Se non scappi ti sposodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno X num. 38 del 24/09/2011 |
Rende, 22/9/2011
Quale futuro per la BCC di Cosenza?
Il matrimonio tra Banca Sviluppo e BCC sembrava ormai deciso e resta l'ipotesi più probabile. Sembra tuttavia che si stanno ancora valutando tutte le ipotesi. La “due diligence” che è l'atto preliminare per avviare l'acquisizione non è iniziata. Si va alla ricerca di una consorella che si candidi ad assumersi l'onore del risanamento. Sempre che ci sia ..
Michele Aurelio – La Federazione costituisce l’organismo di coordinamento dellìattività delle BCC sul territorio. In questi giorni abbiamo registrato molti articoli di stampa, fino a stamattina con un intervento di Nicola Adamo e stiamo preparando un comunicato stampa. Per la prima volta la Federazione interviene sulle situazioni di crisi, in particolare, sulla BCC di Cosenza. Questo perché fino ad ora tanto la Federazione regionale che il nostro organismo nazionale ha ritenuto di dover lavorare in silenzio per trovare soluzioni ai problemi che si presentavano sul territorio. A volte le notizie le notizie possono essere travisate.
OP – Sabato scorso la città è stata inondata da una locandina di un quotidiano locale con una notizia molto inquietante: “Chiude la Banca di Cosenza”. Non si tratta di una notizia inesatta, ma pericolosa e in grado di provocare quello che una volta si chiamava “il panico dei depositanti”. Per fortuna nessuno vi ha dato eccessivo peso.
Michele Aurelio – La preoccupazione che si potessero diffondere allarmi ingiustificati, ci ha indotto a mantenere il silenzio sulle vicende delle nostre associate. Questo non significa che siamo rimasti passivamente a osservare. Quando parliamo di amministrazione straordinaria, il soggetto interessato non è soltanto la banca, ma vi sono interessati una pluralità di attori. In primis, i commissari, che sono i veri dominus della procedura e devono avere la tranquillità di lavorare in pace per governare la banca in un momento di crisi. La Banca d’Italia, a cui loro riferiscono, che deve acquisire gli elementi per una decisione ponderata nell’interesse dei depositanti, della banca commissariata e del territorio. Cosa può fare e cosa fa la federazione e il movimento nazionale? Il suo compito è quello di dare ai commissari il sostegno tecnico, poiché noi conosciamo il territorio e dei meccanismi che regolano il mercato locale del credito.
OP – Una delle critiche ricorrenti è il ritardo con cui interviene la Banca d’Italia. Non sarebbe forse più opportuno un auditing, un controllo continuo che consenta un aggiustamento progressivo, in maniera tale da evitare il trauma del commissariamento?
Pasquale Giustiniani – La Banca d’Italia ha delle regole. In qualità di organo di Vigilanza procede a delle ispezioni periodiche rilasciando dei report nei quali vengono elencati i rilievi e le problematiche emerse in sede ispettiva. Nel report successivo si sanzionano quelle irregolarità precedentemente segnalate che non sono state eliminate. Non si arriva al commissariamento per delle anomalie, ma perché è successo qualcosa di grave. Sotto questo profilo è verissimo che quando la Banca d’Italia prende un provvedimento è tardi perché la banca interessata non ha saputo correggere i propri errori.
OP – La crisi di una banca non si verifica all’improvviso, vi sono dei sintomi premonitori, che segnalano l'insorgenza di difficoltà. Sarebbe quello il momento opportuno per degli interventi correttivi. Nel caso della BCC di Cosenza, la Banca d’Italia aveva segnalato che vi era una governance inadeguata. Qui non si tratta di dare un giudizio sulle qualità personali, ma ci si riferisce esclusivamente alla competenza rispetto al compito di gestire un istituto di credito.
Pasquale Giustiniani – È necessaria una riflessione. La Banca d'Italia aveva già fatto una ispezione e aveva messo in rilievo delle problematicità, ma non esistevano i presupposti per il commissariamento.
OP – Si metteva tuttavia in rilievo l'inadeguatezza dell'organo, che è stato tenuto in piedi fino alla ispezione successiva che si è rivelata fatale per i destini della banca.
Michele Aurelio – Cosa può fare la Federazione? Non abbiamo strumenti d'intervento, la risposta deve venire dalla stessa banca interessata. La stessa Banca d'Italia non ha poteri d'intervento diretto, non può delegittimare gli organi di una banca.
