Il populismo tra porcellum e primarie

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno IX num. 36 del 11/09/2010)

Rende, 10 settembre 2010

Grande scalpore per la denuncia di Angela Napoli.

La prostituzione come metodo di selezione del ciarpame politico, non solo di carattere sessuale ma è il mercimonio della dignità consentito dal porcellum che ha trasformato il Parlamento in un bivacco di cortigiani

Angela Napoli ha colpito ancora. È stato sufficiente un solo accenno al mercimonio dei seggi parlamentari instaurato con il porcellum che si alzasse un polverone. Tutti hanno manifestato indignazione e si sono scagliati contro la parlamentare calabrese, rea di aver osato porre in relazione sesso e politica, di aver evocato il ricorso alla prostituzione come uno strumento per ottenere un seggio negli organi rappresentativi delle istituzioni pubbliche, dai consigli circoscrizionali fino agli scranni del Parlamento. Nelle ultime elezioni europee un noto esponente nostro politico locale ebbe a lamentarsi che l'avvenenza e la prestanza fisica avevano fatto aggio sull'esperienza e la capacità politica. Chissà che non ci sia un sottile legame tra i due ragionamenti, come si potrebbe facilmente immaginare. Certo Angela Napoli, secondo il suo costume è stata molto più esplicita dicendo pane al pane. Peccato che non abbia avuto la stessa attenzione e risonanza quando denuncia fatti e circostanze anche più gravi, come la collusione tra mafia e politica, la presenza di tanti indagati e persino condannati tra i rappresentanti negli enti e nelle istituzioni, e così via. Certo è una parlamentare scomoda, non facilmente inquadrabile in uno schema prefissato. Si può non condividerne le idee, ma le sue sono sempre battaglie sacrosante e gliene va dato atto. L'hanno costretta a un autodafé per aver semplicemente esplicitato quello che in tanti pensano e che non si ha il coraggio di dire in pubblico. La difficoltà è di attribuire nome e cognome, di trovare le prove relative a singole persone, ma il fenomeno è evidente. Bisognerebbe rivolgersi agli specialisti in dossieraggio, una genia che sembra aver ritrovato una nuova epoca d'oro in questa seconda repubblica. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. È una massima evangelica, tuttora valida. Nessuno ha mai chiarito, ad esempio, quali siano stati le doti, le capacità o le esperienze politiche che hanno portato la D'Addario a candidarsi nelle provinciali a Lecce. Insorge qualche dubbio che siano state le competenze amministrative, e non quelle professionali di escort di lusso.

La questione della mignottocrazia non l'ha certo inventata Angela Napoli. Il copyright spetta al senatore ex-forzista sen. Paolo Guzzanti che ha avuto una certa frequentazione con il Palazzo, e ha qualche titolo per esprimersi in maniera tanto esplicita. Neanche lui ha mai chiarito chi erano le signore interessate, ma ha lasciato intendere che la sapeva lunga e poteva raccontare piccanti storie politiche sotto le lenzuola.

Qualche tempo fa la viceministra Daniela Santanché ebbe a dichiarare esplicitamente che il Premier le donne le preferiva in posizione orizzontale. Questo ben prima che emergessero le edificanti storie sarde che hanno riempito le cronache dei giornali per mesi. È stata fatta passare per una ovvietà di cui non valeva neanche la pena di discutere. Eppure la questione era la stessa e tale è rimasta.

Oggi il Premier ha avanzato l'ipotesi della creazione in Parlamento di un "gruppo di responsabilità nazionale", dove dovrebbero confluire tutti coloro che il Premier riuscirà a convincere a sostenere il governo e neutralizzare la diaspora finiana. Non vi sono dubbi che gli argomenti saranno nobili, di grande respiro politico e ideale: gli interessi nazionali, le difficoltà dell'economia e via discorrendo, la continuità dell'azione del governo. Il governo del fare (e un po' anche del malaffare con i suoi Cosentino, Caliendo,

Scaloia e quella storiaccia della P3) non può fermarsi senza decretare il fallimento non della sua azione, ma della sua ragion d'essere, non può arrendersi di fronte alle alchimie politiche, alle presunte ragioni etiche, agli impedimenti istituzionali.

Non si tratta solo di sesso che è solo una delle merci di scambio che può utilizzare solo chi ha le doti necessarie. Per inciso a prostituirsi non sono solo le donne, tra omo, bisex e trans, la cronaca politica è ricca di episodi edificanti nella corte della novella Costantinopoli. Il mercimonio degli incarichi è ben più diffuso e generalizzato. Tra gli addetti ai lavori circolano voci di compravendita di posti in lista, con tanto di tariffario per le collocazioni "sicure" e quelle in bilico che richiedono una buona dose d’impegno e di fortuna per concretizzarsi in un seggio.

