Stagione di riflessione per le banche cooperativedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno X num. 14 del 9/4/2011 |
Rende, 6/3/2011
Prime anticipazioni sui risultati dell'esercizio
2010
La BCC Mediocrati anticipa tutti e annunzia un utile di quasi due milioni, in
flessione rispetto all'anno precedente ma comunque apprezzabile in un momento
di crisi. Ora si aspetta di conoscere le performance delle altre, soprattutto
di quelle commissariate o a rischio di un intervento della Banca d'Italia, un
risultato atteso per capire il futuro riassetto del sistema.
Con il comunicato stampa del Consiglio di Amministrazione della Mediocrati, è iniziata la campagna dei bilanci delle BCC, un momento di consuntivo per un anno molto delicato nel corso del quale è emersa con drammatica evidenza la difficoltà del sistema del credito cooperativo della regione.
Per un sintetico inventario degli eventi più importanti verificatesi lo scorso anno, è sufficiente il dato sconvolgente di cinque BCC sulle diciassette esistenti nella regione che sono state commissariate dalla Banca d’Italia. Chi ha dimestichezza con il senso di riservatezza che contraddistingue l’istituto, soprattutto nella sua funzione di Vigilanza, è ben conscio che un intervento così massivo è la conseguenza di un malessere profondo rilevato nelle banche che hanno subito il provvedimento.
Si può ben dire che questa sia una situazione tipicamente calabrese, poiché il numero di banche coinvolte è superiore al numero complessivo degli interventi sul resto del territorio nazionale. Solo poche altre, infatti, hanno subito un trattamento analogo e si è sempre trattato di qualche problematica specifica, come il Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini.
Quanto emerso nel sistema delle BCC calabresi non è la punta di un iceberg di un sistema completamente malato. Vi sono molti segnali che le situazioni più scabrose sono venute alla luce, e i bilanci che saranno approvati possono dare una risposta ai molti interrogativi rimasti sospesi in questi mesi di attesa. Non è però neanche vero il contrario, che i commissariamenti disposti hanno evidenziato tutte le problematiche del sistema delle BCC calabresi. Vi sono ancora degli istituti con debolezze nascoste che si annideranno tra le pieghe dei bilanci, strumenti utili e indispensabili ma possono essere anche manipolati. Le più importanti e significative crisi bancarie di fine secolo sono emerse pochi mesi dopo l'approvazione di bilanci lusinghieri. Il caso più clamoroso è forse quello del Banco di Napoli. La componente più significativa che può nascondere situazioni di rischio è costituita dal monte crediti e dalla valutazione del rischio della mancata restituzione. I metodi di gestione degli incagli e delle sofferenze sono molto migliorati rispetto a quelle esperienze e la cartolarizzazione dei bad loans consente una più accurata valutazione del rischio e la compilazione di bilanci più trasparenti.
Nel caso delle BCC calabresi non sono i conti a destare la maggiore preoccupazione, ma le disfunzioni amministrative e gestionali, che finiscono per tradursi sempre in appesantimenti dei costi.
Non sono mancati certo metodi discutibili nella concessione del credito per il carattere familistico della loro gestione. Nel caso calabrese non sono però emerse situazioni di particolari gravità che hanno provocato il collasso di questo o quell’istituto, ma si è trattato di un una situazione strutturale legata alla difficoltà di adeguare la gestione degli istituto al salto qualitativo che esse sono state chiamate a compiere a seguito della trasformazione da casse rurali a banche di credito ordinarie, di tipo “tedesco”. L'ampliamento della sfera di attività richiedeva un salto di qualità organizzativo, una gestione rigorosa, una maggiore professionalità nella valutazione del rischio. Né bisogna sottovalutare l'impatto avuto dall'applicazione dei metodi e dei sistemi dell'accordo di Basilea-2, che ha imposto una brusca interruzione dei sistemi di adattamento delle tecniche creditizie alle particolari condizioni di mercato, con la standardizzazione delle procedure e l'automatismo nella valutazione.
