Sboccia la primavera

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 16 del 23/4/2011


Rende, 22/3/2011

La Primavera è una delle coalizioni presente nella campagna amministrativa rendese che ha cercato di raccogliere il dissenso presente nei due Poli con l'obiettivo di costruire un nuovo corso. Piuttosto che cercare un collante politico si è cercato di mettere a nudo il trasversalismo che nel passato ha impedito di costruire alternative credibili. Il candidato sindaco della coalizione, Amerigo Castiglione spiega la genesi e i progammi.

Intervista ad Amerigo Castiglione

Siamo nel pieno della campagna elettorale, quali sono le attese e le aspettative della Primavera? Rende è una fortezza difficile da espugnare.
Intanto, c'è da mettere in evidenza un dato numerico. L'amministrazione uscente presenta un numero di lista pari alla metà di quelle presentata in precedenza e anche di quelle che si contrappongono, interrompendo la tradizione di uno "strapotere matematico". Sul piano qualitativo, politico, quella unione di tutto il centrosinistra strombazzata mediaticamente di fatto non esiste. Una gran parte del Pd rendese ha condotto una battaglia di opposizione in consiglio comunale confluendo in quella che è la vera alternativa al sistema rendese e cioè la Primavera. La campagna elettorale sta andando bene. Stiamo crescendo sul territorio e in particolare nelle zone decentrate, facendo degli incontri zonali dove i cittadini vengono numerosi ad ascoltare quelle le nostre proposte per un nuovo modello gestionale della città. Un programma elettorale che mi piace considerare composto da 35.500 mani quanti sono gli attuali del comune.
Questa formazione composita della Primavera potrebbe essere l'espressione della difficoltà di costruire una valida alternativa a un modello amministrativa consolidato e che gode del consenso popolare da parecchi decenni.
Se si guarda la coalizione da un punto di vista politico, è chiaro che vi sono appartenenze politiche diverse. Parlando dei consiglieri uscenti, vi è una parte consistente del Pdl con la presenza degli ultimi due capigruppo in consiglio comunale, una parte del Pd, di Verdi, l'API e poi dirigenti di Italia dei Valori e di altri. Il nostro collante è da ricercare in quella tensione civica che ci accomuna tutti, poiché è da cinque che insieme stiamo portando avanti una battaglia di opposizione propositiva e positiva all'interno del Consiglio comunale. Rende deve tornare a sorridere e sperare. Questi slogan hanno un significato preciso. Rende deve tornare ad avere quella qualità della vita degli anni '80 in termini di servizi, di verde attrezzato curato e diffuso su tutto il territorio, di traffico sostenibile e di strade non interrotte, come il caso del ponte sul Surdo. Una università che sia collegata non solo fisicamente al resto della città, ma soprattutto culturalmente e commercialmente, in modo che diventi una ricchezza per tutti e non solo per quei pochi che hanno cementificato le verdi colline di Arcavacata. Un centro storico da rivitalizzare e tutte le frazioni e contrade che devono essere equiparate in termini di servizi al resto della città.
Come si governa una città con una coalizione civica, senza i necessari collegamenti politico-istituzionali?
Nella Primavera ci sono varie anime politiche. In parte questa coalizione nasce da una spinta localistica poiché le precedenti campagne elettorali hanno dimostrato che i partiti che avrebbero dovuto opporsi naturalmente all'amministrazione uscente o si sono alleate o hanno rinunciato a priori a fare una battaglia di rinnovamento e questo non sul piano di un progetto politico, ma solo ed esclusivamente per quei trasversalismi prettamente rendesi o di area urbana che hanno mummificato una intera classe dirigente non consentendo un ricambio generazionale. Per questo motivo ci siamo staccati dai rispettivi partiti per proporre una soluzione civica che ha portato all'individuazione di una coalizione ampia e di un candidato a sindaco che è espressione diretta dei cittadini e non di accordi ed equilibri non sempre conciliabili effettuati dai partiti o meglio dalle poche persone che li gestiscono. A livello locale e quindi amministrativo la Primavera si propone come soluzione nuova ed alternativa ai modelli di gestione politica che ormai hanno compiuto il loro tempo. Il nuovo modello di gestione deve vedere i cittadini informati, consultati e partecipati. Il cittadino non deve essere più uno spettatore passivo dell'azione amministrativa, ma deve essere un attore capace di cambiare anche il finale dell'opera se questa non è condivisa.
Ma il vostro è un orizzonte politico locale o può essere un laboratorio per un dialogo costruttivo tra le due coalizioni che si fronteggiano a livello nazionale?
Attualmente è prematuro parlare di orizzonte politico per la Primavera di Rende. Ma collocandosi in una posizione intermedia tra i due blocchi partitici esistenti potrebbe trovarsi naturalmente in quello che a livello nazionale si sta progettando come terzo Polo.
Una coalizione prettamente elettorale, quindi.

