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Gioia Tauro: la colpa è tutta degli operai? Intervista a Paolo
Tramonti, segretario regionale cisl della Calabria
di Oreste Parise
Mezzoeuro Anno X num. 3 del 22/1/2011
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Rende, 20/1/2011
In una intervista a "Il
Sole-24-Ore" il patron dell'MSC Gianluigi D'Aponte attribuisce la colpa della
crisi del porto di Gioia Tauro agli operai e ai costi eccessivi delle
operazioni di carico e scarico. Paolo Tramonti, segretario regionale CISL per
la Calabria sostiene che i dati dicono tutt'altro. I lavoratori di Gioia Tauro
hanno una produttività comparabile con i lavoratori dei principali scali
europei.
- Partiamo proprio dal porto. Vi è una situazione di monopsonio, di
monopolio della domanda concentrata su di un unico cliente. Ma il punto da
chiarire è perché gli altri operatori che potrebbero essere interessati al
porto o sono andati via come la Maersk, o non si sono proprio avvicinati a
Gioia Tauro.
- Intanto bisogna considerare che è aumentata la concorrenza soprattutto
da parte dei paesi nord-africani, dove vi sono condizioni agevolative
nettamente superiori a quelle che si possono ottenere in Italia. Nel 2010
si è cercato di correre ai ripari con l'abbattimento delle tasse di
ancoraggio poste a carico dell'Autorità Portuale, distraendo delle
risorse che avrebbero potuto essere utilmente utilizzate per la gestione
dello scalo. A partire da quest'anno dovrebbero ricadere a carico del
governo nazionale. Nel decreto milleproroghe è prevista l'abbattimento
delle tasse di ancoraggio per il sistema transhipment, poiché in questo
sono coinvolti tutti i porti nazionali. Gioia Tauro deve poi risolvere
delle problematiche di funzionalità e di contesto che ne appesantiscono
la gestione perché non esiste un sistema portuale integrato dalla
logistica ai trasporti ai collegamenti ferroviari e viari. Nell'ultimo il
Programma Quadro che mette a disposizione risorse considerevoli per
rilanciare l'attività del porto. Si tratta di 40 milioni di euro per il
sistema di collegamento del porto con la realtà circostante. Non esiste
un sistema integrato per mettere in rete ferrovia, porto, sistema
autostradale ... Non bisogna concentrare l'attenzione sul porto, ma sulla
città del porto.
- Torniamo per un momento alla concorrenza nord-africana. Hanno certamente
il vantaggio della flessibilità e della leva fiscale, ma non hanno un
entroterra. La Calabria è all'estremo lembo della penisola e i mercati nel
nord europei sono lontani, ma una buona politica potrebbe programmare una
rete integrata. In Africa questo non è immaginabile perché manca il mercato.
Forse le cause della mancata concorrenzialità vanno ricercate altrove.
Gianlugi Aponte, presidente della MSC parla della scarsa produttività degli
operai, di assenteismo richiedendo l'applicazione del "metodo FIAT".
- I porti africani sono svantaggiati, ma sono inseriti in una sistema di
collegamenti che di fatto gli consente di accedere agevolmente alle reti
viarie europee più importanti. A Barcellona il porto è stato collegato al
sistema "Alta Velocità" delle ferrovie e la Spagna non molto lontana.
Bisogna valorizzare Gioia Tauro con la costruzione di una rete
infrastrutturale efficiente. Sul costo di lavoro dobbiamo essere chiari.
Il sindacato a Gioia Tauro ha sottoscritto un accordo che consentiva una
grande flessibilità salariale e contrattuale per un miglior utilizzo
degli operai proprio per favorire l'insediamento della Contship. E' stato
un accordo molto innovativo sottoscritto da tutti i sindacati
confederali. Non è un problema strutturale derivante da un appesantimento
normativo, tanto che Aponte si riferisce a tassi di assenteismo
considerati anomali. Abbiamo fatto dei riscontri con le altre realtà
portuali italiane e non si evidenzia affatto una anomalia di
comportamento di Gioia Tauro e vi siano picchi di assenteismo o di scarsa
produttività, siamo nella norma. La produttività degli operai di Gioia
Tauro è perfettamente comparabile con quella degli altri porti. Certo
bisogna migliorare laddove vi sono margini. Vi è però un aspetto
singolare che vorrei mettere in evidenza. Chi utilizza gli operai, la MCT
(Medcenter Container Terminal) da cui dipendono i lavoratori ha scelto il
silenzio e non ha fatto alcuna dichiarazione. Noi vorremmo capire da loro
se il problema esiste o meno. Per quanto ci riguarda non ci siamo mai
trincerati dietro paraventi di comodo. Secondo i nostri dati ci
discostiamo molto dalla situazione denunciata da Aponte.
