BCC di Cosenza: quale futuro?

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 39 del 1/10/2011


Rende, 30/9/2011


Una pausa di riflessione prima di porre termine al commissariamento

La Banca Sviluppo era già pronta ad assumerne il controllo. L'improvviso interesse attorno alle sue sorti ha indotto a una pausa di riflessione, ma ancora mancano proposte alternative. Spunta però un Comitato di soci che vorrebbe inseguire il sogno della resurrezione della banca. Una via impervia, piena di difficoltà inesplorate, tuttavia di grande interesse per il territorio ...


La soluzione appariva scontata e già sperimentata in loco, in un irreale silenzio di tutti, enti locali, associazioni datoriali, sindacati. La BCC di Cosenza si preparava a uscire di scena cadendo tra le pietose braccia della Banca Sviluppo, che accogliendola nel suo seno le garantiva la sopravvivenza al prezzo simbolico della sua storia. Sarebbe diventata uno dei tanti fantasmi bancari che si aggirano sul Mezzogiorno. Di tanto in tanto ricompaiono per celebrare la propria nascita o il proprio funerale. Serve a tenere a mente le tante ingiustizie subite dal Sud, oggetto di spregi e sberleffi da parte dei ricchi connazionali del Nord, preoccupati degli sghei, ma poco interessati a polemiche dal sapore antico. Qualche giorno fa, ad esempio, è stato celebrato il 150° anniversario della fondazione della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania. Una ottima occasione per qualche furtiva lacrimuccia accompagnata da sdegnati sospiri per la gloria perduta.

Lasciando queste divagazioni distrattorie torniamo alla BCC di Cosenza e cerchiamo di rispondere a qualche interrogativo.

Perché si è messa in discussione la soluzione Banca Sviluppo? Aveva tutte le caratteristiche per garantire la continuità della gestione ma non dell’Istituto, salvaguardare i depositanti e i clienti della banca.

Le ragioni principali sono tre: si snatura il ruolo e la funzione dell’istituto, si perde il carattere locale e il rapporto con il territorio, si distrugge un centro decisionale e di formazione di una classe dirigente. Non si può pretendere di avviare un qualsiasi processo di sviluppo del Sud se si continua a disperdere ogni strumento di autogoverno. Sarà pure per questo che i giovani fuggono alla ricerca di un futuro, come denuncia l'ultimo preoccupato studio Svimez.

Sotto un profilo più strettamente tecnico si deve osservare che la Banca Sviluppo non ha la dimensione, il capitale, la redditività, il management e l’esperienza per poter garantire il successo di una operazione così impegnativa. Il caso della BCC di San Vincenzo La Costa dimostra con tutta evidenza quali sono i limiti e le difficoltà incontrate e la sostanziale impreparazione ad affrontare un compito che appare esorbitante rispetto alle sue capacità organizzative. L’operazione San Vincenzo è passata tra l’indifferenza generale e dopo soli pochi mesi si sono evidenziate carenze ed inefficienze, ma soprattutto un diffuso malcontento tra la clientela. Una sorta di rassegnazione per un destino segnato, una fatalità ineluttabile. Non ha trovato attenzione da parte di politici, imprenditori, soci. La stessa stampa è stata a guardare e bisognerebbe pur recitare qualche mea culpa.

L’aspetto discutibile è che non siamo di fronte a un soggetto finanziatore che effettua un investimento e rischia in proprio. Le risorse per chiudere l’operazione gli sono fornite dal Fondo di Garanzia costituito dalle stesse BCC. Un generoso cadeau concesso a un soggetto privato, poiché si tratta di una società per azioni e i soci sono alcune BCC. Non si può certo considerare uno strumento del sistema. Un’anomalia che oggi si vorrebbe correggere poiché configura anche un possibile conflitto di interesse. Non vi è, infatti, una chiara e trasparente separatezza tra chi concede il denaro e il beneficiario, considerata la presenza nei due organismi degli stessi personaggi. Sinteticamente la Banca Sviluppo investe in proprio con i soldi di tutte le BCC.