Non sarà certo vero, ma radio fante sussurra che il regolamento è rigorosamente in contanti, nei corridori segreti dell'antica Roma caput mundi. Sono solo maldicenze. Tuttavia, in un clima di trasformazione dello Stato in azienda, ciò potrebbe sembrare anche verosimile. In fondo si tratta di un investimento come un altro che può essere anche effettuato in partnership. I frutti dell'operazione sono costituiti in qualche codicillo legislativo che per puro caso si applica a uno dei sodali - il metodo Mondadori, per intenderci, un incarico ben retribuito, o qualche appalto "ad personam".

Com'è bello il porcellum, che consente tante maialate. Lapsus calami. Consentirebbe. Solo in teoria, poiché i nostri nobili politici mai si abbasserebbero a cotanto riprovevole agire. Sono mossi solo dal sacro fuoco del dovere, per sostenere i loro principi, per difendere la propria fede, per sostenere le loro incrollabili verità. Novelli crociati alla difesa di Gerusalemme, del tempio del potere.

Da qualche giorno vi è un insolito viavai di deputati italiani sulle strade che conducono a Damasco. Tutti impegnati in pellegrinaggio arrovellandosi nell’angoscioso dilemma se accorrere o meno in soccorso del premier ferito da Bruto. Giove tonante cerca di colpirli con i suoi fulmini per folgorarli e condurli sulla retta via, per fargli riconoscere l’interesse collettivo di far continuare questa esaltante esperienza di governo pernacchioso: il sonoro commento del grande Umberto resterà nella storia degli annali della seconda Republica. Quanti saranno convinti a entrare nell’ovile del “Gruppo di Responsabilità Nazionale”? Gli argomenti sono molto nobili: finire la legislatura e un posto assicurato per la prossima.

Questo è consentito dalla legge elettorale vigente, difesa calorosamente e coerentemente dal Premier, con qualche timida voce di dissenso da parte dell’opposizione che nella sostanza e ben contenta di poter sistemare amici e parenti al riparo da qualsiasi sorpresa delle urne. Si è creata una casta, come molto appropriatamente è stata definita da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo e nessuno vuol rinunciare ai privilegi, né tanto meno rischiare di essere messo da parte. Il dibattito su una sua possibile modifica avviene quasi esclusivamente al di fuori della classe politica. Lo stesso ampio schieramento d’ipotesi sembra fatto apposto per convincere l’opinione pubblica sull’impossibilità di una modifica, poiché nessun sistema trova un consenso tanto ampio da raccogliere una maggioranza in Parlamento.

Quando si andrà votare, subito o a fine della legislatura, quasi certamente si voterà con questa stessa legge. La risposta di “sinistra” ha il nome magico delle primarie, il ricorso diretto al “popolo” per legittimare delle scelte operate all’interno della casta. Un utilizzo una tantum, in circostanze particolari può essere giustificato dalla necessità di superare una emergenza, ma considerarlo lo strumento ordinario per la selezione della classe dirigente ha un carattere conservatore, d’ibernazione della casta. Si tratta, infatti,della riedizione in chiave aggiornata del centralismo democratico. Il capo è scelto in conclave e dato in pasto al popolo per quel bagno di folla che gli attribuisce il carisma del potere: ich bin der füher!

In assenza di qualsiasi normativa, tutto è affidato al caso, alla buona volontà di chi l’organizza. Nulla è definito, né il modo né la forma in cui si definisce l’elettorato attivo, costituito da coloro che hanno il diritto di votare, né l’elettorato passivo, di coloro che si candidano a essere eletti. Un metodo che assomiglia sotto molti aspetti ai plebisciti post-unitari che hanno sancito l’annessione al Piemonte del Regno delle Due Sicilie, lasciando una scia di sangue che si è protratta per un quinquennio con migliaia di morti.

Il consenso del “popolo” è il mezzo con cui si crea la “corte”, poiché sarà il caudillo a scegliere tutto il suo apparato di baroni che saranno chiamati a coprire i posti di responsabilità, mentre ai servi della gleba è riservato l’onore di accorrere nelle varie occasioni ad acclamare entusiasticamente le iniziative dei capi.

In questo i due schieramenti si assomigliano, poiché porcellum e primarie tendono allo stesso scopo di legittimazione di una casta e l’epurazione dei dissenzienti. Fini rompe le scatole? Cacciamolo fuori come un appestato. Veltroni non ha ricevuto sorti migliori, sebbene il modo sia stato notevolmente diverso. I partiti sono ormai delle entità con proprietario unico, come il caso del Pdl o appartenenti a una nomenclatura immarcescibile, senza nessun ricambio. Berlusconi è padre-padrone? Ma nel Pd non si assiste sgomenti alla solita sceneggiata D’Alema-Veltroni da un trentennio? Nessuno sembra ricordarsi dello stringato articolo 49 della Costituzione che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Un rigo era nel 1948 e un rigo è rimasto ancora oggi, senza nessuna regola, senza alcuna garanzia di democraticità. Non sarebbe il caso di stabilire una qualche forma di pubblicità degli iscritti, delle regole per l’elezione degli organi, il controllo sui loro bilanci? Hanno un ruolo determinante nella vita democratica, ricevono sostanziosi contributi pubblici, ma nessuno è in grado di definirne i limiti di arbitrarietà. Nella prima repubblica si può dire che in qualche modo funzionavano, anche se molti morti e sepolti continuavano la loro vita negli elenchi degli iscritti (soprattutto nella DC, ma non solo …). Nella seconda essi sono espressioni personali e personalizzate e portano nel simbolo il marchio di appartenenza.