OP – Può però ricorrere alla “moral suasion”, che spesso è molto più efficace di un'azione sanzionatoria. Basti ricordare la figura di Guido Carli che era allergico alle sanzioni, ma imponeva scelte dolorose. Non scriveva report, ma convocava l'interessato e gli diceva semplicemente “tu te ne devi andare!”. Un imperativo che veniva sempre rispettato perché si temevano le conseguenze che avrebbe comportato una disobbedienza.
Mario Besta – Era un'altra Banca d'Italia. Sono cambiati i tempi. Oggi quei comportamenti sono impensabili.
Michele Aurelio – In quel momento storico, la legislazione vigente dava alla Banca d'Italia una funzione e un ruolo molto più ampio di quello attuale. Il sistema era dirigista e consentiva interventi anche su singoli aspetti della gestione bancaria.
OP – Il sistema delle BCC ha un carattere localistico. Si può dire che si tratta di una grande famiglia che richiede la figura del “pater familias” con una “auctoritas” in grado di imporre delle soluzioni e correggere le distorsioni.
Michele Aurelio – La Federazione aveva già attuato una sorta di “moral suasion”. Quando i report della Banca d'Italia segnalavano delle criticità nella governance degli istituti è intervenuta con i necessari correttivi agli organi di governo. Per questo è necessaria una collaborazione da parte degli stessi istituti interessati che devono rappresentare correttamente la loro condizione, poiché se invece si affannano a tranquillizzare e smentire i rilievi formulati in sede ispettiva, non vi è alcuno strumento coercitivo che ci consente di intervenire. Quando esplode la crisi, la Federazione si ritrova a dover gestire una situazione molto ingarbugliata che presenta poche vie di uscita. “Quannu trona, chiove”. Spesso si vogliono ignorare i segni premonitori nella convinzione che nessuno si accorga della polvere sotto il tappeto.
Mario Besta – La situazione è in continua evoluzione. Oggi la tecnologia informatica consente controlli a distanza che non vi erano sono due anni fa. La situazione dovrebbe in questo senso migliorare sensibilmente e consentire alla stessa Federazione di giocare un ruolo molto più attivo. Adesso la Banca d'Italia può seguire a distanza l'evoluzione delle banche, verificare di giorno in giorno le azioni intraprese per eliminare i rilievi emersi in sede ispettiva. Questo gli da la possibilità di intervenire in maniera più rapida e incisiva senza aspettare che la situazione precipiti. Teniamo conto che ogni BCC è un soggetto autonomo, molto geloso a giusta ragione della sua autonomia, per cui molto dipende dalla sensibilità dei soggetti poiché non si può violentare la natura di tali istituti. Se si nasconde la verità e si vuole agire da soli per superare delle difficoltà insormontabili la situazione rischia di incancrenirsi. Il tempo gioca una partita decisiva, poiché fin tanto che non arrivano gli ispettori della Banca d'Italia e vengono presi i provvedimenti necessari si produce un danno spesso irreparabile.
Michele Aurelio – Senza una certificazione dello stato di difficoltà non è possibile alcun intervento.
OP – In che misura la crisi del sistema delle BCC può essere attribuita all'avversa congiuntura economica e in che misura alla cattiva gestione degli istituti? La crisi ha un carattere esogeno, la subiamo. Il vero problema è se la Calabria esprime una classe dirigente in grado di governare le BCC e traghettarle oltre la crisi.
Mario Besta – Purtroppo gli effetti della crisi si riverberano in maniera molto più accentuata sulle BCC, poiché noi siamo banche veramente locali. Se operiamo in un territorio come quello calabrese, che sembrerebbe la regione più povera non solo dell'Italia ma addirittura dell'Europa, noi la subiamo tutta. Il Banco di Napoli o il Credit può scaricare altrove quei problemi e come se avesse una filiale che non va troppo bene, poiché opera in un contesto nazionale o internazionale. Il problema della Calabria viene ammortizzato.