- Sembra che Gioia Tauro sia diventato il porto franco della criminalità
organizzata, dove transitano ingenti quantitativi di droga, armi e tutto ciò
che vi è di illecito. Può essere proprio l'invadenza della criminalità a
costituire il vero problema, che non viene denunciato ma resta nel
sottofondo. Si vocifera che essa interferisce anche nelle assunzioni, nella
protezione degli operai assicurando per l'assenteismo ... Insomma è la
'ndrangheta che detta legge.
- A noi non risultano situazioni di intromissione così pesante,
altrimenti le avremmo denunciate. La criminalità è una componente
strutturale di tutti i porti. Nel caso della Calabria esso investe
l'intero sistema economico e produttivo dove sappiamo che ci sono alcune
sacche legate alla criminalità. Noi siamo interessati alla parte sana
dell'economia, ma non vorremmo cadere nella trappola di chi vuole che la
presenza della criminalità nella regione impedisce qualsiasi sviluppo. E'
proprio lo stato di dipendenza a favorire la 'ndrangheta. Vi sono due
processi che devono camminare insieme, da una parte si reprime e si
combatte la criminalità e dall'altra si favorisce lo sviluppo per dare
una alternativa ai giovani e sottrarli al reclutamento da parte delle
organizzazioni criminali. Questo significa che bisogna rilanciare gli
investimenti economici e produttivi. Al di là dei vari governi che si
sono succeduti, la Calabria è stata completamente cancellata dall'agenda
politica negli ultimi decenni. Noi abbiamo sempre sostenuto le iniziative
messe in atto dalla magistratura di Reggio Calabria nel combattere la
criminalità, ma nello stesso tempo chiediamo con forza che vengano
sostenuti gli investimenti soprattutto alla luce del quadro politico e
amministrativo che sta cambiano rapidamente. Si va verso un sistema
federale che rischia di penalizzare i territori deboli e i correttivi non
sembrano sufficienti a evitare un vero e proprio disastro finanziario
degli enti locali del Sud.
- Oltre alle tasse di ancoraggio vi è una tassa criminale che incide sulle
operazioni portuali a Gioia Tauro?
- Ripeto. A noi non risulta. Le aziende che vi operano non hanno
segnalato questo fenomeno. Anche le compagnie che hanno lasciato lo scalo
non hanno mai posto questo problema, semmai hanno messo in evidenza il
peso e il costo della burocrazia che rallenta le operazioni e incide sui
tempi di carico e scarico. Il disbrigo delle formalità di rito richiede
alcuni giorni mentre in altri porti tutto avviene in poche ore. Si può e
si deve snellire, ma molto è legato alla complessità della legislazione
italiana. Dalle nostre verifiche possiamo dire che la criminalità non
costituisce il vero problema del porto, certo bisogna sempre stare
vigile, quello di cui abbisogna Gioia Tauro è un rilancio produttivo,
metterlo nelle condizioni di dare risposte veloci alle compagnie che vi
operano, altrimenti ricadiamo nel solito stereotipo di una Calabria dove
nessuno sviluppo è possibile per non favorire la criminalità organizzata.
- Resta il fatto che nel 2010 sono state individuate a Gioia Tauro partite
di droga di entità tale da lasciar presupporre che vi sia un problema di un
uso criminale del porto che costringe a un maggior controllo burocratico.
- Dobbiamo sfatare questo mito. Il sistema portuale mondiale non è immune
da questi fenomeni, come come Marsiglia, Amsterdam o Shangai. Non vorrei
che si mettesse in risalto solo l'aspetto negativo quasi fosse
connaturale alla Calabria. Questo non deve far abbassare la guardia,
poiché siamo consapevoli che Gioia Tauro insiste su un'area ad altro
tasso di criminalità, per cui è necessario un estremo rigore nei
controlli. Come sindacata confederale abbiamo sempre sostenuto la
necessità di garantire la legalità nel porto, reprimendo le attività
criminali.