Questo avrebbe dovuto indurre a un adeguamento della governance e del management degli istituti che erano chiamate ad affrontare un mercato concorrenziale e non potevano continuare con la politica paternalistica e campanilistica che aveva caratterizzato il loro lungo cammino. Gran parte di esse hanno una storia ultradecennale alle spalle ed hanno incontrato grandi difficoltà a liberarsi dei vincoli personali, poiché i personaggi “storici” sono rimasti avvinti al timone di comando rifiutandosi di compiere quel sacrificio necessario a garantire un futuro alla creatura che avevano fatto nascere e contribuito a far crescere nel corso degli anni. Questa mutazione genetica non ha impedito alle più avvedute di adeguare i propri metodi gestionali mantenendo un rapporto privilegiato con il territorio, aiutando le imprese ad avvicinarsi alle novità introdotte normativamente, piuttosto che tentare la strada tortuosa di uno snaturamento dello spirito innovativo delle nuove disposizioni. Le banche locali hanno svolto un ruolo fondamentale nell'imporre una rivoluzione culturale alle imprese, che pur strette nella morsa di una crisi che sembra senza fine, hanno risposto positivamente alle sollecitazioni di una necessaria modernizzazione.
Prima di arrivare alla estrema ratio del commissariamento, la Banca d’Italia, come suo costume ha tentato la via della “moral suasion”, che non ha sortito gli effetti sperati. Gli istituti che hanno resistito a quelle sollecitazioni continuando a privilegiare i vecchi potentati locali e mantenendo un comportamento clientelare nello loro gestione sono stati costretti a subire il commissariamento.
Per avere un quadro sufficientemente preciso bisogna attendere i risultati contabili del 2010, che costituiscono un indice molto significativo dello stato di salute dei singoli istituti.
Il primo bilancio approvato di cui si ha notizia è quello della BCC Mediocrati, che denuncia un utile di quasi due milioni di euro, “inferiore rispetto all’utile dell’anno precedente ma comunque soddisfacente in considerazione del contesto in cui è maturato”, come afferma lo stesso comunicato della banca. Si tratta di una pausa di riflessione, una sosta ai box per uno pit stop necessario “per consolidare quanto realizzato negli ultimi cinque anni, prima di ripartire con passo fermo e sicuro”, come dichiarato dal Presidente Nicola Paldino.
In un anno di crisi, si può considerare un risultato eccellente, e tale viene considerato dalla stessa Banca d’Italia. Non certo a caso, l’istituto di Vigilanza ha acconsentito alla operazione di acquisizione dell’ormai ex BCC della Sibaritide, posta in liquidazione. L’operazione è in pieno svolgimento e sono in corso le trattative sindacali per definire la posizione del personale e il loro collocamento nell’organico. Con questa operazione fortemente voluta dai vertici della banca, la Mediocrati diventa una delle più significative presenze bancarie nella regione con margini di una ulteriore crescita. Le operazioni di capital funding predisposte alcuni mesi gli hanno consentito di mantenere una piena operatività pur con il limitato apporto di patrimonio della banca liquidata.
Cogliamo l'occasione per un inventario delle banche commissariate. La BCC di Scandale è giunta in pole position per una concreta prospettiva di un ritorno in bonis in tempi brevi, poiché ha provveduto a definire l’assetto organizzativo e operato la necessaria ripulitura dei conti.
