L'ARSSA tra spoils system e sprechi bipartisandi Oreste Parise Mezzoeuro Anno IX num. 38 del 25/09/2010) |
Rende, 24 settembre 2010
Ente inutile da sopprimere o strumento utile per l'agricoltura?
Da tre anni in liquidazione, nessuno sa ancora che fare. Nel frattempo la nuova giunta provvede all'occupazione di tutti i posti disponibili per pagare i debiti elettorali.
In una notte buia e tempestosa del 2007 si è attuata in Calabria una piccola grande rivoluzione. Improvvisamente si è deciso di ridurre drasticamente le Asl e sopprimere due centri di costo, quali Afor e Arssa. Si trattava di due enti talmente inutili che la loro scomparsa dei due istituti considerati ormai superati doveva essere immediata, fulminea. Soluzione drastica giustificata con gli alleggerimenti di spesa che avrebbe consentito sul bilancio regionale e la razionalizzazione settori cruciali per l'economia regionale. Una blitzkrieg paragonabile ai decreti lampo di andreottiana memoria che si era soliti varare nel governo dell'economia per non creare aspettative di mercato. I fulmini a ciel sereno, come gli aumenti del prezzo della benzina sottoposto a un regime controllato, erano giustificati dalla semplicità della materia: non si trattava mai di provvedimenti complessi.
In questo caso si è adottato in metodo simile in materie molto delicate come la sanità e soggette a una normativa molto intricata come i due enti in questione. Si è proceduto alla carlona, senza alcun concerto con sindacati, lavoratori e management delle aziende, nominati dalla stessa giunta pochi mesi prima e, soprattutto, senza il necessario approfondimento e la predisposizione di un piano razionale per districare una matassa molto ingarbugliata.
A dimostrazione della leggerezza adottata si è proceduto alla nomina di commissari liquidatori per un tempo molto limitato, prorogati di volta in volta alla scadenza, avendo concluso poco o niente del proprio mandato. La stessa scelta dei dottori chiamati al capezzale dei due enti giunti alla fase terminale è apparsa molto opinabile, tanto che di alcuni di essi si ricorda solo la fretta di incassare i lauti emolumenti. Nelle sedi degli enti non si sono mai visti. Si è arrivati alla fine della legislatura con le grandi riforme notturne ancora in mezzo al guado. Della sanità meglio non parlarne, poiché è una ferita aperta ancora sanguinante e chissà quando la Calabria raggiungerà uno standard confrontabile con le altre regioni italiane. Né sono mancate nomine di chiaro stampo clientelare. L'on. Angela Napoli ha ripetutamente denunciato la situazione di un assessore regionale che ha favorito la nomina a dirigente di suo fratello.
Per gli altri due enti le difficoltà sono apparse subito molteplici, tanto che la giunta regionale si è vista costretta a rincorrere l'emergenza con interventi correttivi e diverse ipotesi di soluzioni che non hanno mai trovato una piena attuazione..
In particolare l'Arssa per statuto era chiamata a erogare servizi avanzati all'agricoltura e gestire centri di ricerca agricola. Nel corso degli anni le erano state affidate numerose attività lontane dai suoi fini istituzionali, la mission com'è di moda chiamarla adesso: la gestione degli impianti di risalita di Camigliatello, l'albergo-ristorante Florens, parchi pubblici e così via. Tutto questo con circa tremila dipendenti.
Com'è inevitabile negli enti pubblici, il personale era sovrabbondante e scarso nello stesso tempo per la disastrosa organizzazione del lavoro, le sacche di inefficienza, la scarsa professionalità di un buon numero di dipendenti, l'assenteismo cronico ... Tutte quisquilie di cui nessuno si è mai voluto occupare, poiché solo nominandole si rischiava e si rischia subito almeno l'impopolarità. Vi è una grande preoccupazione di salvare i posti di lavoro, garantire i privilegi acquisiti, trasferire tutti a carico della regione. Molto scarso appare l'impegno a dare all'Arssa una qualsiasi nuova veste per trasformarlo in un ente efficiente, in grado di assistere gli agricoltori e le aziende agricole, a introdurre l'innovazione nelle colture, per aiutarle a superare questo momento di grande affanno.
Non si è voluto licenziare nessuno, si sono sistemati tutti i precari e si è prorogato il commissariamento di anno in anno e così sarà in saecula saeculorum.