Per uscire da questo pantano la politica deve ritornare tra la gente, i partiti devono essere regolamentati e diventare dei luoghi fisici sul territorio dove si realizzi l’auspicio dell’art. 49, la legge elettorale deve consentire la selezione di una classe dirigente scelta per competenza e rigore morale. La questione giudiziaria è diventata un alibi per evitare scelte rigorose, poiché il giudizio politico non deve rincorrere il giudizio della magistratura. Nessuno può essere ritenuto colpevole se non interviene una sentenza definitiva è un principio che va difeso. Non vi è alcun obbligo che chi è sospettato di reati gravi debba avere un ruolo di rappresentanza politica, dove si richiede un rigore morale, un comportamento cristallino poiché si deve agire nell’interesse collettivo. Nelle sorti dei politici sono riposte le speranze di futuro dei giovani, la competitività del Paese, il progresso civile e lo sviluppo economico. Nella politica non vi possono essere zone d’ombra, non si possono tollerare personaggi equivoci che hanno il diritto di continuare a vivere la propria normalità ma non possono pretendere di rappresentare gli altri.

Il sistema elettorale è uno dei pilastri dell’impianto istituzionale: gli stravolgimenti indotti in questo lungo periodo ne hanno squilibrato la struttura poiché si è proceduto per tentativi, con aggiustamenti tra loro scoordinati. L’introduzione del maggioritario o pseudo tale non è stato accompagnato da una riformulazione dei modi di revisione costituzionale, il rafforzamento dell’esecutivo è stato accompagnato da un indebolimento della rappresentanza parlamentare. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, recita l’art. 67 della Costituzione. Di fatto i membri del Parlamento sono espressione della oligarchia di potere e non hanno più alcuna autorevolezza, non esprimono più le esigenze e i bisogni degli elettori, ma seguono le direttive e difendono gli interessi di chi li ha designati.

Nella prossima primavera vi è una importante tornata amministrativa. L’esperienza ha dimostrato che la rappresentanza politica nelle assemblee degli enti locali è espressione di apparati clientelari, di organizzazioni familistiche per effetto della preferenza unica che favorisce la personalizzazione del voto, al di là e al di fuori delle capacità e delle competenze. I candidati nei comuni e nelle provincie sono migliaia, con un ridicolo rapporto con il numero degli elettori. Una manciata di preferenze è sufficiente per eleggere un consigliere per effetto della grande dispersione del voto.

Questo è un sistema pernicioso che, specie nel Sud, può portare a risultati aberranti. In molte realtà la criminalità organizzata è riuscita a penetrare fin dentro le istituzioni, è diventata Stato. Non nel suo triangolo tradizionale (Sicilia, Calabria e Campania), dove vi sono evidenti casi di infiltrazione.

La ‘ndrangheta soprattutto, diventata la più temibile delle organizzazioni criminali, ha inquinato comuni come molto lontani dal suo tradizionale territorio come Fondi e Bordighera, lo scioglimento del comune di Nettuno e ne è stata accertata la presenza in numerosi comuni del Piemonte, Lombardia, Liguria e così via.

Nella prima repubblica la mafia si serviva della politica – o per meglio dire di alcuni politici - per raggiungerei propri scopi. Oggi dopo tutte le semplificazioni introdotte, essa si è incuneata direttamente nelle stituzioni. La personalizzazione della rappresentanza consente a chi ha un forte potere di ricatto di potercontrollare il sistema elettorale.

L’intero Paese, e il Sud in particolare, ha bisogno di una rigenerazione dell’intera classe dirigente che siarealizzato all’interno di un sistema di regole che tendano a favorire la passione politica, la formazione, la competenza, ma soprattutto un saldo profilo etico e morale dei rappresentanti. Il berlusconismo haesaurito la sua carica innovativa e vive in un continuo ritorno al mitico ’94, al discorso fondativo: un disco consumato che suona una musica sempre più stonata.

Abbiamo bisogno di riforme, ma in primo luogo di una classe politica credibile che restituisca la fiducia nel futuro e nella capacità di riprendere il cammino del progresso civile e dello sviluppo economico.


C OP Y R I G H T

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