Il socialismo rapito e ritrovatodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno X num. 31 del 6/08/2011 |
Rende, 1/8/2011
Oggi si chiamano Socialisti Uniti Nuovo PSI. E c'è un giovane alla ricerca dell'isola perduta. Nicola Carnovale racconta la sua passione per la politica e rivendica una dignità per la sua minuscola formazione dal fulgente passato e dall'incerto futuro.
La terribile tragedia di Oslo ha evidenziato la grande vitalità della socialdemocrazia scandinava. Nell'isola di Utoya dove si è consumata la mattanza, era in corso un camping estivo di giovani socialdemocratici, che consumavano il loro tempo tra lo svago e la politica. Una realtà difficilmente riscontrabile in Italia, dove il nome dei socialisti è indissolubilmente legato alle poco edificanti vicende di “Mani Pulite”. “In questo mondo di ladri”, una canzone di Antonello Venditti ha posto una equazione quasi matematica tra il socialismo e la corruzione come sistema di governo. La storia e la cultura politica dl socialismo è venuto a mancare proprio nel momento di transizione, nel passaggio tra la prima e questa sgangherata seconda repubblica. C’è ancora chi si ostina a dichiararsi socialista e rivendicare una tradizione e una cultura. Ma ridare dignità e agibilità politica al vecchio partito appare una impresa titanica. In questo mondo variegato non vi sono solo opportunisti, e nostalgici ma vi sono anche dei giovani con i loro ideali e le loro utopie. Nicola Carnovale è uno di questi e rivendica una sua identità dignità politica.
Chi è Nicola Carnovale e qual'è la sua collocazione politica?
“Sono un “giovane socialista” definizione che di per sé potrebbe già sembrare un ossimoro dati i tempi e le vicissitudini che hanno contrassegnato la storia del socialismo riformista nell’ultimo ventennio e la partecipazione ed il protagonismo in politica delle nuove generazioni. Membro della Segreteria nazionale dei Socialisti Uniti – P.S.I. e già Segretario della “Nuova Generazione Socialista” (ndr organizzazione giovanile del medesimo partito) ammetto di avere una spiccata difficoltà nel darmi una collocazione o una etichetta politica, se per ciò si vuole intendere il doversi schierare secondo i canoni dell’attuale sistema politico che reputo il principale artefice della crisi economica e politica che attraversiamo e che si è voluto artatamente imporre.
A questo sistema, però, voi avete dato un piccolo ma significativo contributo, soprattutto portando in dote una storia e una cultura politica che aveva radici profonde nel Paese.
Un sistema, che si è dimostrato essere del tutto sterile ed inadeguato alla complessa ed articolata realtà del nostro paese non riuscendo a produrre nessuna radicale riforma di sistema mancando tutti gli obiettivi che i suoi cultori, di destra e di sinistra, andavano declamando. Dalla riduzione del numero dei partiti alla stabilità politica - cosa diversa rispetto alla longevità degli esecutivi e del suo Primo Ministro – per non parlare del rinnovamento della classe dirigente e della moralizzazione della vita pubblica, è tutto un degrado inarrestabile, miti facilmente sfatati tra una scalata bancaria ed un facci sognare, tra un finanziamento illecito alle fondazioni ed uno ai partiti, tra nuove e vecchie cricche, PM rampanti e con un sistema di ingegnerizzazione delle tangenti da brivido.
In un sistema bipolare o ci si schiera in una delle due parti, o si rischia di sparire. Il sistema obblica a una precisa scelta di campo.
Se questo è il sistema che ti obbliga a schierarsi, credo che sia d’obbligo porsi con forza il problema del suo definitivo superamento e non quello di una scelta all’interno di esso. Su questa posizione, noi socialisti autonomisti, rivendichiamo una primogenitura. Quanto a me, da irregolare, se proprio devo inquadrarmi accetto esclusivamente l'etichetta di socialista liberale, di uomo libero e cittadino consapevole, di amante della “Politica”.
Ritiene che il socialismo sia ancora attuale in Italia? È possibile una confusione ideologica che vede coloro che pur si dichiarano socialisti militare nelle formazioni più varie, dall'estrema destra all'estrema sinistra?
