la politica dei commissariamenti operata dalla Banca d'Italia e
in che modo si potrebbe superare il momento attuale?
- Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico il cui obiettivo principale non
è quello di commissariare le banche, ma di salvaguardare il risparmio dei
cittadini, sulla base dell'art. 47 della Costituzione.
Il commissariamento, comunque, pur essendo un momento particolare nella vita
di una banca, non sempre azzera la storia dell'azienda. A volte diventa una
sosta salutare che permette di ripensare criticamente alle vecchie abitudini e
crea la pausa necessaria per impostare la ripresa futura.
Se la situazione aziendale non è in metastasi, una compagine sociale sana,
sostenuta dal Movimento del Credito Cooperativo, quindi da Federcasse e dalla
Federazione Regionale, può trovare al proprio interno la forza e le soluzioni
adatte per riprendere il cammino.
Di certo bisogna farsi carico di una inflessibile volontà per adeguarsi a un
mondo, quello del credito, che sta subendo profondi e continui cambiamenti.
Nella nostra banca, in questi ultimi anni, abbiamo visto nascere e poi
rafforzarsi una intera filiera di funzioni, preposte in diverso modo
all'esercizio dei controlli interni, che in precedenza trovavano spazio solo in
istituti ben più poderosi del nostro. Ma è chiaro, ormai, che in un sistema
complesso non si può pensare di andare avanti senza governare la
complessità.
- Il sistema di Basilea-2 è appena arrivato a regime, con qualche difficoltà
di digerirne le novità e già si prospetta un nuovo cambiamento. Un altro trauma
per il mercato del credito meridionale?
- Le ultime modifiche proposte dal Comitato di Basilea, già denominato
Basilea-3 che più riguardano le BCC si riferiscono, tra l'altro, alla necessità
di assicurare la salvaguardia del patrimonio di vigilanza e l'adeguata gestione
dei rischi di liquidità.
Per quanto riguarda il primo punto, il CdA della BCC Mediocrati ha
provveduto il 31 marzo 2010 a rafforzare il patrimonio, passato da 40 a 55
milioni di euro, con l'emissione di un prestito subordinato, in linea,
peraltro, con le sollecitazioni che Banca d'Italia rivolge da mesi a tutti gli
istituti di credito.
Il rischio di liquidità, invece, per il quale svolgiamo periodici "stress
test", è costantemente monitorato.
Negli ultimi tempi ci s'imbatte con frequenza in giudizi critici riferiti
alle norme di Basilea, ma noi siamo convinti che non tutto ciò che è nuovo
debba essere considerato una minaccia e che le innovazioni legislative contenga
un monito alla trasparenza, rivolto sia alle banche che al sistema produttivo,
di cui oramai non si può più fare a meno.
Questa crisi, d'altra parte, dovrebbe insegnarci che non basta più stringere
le spalle per superare le difficoltà. Chi non si attrezzerà sarà costretto a
perdere sempre più terreno a vantaggio di soggetti più forti o maggiormente
capaci di innovare.
- Quali sono le azioni che intende porre in essere il Mediocrati per aiutare
le imprese a superare questo momento di crisi?
- Riguardo alle esigenze del territorio, stiamo rafforzando la nostra capacità
consulenziale, al servizio delle imprese e delle famiglie, mentre aumentiamo le
iniziative di carattere sociale rivolte a sostenere attori e attività di terzo
settore.
In questa ottica noi crediamo che sia indispensabile e strategico puntare al
pieno recupero del capitale umano. Per questo, pur nel nostro piccolo, stiamo
cercando di sostenere le iniziative dei giovani lanciando anche messaggi di
carattere culturale.
- Negli ultimi anni migliaia di giovani stanno abbandonando il Mezzogiorno,
una sorte di rassegnazione sulla capacità di costruire un futuro di sviluppo e
di benessere. Come arginare questa marea?