Pasquale Giustiniani – Vorrei aggiungere un'ulteriore considerazione. Le BCC operano in maniera diversa rispetto alle grandi banche tanto in tempo di crisi che di congiuntura favorevole. Non hanno l'obbligo del rating, il che significa che si esalta il rapporto personale, della conoscenza degli uomini e delle cose. Questo è il motivo per cui molte decisioni creditizie vengono demandate al Consiglio di Amministrazione che è espressione del territorio e ne interpreta i bisogni e gli umori. Il merito creditizio è il risultato della sintesi tra il dato contabile e la conoscenza personale. In secondo luogo la crisi è piombata all'improvviso e ha provocata una restrizione creditizia da parte delle grandi banche, che ne hanno avvertito immediatamente gli effetti. Vi è stata un pressione sulle BCC che si sono assunte il compito di sostenere famiglie e imprese in un momento di loro palese difficoltà. Gli stessi clienti non percepivano esattamente le cause di quelle difficoltà ritenendo di attraversare uno dei tanti momenti di stasi dell'attività. Oggi abbiamo tutti una maggiore consapevolezza del grave momento che stiamo attraversando. Mario Draghi ha riconosciuto il grande sforzo sostenuto dalle BCC che hanno impedito il collasso dell'intero sistema economico. “Per fortuna che c'erano le banche cooperative in Italia, se non ci fossero state in Italia si sarebbe verificata una tragedia immane”, ha affermato in più di una occasione.
Michele Aurelio – Noi ci siamo sporcati le mani per salvare il sistema.
OP – Oggi però sono le BCC la tragedia dell'economia, poiché sono state infettate dal morbo della crisi.
Michele Aurelio – Noi guardiamo il sistema del credito cooperativo e constatiamo che è un sistema in crisi. Dobbiamo però sottolineare che noi viviamo in simbiosi con le aziende e con le famiglie, che a loro volta sono in difficoltà. Non si possono risanare i bilanci delle BCC senza risanare i bilanci delle aziende e delle famiglie. Noi siamo un ammortizzatore sociale, il nostro destino è legato a quello dell'economia locale.
OP – Questo pone un problema molto serio, poiché le banche non possono trasformarsi in enti assistenziali poiché questo ne stravolge la natura e mette a repentaglio la loro stessa sopravvivenza. Il raccordo deve essere trovato nel sistema dei confidi che dovrebbero svolgere la funzione di ammortizzatori offrendo a famiglie e imprese le garanzie necessarie per fruire del sistema del credito. Qui è ancora un sistema debole, frantumato che non dà esso stesso una garanzia di professionalità e corretta gestione.
Pasquale Giustiniani – Non a caso il dott. Besta parlava dei problemi della Calabria. Possiamo pensare che il sistema dei confidi sia immune dai difetti denunciati?
OP – Ma in quel caso vi è un macroscopico problema di gestione. Le BCC possono affermare di avere interiorizzato la crisi, perché sono entrato in crisi i nostri soggetti. Nel caso dei confidi nella maggioranza dei casi si tratta di cattiva gestione, di mancanza di procedure, di controlli.
Pasquale Giustiniani – Proprio per tale motivi confidi e cofidi si stanno trasformando tutti in soggetti vigilati ex articolo 107 (della Legge Bancaria). Seppur lentamente il sistema sta cambiando. Gli effetti non saranno immediati, ma si avvia una fase positiva.
OP – In questo la Calabria registra un ritardo intollerabile. Il sistema delle BCC avrebbe dovuto trovare un sostegno proprio nelle garanzie. C'è da preoccuparsi quando la politica intende occuparsi del sistema creditizio, poiché non ha mai avuto un progetto. Gli interventi hanno sempre un carattere clientelare e tendono a favorire qualche lobby locale e non trovare soluzioni tecnicamente idonee. Mi chiedo cosa potrebbe fare la Regione. L'intervento più razionale è quello di intervenire a favore delle famiglie e delle imprese attraverso i confidi per consentire la ristrutturazione del debito e restituire patrimonio di vigilanza alle banche locali.
Michele Aurelio – Il credito cooperativo ha ben presente l'importanza strategica un razionale sistema delle garanzie tanto da avere nella sua totalità sposato e favorito la creazione della Banca di Garanzia, per la quale si lamentano ritardi. Occorre ricordare che la nascita di una banca è un parto difficile che richiede tempi molto lunghi, soprattutto quando si tratta di un credito cooperativo. Per costituire la piccola banca che presiedo sono stati necessari sette anni per la costituzione e un altro anno e mezzo per renderla operativa. Le nostre BCC hanno colto l'importanza di un tale strumento e hanno cercato di veicolare l'informazione nei confronti dei loro soci e dei clienti. Bisogna attendere perché ci vuole il tempo tecnico, ma quella credo sia la strada giusta.
OP – Come Federazione cosa chiedete alla politica, che è il soggetto economico più importante del territorio, per aiutarvi a superare questo momento di difficoltà?
