Un'oasi nel desertodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno X num. 28 del 16/07/2011 |
Rende, 12/7/2011
Forum sul Porto di Gioia Tauro, con Paolo Tramonti e Roberto Castagna
Il porto di Gioia Tauro muore per assenza di una politica delle infrastrutture. “Bisogna necessariamente partire da poche idee chiare e concentrare gli sforzi su quelle, evitando la dispersione di risorse”, afferma Castagna.
“Il Porto di Gioia Tauro sta rischiando di pagare lo scotto di una politica chiaramente mirata ad un rilancio della portualità del centro nord”, sostiene Tramonti.
E’ bell’e pronto dal 21 dicembre scorso il testo unificato sulla riforma della legislazione portuale. Il testo può essere scaricato dal Servizio Studi del Senato che ha curato la redazione di un voluminoso dossier di quasi 300 pagine. Non un solo rigo della manovra finanziaria che si è deciso di approvare nello spazio di una settimana si occupa del problema.
Nel comma 1004 del disegno di legge “giacente”, nell’obitorio del Parlamento è il caso di dire, stabilisce che il cinquanta per cento delle risorse è finalizzato allo sviluppo del porto di Gioia Tauro in quanto piattaforma logistica del Mediterraneo in aggiunta ai porti già individuati, tra i quali quello di Augusta e il porto canale di Cagliari; e ad incentivare la localizzazione di attività produttive nella area portuale di Gioia Tauro, anche in regime di zona franca in conformità con la legislazione comunitaria vigente in materia. Si parla di 100 milioni di euro stanziati nel 2008! Che Gioia sta ancora aspettando, come la fantomatica zona franca.
Certo non si può pretendere che un singolo provvedimento risolva tutti i problemi di un Paese disastrato. Però ci si poteva attendere l’arrivo dei pompieri nel momento infuocato di un incendio. E Gioia Tauro brucia. L’unico intervento è stato quello di mandare qualche bottiglia d’acqua agli operai per difendersi dalla calura. La Cassa Integrazione, infatti, rinvia di qualche settimana il redde rationem ma non affronta i veri nodi del Porto. Se di una manovra economica si tratta, non si dovrebbe dimenticare un problema come quello di Gioia Tauro, che rappresenta una delle poche note positive in una regione come la Calabria che rischia il default economico-sociale. Il porto contribuisce da solo al 50% del PIL privato, e questo solo perché è stato abbandonato a sé stesso.
Se …
La storia non si costruisce con le ipotesi, ma qualche rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è diventato è legittimo.
Questa settimana nel dibattito intervengono due sindacalisti, Roberto Castagna e Paolo Tramonti, entrambi responsabili regionali di due delle principali organizzazioni sindacali, la UIL e la CISL rispettivamente. Il loro è un pensiero lucido, ma la loro azione può essere di stimolo e di pungolo, ma non è certo risolutiva per due ragioni. Intanto, ed occorre ribadirlo, il costo del lavoro è importante ma non è certo la componente più importante della struttura dei costi portuali. Molto più importante è la qualità della prestazione, e il sistema dei vincoli che impedisce la flessibilità.
Nonostante tutto Gioia Tauro non ha niente da invidiare in tema di produttività del lavoro e di dedizione degli operai. Se vogliamo ragionare per assurdo, la stessa ‘ndrangheta svolge un ruolo … “positivo”, poiché ha interesse a mantenere in vita una gallina dalle uova d’oro. Il sacrificio degli operai è un prezzo molto a buon mercato per ottenere un risultato così importante.
Il sindacato può proporre, ma non può disporre. Il vero nodo del porto è l’assenza di una classe politica e il coraggio delle scelte.
Giustamente la manovra doveva essere blindata per evitare l’assalto alla diligenza e gli appetiti localistici. Ma si può considerare Gioia Tauro un affaire locale? Il suo destino coincide in larga parte con il destino di una intera regione. E se la Calabria brucia, non basteranno le pernacchie e il dito medio alzato, e neanche l’esercito a spegnere l’incendio.
Forum con Paolo Tramonti, segretario regionale della CISL e Roberto Castagna, segretario regionale UIL
Paolo Tramonti - Il Porto di Gioia Tauro sta
rischiando di pagare lo scotto di una politica chiaramente mirata ad un
rilancio della portualità del centro nord rinunciando, di fatto, allo
sviluppo del transhipment e quindi all’opportunità di realizzare un
sistema portuale nazionale autosufficiente e strategico nel contesto
europeo ed internazionale.
