A Camere Unitedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno IX num. 31 del 07/08/2010) |
Rende, 5 agosto 2010
Tutti e cinque gli enti camerali calabresi aderiscono al progetto della Banca di garanzia, fortemente voluta da Gaglioti
Nella conferenza stampa tenuta il 5 agosto all’Unioncamere Calabria a Lamezia Terme, i presidenti delle Camere di commercio calabresi - Abramo, Dattola, Gaglioti, Lico e Salerno - hanno siglato il patto che ha messo la parola fine al conflitto sull’Unione regionale delle Camere di Commercio.
«Il conflitto tra le cinque istituzioni delle imprese calabresi - recita il comunicato - ha mostrato, lungo tutto l’ultimo decennio, di avere radici politiche profonde e dinamiche radicali: ma è stata proprio questa radicalità, che rappresenta, in un certo qual modo, l’altra faccia della concretezza dell’imprenditore, a costituire l’innesco della rivoluzione istituzionale che i rappresentati delle Camere hanno sancito con il loro accordo».
«La situazione di conflitto ha mortificato tutti. Le imprese in primo luogo, che non trovano servizi adeguati per la propria promozione in assenza di quelle economie di scala e di scopo, unico vantaggio competitivo per un territorio, quello calabrese, ancora ai margini dell’economia nazionale e continentale. Ma anche il sistema camerale nel suo insieme, privato del suo fattore principale di affidabilità: la propria capacità di fare squadra per interloquire con l’intero sistema Paese e offrire agli imprenditori calabresi opportunità di scala nazionale e internazionale». «Anche la riforma della legge 580/1993, approvata con il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, contribuisce a fare da innesco al processo di innovazione istituzionale. L’esigenza di trovare nuove ragioni dello “stare assieme” trova le sue radici nel nuovo assetto istituzionale che emerge dalla riforma.
Il riconoscimento della rinnovata autonomia funzionale delle singole Camere di Commercio, sancita con l’espresso riferimento all’art. 118 della Costituzione, è fondato sul ruolo di attori istituzionali preposti alle funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese ed allo sviluppo nell’ambito delle economie locali. Ma a questo, fa da contraltare il riconoscimento del sistema camerale italiano come entità unitaria costituita dalle camere di commercio, dalle unioni regionali delle camere di commercio, l’Unione italiana delle camere di commercio (Unioncamere), dai loro organismi strumentali e dalle camere di commercio italiane all’estero e estere in Italia. Un’entità a rete unica nel Paese, che fa della capacità di cooperare e dell’azione unitaria, il suo principale punto di forza innovativa».
«Il nuovo statuto dell’Unione regionale, che verrà elaborato nei prossimi mesi dalle cinque Camere di Commercio, farà proprio un nuovo concetto di politica di promozione e sviluppo: tutte le risorse finanziarie camerali, regionali, nazionali e comunitarie che alimenteranno l’attività dell’Unione regionale della Calabria, convergeranno ogni anno in un piano di attività orientato a garantire che le attività da realizzare ricadano su ogni territorio proporzionalmente al numero delle imprese iscritte al registro imprese di ciascuna Camera di Commercio».
Resta salvo il principio di rappresentanza per cui ogni Camera di Commercio esprimerà una quota di rappresentanza paritetica negli organi dell’Unione, ma l’Unione opererà per raggiungere l’obiettivo comune della rinnovata politica di sviluppo e promozione. Il sistema camerale, con questo rinnovato patto si candida a cooperare unito con la nuova giunta regionale, recependo appieno, nella propria operatività quotidiana i principi che informano le politiche nazionali e comunitarie di sviluppo e coesione». La divisione era stata originata da un groviglio di problematiche irrisolte che si erano accumulate nel corso degli anni, senza che nessuno avesse avuto il coraggio di tentare una soluzione. Essenzialmente le divergenze riguardavano la rapprensentanza e la rappresentatività dei rispettivi enti in relazione alla popolazione, ai territori ed al peso economico. Aquesto si aggiungeva una gestione passiva delle attività istituzionali.
La nascita dei due spezzoni aveva messo in luce i vantaggi di una gestione innovativa e attiva degli eventi, come si era evidenziato nella partecipazione a manifestazioni come Vinitaly o Cibus, dove si è sperimentato un approccio orientato al mercato, agli operatori commerciali per opera dell’Unione delle Camere Nord-Sud. All’approccio presenzialista, con stand agghindati con poster e musica popolare, si è preferito l’incontro con i bisogni e le esigenze del mercato, alla ricerca di business come risultato della visibilità effimera e improduttiva. Proprio questo metodo ha evidenziato con crudezza il limite di una rappresentanza istituzionale divisa, incapace di dare una immagine definita della realtà produttiva calabrese e rappresentarla nei confronti delle istituzione, delle imprese e degli organi associativi delle categorie. La ritrovata unità è frutto di una convinzione profonda di tutti i rappresentanti: il vero vincitore è la ragionevolezza e la profonda convinzione che la Calabria ha bisogno del coordinamento degli sforzi per poter superare i limiti che ne hanno condizionato lo sviluppo. Si è riequilibrata la distribuzione delle risorse, cercando una equità su una base territoriale e con la previsione di un fondo perequativo che possa soccorrere gli enti in caso di conclamata necessità. La nuova Unioncamere si ricompatta, infatti, attorno a una leardership, a un progetto di sviluppo e a una serie di concrete iniziative che ne fanno un soggetto proattivo, di stimolo e supporto alle imprese nei grandi momenti di incontro e confronto a livello nazionale e internazionale.
