La Calabria affascina ancora

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 32-35 del 3/09/2011


Briatico 29 agosto 2011


Grande spettacolo della Compagnia di Balletto “Dansepartout” a Briatico

Il coreografo Luc Bouy e il ballerino Gaetano Petrosino innamorati del nostro mare organizzano uno stage di danza concluso con la presentazione del balletto “Isla” e il Primo Galà Città di Briatico, un premio intitolato all'avv. Nino Grasso


Luc Bouy si gode paciosamente il sole immerso nel turchese del mare di Briatico che si riflette nei suoi occhi blu, ne assapora la frescura come se stesse suggendo una aragosta. Sembra un attore del cinema francese, forse Jean Gabin nella pausa di lavorazione di qualche film di Godard. È un famoso coreografo, dicono. Google elenca una lunga serie di link, con nomi altisonanti, Carla Fracci, il Bolscioi, Amici. Un poutpourri che non dà un esatto quadro del personaggio. È molto di più di quello che dicono le fredde righe di una pagina web, un uomo dotato di un fascino particolare che solo la cultura può dare.

Da alcuni anni ci incrociamo sulla stessa spiaggia senza rivolgersi mai la parola, ma stavolta bisogna squarciare quel sottile muro che divide le conoscenze occasionali e impedisce una comunicazione. Il tempo è una ottima scusa, un pretesto per attaccare bottone. Il resto fluisce spontaneamente in maniera naturale. È insieme a un suo amico, Gaetano Petrosino, un ballerino di grande talento che ha partecipato a tanti spettacoli, fa parte dl balletto del San Carlo di Napoli. Da qualche anno ha aperto una scuola di danza a Nocera per continuare la sua passione ed ha costituito la compagnia di balletto “Dansepartout”, insieme a Luc.

Questa estate hanno organizzato uno stage di danza, con uno spettacolo finale, una manifestazione di grande fascino tenutasi nella Piazza centrale di Briatico con una entusiastica partecipazione di pubblico, dove è stato rappresentato lo spettacolo “Isla”, con coreografia di Bouy e la consegna del primo premio “Nino Grasso” che si vuole attribuire ogni anno all’artista calabrese che si sarà maggiormente distinto nell’arte, nella cultura e nello spettacolo. Un successo che è rimasto confinato nei limiti degli eventi estivi poiché non si è data grande risonanza. L’Amministrazione comunale era in tutt’altre faccende affaccendata in bilico tra il commissariamento e il proseguimento dell’esperienza amministrativa già traballante.

L’assenza di un governo cittadino si avverte nella disorganizzazione, nello scarno tabellone estivo, nella spazzatura che ingombra le strade inondate con la fragranza dei suoi effluvi pestilenziali. Una estate da dimenticare in attesa di tempi migliori.

I due sono una “preda” troppo ghiotta per rinunciare a una intervista, e fare il punto sul mondo della danza nella nostra regione.

O.P. - Come siete capitati in questo scorcio di “Costa degli Dei”, che gli dei hanno abbandonato da tempo?

“Per una fraterna amicizia con il compianto Avv. Nino Grasso, un uomo di grande cultura e sensibilità”, al quale abbiamo voluto dedicare questa manifestazione e il primo Galà Città di Briatico a lui intitolato”, risponde Luc Bouy.

“Le nostre figlie frequentavano lo stesso corso di danza e ci siamo ritrovati ospiti nella sua splendida casa di Pannaconi. Splendida per l’accoglienza, la cordialità, la socialità del gruppo di persone che la frequentava. E poi splendida per lo spettacolo offerto da questo mare favoloso, fantastico. Siamo innamorati del posto e della gente”, prosegue convinto Luc Bouy. “Ogni volta che dobbiamo andar via, è una vera e propria sofferenza e pensiamo già al momento in cui potremo tornare”.
“Quest’anno abbiamo deciso, io e Gaetano con la nostra compagnia di balletto di organizzare qualcosa in questo angolo di paradiso. È stata una esperienza esaltante per l’entusiasmo dei ragazzi, un po’ meno da un punto di vista organizzativo, ma siamo decisi a insistere nell’iniziativa, facendo tesoro di questa prima esperienza”

