Un primato discutibiledi Oreste Parise Mezzoeuro Anno IX num. 46 del 20/11/2010) |
Rende, 19 novembre 2010
Un campus realizzato a metà
L'Unical ha la maggior offerta di alloggi rispetto a tutti gli altri atenei italiani, ma gli studenti preferiscono il fai da te
L'Unical è in Italia la sede universitaria con la più ampia disponibilità di offerta residenziale per tutti coloro che operano nel suo ambito. A distanza di tanti anni, il progetto iniziale di voler creare un campus residenziale resta ancora valido.
Siamo talmente abituati ai primati negativi della nostra regione, che quando per avventura capita di incontrare qualche in controtendenza si resta perplessi. Anche nel caso dell'Unical, con un minimo di approfondimento, ci si accorge che il ritardo strutturale della Calabria non è un frutto del caso, ma conseguenza dell'incapacità di utilizzare al meglio le risorse.
Nel presentare il “Programma di attività del Centro Residenziale per l'anno accademico 2010/11 il prorettore Pietro Brandmayr scrive: “Un campus è per tutti noi una grande occasione di applicare intelligenza e sensibilità alla qualità della vita universitaria”, una affermazione del tutto condivisibile.
La domanda che ci si deve porre è se realmente si è realizzato un campus a Arcavacata. In un qualsiasi giorno di normale attività, tutta l'area universitaria è invasa da una marea di auto, e trovare un parcheggio diventa un incubo. Il concetto di residenzialità vorrebbe che durante le ore di lezioni vi siano sciami di studenti che usciti dai loro alloggi nei college, si affrettano a raggiungere le aule. A piedi o magari in bici.
Le auto denunciano due fenomeni: che la maggior parte degli studenti, docenti e personale amministrativo abitano altrove. Inoltre, il servizio di trasporto pubblico è assolutamente carente, tanto da rendere indispensabile l'utilizzo di mezzi propri per raggiungere l'area universitaria e muoversi all'interno di essa.
“L'analisi della disponibilità di posti letto per l'Anno Accademico corrente (2009/10) e per il prossimo (2010/11) evidenzia un dato fra tutti: il numero di posti letto effettivamente disponibili nell'anno corrente è sceso al minimo degli ultimi dieci anni (2.165 agibili su un totale di 2.365)”, si legge nello studio. Se ne dovrebbe dedurre che questa diminuzione delle disponibilità crei dei disagi alla popolazione studentesca in costante aumento. Niente di tutto questo. “E' da ritenere che, nonostante l'evidente riduzione quantitativa, tutte le esigenze di residenzialità espresse dalle differenti classi interessate (studenti, vincitori di borsa, studenti idonei e studenti a pagamento) sono state soddisfatte e tutti i posti letto sono stati assegnati.
Detto in termini diversi c'è uno scarso entusiasmo nei confronti delle residenze universitarie. E' sufficiente continuare la lettura del documento per trovare autorevole conferma di questa congettura. “La riduzione complessiva di posti letto del Centro Residenziale non ha inficiato il grado di soddisfazione di residenzialità da parte degli studenti aventi diritto: come per gli anni passati, tutti coloro i quali hanno fatto richiesta di accedere al servizio abitativo del Centro Residenziale hanno ottenuto un porto letto. Tuttavia, come già avvenuto negli ultimi anni, un numero significativo di posti letto è rimasto non assegnato dopo le convocazioni degli studenti “istituzionali” (idonei e beneficiari di borse di studio)”.
Bussate e vi sarà aperto, perché l'offerta supera la domanda. En passant, ci si può chiedere se valga veramente la pena di mantenere in vita un apparato burocratico mastodontico per emettere dei bandi annuali con tanto di commissioni di valutazione, chiamata soltanto a prendere atto dell'esistenza dei requisiti.