Second best è la BCC di Cosenza, per la quale si profila un prolungamento a diciotto mesi della gestione straordinaria al fine di completare il risanamento del portafoglio crediti e definire un assetto patrimoniale e organizzativo dell'istituto. La situazione gestionale si presenta alquanto tranquilla, ma si ritiene necessario proseguire nell’azione di ristabilimento delle normali condizioni di attività, poiché vi erano problemi strutturali. Per lungo tempo la banca ha risentito della contrapposizione tra le rappresentanze territoriali degli istituti che l'anno creata. È oggi necessario trovare un assetto societario che riesca a favorire la scelta di una governance sulla base delle competenze e capacità tecniche piuttosto che degli equilibri politico-clientelari. Le maggiori disfunzioni si sono, infatti, manifestate nella gestione troppo influenzata da condizionamenti ambientali. La sua patrimonialità può essere facilmente ricomposta con l'emissione di un subordinated loan come già sperimentato dalla Mediocrati. Questo unitamente alla buona qualità del personale potrebbero condurre a un ritorno in bonis, terminato il lungo periodo di gestione straordinaria. I rumor dicono che potrebbe essere candidata a soggetto di riferimento per la costituzione del secondo polo nella provincia cosentina.
Per la Bcc Tarsia il periodo di commissariamento è ancora troppo breve e per essa non si può ancora considerare concluso la “due diligence” per una corretta ed esaustiva analisi delle problematiche che la affliggono, per cui si resta in attesa delle prime informazioni sul cammino che gli è riservato. Si tratta di una banca di dimensioni modeste tali da lasciar presupporre una soluzione locale similmente a quanto sperimentato con la Sibaritide. Vi sono BCC che avrebbero manifestato interesse verso una simile soluzione e la Banca d'Italia potrebbe non opporre eccessiva resistenza.
Resta la Bcc di San Vincenzo la Costa è quella che presenta la condizione di maggior debolezza tra quelle sottoposte alla procedura di commissariamento e costituisce un rospo troppo indigesto da ingoiare per qualsiasi delle altre BCC operanti nella regione. Troppo piccolo per poter fare da sola, troppo problematica per poterne addossare l'onore a qualche consorella locale. Il lungo periodo di una gestione poco sensibile alla correttezza e alla managerialità hanno provocato ferite profonde che ancora non riescono a rimarginare. Per tale ragione, la Banca d’Italia sarebbe intenzionata a consentire la sua cessione alla Banca Sviluppo per lasciarla nell’orbita del sistema, poiché si tratta di una creatura della galassia del credito cooperativo anche se esterna. Allo stato non si può escludere anche qualche altra soluzione
Dallo scenario che si è delineato, risulta evidente che il sistema delle BCC non ha alcuna probabilità di rimanere nelle condizioni attuali, ma si deve ricercare un nuovo equilibrio. In fondo al tunnel si affaccia il rischio concreto di una drastica riduzione del numero complessivo delle BCC regionali. In questa maniera resterebbero solo tre o quattro BCC sul territorio e non avrebbe più senso mantenere una federazione regionale.
Anche se nessuno ne fa alcun cenno per scaramanzia, è molto elevata la probabilità che in un periodo più o meno breve si possa verificare la perdita dell’ultimo centro finanziario della regione. Tra le tante sciagure imprenditoriali che hanno provocato una rilevante perdita di occupazione, sono.
certo i pochi impiegati della federazione a destare preoccupazione, ma il ruolo e la funzione da essa esercitata nel governo del territorio. Bisogna sottolineare che questo avviene nel più totale disinteresse della politica, delle istituzioni e degli stakeholder territoriali. Allorquando decidono di occuparsi di politica creditizia si affannano soltanto a ripetere la sterile polemica basata sugli abusati leit-motiv della forbice di tassi e della restrizione creditizia operata dalle banche. Non vi è alcuna visione prospettica e strategia a lungo termine che possa aiutare le BCC, unico e ultimo presidio finanziario rimasto sul territorio, a superare questo momento di difficoltà.
Intere aree, come gran parte del reggino e del crotonese, sono del tutto prive di propri istituti bancari, il sistema delle garanzie attraverso i confidi è debole e frantumato, ma non vi è alcuna proposta per il superamento di questa debolezza.
La creazione delle grandi banche, divenute multinazionali del credito, ha oggettivamente privato il territorio di un riferimento e le aziende stentano a trovare un interlocutore per affrontare le loro problematiche. Sono rimaste solo le BCC e occorre fare ogni sforzo per mantenerne la regionalità e l'autonomia.
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