Gaetano Petrosino – Vi sono state vistose carenze, ma alla fine siamo riusciti a concludere. Ci siamo fidati dell’Amministrazione locale poiché avevamo bisogno di avere un rapporto con il territorio, per organizzare l’evento e risolvere i piccoli problemi che si presentavano. Abbiamo riscontrato una evidente incapacità organizzativa unita a una presunzione che impediva di trovare soluzioni adeguate. Ci siamo visti costretti a occuparci direttamente di tutti gli aspetti logistici, come cercare un fabbro per le sbarre o la tipografia per i manifesti. In un certo qual modo questo ha semplificato, perché ci ha consentito di operare in piena autonomia.

O.P. - Voi avete organizzato uno stage di danza con uno spettacolo finale. Un evento importante per lo spessore culturale delle persone coinvolte, che avrebbe dovuto avere una risonanza molto vasta, certamente oltre i confini strettamente localistici, ma è passato come un evento vacanziero un po’ come una delle tante sagre paesane come quella della cipolla o la festa del patrono.

Luc Bouy – Si è quasi completamente ignorata la nostra presenza, per una informazione inadeguate, una sottovalutazione di quanto si stava preparando. Noi volevamo gettare un seme per far crescere un albero rigoglioso, poiché il luogo è incantevole e noi lo frequentiamo da molti anni ormai. Eravamo entusiasti di poter contribuire a farlo conoscere oltre i confini strettamente locali.

Gaetano Petrosino – Solo il giorno stesso della manifestazione finale qualcuno avuto sentore che poteva trattarsi si un evento di grande risonanza. Alla fine qualcuno si è reso conto dell’entusiasmo con il quale i piccoli allievi avevano partecipato allo stage e dall’avere assistito alle prove dello spettacolo.

Luc Bouy – Solo quando hanno toccato con mano si sono resi conto di quanto si stava preparando e hanno cercato di porre rimedio, ma ormai era troppo tardi.

Gaetano Petrosino - Si è trattato di una esperienza breve, ma molto significativa che ha indicato quale dovrebbe essere il percorso per raggiungere traguardi ambiziosi. Si è tentato in extremis di dare una adeguata pubblicità, ma non è stato sufficiente a generare una significativa attenzione.

O.P. - Si potrebbe aggiungere che non si è data alcuna copertura mediatica neanche dopo, per pubblicizzare l’evento e la stessa Briatico. In questo senso si è trattato di una occasione persa. Da spettatore e ospite vorrei aggiungere che si è trattato di una serata molto particolare, di grande fascinazione e con una folta presenza di pubblico, che ha seguito con grande entusiasmo la performance. Si è trattato di un evento culturale di grande rilievo. Certamente il più importante di tutta l’estate briaticese e ben oltre. È stato un vero delitto che se ne siano accorti in pochi. Per la verità bisognerebbe aggiungere che questa è stata l’estate più povera di eventi degli ultimi anni a Briatico. Avrebbe dovuto essere uno stimolo in più per valorizzare quel poco che si è riusciti a organizzare e puntare sulla qualità. Mi ha colpito che pochi tra gli stessi spettatori avesse una chiara percezione della importanza della manifestazione alla quale stavano assistendo. Tuttavia, al di là dell’inadeguatezza dell’amministrazione locale, questo non potrebbe anche essere una conseguenza della scarsa considerazione in cui è tenuta la danza in Calabria?

Luc Bouy – In Calabria? Questo avviene in tutta Italia. L’arte di Tersicore, la musa della danza, è ancora semi sconosciuta, nonostante vi siano in Italia delle étoile di livello mondiale. Manca una qualsiasi attenzione della scuola pubblica e tutto è affidato alla capacità organizzativa dei privati che non riescono a sopperire a questa carenza.