“La forza del socialismo democratico è sempre stata quella di non essere e non voler essere un dogma, ma quella di adeguarsi ai tempi ed alle esigenze, elementi essenziali per una aggregazione che vuole essere fautrice di cambiamento ed innovazione. Per inciso,ciò che è accaduto in Norvegia, oltre al deprecabile gesto di un folle, rappresenta l'attacco ad una struttura che propone nuovi modelli sociali di integrazione e di sviluppo. Il sistema bipolare maggioritario impostosi con la rivoluzione di “Mani Pulite” è stato una iattura anche per i socialisti rappresentando il punto di non ritorno e la causa primaria della diaspora. Il Midas aveva trasformato quella forza che per lunghi tratti della sua storia era stata subalterna al PCI in una moderna sinistra liberale e libertaria con un ruolo “centrale” nel sistema politico; con l’avvento di uno nuovo modello che negava aprioristicamente questo ruolo, vocato a radicalizzare ed estremizzare lo scontro politico, il big bang socialista e delle forze laiche, liberali e radicali era del tutto prevedibile ed il loro destino già segnato.
“Mani Pulite” ha imposto uno “sciogliete le righe” alla vecchia classe politica che non ha cercato in un alcun modo di favorire il rinnovamento e il ricambio, ma ha solo brigato per una sua ricollocazione nello scenario politico, mostrando una grande “flessibilità” ideologica. Franza o Spagna purché se magna …
Non bisogna confondere la ragione politica con posizioni opportunistiche e di convenienza di personaggi che vanno considerati, lo ripeto da tempo, ex socialisti, al pari degli ex-comunisti o degli ex-democratistiani! Ma una cosa sia chiara. Nessuno di noi pensa che sia riproponibile sic et simpliciter, anche in un nuovo sistema, una forza socialista come quella che abbiamo conosciuto. Sarebbe folle quanto sciocco ed irrealistico! Dalle maglie di questa crisi, che non è avventuristico definire di sistema, potrà rinascere una forza riformista e liberale che recuperi parte della storia socialista - penso ad esempio al nuovo corso socialista – che sappia dare al paese quelle riforme e quelle risposte di cui necessita. Su questo terreno ci stiamo muovendo come Socialisti Uniti unitamente a noti esponenti politici ed ad un’ampia area Lib-Lab ed annuncio già da ora grandi novità e grandi movimenti per l’inizio del prossimo autunno”.
La situazione politica italiana è sull'orlo di una crisi di nervi, è possibile un ricambio generazionale?
“Un cambio generazionale non solo è possibile, ma anche auspicale, purché si muova nell’ottica di una profonda ropture. Non credo nei conflitti generazionali al pari del ricambio generazionale indotto. Annunci e pseudo cambi intrisi di giovanilismo – lo dico contro il mio stesso interesse avendo 28 anni - servono soventemente a nascondere un vuoto di competenze e di proposta risultando essere più utili per la propaganda che non per il governo della cosa pubblica ed il Paese. Anche perché, diciamocelo francamente, le palestre democratiche per la crescita e la formazione di una nuova classe dirigente di cui abbiamo potuto usufruire in questi anni sono state scarse se non pressoché inesistenti.
In questi anni si è tentato di ricostruire la politica attingendo dalla società civile, cosa ha insegnato questa esperienza?
È necessario una seria riflessione su quanto è accaduto in questa seconda repubblica. Bisogna evitare di pensare che attingere al mondo dell’economia perché competente, salubre e pulito, sia l’unica e migliore soluzione possibile. Non solo perché abbiamo visto che così non è, ma anche perché quanto è prevalsa siffatta tesi si è generata una commistione tra politica ed economia che è alla base del vulnus democratico e della subalternità della politica agli affari. Bisogna quindi stabilire il giusto equilibrio tra una politica che fù troppo invadente ed onnipresente ed una politica che è servile, debole ed ostaggio del potere di turno sia esso economico o giudiziario.
È possibile immaginare un rinnovamento della politica con questo quadroo istituzionale?
Questo è un banco di prova su cui deve cimentarsi una nuova classe politica avendo come principale bussola del proprio agire l’esigenza di una riforma organica del nostro assetto costituzionale, che data la situazione complessa non può che non passare attraverso l’elezione di una nuova “Assemblea Costituente”. In questa sede sarà poi opportuno discutere della necessità improrogabile di una nuova legge elettorale, che senza le riforme costituzionali rischia di divenire, a prescindere del modello, l’ennesimo pastrocchio italico. E’ una sfida ardua ed impegnativa, ma solo la risoluzione proficua di questo nodo può dare l’autorevolezza e la credibilità necessaria al nostro paese ed ad una sua classe dirigente. Del resto è ciò che insistentemente i mercati internazionali chiedono in questi giorni".
Le ultime elezioni amministrative e nei referendum si è visto un vasto movimento di giovani, vi è un ritorno alla politica o si tratta di episodi?
