Unical: l’idea di campus è ormai superata

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno IX num. 48 del 4/12/2010)

Rende, 3 dicembre 2010

Si sprecano migliaia di euro per la foresteria, mentre diminuiscono le risorse destinate alle borse di studio per gli studenti meritevoli

“L'anno accademico 2009/2010 vede accelerare la propria trasformazione verso un modello di campus “territoriale” più accentrato e quindi più dedicato ai servizi di prossimità verso gli studenti”. Questo è l'incipit dell'ultimo programma di attività del centro residenziale di Arcavacata che abbiamo già analizzato nel numero scorso. Nessuno ha il coraggio di dire senza mezzi termini che l'obiettivo di residenzialità è fallito e va completamente ripensato.

La verità è che gli studenti preferiscono trovare una sistemazione al di fuori dell'area universitaria alla ricerca di una condizione di vivibilità che il campus non fornisce. Agli esordi vi erano condizioni molto diverse e l’effervescenza era sostenuta da un entusiasmo di tutti gli attori dell'ateneo. Studenti, ricercatori e docenti erano animati da uno spirito pionieristico favorito dalla scarsa offerta di servizi sul territorio. Nel vuoto della città era sempre preferibile una vita all’interno del campus, dove vi era una vivacità intellettuale. Nel frattempo tutto intorno è sorta una città, dalla conurbazione di Cosenza e Rende, mentre l'università è rimasta aggrappata al suo sogno americano, che nel frattempo ha viaggiato verso sud, diventando sudamericano. Senza offesa per argentini e brasiliani che oggi inseguono traguardi molto più ambiziosi dell'Italietta berlusconiana aggrappata alla Russia di Putin e al folklore berbero del colonnello Gheddafi.

La nuova città offre oggi una socialità che nel “campus” si perde al tramonto, quando si trasforma in un luogo isolato e inospitale, da cui tutti – studenti, docenti e personale amministrativo - tendono a fuggire il più rapidamente possibile. Non solo i servizi sono quasi inesistenti, l’isolamento crea una situazione pericolosa. Persino le opportunità di studio e di ricerca sono impediti dall'assenza di qualsiasi struttura dove gli studenti residenti possono continuare la loro attività. Chiusa la biblioteca, serrate ermeticamente le aule, finito il turno della mensa s'è solo da aspettare il lupo mannaro nelle notti di luna piena.

A questo quadro alquanto desolante bisogna aggiungere che la condizione degli alloggi non è più competitiva più con le opportunità offerte all'esterno, né per qualità né per prezzo. Non vi è alcun motivo per rinchiudersi in una sorta di bunker piuttosto che in sistemazioni più confortevoli all'esterno. L'urbanistica universitaria è stato un totale fallimento, che non era riuscita a riscattarsi neanche sotto il profilo architettonico. Agli alveari privati si sono semplicemente aggiunti quelli universitari, senza alcuna inventiva, né alcuna aggiunta qualitativa: non hanno portato un contributo di idee e di stile, ma accentuato i difetti di un'edilizia selvaggia e land consuming. Niente è stato fatto per impedire un carico edilizio insopportabile per la fragile morfologia del territorio collinare di Arcavacata.

Nonostante l'evidente scarso appeal delle residenze universitarie, si continua a mantenere in affitto interi stabili e a progettarne altri con un costo che le ristrettezze finanziarie imposte dal governo non rendono più compatibili. Si parla di costruirne altri 5,000 nel comune di Montalto a ridosso dell'ultimo tratto del chilometrico ponte universitario. Non si è ancora soddisfatti del risultato disastroso degli alveari realizzati in Contrada Rocchi che dovrebbero entrare in funzione il prossimo anno accademico e costituiscono un precedente molto discutibile. Non si vede come si possa convincere studenti e docenti a rintanarsi in un'area prossima a quella dell'ateneo ma non raggiungibile a piedi, senza infrastrutture e servizi, in primis priva di qualsiasi mezzo di trasporto pubblico. Forse prima o poi verrà istituita – more solito - qualche corsa fino al tramonto e poi più nulla.

Un discorso a parte meritano le foresterie e la Residenza Socrates, nate per offrire ai visiting professor, ai docenti, al personale tecnico-ammnistrativo e dei partecipanti a convegni, seminari e studi e agli ospiti di riguardo una sistemazione logistica all'interno del campus. Le presenze potenziali sono 14,800, mentre l'utilizzo medio è pari a circa un quarto. Nonostante si affermi che “Nel corso degli ultimi anni, il livello qualitativo dei servizi, in particolar modo delle residenze Socrates, ha raggiunto livelli assolutamente apprezzabili e molto richiesti dalla comunità universitaria”, la maggioranza dei visitatori preferisce ancora una volta trovare soluzioni esterne, nei numerosi hotel sorti a Quattromiglia (Hotel Domus, Mercure, e così via). Nel 2009 il Socrates ha pesato sul bilancio dell'università per 394mila euro, e le foresterie per 461, nel totale poco manca al milione di euro: una cifra che consentirebbe di sottoscrivere accordi con le strutture alberghiere per calmierare i prezzi a favore degli ospiti con un considerevole risparmio annuale.

Una delle ragioni fondamentali che vedono tanti studenti universitari scendere in piazza contro la riforma Gelmini è costituito dalla forte contrazione fondi per le borse di studio agli studenti meritevoli, molti dei quali incontreranno serie difficoltà a continuare gli studi. Questo impone grande rigore nell’utilizzo dei fondi, particolarmente in un ateneo come quello calabrese sorto con lo scopo di consentire ai calabresi di poter accedere all’istruzione universitaria, con una particolare attenzione agli studenti meritevoli privi di mezzi. Già da alcuni anni le risorse destinate alle borse di studio all’Unical diminuiscono inesorabilmente. Forse è il caso di abbandonare sogni di gloria e ritornare al concetto originario di voler favorire la qualità e il merito.


C OP Y R I G H T

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