- Torniamo alla questione dei finanziamenti. Oggi si parla di un nuovo APQ.
Ma ci sono già stati nel passato ingenti investimenti nella Piana, ricordo
attraverso il Patto Territoriale, un precedente Accordo di Programma. Non
ritiene come sindacata che si sono risolti in sostanziali sprechi, con il
finanziamenti di attività che nulla avevano a che fare con il porto. Cosa
lascia credere che oggi sia diverso? Quali sono i punti qualificanti del
nuovo intervento per evitare gli errori del passato?
- Nel corso degli anni noi abbiamo sempre denunciato la mancanza di
investimenti nel cosiddetto interporto. Come sindacato siamo convinti che
il porto sia una opportunità, attorno al quale può crescere un sistema
produttivo e industriale con effetti positivi su tutta l'economia
regionale. In questi anni abbiamo sempre denunciato questi ritardi in
tutti questi anni. L'APQ segna una svolta perché avrà una grossa
incidenza sui collegamenti del porto con la realtà circostanza,
soprattutto il collegamento ferroviario, per mettere in comunicazione il
porto con la rete ferroviaria italiana. Ci sono poi altri interventi
sull'area dl porto, ma sicuramente questo è l'aspetto più significativo.
Ricordo che questa estate vi è stata una grossa polemica con Trenitalia
proprio per la difficoltà dei collegamenti con il porto. Questa volta si
va nella direzione giunta. La realizzazione dell'APQ costituirà un
significativo passo avanti nello spezzare l'isolamento di Gioia Tauro da
contesto in cui opera.
- Recentemente sono state istituite tre aree franche urbane, mentre non si
riesce a far nascere l'unica zona franca che avrebbe un senso e potrebbe
costituire un reale volano di sviluppo. Non le sembra che ancora una volta
stiamo favorendo la dispersione delle risorse? La Calabria continua a
sprecare energia e dimentica quali sono le priorità. Non crede che ci sia una
responsabilità anche da parte del sindacato?
- Come CISL è da più di un decennio che stiamo sostenendo con forza che
per rendere attrattivi i territori meridionali è l'introduzione di una
fiscalità di vantaggio.
- Questo riguarda tutto il Mezzogiorno o quanto meno tutta la regione, ma
vi è un specificità di Gioia Tauro.
- Il governo non ha le idee chiare in questo senso. Si è partiti con le
aree franche urbane dove sperimentare la fiscalità di vantaggio e poi si
è fatta marcia indietro con l'istituzione di zone a burocrazia zero.
Abbiamo ripetutamente sostenuto che su Gioia Tauro la fiscalità di
vantaggio poteva rappresentare uno dei fattori che avrebbero potuto dare
maggiore competitività al porto. Ogni volta che si è tentato di avviare
una discussione su questa tema ci siamo imbattuti su risposte legate alla
normativa europea che non prevede la possibilità di fare ricorso allo
strumento della fiscalità di vantaggio. Abbiamo chiesto anche
l'introduzione del credito di imposta sugli investimenti e
sull'occupazione. Prendiamo atto con soddisfazione che nel Piano per il
Sud, viene introdotto il credito di imposta per gli investimenti, uno
strumento importante che può trovare applicazione anche nell'area di
Gioia Tauro.
- Qui però parliamo della possibilità di istituire una zona franca, come è
stato fatto immediatamente a Port Said e Tangeri, dove si possano effettuare
una serie di lavorazioni dei container o delle merci contenute per essere
rispedite nei mercati di destinazione. In totale esenzione di imposta.
- Nelle varie sollecitazioni per l'adozione della fiscalità di vantaggio
e l'istituzione della zona franca, strumenti che riteniamo molto utili,
che abbiamo fatto nei tavoli nazionali c'è sempre stato posto l'ostacolo
dell'Unione Europea. Sarebbe necessaria una forte trattativa con l'Unione
sul presupposto che la Calabria è ancora una regione depressa a obiettivo
uno dovrebbe consentire di rimuovere questi ostacoli.