All'interno dell'Arssa vi sono professionalità e competenze che andrebbero valorizzate e utilizzate per i fini propri dell'istituto. Mentre, però, la sua attività è penalizzata, il suo personale è apprezzato e utilizzato all’interno della burocrazia regionale. Molti di essi sono sono stati destinati alla predisposizione dei bandi POR e soprattutto PSR, che non andrebbero avanti senza il loro contributo. E' vero che la gestione dei fondi europei (e la velocità del loro utilizzo) è sempre sotto accusa per la lentezza e i ritardi che si accumulano. Questo esito è frutto dell'approssimazione con cui si affrontano tematiche così delicate, affidandosi alla buona volontà dei singoli che piuttosto che a una programmazione degli interventi.
Nel frattempo i due enti sono entrati in uno stato semicomatoso per lo stato di precarietà, l'impossibilità di programmare l'attività, per l'agitazione del personale, tanto sindacalmente quanto psicologicamente. Da ex privilegiati della politica- poiché il loro reclutamento, al di là dei metodi, è avvenuto in modo clientelare – sono entrati in un limbo senza alcun presente da gestire e futuro da sognare.
E' apparso da subito chiaro che nessuno era in grado di sciogliere quel groviglio, e si temevano gli effetti elettorali per l'impopolarità di una decisione, che aveva prodotto solo guai, mentre nessuna delle premesse poste a base del provvedimento si era realizzata. Al contrario alle spese ordinarie si era aggiunto il costo dei commissari liquidatori, il maggior onere derivante dalla stabilizzazione degli stagionali, le inefficienza di una inattività. All'inizio di quest'anno con le elezioni “ad portas”, gli stessi che ne avevano proposto la soppressione, avevano presentato un codicillo alla finanziaria regionale per riportare la situazione dei due enti allo “status quo ante”. La soppressione della soppressione. Non è passata perché era una evidente ammissione del totale fallimento di quell'afflato riformatore. Tre anni sono passati invano, e di certo anche questa goccia ha contribuito alla sonora sconfitta dell'esperienza di Agazio Loiero.
Vi era una grande attesa per l'atteggiamento che avrebbe assunto la nuova giunta. Sono ormai passati molti mesi, la luna di miele è finita. Non è ancora tempo di bilanci di una esperienza che deve consolidarsi. Tuttavia qualche valutazione è già possibile. I rumor attestano che il malumore sta crescendo e i provvedimenti adottati non sono stati molto graditi.
Finora si è proceduto solo a una pronta attuazione dello spoils system, con la fulminea nomina dei commissari dell’Afor e dell’Arssa. Una nota della presidenza della Giunta, informa che “su proposta dell’assessore all’Agricoltura e Forestazione Michele Trematerra, è stato nominato Commissario dell’Arssa, Ettore Vaccaro, sub Commissario Carmelo Callà. All'Afor Pierluigi Mancuso è stato nominato Commissario, Martino Valerio Grillo subcommissario. Direttore generale Francesco Tarzia, vicedirettori Federico Postorino (forestazione), Ugo Galiano (foreste)”.
Prontamente sono insorti i sindacati, per la nomina, considerata illegittima di un dirigente esterno.
Un comunicato del coordinatore della RSU aziendale, Davide Colace, afferma che “nonostante i proclami dell’Amministrazione e, soprattutto, della nuova giunta regionale concernenti il quotidiano contrasto all’illegalità per il tramite della trasparente gestione della cosa pubblica, questa RSU e le parti sindacali di categoria, devono registrare con la pubblicazione della delibera n. 216/CL del 3 sett. 2010 una clamorosa smentita di tutti i buoni proponimenti manifestati in questo primissimo scorcio di legislatura regionale.” “La nomina di un dirigente esterno all’Agenzia contraddice il D. Lgs. 165/2001, citato nel corpo della deliberazione evidentemente a sproposito, ed è palesemente difforme dal dettato della norma regionale che razionalizza e riordina la spesa pubblica, L.R. n. 22/2010 approvata dall’assise di governo regionale prima di ferragosto, e pubblicata sul BURC n. 15 del 16 agosto scorso”.
Al di là degli aspetti legali, tale nomina costituisce un atto di sfiducia nella qualità del personale dell'ente, che pur viene impiegato – come detto - in altre delicate mansioni nella stessa regione e un costo non trascurabile che grava sul suo bilancio. Risulta inoltre opinabile una nomina che avviene prima che venga definita quale sarà la sorte dell'istituto, se verrà riportato “in bonis” o la sua sorte è definitivamente segnata. Forse nella decisione ha pesato l'origine acrese dell'interessato, avvocato del foro di Rossano e conterraneo dell'Assessore all'Agricoltura seguendo il tipico schema clientelare che si perpetua al di là e al di sopra dell'avvicendarsi di uomini e partiti al governo della regione.