La nostra proposta non nasce ieri, ma è stata costruita nel tempo mediante percorsi di conoscenza anche personale e di avvicinamento tra le varie anime politiche che la compongono. Il modello che propone la Primavera è proprio l'antitesi di quello che i partiti attuali stanno cercando di attuare a livello nazionale e locale con le difficoltà evidenti e le contraddizioni che alla fine non consentono di amministrare. La nostra sfida parte da una squadra di persone già affiatate e con esperienza amministrativa maturata tra i banchi dell'opposizione o come dirigenti di partito e si andrà a misurare con i problemi quotidiani dei cittadini che senza dovergli dare un colore politico perché non lo hanno troveranno la giusta e adeguata soluzione.

Una delle accuse che vi viene mossa è quella appunto di non offrire una reale proposta di governo per la città.
Questo è un grande bluff perché si specula sulla paura atavica che ha il cittadino di cambiare e come mi piace sottolineare Rende ha una visione esterna positiva rispetto al resto della Calabria, ma noi dobbiamo avere una visione interna, riconoscendo quanto di buono è stato realizzato, ma individuando le criticità e le deficienze che pur ci sono e sono sotto gli occhi dei cittadini: traffico senza controllo, con viabilità inadeguata e non mantenuta in efficienza, raccolta dei rifiuti in particolare differenziata ancora all'anno zero, dotazione di verde attrezzato non curato adeguatamente e soprattutto in regressione rispetto agli anni ottanta. L'urbanistica è stata utilizzata per monetizzare gli oneri e coprire un deficit di bilancio che l'amministrazione uscente sta cercando di nascondere spostando il confronto sull'area urbana.
Una araba fenice che riappare a ogni elezione.
L'area urbana è già realizzata urbanisticamente e socialmente, ma i politici di lungo corso non se ne sono accorti e soprattutto non hanno fatto nulla per mettere in rete i servizi comuni per ridurre i costi di gestione e quindi il peso fiscale sui propri cittadini. Una università che non è stata mai utilizzata come possibile attrattore di risorse europee da utilizzare nella nostra area industriale che deve essere riqualificata e collegata fisicamente all'autostrada e virtualmente ai canali di telecomunicazione e di alimentazione elettrica adeguati a una moderna e funzionale zona industriale. Se tutto questo viene riconosciuto dai cittadini, ne discende che il sistema di gestione e non il modello rendese ha fatto il suo tempo, perché non ha più quella dinamicità per dare risposte in tempi e modi che oggi una amministrazione efficiente richiede.
Vi è un problema di risorse per realizzare i vostri programmi e con il federalismo in arrivo saranno sempre minori.
Vi è una questione di approccio culturale. Indipendentemente dal federalismo, un sindaco, un amministratore deve sapere dire no e non considerare tutto in funzione del consenso elettorale. Il clientelismo, il diritto elargito come favore, la somma urgenza nell'eseguire lavori che vede impegnate sempre e solo le stesse imprese, sono modalità di gestione che un amministratore non può più consentirsi perché non ci sarà più lo Stato centrale o la Regione a coprire i danni economici prodotti da una gestione non corretta, Il nuovo amministratore deve avere una formazione amministrativa e istituzionale e contemporaneamente essere un manager abituato a tenere sotto controllo ricavi e costi e in particolare il rapporto costi e benefici per i cittadini amministrati.