Una situazione che si ripeterebbe con l’acquisizione della BCC di Cosenza, un istituto ben più consistente e appetibile. Secondo i commissari l’opera di risanamento è stata completata restituendo redditività all’istituto. Oggi ha portafoglio crediti eccellente che consente di guardare con serenità al futuro, a condizione che l’istituto sia patrimonializzato e soprattutto dotato di una governance che abbia le necessarie doti di competenza e professionalità in grado di garantire una gestione corretta e trasparente. Un buon investimento per chi ha le disponibilità necessarie e la voglia di riprendere un cammino interrotto bruscamente, ma che potrebbe avere interessanti prospettive nell’ottica di una ripresa della congiuntura economica.

In una interrogazione alla Camera dei Deputati, Roberto Occhiuto, afferma, infatti, che “l'azione dei commissari (la cui gestione scadrà il prossimo 6 novembre) ha condotto la banca sulla via del pieno risanamento, sia perché il caso di Cosenza presenta una situazione e numeri assai migliori rispetto ad altre realtà che, invece, presentavano irregolarità gestionali, mancanza di controlli e maggiori rischi e che comunque sono state salvate”.

L’interesse mostrato dai politici è utile perché apre un dibattito, pone degli interrogativi e consente di figurare ipotesi alternative rispetto alla soluzione delineata in ICCREA. Bisogna tuttavia evitare il rischio di cadere dalla padella nella brace, poiché si potrebbero creare le premesse per un disastro ancora maggiore nel futuro. Bisogna evitare di trasformare la banca in un ente di beneficenza che interviene a favore delle imprese in crisi o delle famiglie in difficoltà, assumendo un ruolo di supplenza rispetto alle inefficienza dello Stato e degli enti locali.

«E’ bene ricordare che il commissariamento della BCC di Cosenza è avvenuto causa conflitto d’interessi e cattiva gestione», ricorda il sottosegretario all’Economia Antonio Gentile. Molto spesso però è stato proprio il clientelismo e l’influenza politica ad aver provocato la scelta di amministratori discutibili e di una politica creditizia allegra. Se non è stata la causa diretta ha avuto un ruolo non secondario.

Solo qualche mese prima del commissariamento, ad esempio, la BCC di Cosenza ha proceduto a un congruo numero di assunzioni senza alcuna opposizione da parte della Federazione e dei sindacati che spesso si mostrano molto miopi poiché agiscono inseguendo una ottica di corto respiro. Oggi quelle assunzioni si sono rivelate degli esuberi ingombranti, che devono trovare una qualche soluzione, politica che incontra una forte opposizione da parte degli stessi sindacati, spesso arroccati nella difesa corporativa dei propri iscritti, che impedisce di affrontare le crisi o prevenirle. C’è chi oggi contesta addirittura che esista il problema e che la crisi sia una pura invenzione.

Bisogna chiarire che non vi è alcun rischio immediato: non si è di fronte a un paventato disastro poiché sotto il profilo strettamente tecnico la banca continuerà a funzionare regolarmente. Il punto è che non si ha alcun bisogno di sportelli bancari poiché la loro concentrazione sul territorio è sufficiente, in linea con il dato del Mezzogiorno. È probabile che l'intervento della Banca Sviluppo comporterebbe la chiusura di qualche sportello, ma non è questo il nocciolo della questione. Il vero problema è quella di perdere un riferimento sul territorio, la possibilità di intervenire direttamente a sostegno dell’economia locale, allentando il cappio del credito che sta strangolando l’economia regionale. La funzione di ammortizzatore sociale svolto dalle BCC sul territorio è stato riconosciuto autorevolmente dallo stesso Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.

Più che salvare la banca, insomma, è necessario mantenerne il carattere locale e l'autonomia decisionale, un valore inestimabile per il governo del territorio.