- L'esodo dei giovani costituisce un dato molto negativo che condiziona la
capacità di ripresa. Noi ci siamo posti il problema e recentemente abbiamo
voluto fornire un aiuto ai giovani con il progetto “Voglio Restare”. Un
microcredito che ha il sostegno della Camera di Commercio e del Confidi
Federimpresa. Con il loro contributo possiamo concedere prestiti fino a €
50.000 senza garanzie dirette e al tasso finale dell'1%. Abbiamo di recente
presentato il primo consuntivo del progetto, fornendo non solo numeri ma
inviando messaggi nuovi a un pubblico, quello giovanile, che è ormai
sintonizzato sulle lunghezze d'onda d'internet e di un mondo globale che non
può più accontentarsi degli annunci o delle passerelle vuote. I nostri dati
reali - uniti alle politiche di una banca che negli ultimi otto anni ha assunto
68 giovani, quasi tutti laureati presso la nostra università - rappresentano la
prova che, partendo dal basso e rimboccandosi le maniche, tutto può essere
realizzato. Questa convinzione, del resto, ha animato centinaia di migliaia di
calabresi emigrati in ogni dove per cercare il proprio spazio nel mondo.
Abbiamo denominato il progetto “Voglio Restare” e vorremmo che diventasse
uno slogan generazionale per dire ai nostri giovani migliori che il loro futuro
può essere costruito anche qui, in un mondo senza più confini, ma in cui le
radici continuano ad avere un significato fondamentale per la vita di ciascuno
di noi.
Salviamo l'autonomia delle BCC calabresi
di Angela Napoli
E' a tutti noto come il sistema creditizio meridionale sia vessante nei
confronti dei cittadini; la Calabria è addirittura la Regione con il costo del
denaro più alto. E se si pensa che la Calabria, Regione ad obiettivo 1, è
destinataria di ingenti erogazioni pubbliche comunitarie e nazionali, si
comprende come le Banche diventino usurpatrici di tali erogazioni e, pertanto,
non avrebbero giustificazione alcuna sul definire tali costi così elevati.
Credo che la denunzia del coraggioso imprenditore De Masi, abbia confermato
quanto "oneroso" sia il comportamento del sistema creditizio calabrese che da
anni ormai spinge molti cittadini ed imprenditori a cadere sotto la piaga
dell'usura, praticata prevalentemente dalla criminalità organizzata. Non è un
caso se le province calabresi risultano prime nell'indice di rischio usura.
Va da sè che nel momento di crisi globalizzata, la Calabria diventa una
Regione maggiormente esposta all'innalzamento della crisi congiunturale.
Il credito cooperativo ha avuto in Calabria una grande storia ed è stato
sempre più vicino alle esigenze dei cittadini di questa Regione, fino a quando
i grandi gruppi bancari del Nord non hanno iniziato la loro conquista anche del
denaro del Sud. Non tutte le BCC calabresi sono riuscite a far fronte
immediatamente a quella riorganizzazione necessaria per rendere le stesse
competitive e continuare ad avere un ruolo importante nello sviluppo locale.
Ritengo che le BCC cosentine che oggi si trovano commissariate, abbiano
evidenziato difficoltà gestionali tali da non essere in grado di mantenere il
ruolo sociale necessario nel territorio.
In Calabria la Fincalabra s.p.a. è nata con lo scopo di concorrere allo
sviluppo economico e sociale della Regione, ma forse ancora non è riuscita a
diventare uno strumento concreto ed operativo delle politiche di sviluppo.
Mi sembra che i vari tentativi di programmazione del sistema creditizio in
Calabria, ad oggi, si siano rivelati assolutamente inadeguati.
Innanzitutto occorrerebbe riuscire a far emergere dalla crisi quelle BCC
calabresi che oggi risultano commissariate e soprattutto non farle usurpare da
gestioni extraterritoriali regionali. Servirebbe sicuramente una programmazione
regionale, frutto di un tavolo di concertazione politico e sindacale, che
incentivi le BCC, dopo, però che tutte queste ultime abbiano dimostrato di
saper coniugare la propria capacità riorganizzativa con l'efficienza a sostegno
della crescita economica della nostra Regione.