Intervista a Rosario Mirabelli

Chi è politicamente oggi Rosario MIrabelli
Sono collocato in una area moderata, aderendo all'API poiché penso che il sistema bipolare abbia geneticamente dei limiti molto evidentii. Vi è la necessaità di rompere questo dualismo. Come formula poteva avere qualche ragione in un particolare momento della storia politica nazionale, ma si è dimostrato inadeguato poiché in Italia il nostro sistema politico è basato su molte culture e differenze ideologiche marcate. La forzata introduzione del bipolarismo ha prodotto paradossi e contraddizioni che hanno provocato una crisi nel sistema parlamentare, dove si registrano rappresentanti calati dall'alto da ristrette oligarchie. La palla deve essere ridata ai cittadini, che debbono avere la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti.
Come mai si candidato a Rende?
L'impegno di consigliere regionale è molto gravoso e avrei preferito non impegnarmi personalmente in questa campagna elettorale. Mi sono candidato per evitare illazioni sulla mia collocazione politica. Sono fermamente convinto che qui ci vuole un cambiamento nella gestione della città e spesso si è tentato di confondere il rapporto personale con i personaggi politici locali con le mie posizioni politiche. La candidatura a primo cittadino di un esponente politico cosentino della coalizione uscente dimostra con chiarezza il suo fallimento, una bocciatura per il sindaco uscente, che costituisce un'assoluta eccezione nel panorama nazionale. Si vuole far ricadere sul solo Umberto Bernaudo la responsabilità, mentre è evidente che trattasi di un fiato corto di una intera classe politica che ha dominato la vita amministrativa rendese negli ultimi decenni. Una classe politica che può assumere solo un ruolo subalterno, ma non in grado di trasformarsi in classe dirigente. Con questo meccanismo furbesco si vuole nascondere la realtà di non avere su Rende persone affidabili e capaci cui affidare il futuro della città.
La Primavera è una coalizione civica, non una proposta politicamente qualificata.
A Rende è stata fatta una scelta diversa e originale. Questo perché ci troviamo un centrosinistra di immagine e non di sostanza, dove prevalgono i personalismi, come purtroppo succede in molte realtà locali e nazionali. Qui il Pdl che assorbe l'Udc, in contrapposizione con la sua posizione locale, poiché è prevalsa la logica del potere in linea con la scelta a livello regionale. Vi era la necessità di creare un'aggregazione per mettere insieme tutte le forze di minoranza e di opposizione, alternativa alla gestione amministrativa di questo comune. Una aggregazione civica dove sono presenti rappresentanti di vari partiti uniti dalla consapevolezza e dalla responsabilità di doversi mettere insieme per il bene di questo comune. Abbiamo evitato di trasformare il contronto in uno scontro ideologico riferito ai partiti.
Ma cosa ha impedito la formazione di una aggregazione politica?
La necessità di dare una svolta alla guida del comune. In questi ultimi dieci abbiamo registrato una perdita di capacità amministrativa e si sono evidenziate grosse criticità e ritardi di modernizzazione, una carenza di risposte rispetto ai bisogni dei cittadini. Abbiamo evitato di darci una connotazione politica poiché vogliamo parlare di problemi concreti. L'eterogeneità non è una marmellata, ma nella diversità è l'elemento di novità, la garanzia della massima trasparenza.
Questo significa che volete superare il cosiddetto "modello rendese"?
Riconosciamo che nella sua impostazione originale, il modello rendese ha rappresentato un riferimento urbanistico diverso rispetto al territorio. Si è creata una città giovane che nel corso degli anni ha avuto un cambiamento sistematico, si è snaturato, è venuto meno nella sua essenza fondamentale con una progressiva dequalificazione del livello dei servizi essenziali. L'intero territorio vallivo è stato riempito di palazzi, una scelta forse necessaria, ma è mancata la rete infrastrutturale e la salvaguardia della qualità urbana del territorio. Soprattutto nell'ultimo quinquennio si è registrato per una serie di problematiche e criticità per l'alterazione dell'originale sistema urbanistico rendese. Prendiamo il caso dell'Unical. Certamente costituisce un polo di attrazione, un patrimonio culturale che ha un ruolo fondamentale, ma determina anche un indotto economico di grande rilevanza. Vi era la necessità di interloquire in maniera più stringente per allargare all'intero territorio, una programma per creare un rapporto sinergico e istituzionale con i comuni limitrofi. Si è trasformata come una fonte di ricchezza solo per i palazzinari poiché l'intera area è rimasta chiusa in una forma di isolamento: le vie di collegamento sono rimaste le stesse di trent'anni fa.