Nella interrogazione parlamentare Occhiuto e Cera chiedono al Ministro Tremonti di “attivarsi per il salvataggio della Bcc di Cosenza anche con soluzioni finalizzate a valorizzarne l'autonomia, salvaguardando in tal modo un patrimonio ormai secolare del territorio cosentino e calabrese”.

Il problema è che allo stato non vi è alcuna soluzione alternativa. Ha ragione il sottosegretario Gentile quando afferma che si può intervenire “solo in presenza di un valido progetto industriale guidato da persone competenti che possano traghettare la Banca verso una gestione sana ed equilibrata a favore della nostra comunità”.

Una possibilità è quella di trovare una consorella sul territorio che sia disponibile e forte abbastanza da poter sostenere una operazione comunque onerosa, poiché si tratta di trovare un capitale di 12 milioni di euro, a cui si verrebbe ad aggiungere un ulteriore prestito subordinato per altri 6 milioni in modo da restituire alla Banca la sua piena operatività.

Nessuna di quelle operanti sul territorio ha questa disponibilità, ma questo potrebbe essere realizzato attraverso il Fondo di Garanzia, che potrebbe destinare lo stesso importo assegnato alla Banca Sviluppo dirottandolo sulla BCC locale prescelta. L’unica candidata possibile è la Mediocrati, che ha la solidità patrimoniale, l’organizzazione aziendale e la qualità manageriale in grado di accollarsi questo onere. Una banca in piena salute che proprio ieri 30 settembre ha inaugurato una nuova filiale a Castrovillari.

Tuttavia, in questo momento si trova nella difficile fase di digestione della Sibaritide e nella necessità di doversi ingoiare anche la BCC di Tarsia, anch’essa alla ricerca di un partner-salvagente. Una delle maggiori difficoltà è costituita dalla poco accorta politica condotta dai sindacati che finora hanno impedito una rapida soluzione dell’inquadramento del personale, la definizione del trattamento economico e degli esuberi creando allarme nella Mediocrati che non riesce a trovare un assetto razionale, efficiente ed economicamente compatibile. Una maggiore flessibilità nella definizione di questa vertenza avrebbe certamente portato la Mediocrati a una diversa valutazione e a proporsi in un ruolo più attivo.

Il sindacato si mostra debole con i forti (leggi FIAT-Marchionne) e forte con i deboli, come Mediocrati che non può certo godere della spinta mediatica e del favore dell'opinione pubblica tenuta completamente all'oscuro.

Spunta poi un’altra ipotesi. Che fine fanno i soci delle BCC e quale ruolo hanno nella gestione delle crisi? Praticamente nullo.

Il patrimonio viene azzerato e non solo perdono il loro investimento, ma anche la qualità di soci, con tutto quello che ne consegue (il voto in assemblea, ad esempio). Ciò significa che tutto il procedimento passa sulla loro pelle, poiché ci rimettono i soldi, e sulla loro testa perché non vengono mai interpellati. La procedura non lo prevede. A dire il vero nessuno finora ha mosso la benché minima obiezione.

Prendiamo il caso della BCC di Montalto. Dopo le manifestazioni popolari di protesta a seguito del commissariamento, con l’ex direttore generale nel ruolo di Masaniello, tutto è finito in un silenzio tombale. È rimasto solo un ricorso per questioni procedurali che lascia il tempo che trova, ma non avrà alcuna conseguenza pratica, qualunque sia il suo esito.

Per la BCC di Cosenza, invece, succede un fatto insolito: spunta un comitato di soci che si chiede come poter intervenire per far rinascere la banca sul territorio. Si tratta di una decina di persone tra i quali Oscar Basile, Emilio Chiodo, Luigi Barletta, che sostengono di avere la delega di circa 600 altri soci. Sono stati già ricevuti in Federazione, alla presenza dei commissari, dal presidente e dal rappresentante del Fondo di Garanzia, Mario Besta.