Gaetano Petrosino – Forse la Calabria soffre in misura maggiore per l’inadeguatezza delle strutture, e la scarsa conoscenza del mondo della danza, perché non ci sono scuole valide.

O.P. – Vi è tuttavia una pletora di scuole sparse in tutta la regione. Il successo della stage che avete organizzato dimostra che vi è un grande interesse e le famiglie sono disposte a investire sulla formazione dei propri figli.

Gaetano Petrosino – Vi sono molte scuole ma questo non significa che vi è tanta gente preparata. Non riescono a dare una formazione professionale e una cultura adeguata soprattutto per la mancanza di una metodologia didattica. L’impreparazione metodologica degli insegnanti costituisce il vero punto debole dell’intero mondo calabrese della danza.

Luc Bouy – Vi è una miscela esplosiva di ignoranza e presunzione che impedisce qualsiasi miglioramento della situazione. Il mondo della danza è un mondo piccolo in cui tutti conoscono tutti e tutto, si confrontano le esperienze e la qualità delle varie scuole sparse in tutta la penisola. Vi sono dei punti di eccellenza, come la Scala e il San Carlo di Napoli dove vi sono prestigiose scuole di danza. Ma manca un indirizzo unitario, ciascuno insegue un proprio modello e per il continuo restringimento dei fondi vanno ridimensionandosi. A questo bisogna aggiungere che resta un mondo quasi esclusivamente femminile, poiché vi sono ancora molti pregiudizi sui ballerini. Spesso si confonde la grazia dei movimenti con la virilità. È un pregiudizio molto diffuso. Proprio qui un ragazzino molto dotato è stato pestato dai suoi coetanei in una rissa scatenata dalle battute allusive molto grevi. È stato costretto a combattere contro un branco per dimostrare la sua forza e il suo coraggio.

O.P. - Coloro che gestiscono queste scuole vantano curriculum prestigiosi, con tanto di diplomi e corsi di specializzazione conseguiti in istituti dai nomi altisonanti. Perché non riescono a trasmettere la loro conoscenza?

Gaetano Petrosino – In generale si tratta di persone che hanno una discreta preparazione tecnica, ma non hanno alcuna formazione didattica. Il pas d’adieu e la frequenza di corsi di perfezionamento successivi, non danno automaticamente gli strumenti per poter insegnare.

O.P. – Si può essere bravi ballerini e pessimi maestri. La scarsa qualità non potrebbe essere provocata dalla scarsezza del materiale umano, dallo scarso numero e dalla poca talentuosità degli allievi, dal fatto che la danza è un’attività di ripiego non sufficientemente valorizzata? Ritenete che la Calabria ha un handicap particolare come numero di persone che frequentano i corsi di danza e qualità degli allievi?

Gaetano Petrosino – No, no. La danza occupa un posto importante nella formazione dei giovani, e le famiglie sostengono costi molto rilevanti - e notevolmente maggiori se confrontati con quando avviene altrove. In più devono affrontare disagi logistici per assicurare la frequenza dei corsi. La verità è che qui non ci sono bravi insegnanti. Il saggio di fine anno costituisce una occasione per impinguare la cassa con costi esorbitanti per le famiglie con abiti di scena pagati a peso d’oro. Inoltre costituisce un alibi per interrompere il flusso delle lezioni e dedicare tutto il tempo alla sua preparazione, che dovrebbe avvenire al di fuori delle ore curricolari senza interruzione della didattica. Nella regione vi sono grandi potenzialità che restano inespresse proprio per le carenze organizzative e strutturali. Il materiale umano è superiore a qualsiasi altra realtà, qui si sono molti talenti naturali che in un altro contesto potrebbero assurgere a étoile internazionali. Vi è proprio a Briatico un ragazzo di dieci anni, Francesco, che è un vero fenomeno nonostante non abbia ricevuto un adeguato sostegno didattico. Ha una predisposizione naturale e potrebbe avere un futuro nei migliori teatri nazionali e internazionali. Lo teniamo sotto osservazione in attesa che possa continuare la sua formazione in accademia.