Pasquale Giustiniani – Non abbiamo una ricetta per superare la crisi, ma stiamo sottoscrivendo delle convenzioni con soggetti ex-art. 107, per offrire alla clientela una garanzia valida ai fini della ponderazione del capitale di vigilanza, che consente di ampliare l'operatività delle banche. In più stiamo spingendo le nostre associate a servirsi della garanzia del Mediocredito Centrale, che interviene per le piccole aziende e le famiglie, la tipica clientela delle BCC. Questo consente anche di assistere le imprese in difficoltà che oggi non avrebbero il merito creditizio per accedere al credito, ma hanno dei fondamentali che gli consentono di poter superare la crisi.
OP – Casualmente la politica è stata dimentica in questo discorso.
Michele Aurelio – Noi stiamo facendo la nostra parte. La politica dovrebbe avere una visione sistemica e non intervenire sui casi specifici poiché vi sono già gli organi preposti che hanno le competenze e le professionalità necessarie per dare delle risposte tecnicamente corrette. Giovanni Paolo II diceva: “ prendete in mano il vostro destino e fatene un capolavoro”. Questo è quanto i calabresi devono fare, abbandonando la logica assistenzialistica, la politica della mano tesa.
OP – In questo senso l'intervento della Banca Sviluppo per rilevare la BCC di Cosenza va nella direzione opposta. A prescindere da qualsiasi altra valutazione, la perdita della classe dirigente è un depauperamento del territorio. Può essere aiutata a crescere, ad assumere un atteggiamento più manageriale, ad abbandonare la logica clientelare invocando sempre specificità territoriali. La sua scomparsa si accompagna alla perdita delle menti più giovani e dinamici costrette a emigrare. In queste condizioni è difficile immaginare un futuro per questa regione. La perdita delle direzioni generali dei grandi istituti di credito meridionali non è stata solo la scomparsa di centri finanziari, ma di luoghi di formazione della classe dirigente. Un territorio senza una classe dirigente perde capacità di reazione.
Michele Aurelio – La soluzioni delle crisi bancarie richiedono una iniezione di capitali significativi che è difficile reperire sul territorio. Quando si finisce in deficit, bisogna prima di tutto ripianare il deficit per ripartire. Questo può essere ottenuto in vari modi, tenendo presente che si tratta di cifre importanti e che bisogna trovare un accordo tra tutte le parti interessate, Commissari, Banca d'Italia, Federazione, Fondo di Garanzia e non è un processo automatico poiché tutti si devono convincere della bontà della soluzione. La prima istanza è sempre quella di rimettere in bonis la banca per restituirla al territorio, ma non sempre questa è una strada percorribile, anzi si rivela sempre molto difficile. Noi abbiamo sempre favorito soluzioni “in house”, all'interno dello stesso sistema delle BCC calabresi, cercando delle consorelle che si accollassero l'onere del risanamento con operazioni di fusione o incorporazione. I problemi principali sono sempre due: il capitale e la qualità della governance. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto abbiamo sempre tentato di intervenire in anticipo per assicurare competenza e professionalità agli organi di gestione incontrando spesso resistenze, poiché vi erano posizioni consolidate di potere interno. La questione del patrimonio è più complicata poiché ricorrere alla stessa compagine sociale in questo frangente di difficoltà di famiglie e imprese è una strada impraticabile. Non sempre è poi possibile trovare una BCC che abbia le capacità finanziarie e tecniche per assumersi l'onere del risanamento e bisogna allora ricorrere a interventi esterni ma nell'ambito del sistema cooperativo, attraverso la Banca Sviluppo. Dobbiamo evitare di ripetere gli errori del passato. Abbiamo già perso una BBC di Cosenza.
OP – La Banca Sviluppo nasce proprio per salvare quella banca.
Pasquale Giustiniani – Erano gli anni in cui diverse BCC entrarono in crisi. Ricordo che la BCC di Curinga, la più grande e importante della Calabria fu assorbita dal Credem, subito dopo ci fu la crisi di Cosenza.
Michele Aurelio – L'idea nasce li, in quel frangente si voleva avere a disposizione un salvagente.
OP – Oggi però la Banca Sviluppo è un soggetto problematico, per la distribuzione degli sportelli, l'organizzazione gestione. E poi non è espressione del sistema delle BCC, ma solo di alcune di esse. Si tratta di un organismo “privato”.
Mario Besta – La sua organizzazione e la sua natura riflette il modo con cui è intervenuta nelle crisi dei singoli istituti.
Michele Aurelio – Banca Sviluppo ha come mission quella di intervenire a sostegno della BCC in crisi, e questo si riflette nella distribuzione territoriale degli sportelli. Il suo compito è risanarle per restituirle al territorio, questa è la sua filosofia.