La svalutazione del patrimonio ha portato al quasi azzeramento dell’intero patrimonio. Quel “quasi” potrebbe assumere un valore strategico, poiché una quota, per quanto svalutata, non fa perdere la qualità di socio e la possibilità di convocare una assemblea per verificare se non vi sia la volontà di rinnovare la propria fiducia nella banca e sottoscrivere un aumento di capitale. Com’è ovvio si potrebbe sempre chiamare tutti gli interessati in un incontro anche informale per verificare l’esistenza di una tale volontà.

“Vogliamo sapere quanto è disponile a mettere a disposizione il Fondo di Garanzia”, afferma l’avv. Oscar Basile a nome del Comitato, “perché noi ci impegniamo a costruire attorno a questo nucleo di patrimonio una ipotesi di fattibilità.”

Ad essi si aggiungerebbero un gruppo di imprenditori disposti a sottoscrivere quote di 50-100.000 euro e il contributo che verrebbe richiesto ai dipendenti di impegnarsi a garantire l’autonomia e l’indipendenza dell’Istituto. Sembra che questo nocciolo duro di soci possa garantire una sottoscrizione di un milione di euro. A questi si potrebbe affiancare la Fincalabra, interessata da Antonio Caridi, Assessore alle Attività produttive della Regione Calabria, per ricercare “le azioni più opportune da adottare al fine di scongiurare conseguenze irreversibili”.

La stessa BCC non avrebbe molta difficoltà a collocare un prestito subordinato tra i propri depositanti poiché gode ancora di un grande patrimonio di fiducia e di credibilità sul suo territorio.

Sullo sfondo vi è poi la questione aperta della Banca di Garanzia e la possibilità di un intervento diretto della Camera di Commercio e della Provincia di Cosenza. In questo mese di ottobre finalmente questa nuova entità dovrebbe venire alla luce e costituire uno strumento concreto per intervenire nella gestione del monte di crediti dubbi che si è venuto a determinare a seguito del controllo commissariale.

Sembra una soluzione facile, ma vi sono troppe incognite poiché si tratta di una strada inesplorata in Calabria (e non solo).Intanto è sempre difficile convincere chi ha perso tutto il suo capitale investito a insistere sullo stesso investimento. Inoltre, vi sono troppi tasselli che dovrebbero essere collocati al posto giusto, troppe teste e troppi interessi da mettere insieme.

E poi vi è la preoccupazione che la politica abbia un ruolo troppo decisivo tale da poter influenzare gli equilibri e la scelta degli amministratori, una eventualità tutt'altro che remota. Sotto questo aspetto, un ruolo di garanzia verrebbe svolto dal Fondo di Garanzia. Ai sensi dello statuto della Banca il suo intervento gli attribuisce un diritto di veto sulle nomine, che dovrebbe scongiurare la possibilità di cedere alle pressione e ai ricatti politici.

I tempi sono maturi poiché il commissariamento è giunto al termine, ma sufficienti a preparare una proposta concreta, di fronte alla quale la stessa Banca d'Italia potrebbe decidere una proroga del commissariamento. Il territorio ha dato dimostrazione nel passato di saper riconoscere ed apprezzare le proposte valide. Nel caso in esame si ha il grande patrimonio dell'esperienza che consente di evitare gli errori del passato, una realtà viva e vegeta che non solo ha la capacità di ritornare attiva e dinamica, ma può dare un contribuito al superamento della crisi, l'aiuto del Fondo di Garanzia (ed eventualmente degli altri soggetti istituzionali interessati) costituisce un enorme incentivo.

Il passo successivo è quello si trasformare un ipotesi in una proposta.