O.P. – La danza è una opportunità non colta per la nostra regione?

Gaetano Petrosino – Credo proprio di si. Noi qui abbiamo trovato un grande vivaio, una cantera eccezionale per dirlo con un termine oggi alla moda, un materiale umano predisposto in maniera naturale alla danza, che viene disperso, poiché né i genitori né i figli percepiscono questo talento e non riescono a trovare una sbocco professionale. Da canto loro le scuole nuotano nella mediocrità, che gli consente di restare a galla. Non voglio dire che potrebbero tutti trovare una collocazione in una compagnia di balletto, poiché parliamo di numeri molto ristretti. Si potrebbero formare tanti professionisti di ottimo livello. Ecco la colpa degli insegnati o dei gestori di queste scuole è quella di non far capire fino in fondo quali sono le reali capacità degli allievi e nascondere la loro stessa limitatezza.

O.P. – Per la vostra lunga esperienza è possibile immaginare qualche correttivo per migliorare la didattica in queste scuole?

Luc Bouy – È certamente difficile da dire cosa potrebbe migliorare in maniera sostanziale la situazione. Bisogna avere la formazione e la preparazione giusta. Bisogna fare un grande investimento sui docenti che costituiscono il vero anello debole della catena. A questo bisogna aggiungere strutture adeguate per poter formare adeguatamente chi è veramente capace. Il sistema impone che per poter quadrare i bilanci bisogna puntare sul numero, sulla scarsa selezione poiché un giudizio poco lusinghiero può tradursi in un abbandono e, di conseguenza, a una decurtazione di ricavi.

O.P. – Nel caso della danza osserviamo un paradosso. L’inefficienza è associata generalmente al sistema di istruzione pubblico, mentre le scuole di danza sono tutte private e con rette mensili che non si possono certamente definire basse, anzi sono un vero e proprio salasso per le famiglie ma non riescono a offrire qualità, a quanto avete affermato.

Luc Bouy – Questo dipende dal fatto che la danza viene considerata un business e la preoccupazione fondamentale dei gestori è quella di carattere economico-finanziaria. Conta molto di più il pareggiamento dei conti che la qualità del servizio e ogni occasione è buona per chiamare le famiglie a contribuire economicamente. Si pensa esclusivamente a fare i soldi e non vi è nessuno che li può giudicare o valutare lo standard formativo. Le Commissioni di esami sono formati da persone con scarsa professionalità preoccupate di non deludere nessuno per evitare di perdere un cliente.

O.P. – Le commissioni sono nominate dalle stesse scuole, che scelgono tra le persone amiche o malleabili. Anche i grandi nomi però si prestano al gioco.

Gaetano Petrosino – Spesso si nominano personaggi di grande prestigio pagati molto profumatamente, che si limitano a dare dei consigli sulla disciplina, la qualità della prestazione, il portamento che spesso vengono disattesi. Alle famiglie il sistema viene “venduto” come una garanzia della qualità della formazione. Nello stage che abbiamo tenuto a Briatico alcuni genitori hanno chiesto il motivo di tanta disparità di preparazione tra le varie scuole di provenienza degli allievi. I maestri hanno cercato di addossare la responsabilità sulla presunta pigrizia degli allievi. È ben noto che una preparazione seria richiede rigore e disciplina, impegno e costanza che devono essere imposti. Alla fine saranno i risultati a compensare i sacrifici. Il riscontro della loro preparazione fornisce le motivazioni necessarie per accettare una maggiore durezza nell’insegnamento. In nostri ragazzi hanno visto il percorso, hanno avuto modo di conoscere quale poteva essere il grado di miglioramento che potevano ottenere e si sono sottoposti volentieri allo sforzo che veniva loro richiesto.