- La cosa incredibile è che da decenni si continua a parlare di zona
franca. Se c'è un ostacolo così forte da parte dell'UE, perché si continua a
ingenerare questa aspettativa in tutte le sedi istituzionali? Se non è
possibile, sarebbe meglio pensare ad altro. La legge 488 è ormai morta per
mancanza di risorse. Non si potrebbe riesumarla per il porto di Gioia Tauro,
ad esempio?
- La 488 è stato uno strumento legislativo che ha prodotto effetti
negativi e devastanti. Però, come spesso accade, si è voluto buttare il
bambino con l'acqua sporca. Tuttavia non mancano esempi di buona
imprenditoria sorta con questa legge. Il difetto fondamentale è la
mancanza di qualsiasi concertazione. La sua attuazione è stata affidata
totalmente nelle mani del sistema delle imprese. Le poche che si muovono
in un regime di economia legale hanno prodotto risultate, altre hanno
invece perseguito obiettivi di illegalità. Oggi è uno strumento
depotenziato perché non è stata più rifinanziata e credo che non sia il
caso di riesumarla. Una esperienza positiva in Calabria è stata quella
della programmazione negoziata, Contratti di Area, Patti Territoriali,
Accordi di Programma.
- A Gioia Tauro non hanno prodotto alcun risultato utile.
- Però abbiamo maturato una grande esperienza e i successi non sono
mancati. Ricordo l'esperienza del Patto Territoriale di Cosenza, che ha
prodotto risultati molto positivi. Noi dobbiamo favorire quegli strumenti
che coinvolgono tutti i soggetti del partenariato che si muovono sul
territorio. Attraverso la concertazione e un sistema di selezione e di
controllo, si possono mettere insieme dei progetti seri legati alla
vocazione del nostro territorio. Pur con le criticità rilevate, dobbiamo
però sottolineare che Gioia Tauro rappresenta una grande opportunità per
la Calabria e per l'intero paese. Da solo movimenta il 24% dell'intero
transhipment italiano, ha circa 1300 persone impiegate direttamente e
3.000 se consideriamo anche l'indotto. Il solo porto genera il 50% del
PIL privato regionale. Gioia Tauro è una esperienza importantissima che
va rilanciata e migliorata. In un regime di forte concorrenza vi è la
concreta possibilità che vi siano interessi a screditare Gioia Tauro.
- Si è però arrivati al fermo totale del porto, pur se per un periodo
limitato.
- Abbiamo denunciato pubblicamente che i veri motivi di quel blocco non
sono stati mai chiariti. Il traffico dei container è nelle mani di poche
compagnie che decidono a piacimento le rotte e gli scali. Se qualcuno si
aspetta dei provvedimenti governativi e si pensa di forzare la mano, può
essere parte del gioco. Ma non si può far passare per una crisi quella
che il frutto di un'azione di lobbying. Questo non può oscurare gli
aspetti positivi di Gioia Tauro, dove attraccano le navi più importanti
di transhipment mondiali. Ora è importante l'azione politica di sostegno
del porto. Nell'incontro che abbiamo avuto alcuni giorni fa, il
governatore Scopelliti ha preso l'impegno di portare la questione Gioia
Tauro all'attenzione del governo nazionale. Non dobbiamo rivendicare
l'adozione di provvedimenti specifici, ma che Gioia Tauro rientri nel
sistema portuale italiane e deve essere messo nelle condizioni di poter
competere alla pari con gli altri scali. Non dobbiamo dimenticare che
siamo in un comparto soggetto a una fortissima concorrenzialità e gli
operatori marittimi sono molti attenti ai risultati economici.
- Una ultima questione riguarda il rigassificatore, che è scomparso dal
dibattito. Non si tratta di un investimento avulso dal contesto, ma è
finalizzato a rivitalizzare l'attività portuale e alla creazione della
piattaforma del freddo. L'ambizione era di creare il più grande mercato
ortofrutticolo di Europa per la possibilità di poter stoccare e procedere
alla rima lavorazione dei container alimentari provenienti da tutto il mondo.
Perché non si riesce neanche a parlarne? Vi è una contrarietà per i rischi
ambientali, per la salute del mare?