“Il dato referendario, nella misura in cui è emerso, non era prevedibile e scontato, ma questo non giustifica la sua esasperata politicizzazione. Abbiamo assistito ad un rigurgito statalista, caratteristica propria sia di una certa destra che di una certa sinistra, nonché ad una normale componente di paura sul nucleare, che ha mobilitato trasversalmente elettori di tutti gli schieramenti ed in buona parte cittadini che non votavano da tempo come le prime analisi sui flussi segnalano. Alle amministrative alla sonora sconfitta del centrodestra, non corrisponde una vittoria di un centrosinistra tradizionalmente inteso. A Napoli, come a Milano e Cagliari, vincono candidati anomali ed irregolari rispetto ai tradizionali schemi, che definire antisistema non è certo azzardato. E’ un dato, questo, che pesa come un macigno sul PD e sul suo indefinito profilo. I giovani, in questo contesto, sono stati protagonisti di una battaglia culturale e sistemica grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, ma saranno i prossimi mesi a dirci in che misura questo sarò stato un episodio o una inversione di tendenza reale. Ovviamente, al di là taluni idee, che rispetto ma non condivido – il sottoscritto a votato quattro NO! – spero si tratti del capolinea di una fase nichilista che ha segnato l’ultimo ventennio sull’ondata dell’antipolitica.
Anche in Calabria si è avviata una fase di rinnovamento con una linea giovanile nei principali centri decisionali. È sufficiente un ricambio generazionale per migliorare la qualità della rappresentanza politica?
“Anche per la Calabria, se non ancor di più, vale quanto detto per il ricambio generazionale nel nostro Paese. Se questa è o meno effettivamente una nuova classe dirigente non sarà la grande mole di dichiarazioni e di comunicati stampa prodotti a dircelo ma l’effettiva constatazione da parte dei cittadini calabresi, dell’istituzioni centrali e dell’opinione pubblica nazionale di un avvenuta radicale inversione di rotta rispetto al passato. I calabresi su questo hanno dimostrato - con il voto espresso nelle ultime tornate regionali su cui andrebbe fatta una più ampia ed articolata riflessione – di non essere molto attenti e poco inclini a dare seconde chance. Però, le prime indicazioni che giungono ad esempio sui costi della politica, specie per quanto concerne il Consiglio regionale – in attesa delle novità in materia di tagli che dovrebb.ero giungere alla ripresa della pausa estiva - non registrano alcun cambio di passo ed alcuna discontinuità rispetto al passato. La cronaca invece racconta di un Consiglio che va in vacanza istituendo un nuovo ente in house, di una delega all’Ufficio di Presidenza per la nomina di nuovi incarichi mentre i numeri del Bilancio parlano di un aumento della spesa per il Consiglio regionale pari a 4,5 milioni di euro nonostante si sia costretti ad applicare i massimi coefficienti per la tassazione regionale.
La Regione nasce su una separatezza tra il Consiglio e la Giunta, frutto di una difficile mediazione per placare la rivolta di Reggio Calabria. Questo ha portato alla creazione di un capoluogo amministrativo, Catanzaro sede della Giunga, cui si contrappone un capoluogo politico, Reggio Calabria sede del Consiglio regionale. Si è voluto persino ai due organismi una autonomia finanziaria e contabile.
Da tempo noi proponiamo inascoltati l’eliminazione del bilancio separato del Consiglio regionale, prima fonte di spreco ed unico caso in Italia. Si badi bene che non è solo un problema di costi ed efficienza, ragioni di per sé già sufficienti, ma sono questioni di ordine democratico inerenti la modalità di formazione e di raccolta del consenso. Quanto poi alle politiche giovanili, visto che parliamo di giovani, trovo del tutto singolare la gestione della delega fuori Giunta, sia per opportunità politica che per i costi aggiuntivi che ne derivano, senza contare che questa non è certo in mano ad un consigliere espressione delle nuove generazione ed i risultati allo stato risultano essere inconoscibili allorquando esistenti. E poi, chiedo ai cultori del codice etico se sia politicamente opportuno o meno che continui a mantenere tale delega oltre che la Presidenza della più importante Commissione di Palazzo Campanella alla luce delle nuove novità giudiziarie che lo riguardano".
Quale giudizio si può dare di questo primo scorcio della giunta Scopelliti?
“I giudizi in corso d’opera rischiano sempre di essere sommari, incompleti e frutto delle contingenze. Il Presidente Scopelliti è un eccellente comunicatore e tenta, meritoriamente, di dare una immagine positiva della Calabria. Ma sa bene che questo non potrà bastare. Per accreditare sui tavoli nazionali una regione come la nostra servono riscontri immediati ed atti concreti e tangibili. La crisi economica globale e la situazione italiana impongono rigore, austerity e riforme al pari di piani di sviluppo e di crescita che allo stato latitano. E’ questa la missione primaria del Presidente specie in presenza di una Giunta impalpabile egemonizzata com’è dalla figura del sua figura totalizzante.
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