Un ruolo centrale assume la figura di Pino Gaglioti che si colloca nel panorama regionale come un leader, naturale interlocutore dei policy maker, dotato del necessario carisma e della determinazione per diventare l’interlocutore privilegiato per qualsiasi progetto di sviluppo della regione. Alla scadenza dei rispettivi mandati delle due istituzioni attuali, la presidenza dovrebbe passare all’ente camerarale cosentino come punto iniziale di una turnazione della rappresentanza.
La risorta Unioncamera si propone l’obiettivo di favorire la cooperazione e la definizione di progetti comuni per una crescita culturale e uno sviluppo del sistema produttivo calabrese, con uno sguardo particolarmente attento alle opportunità offerte dai mercati internazionali.
Un aspetto significativo è l’adesione di tutti gli enti camerali calabresi al progetto di Banca di garanzia, una creatura fortemente voluta da Pino Gaglioti, che dopo un avvio entusiasmante aveva conosciuto un momento di pausa e di riflessione per la difficoltà di poter raggiungere il capitale minimo necessario richiesto dalla Banca d’Italia per poter fornire il proprio exequatur. Hanno, infatti, dichiarato di aderire al progetto le Cciaa di Catanzaro e di Reggio Calabria con la sottoscrizione di quote significative. Vibo e Crotone hanno dichiarato di voler seguire a breve con l’adozione dei necessari interventi deliberativi.
L’adesione di tutti gli enti camerali della regione elevano questo soggetto al rango di primattore economico nella regione, in grado di potersi confrontare con il sistema bancario su una posizione di parità. La inattesa e improvvisa accelerazione del processo di creazione del nuovo istituto finanziario, pone un serio interrogativo al sistema dei confidi, costituiti da troppi atomi che non sono in grado di svolgere un adeguato ruolo di stimolo e dei rappresentanza per l’imprenditoria locale.
Essi dovrebbero convincersi che è giunto il momento di abbandonare ogni velletarismo e confluire nella costituenda Banca di garanzia a fine di evitare dispersione di risorse.
Per la prima volta si potrebbero creare le condizioni per la definizione di una politica creditizia regionale. Fin qui le le più autorevoli si sono limitate a qualche sterile riproposizione delle litanie sul fenomeno della forbice dei tassi d’interesse o sulla scarsa propensione delle banche a concedere credito alle piccole imprese calabresi.
Un politica creditizia più espansiva si è sempre interrotta dal rapido lievitare delle sofferenze che ha provocato una chiusura a riccio da parte delle banche, che lentamente si sono trasformate in istituti di raccolta del risparmio da impiegare altrove in impieghi più redditizi e meno rischiosi. Questo fronte è stato rotto solo dalle banche di credito cooperativo e da qualche banca popolare con governance meridionale, come la Banca popolare di Bari (mentre la Banca popolare del Mezzogiorno, ex Banca popolare di Crotone, a dispetto del nome, fa parte di un gruppo emiliano.
La crisi ha colpito le imprese e si è riprodotta sui bilanci di questi piccoli istituti. Sono gli unici centri finanziari la cui salute economica è strettamente dipendente dall’andamento congiunturale dell’economia locale, poiché non possono trasferire altrove i propri problemi. Contrariamente alla politica pervicacemente perseguita dalla Banca d’Italia di Antonio Fazio, il nuovo corso inaugurato da Mario Draghi è molto più sensibile alle esigenze dei territori e cerca soluzioni più rispettose dell’autonomia degli istituti e della specificità dei territori.
Il punto di debolezza di questi istituti è la difficoltà di superare i ristretti ambiti locali e trovare le risorse finanziare per una patrimonializzazione che gli consenta di riprendere la loro operatività le garantire alla clientela costituita quasi esclusivamente da piccole imprese e famiglie di avere il respiro necessario per poter onorare i propri impegni.
Attraverso la Banca di garanzia, attorno allaquale fossero riunite tutte le rappresentaze economiche istituzionali, potrebbe essere il terreno adatto per un ridisegno dell’intero settore del credito in Calabria.
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