- Il problema è complessivo perché in Calabria non abbiamo ancora deciso
quale politica di sviluppo vogliamo. E' prevalsa la logica del no per
evitare di affrontare problematiche complesse che ha prodotto solo
fallimenti. Non possiamo sempre impedire la realizzazione di qualsiasi
opera senza una discussione rigorosa. Succede per la riconversione delle
centrali, senza entrare nel merito e conoscere i programmi e soprattutto
proporre soluzioni alternative. A Rossano e a Saline si è detto alla
riconversione a carbone senza chiedere all'Enel iniziative alternative
forti come è stato fatto in altre regioni d'Italia sfruttando le risorse
del nostro territorio. Sui termo-valorizzatori siamo arrivati a uno stato
di pre-emergenza per i rifiuti senza riuscire a costruire alternative
valide. Sul rigassificatore è la stessa cosa. Noi lo consideriamo
importante nel sistema complessivo degli investimenti necessari per
valorizzare il porto. Chiederemo un incontro con il governo regionale per
capire realmente quali sono le intenzioni e che tipo di scelte si
vogliono fare e quale scelte strategiche si intendono perseguire. In
altre regioni si è andati avanti con risultati che si possono considerare
ampiamente positivi.
- Perché non se ne fatto cenno nell'APQ e in nessuna altra sede
istituzionale?
- In tutti questi anni non si è mai deciso di programmare, si è andato
avanti affrontando le emergenze e la gestione del quotidiano. In un
contesto di federalismo e di decentramento bisogna mettersi insieme per
decidere gli investimenti da fare sia nel breve che nel medio e lungo
termine. Questa è la ragione per cui ritengo che sia necessaria la
concertazione tra tutte le forze attive che operano sul territorio. La
Calabria ha certamente ritardi e debolezze, ma ha anche tante
potenzialità che devono essere valorizzate. Il porto di Gioia Tauro, il
sistema agroalimentare, il turismo, il sistema universitaria che ha avuto
una crescita rilevante in questi anni. Bisogna uscire dalle declamazioni
e mettere in campo politiche serie. E' un impegno delle classi politiche
locali, ma anche del governo nazionale, che deve guardare con un po' di
attenzione a questa regione. Non bisogna chiedere assistenzialismo o
ritornare alle politiche fallimentari già sperimentate, ma per darle le
risorse necessarie al proprio sviluppo e competere con altre regioni. Il
federalismo può essere una grande occasione per una perequazione
infrastrutturale. Se invece si vuole perseguire al logica della
rivendicazione territoriale, avremo conseguenze nefaste. La
determinazione dei costi standard dei servizi pubblici, la definizione
dei livelli essenziale di assistenza nella sanità sono momenti essenziali
per una equità dei territori. Dobbiamo essere pronti a fare la nostra
parte, perché i territori saranno chiamati a fare uno sforzo per
razionalizzare le procedure di spesa e migliorare la qualità dei servizi.
La priorità deve essere sviluppo e occupazione che non possono essere
realizzati con strumenti inadeguati come le ASI, bisogna mettere in campo
i distretti industriali o le reti di imprese.
- E' favorevole alla cura Marchionne per favorire l'occupazione in
Calabria?
- In Calabria abbiamo una tradizione in questo senso, non abbiamo mai
rifiutato accordi anche molto innovativi per favorire l'insediamento di
imprese o mantenere lo stato occupazionale. Quando sono stati presentati
programmi o progetti seri che avessero un importante impatto
occupazionale abbiamo sempre mostrato una grande disponibilità. Proprio
nel caso della Contship si è sottoscritto un accordo di grande
flessibilità d'ingresso per rendere competitivo il porto: è stata una
delle prime esperienze a livello nazionale. Anche nei Patti Territoriali
era previsto un regime transitorio di flessibilità salariale e
contrattuale che comportava sacrifici per i lavoratori. Certo bisogna che
i diritti sia garantiti poiché in Calabria il lavoro nero incide per
circa il 27% del totale dell'occupazione, interessando 142mila
lavoratori. Se vogliamo riscattare la regione dobbiamo impegnarci a
restringere l'area di illegalità e incoraggiare il rispetto della legge.
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