Le ragioni di un tale fallimento sono elencate nello stesso documento, che individua il punto dolente nel mancato “miglioramento dei servizi pubblici da e per l'ateneo”. A questo bisogna aggiungere l'isolamento serale, la scarsa qualità della mensa, l'assenza di adeguati servizi come ristoranti e pizzerie o luoghi di intrattenimento. Vi sono, certo, ma in misura inadeguata e soprattutto isolati, più idonei al romitaggio che a trascorrere una serata in allegria.
Vi è poi una questione di prezzo. C'è una grande speculazione alle spalle del mondo studentesco, costretto a trovare soluzioni abitative in un ambito molto ristretto, dove sia possibili raggiungere l'università facilmente. La politica immobiliare dell'ateneo avrebbe dovuto calmierare il mercato. Paradossalmente si è verificato il contrario. Il gran numero di costruzioni nell'area ha determinato un abbattimento dei prezzi dei posti letto, che in alcuni casi al di sotto del prezzo “politico” dei residence offerti dall'università. A parità di disagio, si preferisce la libertà di poter scegliere la propria compagnia alla costrizione di doverla subire. Questo costituisce un aspetto curioso, in nome di una conclamata democraticità i posti vengono assegnati in maniera rigida, senza dare alcun peso alle richieste degli studenti.
Ad esempio gli ospiti cinesi, numerosi gli iscritti alla facoltà di farmacia, lamentano in maniera particolare questa imposizione. Un gestione più flessibile riuscirebbe a risolvere almeno i problemi a costo zero.
I trasporti sono essenziali per la mobilità, com'è ovvio. A questo bisogna aggiungere che la maggior parte dei posti disponibili non sono nell'area universitaria, ma al di fuori: a Commenda, in Contrada Rocchi e persino a Cosenza in un immobile dato in locazione dalle ex Case Popolari. Insomma, il campus è un concetto che qui assume un significato un po' particolare. L'università ha una sua politica immobiliare, con risultati a volte discutibili, che prevede la disponibilità di immobili in proprietà o in fitto non necessariamente nell'area universitaria. La conseguenza è che gli studenti preferiscono la vivibilità alla vicinanza all'ateneo. Emblematico è quanto si legge nello stesso documento per lo stabile “Martire”, che “presenta 104 posti letto in appartamenti di livello qualitativo medio-basso, seppur molto appetiti dagli studenti per la dislocazione logistica (nel quartiere di Commenda di Rende)”.
Al termine delle attività didattiche, infatti, l'area universitaria diventa un ghetto isolato, da cui si cerca di fuggire il più presto possibile per la mancanza di servizi. Tutta l'area di Arcavacata è ormai un insieme molto disordinato di ville, villette, residence e abitazioni di vario tipo e natura. Un disordine urbanistico cresciuto su un reticolo di strade interpoderali e una carenza di servizi aggravato dal rischio idrogeologica che interessa le colline chiamata a sopportare un peso edilizio eccessivo rispetto alla fragilità del suolo.
Gli stessi residence costruiti dall'università, valga per tutti l'esempio di Contrada Rocchi che ancora devono entrare in funzione, mancano dei requisiti che li possano rendere appetibili agli studenti che continueranno a preferire soluzioni magari dotate di minor comfort, ma di una migliore condizione di vivibilità. Si sopporta il disagio di una soluzione provvisoria, molto meno l'isolamento, lo straniamento dalla realtà urbana.
In un momento di forte contrazione dei mezzi finanziari a disposizione dell'università che ha portato, ad esempio, a una riduzione delle borse di studio a favore degli studenti, forse una riflessione sui compiti e sulla destinazione ottimale dei fondi sarebbe necessaria. Il miglioramento dei trasporti costituisce uno potente strumento per rendere immediatamente disponibile tutto il vasto patrimonio immobiliare dell'area urbana. Il concetto di campus è rimasto incompiuto: non è necessariamente un male, potrebbe servire a rivitalizzare i centri storici dell'area urbana.
You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the the qui included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site http://www.oresteparise.it/. Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.
Ultimo aggiornamento del