Luc Bouy – Divertendosi anche, perché non è stato solo un sacrificio, ma uno sforzo per migliorare sé stessi che hanno accettato di buon grado. I ragazzi sanno ben valutare quando viene fatto uno sforzo per migliorare la loro preparazione e seguono entusiasmo.

O.P – Vi è a livello nazionale un’Accademia di Danza, cosa impedisce di creare una scuola, di uniformare i sistemi di insegnamento, nominare una commissione di controllo. Voi stessi affermate che si tratta di un piccolo mondo. Perché non si riesce a governarlo a creare una Scuola italiana, come quella russa, bulgara o francese?

Gaetano Petrosino – In Francia vi è una unità pedagogica che dà una strutturazione all’insegnamento. Bisognerebbe togliere la centralità all'Accademia Nazionale di Danza, che si reputa l’unica depositaria dell’arte tersicorea. È l’unica struttura statale e non dovrebbe disinteressarsi dell’orientamento didattico delle scuole legate al territorio. La Scuola della Scala ha un suo percorso d’indirizzo russo, il Teatro dell’Opera di Roma segue un filone franco-americano adesso un po’ cubano, il San Carlo di Napoli segue la vecchia scuola italiana con una forte influenza russa. C’è una grande confusione.

O.P. – Questo può anche essere un arricchimento, uno scambio di esperienze proficuo per migliorare la varietà e la qualità delle proposte.

Gaetano Petrosino – Il problema è che qui regna l’anarchia, non vi è alcuno scambio di esperienze tra le varie scuole, ciascuno va per conto suo e questo inibisce la crescita.

Luc Bouy – In Francia vi sono dei conservatori regionali che fungono da coordinamento delle attività didattiche ed artistiche sul territorio.

O.P. – Secondo voi sarebbe auspicabile un monitoraggio, un controllo e un coordinamento delle scuole operanti sul territorio da parte dell’Accademia Nazionale di Danza?

Luc Bouy – Rispetto alle altre esperienze europee, qui vi è una eccessiva politicizzazione delle scelte che non sarebbe ammissibile altrove, che sono il frutto di lotte di potere senza alcuna giustificazione tecnica. Il caso della Fracci mi sembra emblematico. Rappresenta l’emblema della danza nel mondo e rappresenta l’Italia come massima autorità nel settore. Dopo dieci anni di permanenza al Teatro dell’Opera come direttrice dl Corpo di Ballo che ha portato al massimo livello internazionale con produzioni e ricerche coreografiche con i migliori artisti del mondo. Il nuovo sindaco Alemanno l’ha rimossa per motivazioni di carattere esclusivamente politiche. È l’unica grande artista con una conoscenza del settore a livello realmente planetario.

Gaetano Petrosino – Al suo posto è stato nominato un belga, Micha Von Hoecke di provata fede politica. Senza nulla togliere alla sua artisticità, alla sua creatività non è certo un personaggio di caratura internazionale paragonabile alla Fracci. E in Italia avevamo altri nomi molto conosciuti e apprezzati come Liliana Cosi, una star italiana che si è formata nella scuola sovietica. Per formazione politica e esperienza personale ha deciso di creare una sua scuola per portare la danza anche nelle piccole realtà. In Italia manca una compagnia nazionale, mentre i corpi di ballo stanno lentamente sparendo: il San Carlo ha una ventina di persone, Palermo sta morendo, Trieste e Torino sono già sparite, a Verona resteranno in dieci in termini di pochi anni.

O.P. – Per quale motivo spariscono? Per mancanza di fondi? Perché l’arte non riesce a generare dei flussi significativi per potersi sostenere, o almeno dare un contributo sostanzioso alla sua autosufficienza? La dipendenza dai fondi pubblici crea quel legame pernicioso con il potere politico da voi stessi denunciato.

