BCC di Cosenza: il futuro è adessodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno X num. 42 del 22/10/2011 |
Rende, 19/10/2011
Il 4 novembre termina il periodo di commissariamento.
Tante parole, tante promesse, poi il silenzio. Sembra che sia ormai abbandonata al suo destino. I politici hanno fatto il loro dovere parolaio, gli ormai ex soci si sono agitati un po’ per segnalare la loro presenza. La Banca Sviluppo è acquattata pronta ad acciuffare la preda.
Nelle fredde sere di autunno tra le tombe dei cimiteri si accendono delle fiammelle. Durano qualche secondo, poi il silenzio avvolge nuovamente il buio: è il fuoco fatuo che dura lo spazio di qualche secondo. Gli antichi pensavano che fossero le anime dei defunti che venivano a visitare la terra che avevano lasciato per gli attimi consentiti dal feroce Caronte.
Una piccola fiammella blu si era accesa anche per la BCC di Cosenza, ma è durata lo spazio di un mattino, consentito dallo psicopompo dell’ICCREA che ha voluto giocare la sua mossa sulla scacchiera regionale convinto che non avrebbe trovato nessun Puttino in grado di evitare lo scacco matto.
Com’è noto il lungo commissariamento della banca è ormai giunto al termine, scade infatti il 4 novembre prossimo, un giorno tradizionalmente dedicato alle forze armate. In assenza di novità clamorose, si ritornerà alla soluzione primigenia ed essa diventerà preda della Banca di Sviluppo. Una soluzione che è diventata la “naturale” soluzione per la BCC per la semplice ragione che nessuno è riuscito a mettere insieme una ipotesi che avesse un minimo di credibilità. Anzi oggi c’è solo da augurarselo poiché l’alternativa sarebbe la liquidazione coatta amministrativa e la dissoluzione di quella esperienza.
Volendo dar credito alle valutazioni dei commissari, e non vi è alcuna ragione di dubitarne, la banca risanata dalla loro azione costituisce un investimento appetibile poiché ha un mercato, una clientela fidelizzata e un accorsamento quasi centenario. Una ottima opportunità per chi dispone di un capitale, molto più conveniente di una ipotesi di costituire un nuovo istituto.
Cosa rende così difficile l’iniziativa? In primo luogo la voglia d’investire in una iniziativa che ha mostrato i suoi limiti fino alla necessità di un intervento esterno con il commissariamento e poi l’esigenza di trovare un management che non sia espressione localistica e clientelare. Il territorio ha bisogno di autonomia, di un centro decisionale. Ma non vi può essere nessuna ingerenza campanilistica. I criteri di scelta della dirigenza devono essere competenza, esperienza e capacità tecnica. Tutti si dichiarano disponibili a fare la propria parte, salvo quella di fare sacrifici rinunciando a privilegi o sborsando denaro vero. Tutti sono in attesa del “panariello”, che non arriva e non arriverà mai. Soprattutto in questo periodo di crisi politica ed economica.
Lo ha chiarito senza ombra di dubbio Alessandro Azzi nel suo intervento che è un’apertura che assomiglia tanto a un diktat ultimativo. Vi è un problema personale di scelta di una classe dirigente credibile e un problema patrimoniale di trovare le risorse liquide per restituirle l’operatività. In diciotto mesi non si è mossa una foglia, è possibile immaginare un uragano che smuova la foresta pietrificata? Sicuramente no, anche perché sarebbe difficile far digerire a chi è disposto a metterci i soldi di dover rinunciare al diritto di nominare il CEO.
I politici si sono eclissati anche loro, ed è meglio lasciarli da parte. Dovrebbero inventarsi una politica del credito, non sognare di svolgere una parte in commedia. I guai che hanno combinato quando hanno avuto un ruolo determinante li stiamo ancora pagando.
di Giuliano Gullo, Segretario Generale FIBA/CISL Cosenza.