Sarebbe stato necessario collocare l'ateneo nell'area urbana.
La questione dell'area urbana registra un ritardo abissale. Se ne parla dagli anni novanta ma di fatto non è mai prevalso il senso di responsabilità rispetto alla convenienza personale degli amministratori. Si riscopre strumentalmente solo nella campagna elettorale soprattutto da parte della politica rendese che interpreta un riformismo di maniera, ma essa è necessaria nella gestione economica e ottimale dei servizi. Negli anni non si è mai arrivati a una discussione seria da parte di chi ha gestito il comune. Eppure le occasioni non sono mancate. All'epoca di Mancini si poteva dialogare se ci fosse stata la voglia di stare insieme poiché vi erano dei monocolori nelle due città. Oggi è diventata una esigenza anche per l'opportunità di reperimento delle risorse. Si dovrebbe anzi cominciare a parlare di città unica, una unica municipalità per intercettare finanziamenti per investimenti nelle infrastrutture.
Il Viale Parco è diviso in due tronconi, quasi un simbolo della difficoltà di dialogo delle due città divise dal Campagnano.
Il Viale Parco è una arteria importante che non riesce a completarsi. La lentezza nella sua realizzazione è una dimostrazione della difficoltà amministrativa delle due città. Era stata concepita come un collegamento rapido per dare una via di sfogo, a Cosenza. L'idea manciniana era quella di alleggerire il traffico e creare un avvicinamento con l'università della città storica di Cosenza, per traslare anche qualcosa sul piano didattico e trasformarla in un centro universitario. Questa concezione è entrata in conflitto con gli interessi economici di costruttori rendesi e questo potrebbe essere la spiegazione del ritardo nella realizzazione del ponte sul Campagnano. Un ritardo voluto che costituisce un indice della negatività dell'azione amministrativa. Non vi è stata la volontà poiché si è voluto aspettare la cementificazione. Questa stessa sordità di non voler concretizzare l'area urbana sta anche negli amministratori cosentini.
Oggi si è persa l'efficienza amministrativa che ai tempi di Cecchino Principe era un dato scontato. Questa giunta non è stata all'altezza dl proprio ruolo come è dimostrato dalla vicenda del piccolo ponte sul ponte Surdo: in altri tempi avrebbe provocato passione e tensione amministrative e sarebbe stato rifatto nell'arco di tre mesi.
In che modo si pensa di poter fronteggiare le difficoltà finanziarie, come reperire le risorse per la realizzazione del vostro programma?
Sta all'amministrazione far tesoro delle proprio disponibilità per superare le restrizioni finanziarie. La prima difficoltà dell'azione amministrativa è l'assenza di programmazione poiché non tutto dipende dal bilancio comunale. Prendiamo il problema del traffico che costituisce un problema prioritario, non si risolve solo con la realizzazione di nuove strade, ma sarebbe stato sufficiente stimolare l'Anas a concretizzare la proposta dello svincolo autostradale a Nord, da collegare con l'universitaria e l'area industriale. Sono passati oltre dieci anni e non è stato fatto niente. Un altro pnto dolente è Il trasporto pubblico. L'Amaco si ferma a Roges e non può arrivare a Quattromiglia. La mobilità è sinonimo di civiltà e qui siamo non esiste. Non possiamo dimenticarci delle aree periferiche. Rende è nato come un territorio urbanistico policentrico, ma i centri periferici sono abbandonati a se stessi, mentre il centro storico sta morendo. Vi è la necessità di reinserirlo nel contesto della città con un collegamento rapido con l'area universitaria.
Per la realizzazione delle idee sono necessari risorse e sembra che vi sia qualche difficoltà ...
Il comune è sull'orlo del dissesto. Negli ultimi anni ha varato un piano di alienazione di beni immobili per una cifra di oltre 30 milioni di di euro, che evidenzia una chiara difficoltà finanziaria, un segno inequivocabile della difficoltà. Se a questo aggiungiamo che il comune ha raggiunto la soglia massima di indebitamento e l'elevato ammontare della massa debitoria nei confronti delle imprese, dei fornitori, e degli altri fornitori di servizi come la Sorical, se ne ricava un quadro drammatico derivata dall'incapacità della gestione amministrativa. Per questo diciamo che dobbiamo cambiare registro, cambiare pagina, offrire una alternativa ai due poli senza voler entrare in personalismi. Vogliamo confrontarci con i problemi. Rende può risollevarsi, e noi offriamo una alternativa credibile. I nostri candidati hanno maturato una lunga esperienza politica e amministrativa e sono in grado di governare il cambiamento e rilanciare questa nostra amata città.

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