Bisogna difendere il territorio. Intervista con Ignazio Messina
- La Calabria è in crisi e manca una efficace politica del credito. Cosa
fare?
- Quella che stiamo vivendo non può essere considerata una semplice
congiuntura sfavorevole. E’ troppo profonda e troppo generalizzata per
ridurla a un accidente, ma si tratta di una crisi strutturale che mette
in discussione lo stesso sistema economico. Mette fine all’illusione
finanziaria di poterci arricchire e vivere nel benessere solo giocando in
borsa.
Le banche sono le principali protagoniste, ma non è tutto un sistema che
viene messo in discussione, le società di rating, la globalizzazione
senza regole, lo sfruttamento intensivo di tutte le risorse. Un mondo che
non si preoccupa del futuro è un mondo senza futuro.
Finora stiamo i governi hanno risposto con dei palliativi che cercano di
porre rimedio di riparare le falle. Manca tuttavia una strategia globale.
Questo è particolarmente vero per il nostro paese, dove si sta approvando
una manovra di carattere puramente contabile e finanziaria. Non si pensa
agli squilibri territoriali, alle profonde ingiustizie della
distribuzione ineguale del reddito.
Le banche cercano di correre ai ripari dopo una politica dissennata che
ha favorito la speculazione internazionale, ha consentito alle società
internazionali di accumulare enormi profitti in maniera tutt’altro che
limpida. Oggi esse chiudono i rubinetti proprio alle imprese produttive e
contribuiscono ad aggravare la crisi, poiché l’unica risposta efficace è
il ritorno all’economia reale e senza credito le imprese non sono hanno
le risorse per effettuare gli investimenti necessari a ristrutturarsi e
ritornare nei mercati mondiali.
Il dovere della politica è quello di aiutare il sistema produttivo e
impedire che le imprese diventino prede della criminalità organizzata.
L’usura è uno dei canali privilegiati usati dalla ‘ndrangheta per
acquisire il controllo dell’economia. Le banche sono uno strumento
indispensabile in questo senso, poiché il credito è la leva fondamentale
per impedirlo. In fondo l’usura è il mercato illegale del credito, che
interviene quando quello legale non riesce a dare delle risposte ai
bisogni del territorio.
- A cosa è dovuta la crisi delle BCC cosentine?
- La nostra, nostra di meridionali, grande risorsa è il territorio con il
tessuto di piccole imprese che costituiscono una grande massa di manovra,
con la grande disponibilità di una forza lavoro giovane, istruita, con
grandi capacità e professionalità, con il patrimonio
storico-archeologico, le risorse ambientali. Una potenzialità enorme che
in gran parte viene sprecata per l’assenza di politiche adeguate. L’esodo
dei giovani è forse il prezzo più doloroso che il Mezzogiorno paga per
questa crisi, per l’ennesima volta.
Se consideriamo la realtà calabrese, la sua è una economia dipendente in
larga misura dai trasferimenti pubblici, poiché manca i sistemi locali di
governance. Il sistema bancario locale si è ridotto alle sole BCC che
continuano ad essere un importante presidio per il territorio, che
cercano di leggerne i bisogni e rispondere alle attese. Si tratta di
istituti piccoli, dei nani in confronto alle conglomerate creditizie che
si sfidano nei mercati finanziari internazionali. Ma proprio questo le
rende così importanti. Questi giganti si sono dimostrati dai piedi di
argilla, ed il loro crollo ha fatto tremare il mondo. Piccolo è bello.
Dobbiamo ritornare ad un mondo dalle dimensioni umane, dove prevale
l’uomo con le sue esigenze ed i suoi bisogni. Tra le BCC ed il territorio
vi è un legame inscindibile, le une hanno bisogno dell’altro e
viceversa.
Questo ha fatto sì che la crisi del territorio si è inevitabilmente
riversata sulle BCC, le quali non possono rifugiarsi nella speculazione,
ma devono trovare la risposta ai propri problemi sul territorio con le
imprese insieme alle imprese. Non bisogna abbandonarle, ma vanno aiutate
in questo sforzo. Simul stabunt, simul cadent, si potrebbe dire. La crisi
delle BCC è una conseguenza diretta del fallimento della politica del
territorio.
