Cavallerizzo, ancora sterili polemiche

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno IX num. 37 del 18/09/2010)

Rende, 17 settembre 2010

Il Consiglio di Stato sospende la sentenza del Tar del Lazio

Una decisione interlocutoria che consente alla Protezione Civile di proseguire la costruzione della new town giunta ormai in dirittura d'arrivo. Per la consegna si aspetta solo il completamento delle infrastrutture primarie

Sembra un secolo ormai dalla frana che ha cancellato Cavallerizzo dalla carta geografica. Non è successo neanche questo, il piccolo paese arbresh non è stato inghiottito dal fango, solo la parte sud ha una lacerazione evidente. Il resto è rimasto, intatto. Apparentemente immobile, appeso nel vuoto e sommerso da un silenzio irreale interrotto solo dal canto degli uccelli, dai movimenti rapidi delle lucertole che a poco per volta si appropriano di tutti gli spazi e poi tanti altri animali. Poco visibili perché spaventati e atterriti dalla presenza dell'uomo: donnole, puzzole, volpi, lepri s'intrufolano in tutti gli spazi. Visto da lontano il paese sembra intatto, implorante il ritorno alla vita, all'animazione che l'aveva caratterizzato negli anni. Bisogna però risalire molto lontano nel tempo, quando il minuscolo abitato era popolato da quasi un migliaio di persone, centinaia di asini, muli, galline e tanti maiali. Così è rimasto impresso nell'immaginario di molti, un ricordo struggente che si rifiuta di svanire. Ritorna insistente nei sogni e si rifiuta di andarsene. Un ologramma che ti insegue nel corso della giornata, accompagnandoti nelle faccende quotidiane, intrufolandosi nei pensieri. Così è rimasto per molti, sospeso nell'empireo dei ricordi. Poi la realtà prende il sopravvento, e ci riporta alla percezione delle difficoltà del presente, alle mura invase dall'edera, alla gramigna che vince l'asfalto, agli spettri che si aggirano di notte, nel buio spettrale in cui cade dopo il tramonto.

Ora è là morente, in attesa di una lenta consunzione. Sulle sue spoglie si combatte una battaglia a colpi di suggestioni e interessi, carte bollate e ricordi.

Da un lato la maggioranza della popolazione raggruppata attorno al Comitato costituito appositamente per seguire il processo di ricostruzione in luogo diverso e sicuro. Dall'altro una minoranza combattiva e irriducibile che ha costituito prima un blog, poi una associazione, Kairerici Rron, che contrasta con ogni mezzo la decisione di costruire una new town e abbandonare il vecchio centro abitato. Si aggrappa al nucleo centrale di case rimaste ancora in piedi, alla chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio Martire che vanta una lunga tradizione di culto e una devozione viscerale da parte dei compaesani. Era un simbolo di unione, un totem in cui riconoscersi che oggi è diventato un pretesto di contrapposizione in una contesa sempre in bilico tra irrazionalità e freddo calcolo. A seguito della caduta della giunta Lata, caratterizzata da una profonda ambiguità: sempre favorevole alla Protezione Civile e alla scelta della nuova localizzazione, ma a fianco degli oppositori del progetto. La nuova amministrazione ha una posizione molto più definita, pragmatica, schierata per una sollecita conclusione di questo lungo iter per venire incontro ai bisogni immediati della gente, gran parte della quale continua a vivere in condizioni molto precarie, in attesa della tanto agognata nuova abitazione.

I giornali e le tv locali hanno dato ampio spazio alla polemica, dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato che ha accolto la richiesta di sospensione della sentenza del Tar del Lazio che aveva dichiarato nulla la conferenza di servizi con la quale era stato approvato il progetto della Nuova Cavallerizzo in località Pianette. A ricorrere al Tar era stata l'Associazione, che trova spazio anche a livello nazionale. Il Manifesto vi ha dedicato una intera pagina, in un recente libro la vicenda di Cavallerizzo è diventata emblema del fallimento della politica delle New Town. L'interesse rivestito da un caso marginale rispetto ai grandi problemi che si sono presentati a L'Aquila a seguito del terremoto o in tutte le altre grandi sciagure che si sono nel frattempo verificate. Vi è una opposizione pregiudiziale alla politica delle new town, che non distingue tra i vari casi, né i fenomeni che generano i disastri.

Il terremoto, per quanto terribile, può sempre colpire ovunque nelle zone sismiche: non c'è delocalizzazione che tenga poiché pochi chilometri di distanza non modificano il grado di pericolo. Un terreno fragile, costituito da detriti in movimento può rappresentare condizioni di instabilità impossibili da consolidare. Ovunque vi siano le condizioni di sicurezza che lo consentono bisogna adottare la politica del recupero, poiché vi sono valori storici, relazioni affettive, legami con il territorio che non troveranno mai soluzione in una nuova realtà. E il patrimonio storico, artistico e culturale costituiscono un valore immenso, che va difeso e tutelato a qualsiasi costo.-

Chi ha vinto e chi ha perso in questa lunga diatriba per molti versi irreale? Per certo ha perso il buon senso. Ancora una volta siamo in presenza di una decisione interlocutoria per una questione irrilevante che attiene ad aspetti procedurali piuttosto che entrare nel merito, affrontare alla radice il problema.

Che la conferenza dei servizi fosse inficiata da qualche errore procedurale non cambia di una virgola il dilemma se la vecchia ubicazione del paese presentava i requisiti geomorfologici per la messa in sicurezza ed il ripristino delle condizioni di abitabilità. La domanda che resta sospesa e per la quale la Magistratura adita si è dichiarata incompetente è se Cavallerizzo era recuperabile o meno. Si tratta, com'è lapalissiano, di una domanda esclusivamente tecnica a cui solo dei tecnici avrebbero potuto dare e possono oggi dare una risposta.

La Protezione Civile con i suoi geologici si è pronunciata in maniera non equivoca sulla assoluta necessità di una delocalizzazione. La decisione di costruire una new town non nasce da una scelta politica, ma da una necessità tecnica.

In questo interminabile lustro per chi ha dovuto subire i disagi e le mortificazioni di una vita precaria, la situazione del terreno è notevolmente peggiorata. In più punti vi sono segni di cedimento, in alto, in basso, tanto a nord che a sud. Potrebbe trattarsi dell'effetto dell'abbandono, dell'incuria inevitabile in un paese abbandonato. O siamo di fronte all'evoluzione di un terreno in condizioni precarie alla ricerca di un nuovo equilibrio.

La risposta non è di natura giuridica, ma soltanto tecnica. Ogni altro discorso è puramente demagogico e alimenta un clima di diffidenza che ostacola la conclusione della ricostruzione. Ogni persona di buona volontà deve solo augurarsi che il giorno della consegna non sia lontano. Dopo si potrà iniziare un serio discorso sulla destinazione del vecchio centro abitato.

Il Consiglio Regionale approva la versione calabrese del Piano Casa

La privatizzazione dell'urbanistica

La legge pubblicata sul BURC il 16 agosto, in pieno solleone. I comuni hanno solo 60 giorni di tempo per emanare le direttive per la sua applicazione sul territorio. Senza una proroga dal 16 ottobre si entrerà nell'era dell'edilizia privata ....


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