Una scelta che riteniamo sbagliata, che vogliamo correggere, perché,
oltre a penalizzare i porti del Mezzogiorno tende a rafforzare,
inopinatamente, il gap infrastrutturale ed economico tra il Nord ed il
Sud del Paese, consegnando al Nord-Africa, l’opportunità di diventare, in
soli 4 anni, capitale del transhipment nel Mediterraneo, nonostante
esiste il Porto di Gioia Tauro così come quello di Taranto e di
Cagliari.
È in questo contesto che va inserito l’aspetto più preoccupante
dell’attuale crisi del porto di Gioia Tauro. Una crisi che si accompagna
anche a scelte imprenditoriali sbagliate da parte della MCT, soggetto
monopolista del terminal gioiese, stabilmente insediato nei porti di
Malta e di Tangeri Med con il socio Maersk, oltre che a Porto Said,
all’imbocco del Canale di Suez, e quindi con interessi diretti nei porti
concorrenti al nostro.
Questo è il contesto in cui è maturato l’abbandono del Porto di Gioia
Tauro da parte della Maersk che ha riorganizzato le sue linee facendo
rotta su Porto Said e Tangeri Med e da qui, con le navi feader, fare
rotta nei porti liguri e nei porti del nord-est.
R. Castagna – In questi anni siamo rimasti prigionieri di un modello di interventi a pioggia, che ha provocato una dispersione delle risorse. Oggi abbiamo assoluto bisogno di concentrare gli sforzi su poche idee e perseguirle con tenacia. La nostra indecisione ha favorito la politica attendistica del governo sempre pronto a promettere e mettere a disposizione ingenti risorse future. il nuovo meridionalismo deve poggiare sulla politica del fare, sull' individuazione di poche opere importanti che possano dare una svolta decisiva e una politica di incentivazione che non si basi su strumenti finanziari, che sono risultati scarsamente efficaci, ma sull'eliminazione degli ostacoli che impediscono il decollo degli investimenti. Il compito fondamentale del governo regionale è quello di imporre una strategia, di rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione delle infrastrutture necessarie e rappresentare il Porto come una delle priorità assolute nella politica di sviluppo della regione.
R. Castagna – Bisogna necessariamente partire da poche idee chiare e concentrare gli sforzi su quelle, evitando la dispersione di risorse. Le idee chiave sono note a tutti, ma poi vengono dimenticate nei momenti di decisione: il rigassificatore, il collegamento rapido e il rilancio dell'Aeroporto di Lametia Terme, un miglioramento della rete di trasporti basata su poche e prioritarie opere: il completamento della SA-RC, l'autostrada ionica, la metropolitana circumsilana ; lo sviluppo del settore agroalimentare con la creazione di un grande centro di ricerca, che possa studiare soluzioni per ottimizzare la piattaforma del freddo. Gioia può e deve diventare il più grande mercato orto-frutticolo d’Europa.
P. Tramonti -Il superamento dell’attuale fragilità
produttiva della Calabria dipende anche e soprattutto dal futuro del
“Porto di Gioia Tauro”. Per fare ciò, è anche necessario che, per il
nostro hub Portuale, si programmino azioni per potenziare il transhipment
e creare, in tempi brevi, quel “Polo Logistico Intermodale” la cui
realizzazione è già compresa nei tre piani di azioni costituenti l’APQ
(Accordo di programma Quadro tra Governo Nazionale e Regionale Calabria)
sottoscritto il 28 Settembre 2010 e che porta in dotazione risorse per
circa 460 milioni di € . In questo contesto, così come previsto, va data
priorità al gateway ferroviario e ai relativi collegamenti con la rete
ferroviaria nazionale.
Affinché ciò si possa realizzare, oltre a sollecitare la più celere
attuazione degli interventi di cui all’APQ sopra richiamato, è necessario
che, contestualmente, l’intera Area di riferimento sia strutturalmente
inserita nel nuovo “Piano Nazionale della Logistica”.
È altresì auspicabile che, prima dell’approvazione del nuovo PNL, si
possa riuscire a riconsiderare l’opportunità di far inserire e
programmare una “quinta piattaforma logistica“ da realizzare in un’area
comprendente il porto di Gioia Tauro, la stazione ferroviaria e
l’Aeroporto di Lamezia Terme, i Porti di Vibo, Crotone e Corigliano” -
opportunamente interconnessa con i nodi Ferroviari, stradali ed
aeroportuali esistenti e ad essa funzionali, per l’avvio di un sistema
produttivo da far sviluppare nell’ottica della piena integrazione nel
“Sistema Paese”.
P. Tramonti - I dati in nostro possesso per quanto
riguarda la produttività e la professionalità del personale non
coincidono con le dichiarazioni dall’azienda, così come peraltro è
dimostrato dalla movimentazione di teu che negli anni passati ha portato
Gioia Tauro ad essere il primo Porto Italiano per attività di
transhipment. Nell’anno 2010 dalle banchine calabresi sono transitati in
ingresso, uscita e shifting/restow 2.851.261 teu.