OP – Una operazione tecnicamente impossibile perché manca la base societaria, occorrerebbe un processo di rinascita con la costituzione di una nuova BCC. In questi anni questo non si è mai verificato.
Mario Besta – A breve alcune si sta pensando a una operazione del genere per ridare vita ad alcune realtà locali. Questa sarà fatto con la costituzione di una nuova banca alla quale saranno cedute attività e passività inerenti l'attività locale.
Michele Aurelio – In qualità di componente della Federazione Nazionale posso dire che vi è il progetto di trasformare Banca Sviluppo in una banca del sistema delle cooperative, mentre oggi appartiene solo ad alcune di esse. Sarà quindi il sistema a dettare le regole per la restituzione in bonis degli istituti incorporati e risanati. Sarebbe auspicabile che il suo intervento fosse accompagnato da un piano di risanamento in cui fosse quantificato l'entità dell'intervento e la durata stabilendo a priori i tempi e modi per ricreare l'istituto incorporato, stabilendo anche il prezzo di cessione.
Mario Besta – La Banca Sviluppo non ha finalità di lucro, ma l'obiettivo di risanare le BCC in difficoltà. È già sufficiente che possa rientrare dell'investimento effettuato che gli consente di ricostituire il suo patrimonio per nuovi interventi, per cui il prezzo di cessione potrebbe essere anche simbolico.
Michele Aurelio – L'intervento della Banca Sviluppo avviene solo dopo aver esplorato tutte le altre alternative, questo è un punto fermo della Federazione.
OP – Il continuo assottigliamento del numero delle consorelle mette a rischio la stessa sopravvivenza della Federazione come già avvenuto per la Basilicata.
Michele Aurelio – È giusto ragionare su queste cose, poiché non vi è dubbio che se diminuisce il numero delle BCC diminuisce anche la capacità finanziaria della Federazione, ma il nostro è un organismo consolidato e svolge un ruolo molto attivo. È intervenuto attivamente in molte operazioni di salvataggio, e le BCC hanno dato una dimostrazione di grande coesione e solidarietà reciproca, dichiarandosi solidalmente disponibili a sostenere le consorelle in crisi.
Mario Besta – Dobbiamo dire che oggi non è stata adottata alcuna decisione definitiva per la BCC di Cosenza. Sono state esplorate tutte le possibili opzioni. L'intervento di Banca Sviluppo richiede una operazione di “due diligence”, ma se decidiamo per una operazione all'interno delle BCC i dati sono disponibili in Federazione e non vi è bisogno di alcun accesso alla banca. La nostra preoccupazione è quella di limitare al minimo i sacrifici e mantenere la banca all'interno del movimento cooperativo. Solo nell'ipotesi che dovesse essere posta in liquidazione coatta amministrava o che venisse rilevata da un banca di credito ordinario si avrebbe la perdita della qualità di banca cooperativa. Banca Sviluppo è comunque una banca del movimento.
Michele Aurelio – Qualche puntualizzazione anche sulla Federazione calabrese. Stiamo attraversando un periodo di difficoltà e cerchiamo di trovare la via per superarla, ma non vi è alcuna idea di azzerarla. A livello nazionale vi è la consapevolezza che la federazione calabrese va conservata perché le piccole e piccolissime banche hanno bisogno di un organismo di riferimento sul territorio per affrontare insieme le difficoltà che incontrano nel loro operare. I presidenti hanno la sensibilità e la volontà di mantenerlo in vita. Spesso viene confusa la sinergia che è necessaria tra le federazioni, poiché la complessità di moderni sistemi finanziari richiedono interventi che hanno bisogno di grandi investimenti. C'è la consapevolezza di dover mettere a rete le eccellenze, come il sistema di auditing che la Calabria ha insieme alla Puglia, che potrebbe essere esteso a tutto il sistema.
Mario Besta – Vi sono molti altri servizi che potrebbero essere centralizzati senza mettere in discussione l'esistenza delle Federazioni regionali.
Michele Aurelio – Sentiamo oggi il bisogno di pubblicizzare la nostra attività perché la nostra riservatezza non venga scambiata per disinteresse nei confronti delle difficoltà che stiamo attraversando. Deve essere chiaro però che il sistema è solido e da una assoluta garanzia a tutta la clientela, ai depositanti che hanno tutte le forme di tutela e non sono esposti ad alcun rischio, e gli affidati che non saranno abbandonati
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