Il ritorno alla gestione ordinaria richiede l'assunzione di provvedimenti tesi a eliminare le anomali esistenti. Nell'Arssa, per ragioni legate alla sua storia, sono presenti dirigenti pubblici nominati a seguito di un concorso e dirigenti privati, regolati dalla contrattazione collettiva poiché di provenienza dall'ex-ESAC Impresa. Le organizzazioni sindacali chiedono da maggio scorso un incontro con il management per una riorganizzazione del personale al fine di ripristinare la normale attività dell'istituto valorizzando le professionalità e le competenze maturate dal personale di ruolo, senza alcun aggravio di spese. Nel corso degli ultimi anni si è originata una forbice sempre più ampia tra i quadri e dirigenti pubblici, i cui stipendi sono monitorati e calmierati dall'Aran e quelli privati che sono stati adeguati in sede di rinnovo dei contratti di lavoro. Una anomalia che deve essere corretta con una concertazione tra i sindacati e l'azienda. La trattativa non è mai partita e il sospetto è che anche in questo caso si voglia evitare di affrontare il problema per non dover abolire il privilegio di pochi, che godono di alte protezioni politiche.
Tali anomalie originano malcontento e provocano anche ricorsi in sede giurisdizionale per le disparità di trattamento nello svolgimento dello stesso lavoro. Questa disparità di trattamento origina malcontento tra il personale, mentre la Regione Calabria è costretta a sopportare il maggior costo poiché, approvando il Bilancio dell’Arssa, ogni anno paga a piè di lista l’incremento incontrollato della spesa complessivo dell’Ente strumentale.
Il particolare momento di difficoltà attraversato dall'Arssa avrebbe dovuto indurre la gestione commissariale a un costante dialogo con le organizzazioni sindacali per la ricerca di soluzioni idonee, mentre gli incontri fin qui organizzati sono destinati ai convenevoli, del tutto inconcludenti sotto il profilo gestionale.
Quale futuro è riservato all'ente non è ancora chiaro. Nelle intenzioni del liquidatore vi è l'intenzione di proporre al Consiglio regionale il rilancio dell'attività dell'ente, riducendone le funzioni a quelle istituzionalmente previste. Nel frattempo però, come denunciato dalle organizzazioni sindacali, si continua a liquidare il patrimonio con scarsi controlli e procedure accelerate.
Sarebbe ora di un rilancio dell'agricoltura che ha bisogno di una agenzia pienamente operativa in grado si assistere le aziende agricole nel loro sforzo di adeguarsi alle mutate condizioni di mercato,
Finora la gestione dell’Arssa è stata condotta come se vigesse una originalissima extra-territorialità giuridico legislativa e con una visione squisitamente clientelare. La liquidazione è stato un errore e non serve più perseverare poiché la dispersione di un patrimonio di esperienze e di professionalità è indispensabile. Più che la scomparsa dell'ente è la dispersione di queste competenze che costituisce un grave danno per l'agricoltura calabrese.
Già dagli anni '70, l'Arssa aveva adottato la politica degli spacci dove far conoscere i prodotti locali e promuovere le aziende, spingendole a produzioni di qualità. Ora sono stati tutti chiusi, mentre quella esigenza è avvertita in tutta Italia, dove si diffondono i cosiddetti “farmer market”, luoghi di incontro tra i produttori agricoli e i consumatori con lo scopo di calmierare i prezzi, assicurare un giusto guadagno ai produttori e garantire la qualità dei prodotti. Da qualche anno, per organizzazione spontanea dei produttori, si organizza la manifestazione “Fattorie aperte in Sila”, che si sforza di avvicinare turisti e famiglie ai prodotti e alle lavorazioni tipiche dell'altopiano. La realizzazione del chilometro zero è una esigenza molto avvertita e può costituire una occasione di rilancio dell'intero comparto.
Proprio l'agricoltura può dare un contributo decisivo per il superamento della crisi della regione, si sotto il profilo produttivo e occupazionale sia per aiutare le famiglie sempre più numerose che sono sotto la soglia della povertà e per le quali la spesa alimentare costituisce la componente più consistente del paniere dei consumi.
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