Il giorno 07 ottobre 2011 14:45, Giulio Scarpino <giulioso1980@hotmail.it>Gentilissimo Sig. Parise,ho appena letto uno dei suoi ultimi articoli, intitolato "BCC di Cosenza:quale futuro?", che ha destato in me forte interesse ed alcuni spunti di riflessione. Il primo è prettamente tecnico in quanto per lavoro analizzo bilanci bancari tutti i giorni, il secondo è passionale in quanto sono calabrese come Lei e mia mamma è socia della Banca in questione, il terzo è "politico", ma non in senso stretto, in quanto sono indignato da tempo con la classe politica della nostra Regione (senza colori nè appartenenza). Anche io sono uno di quelli che ha lasciato il Sud per trovare fortuna altrove e ringraziando il cielo ci sono riuscito, infatti vivo a Milano da 7 anni e lavoro in una grossa banca d'affari. Ma torniamo all'articolo. Prima del commissariamento, quasi tutti sapevano che la BCC di Cosenza non navigava in acque limpide non dal punto di vista economico e patrimoniale ma gestionale (risultano delle condanne per gravi responsabilità amministrative agli ex componenti del cda), però non è stato fatto assolutamente nulla per evitare l'amministrazione straordinaria e il nuovo consiglio cos'ha fatto se non peggiorare la situazione?...mi sorprende perciò il fatto che tutti ora si occupino della vicenda per non perdere l'autonomia e l'indipendenza dell'istituto (dicono)...secondo Lei perchè? Non sono tutti questi tentativi ancora, e purtroppo, politici? Ci voleva tanto a capire che negli ultimi anni le assunzioni e i cambi di ruolo nelle filiali erano tutti giochi (ricatti) politici? Le posso assicurare che mia mamma pur essendo socia dall'anno di fondazione dell'ex Bcc di Scigliano, non ha mai avuto nessuna agevolazione, nè per i conti correnti, nè per un mutuo nè per un prestito...ed ora sono i soci a dover pagare l'acquisizione da parte di Banca Sviluppo rimettendoci il capitale investito??? Perchè non pagano i responsabili di questo "disastro"? Lei ha anche citato altre banche calabresi nella stessa situazione, però perchè per anni sono state lasciate in mani sbagliate, nonostante fossero patrimonialmente solide? Allora quello che dico io è ben vengano le acqusizioni da parte dei "connazionali del Nord" come li chiama Lei...quantomeno si garantiscono sia la continuità gestionale che i posti di lavoro, senza doppi fini e senza politicizzazioni che purtroppo nella nostra Regione hanno sempre portato, se non in rari casi, a risultati deplorevoli. Cordiali saluti

RISPOSTA

Egregio Dott. Scarpino, grazie per la sua email. Credo che bisognerebbe scindere il problema in due: da un lato la ricerca delle responsabilità (o per meglio dire dei responsabili) che hanno provocato il disastro, dall'altro trovare una soluzione per il futuro. In questa benedetta regione tutto sembra andare in malora e chiunque abbia un minimo di intraprendenza finisce per andarsene, aumentando le difficoltà. La svendita degli istituti meridionali non ha fatto altro che cancellare con le direzioni generali degli Istituti anche le poche opportunità di formazione di una classe dirigente. La colonizzazione sotto qualsiasi forma non aiuta a crescere, ma a creare dipendenza e questa è stata la conseguenza di aver cancellato tutte le istituzioni meridionali. Le BCC sono piccole realtà che non possono certo esaurire il vuoto enorme di centri di formazione di una classe dirigente, ma sono realtà vive e bisognerebbe aiutarle a crescere. Posso capire un monitoraggio, un auditing, una tutela o comunque si voglia chiamare, per aiutare il processo di crescita nella fase iniziale. Anche noi cresciamo tra errori e tentativi. Sono alquanto pessimista, tuttavia, sulla reale possibilità di poter trovare una soluzione locale, poiché la dipendenza e la sudditanza troppo prolungata ha affievolito la capacità di risposta della nostra regione. Bisogna però fare uno sforzo perché se tutto dovesse continuare su questa falsariga, i nostri figli non avranno un futuro. Cordialmente. Oreste Parise

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