In ogni caso non ci siamo mai sottratti a confrontarci su temi delicati
come quelli relativi all’organizzazione del lavoro, se questo può essere
funzionale ad un miglioramento delle performance lavorative.
R. Castagna – Gli operai del porto vanno difesi, poiché in grande maggioranza svolgono il loro lavoro con grande serietà e competenza, ma soprattutto con un grande senso di responsabilità e di dedizione. Sono perfettamente consapevoli che al di fuori del porto non hanno altre chance e difendono con i denti questa opportunità. E poi bisogna sfatare un mito. Non è certo il lavoro la componente principale della competitività. In una situazione di grande mobilità, con migliaia di immigrati che bussano alla nostra porta non sarebbe certo difficile trovare soluzioni economicamente più convenienti. Ma questo significa voler trovare delle scuse. Il vero problema del porto è la politica delle infrastrutture. Possiamo ridurre a zero il costo del lavoro ed incrementare la produttività del 100%, ma questo non sarebbe sufficiente a rilanciare il porto.
P. Tramonti - Il Porto di Gioia Tauro, così come ampiamente dimostrato, genera il 50% del PIL privato della Calabria. Questo è un dato inconfutabile rispetto al quale ci sembra ingeneroso, a fronte di eventuali fenomeni di illegalità, attribuire giudizi in grado di penalizzare ulteriormente l’immagine non solo di Gioia Tauro ma dell’intera Calabria.
R. Castagna – Dobbiamo sfatare un mito. Nel porto
di Gioia transitano anche partite di merce illegale, come la droga. Ma
questo succede in tutti i grandi scali marittimi del mondo. Noi non
possiamo accettare l’equazione che il porto coincida con la criminalità.
Dobbiamo accelerare sui grandi investimenti. Ogni sforzo deve essere
fatto per realizzare in tempi brevissimi l'impianto di rigassificazione e
la piattaforma del freddo ad essa collegata per avere a disposizione la
più grande struttura di immagazzinamento di prodotti agricolo-alimentari
di tutta l'Europa.
Lametia Terme deve diventare un grande aeroporto internazionale, con una
elevata specializzazione nel settore del trasporto merci per assicurare
ai prodotti agro-alimentari di poter raggiungere qualsiasi destinazione
in tempi molto rapidi. Sono queste le risposte giuste.
P. Tramonti -Sarebbe un errore considerare la cassa integrazione come un’area di parcheggio fine a se stessa. La cassa integrazione è secondo noi uno strumento idoneo ad affrontare le criticità immediate nella prospettiva di un graduale recupero della forza lavoro in essere ed è pertanto funzionale, anche attraverso l’avvio di specifiche attività formative, alla ricollocazione nel ciclo produttivo dei lavoratori.
R. Castagna – La Cassa Integrazione deve essere un
accidente momentaneo. Su Gioia Tauro dobbiamo puntare tutta la nostra
attenzione. Gioia ha bisogno di una elevata mobilità, di un aeroporto
transcontinentale che sia raccordato con mezzi rapidi ed efficienti. Per
questo occorre mettere in funzione una linea ferroviaria metropolitana
che colleghi le due strutture, servendosi di gran parte di linee già
esistenti.
Il porto deve avere una centralità nel progetto di sviluppo, con tutte le
opere ad esse collegate. In primo luogo il raccordo con la rete stradale,
autostradale e ferroviaria, che presenta ancora carenze, in particolare
per il trasporto dei container via ferrovia per raggiungere i ricchi
mercati del cento nord. E poi la creazione di un interposto per
l'interscambio intermodale.
Si deve dare subito corso alla Zona Franca, dove favorire
l'insediamento di industrie di conservazione e di prima trasformazione e
di imballaggio dei prodotti che vengono quotidianamente scaricati nel
porto.
L'apertura del tavolo nazionale sulle questioni che attengono il Porto di
Gioia Tauro, può essere una grande occasione non solo per dare una
soluzione positiva al problema del transhipment e del futuro logistico e
intermodale del porto quanto una risposta globale ai problemi dello
sviluppo complessivo della Calabria.
Gioia Tauro è e rimane l'unica risposta alla domanda che viene dalla Calabria. La UIL ritiene che sia possibile dare una risposta positiva alla forte emigrazione giovanile, all’alto tasso di disoccupazione, all’inaccettabile livello raggiunto dal lavoro nero e ad altissimo tasso di in occupazione. E’ impensabile ragionare su presunti esuberi nel porto, perché diversamente dovremmo convenire che in Calabria non sarà mai possibile creare le condizioni per un vero sviluppo.
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