Quale che sia l’esito della Banca di Cosenza, il sindacato è pronto a fare la propria parte operando con senso di responsabilità e realismo, nella consapevolezza che il momento attualmente attraversato dal credito cooperativo (calabrese) assume una connotazione di assoluta straordinarietà e problematicità. Tuttavia è necessario stabilire fin da subito il principio che i costi sociali, quali che siano, di questa crisi, non possono essere sbrigativamente fatti ricadere sui lavoratori del sistema. È pertanto doveroso che il movimento del Credito Cooperativo assuma gli oneri delle situazioni di crisi, alla base delle quali c’è senz’altro anche una responsabilità politica dello stesso movimento, nello specifico in ordine ai ritardi strutturali e culturali che hanno impedito allo stesso – salvo qualche realtà – di consolidarsi e svilupparsi. Tanto, per la conservazione del capitale
umano e la minimizzazione delle ricadute occupazionali. Certamente, sarà richiesto a tutti un approccio realistico e concreto, che si liberi da posizioni rigide e pregiudiziali che in passato hanno impedito di trovare i necessari punti di contatto. La vertenza della ex-Sibaritide, rispetto alla quale un fronte sindacale che pur mantenendo responsabilmente unità d’azione non ha tuttavia mancato di manifestare qualche disparità di approccio, e che si è conclusa di fatto con un mancato accordo dopo oltre quattro mesi di trattativa portati avanti sia sul tavolo regionale che nazionale, né è un deprimente esempio. È opportuno interrogarsi sulle cause che hanno impedito di chiudere l’accordo relativo all’incorporazione della ex-Bcc della Sibaritide perché certamente oggi non possono ripetersi situazioni simili: le parti sociali dimostreranno di poter pervenire a soluzioni condivise e convenienti, nell’interesse dei lavoratori e delle aziende. Da parte nostra, c’è la consapevolezza di dover contribuire ad un progetto che potrebbe dare garanzie e futuro per i lavoratori del Credito Cooperativo della Calabria. In tale progetto, anche il sindacato dovrà assumersi le proprie responsabilità, perché non basta dire demagogicamente ‘no’ o arroccarsi su posizioni dogmatiche e pregiudiziali, ma è necessario trovare delle soluzioni, perché altrimenti, i problemi, restano ed anzi si aggravano! La tutela dei legittimi interessi dei lavoratori non può solo constare di dichiarazioni di principio e di accademia, ma confrontarsi su dati reali. Rispetto alla situazione di Banca di Cosenza, certamente sono a nostro avviso da privilegiare quelle soluzioni che favoriscano il consolidamento del Credito Cooperativo, e nello specifico delle Bcc, nel territorio. La questione va anche oltre la stessa Banca Cosenza, perché l’esito della stessa avrà significative implicazioni per tutto il micro-sistema Bcc calabrese. Allora, se la rimessa in bonis non è più un’ipotesi sostenibile, come autorevoli fonti hanno ormai confermato anche pubblicamente, bisogna innanzitutto giocare una carta ‘locale’, rispetto alla quale un eventuale intervento di ‘entità esterne’, anche se in qualche modo espressione del Credito Cooperativo è, a nostro avviso, da considerarsi assolutamente residuale. È il micro-sistema locale che va salvaguardato e rafforzato, privilegiando il carattere localistico di queste realtà bancarie. Dare spazio a soluzioni ‘locali’ significa consolidare e rafforzare le Bcc e le strutture che gravitano attorno ad esse: ricordiamo che di questo sistema fanno parte anche i centri servizi come Incra e la Federazione ed i lavoratori di queste realtà. Bisogna inoltre tenere presente che subito dopo Cosenza ‘toccherà’ a Bcc Tarsia: un commissariamento silenzioso ‘accodato’ a tutti gli altri ed il cui esito sarà sicuramente condizionato dall’indirizzo che prevarrà nella risoluzione del caso della Bcc cosentina. Come sindacato, comunque, siamo preoccupati perché un teorico rischio occupazionale c’è: i processi di incorporazione e riorganizzazione, quali che essi siano, inevitabilmente generano accentramento e duplicazioni di funzioni, l’inglobamento delle strutture centrali cui fa seguito una progressiva razionalizzazione. Queste situazioni andranno gestite con attenzione.
Certamente, non sono condivisibili atteggiamenti ‘giustizialisti’ di chi oggi lamenta che le politiche del personale in Banca Cosenza sarebbero state in passato abbastanza ‘disinvolte’. Negli scorsi giorni, sono stati dati su tutto il sindacato giudizi negativi ed a nostro avviso ingiusti. Il sindacato ha operato senza clamori e con correttezza; non ha, come la politica, esigenza di apparire. Tuttavia riteniamo che l’opinione pubblica, le forze sociali e politiche e le istituzioni debbano essere adeguatamente sensibilizzate sulle vicende che trattiamo. Come Fiba/Cisl, ci pare, siamo stati ben presenti: nel 2008, ad esempio, organizzammo un’importante iniziativa pubblica nella quale lanciammo alcuni segnali d’allarme. A distanza di pochi anni, tutti i nodi sembrano essere venuti al pettine. Oggi è necessario innanzitutto avere chiarezza sul futuro dei dipendenti di Banca Cosenza. Per questo, andremo avanti, assieme ai lavoratori, riservandoci di avviare tutte le iniziative più opportune, nell’interesse di tutti i lavoratori del Credito Cooperativo calabrese.
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