Si parla tanto di federalismo fiscale, ma senza una politica di sviluppo
dei territori questo provocherà solo un’accentuazione delle differenze
territoriali.
- Vi è una programmazione del sistema del credito nella regione?
- La crisi delle BCC cosentine è la conseguenza di più fattori, non
bisogna solo addebitarne la responsabilità alla congiuntura sfavorevole.
Dobbiamo abituarci a individuare gli errori e le debolezze e porvi
rimedio, non si può sempre aspettare un intervento dall’alto. Non tutte
le BCC sono in crisi, solo alcune per fortuna. Laddove si è evidenziato
una debolezza del management e della qualità del credito, bisogna
intervenire per eliminare queste distorsioni. Le altre hanno subito un
contraccolpo negativo per il momento sfavorevole, ma hanno resistito per
una politica creditizia accorta e un management di grande qualità. Questo
dobbiamo sottolinearlo con forza, fare impresa, fare banca nel Sud è
molto più difficile che in una realtà più evoluta. Le imprese e le banche
che resistono sono realmente da elogiare, per il coraggio e la
professionalità. In Calabria è mancata da sempre una politica del
credito, ci si è limitato a denunciare la disparità di trattamento, lo
scarso sostegno alle imprese, la forbice dei tassi. E’ arrivato il
momento di fare delle scelte e l’opzione più logica è quella del sostegno
delle banche locali, poiché sono le uniche che possono dare un concreto
contributo allo sviluppo del territorio.
La regione ha in questo momento l’ultima opportunità di dare un deciso
colpo allo sviluppo con un utilizzo corretto dei fondi europei. Si tratta
di risorse importanti che nel passato sono state sprecate anche per
l’assenza di un valido supporto alle imprese nella predisposizione dei
piani di investimento. Le BCC potrebbero essere molto utili in questo
senso, ma hanno certamente bisogno di un sostegno.
- Quali provvedimenti si intendono adottare per salvare l'autonomia e la
territorialità delle BCC in crisi?
- La politica del credito deve basarsi su pochi punti qualificanti,
evitando cadute demagogiche. Il momento dei proclami è finito. Il primo
obiettivo è quello di una difesa del sistema bancario locale. Le BCC
commissariate hanno delle debolezze, ma sono perfettamente in grado di
riprendersi e ritornare pienamente operative. Debbono rinnovare il
managemnt, ritornare a una rigorosa politica delle concessioni, ma non
devono essere svendute. Il territorio ha bisogno di loro e la soluzione
va cercata in loco, insieme alle istituzioni locali. La debolezza
maggiore è nella patrimonialità, e bisogna aiutarle a ricomporre il
proprio equilibrio.
Non debbono ritornare pubbliche, poiché l’autonomia e l’indipendenza
della gestione è fondamentale per una corretta gestione. Ma gli enti
locali e le istituzioni possono intervenire direttamente quali soci
finanziatori, o offrire la garanzia necessaria per l’emissione di titoli
patrimoniali come i prestiti subordinati.
Attraverso i nostri rappresentanti chiederemo alla Regione di destinare
una capitolo del bilancio regionale da destinare a questo scopo.
La Banca d’Italia nel passato è stata lasciata sola nel decidere le sorti
degli istituti meridionali. Ha svolto un grande compito impedendo
soluzioni traumatiche come la liquidazione coatte. Ma il Mezzogiorno è
stato depauperato, ha perso la sua storia, i centri di decisione
finanziaria. Le conseguenze sono risultate evidente proprio nel momento
della crisi.
Bisogna impedire che si ripeta quella esperienza e salvare la
territorialità delle BCC. Nel caso dei grandi istituti si trattava di
numeri forse eccessivi per l’asfittico mercato del Sud. In questo caso
tutto ha una dimensione molto più gestibile e sarebbe grave se non si
riuscisse a trovare una soluzione locale.
C OP Y R I G H T
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