Luc Bouy – Questo richiederebbe una organizzazione efficiente a tutti i livelli, un ripensamento del modo di gestione del settore. Soprattutto in questo momento di crisi è inutile chiedere un intervento politico poiché questo governo è scarsamente sensibile ai problemi dell’arte e della cultura.

Gaetano Petrosino – Negli organismi di gestione e nella scelta degli artisti non sempre si selezionano gli elementi migliori, i più significativi che potrebbero dare un contributo importante per un radicamento della danza nella società.

O.P – Cosa impedisce di utilizzare la danza per vivacizzare le estati di regioni caratterizzate da un grande flusso turistico, come la stessa Calabria? Vi sono centinaia concerti musicale, ma gli spettacoli di danza sono mosche bianche.

Gaetano Petrosino – La danza è la Cenerentola tra le arti e stenta a trovare spazio nelle manifestazioni culturali poiché è percepita ancora come un fenomeno elitario.

Luc Bouy – La televisione ha aperto un sipario sul mondo della danza con trasmissioni come quella della De Filippi. Ha contribuito a far lievitare il numero degli iscritti nelle scuole di danza, ma non è servita ad aumentare la qualità. La gente si è avvicinata alla danza e alla scuola di danza, ha toccato un pubblico che forse non avrebbe mai avuto conoscenza di questo mondo.

Gaetano Petrosino – Sotto un altro profilo ha diffuso la convinzione che sono sufficienti poche settimane per creare un ballerino professionista, mentre si tratta di una preparazione faticosa, di un percorso di molti anni. Molti hanno avuto la possibilità di apprezzare il gioco delle punte, uno squarcio del repertorio classico tardo romantico o ottocentesco, hanno avuto l’opportunità di conoscere le musiche dei balletti, apprezzare le movenze dei ballerini e la sensualità delle figure, cimentarsi con il carattere allegorico delle rappresentazioni, dove la narrazione è fantasia, il filo logico è il sentimento. L’armonia della scena è certamente frutto di un intenso lavoro, di una preparazione tecnica rigorosa, ma questa non è sufficiente a trasformarla in arte. Il vero ballerino è colui che riesce a trasformare la tecnica in emozione. Il successo televisivo non coincide né con la sensibilità artistica né con la qualità tecnica, assicura un momento di gloria ma alla fine quello che conta è una robusta preparazione. Non deve passare il messaggio che una settimana di studio possa consentire di affrontare il grande repertorio classico.

O.P. – Cosa chiedereste per rinnovare il vostro amore e l’interesse per la Calabria, cosa potreste offrire a questa terra per aiutarla a superare questo momento di difficoltà e di crisi? La prima esperienza non può considerarsi esaltante,

Luc Bouy – Un evento per quanto importante lascia un segno labile, scalfisce la superficie. Qui sarebbe necessario una continuità, una vera e propria scuola di livello internazionale, proprio per la presenza di una grande ricchezza umana, di una naturale predisposizione alla danza. Bisognerebbe concentrarsi sulla formazione dei docenti, per creare una scuola, per dare una opportunità a questi talenti.

O.P. – Possiamo immaginare una festa internazionale della danza proprio qui a Briatico, per far dimenticare la spazzatura, la mancanza di servizi, la carenza di infrastrutture?

Luc Bouy e Gaetano Petrosino (in coro) – Magari.

O.P. – Magari, perché? Cosa osta, quale difficoltà lo impedisce?

Luc Bouy e Gaetano Petrosino – L’organizzazione, la logistica, l’umiltà nel costruire, la disponibilità delle autorità locali, il pragmatismo. Un evento importante non può nascere in qualche giorno, bisogna lavorarci un anno intero e predisporre minuziosamente ogni dettaglio. Qui è impresa titanica, ma nonostante tutto l’anno prossimo noi saremo qui a godere di questo mare, di questo sole, di questo meraviglioso clima. E tentare ancora una volta di ripetere questa esperienza.

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