Prova d’orchestra: nella vicenda della BCC di Cosenza è mancata la palla di acciaio

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 43 del 29/10/2011


Rende, 28/10/2011


Spezzatino indigesto per il territorio

Forse sarebbe stato molto meglio aspettare in silenzio la soluzione. Il polverone ha solo contribuito ad impedire la soluzione rapida studiata in sede ICCREA. Il piatto è stato diviso in due, ma resta l’impressione della assoluta incapacità di tutti i soggetti interessati, di formulare una proposta credibile per garantirne l’autonomia.


Prova d'orchestra è un film del 1979 diretto da Federico Fellini. Una metafora della società incapace di trovare un coordinamento tra i solisti per arrivare ad un'armonia d'insieme. L'anarchia dei musicisti, nel film, è interrotta dall'infrangersi per errore sulla parete della sala dei concerti di una enorme palla di acciaio in azione per abbattere l'edificio a fianco provocando la morte di uno dei componenti dell'orchestra. Il terrore e la morte inducono tutti ad eseguire fedelmente gli ordini impartiti, in tedesco con voce perentoria, dal direttore improvvisamente diventato anche lui grave e severo. Una struggente melodia si diffonde nell'aria …

Il caso della BCC di Cosenza presenta molte analogie con il capolavoro felliniano. L'epilogo, però, sarà molto diverso poiché sembra già scritto. Oggi si può solo tentare di redigere l'epitaffio e il paradigma di un percorso che avrebbe potuto provocare un esito diverso di tutta la vicenda.

Riassumiamo i termini della questione. La BCC di Cosenza è stata commissariata diciotto mesi fa a seguito di un intervento ispettivo della Vigilanza che rilevava una serie di irregolarità di gestione e una inadeguatezza nella conduzione della banca.

La variabile tempo in questo contesto acquista un valore determinante poiché la procedura di commissariamento è temporanea e non può continuare “ad libitum”. Questo era noto fin dall'inizio, ma non vi è stato alcun tentativo di costruire una proposta fattiva e credibile per riportare “in bonis” la banca e restituirla al territorio. Con tutti i benefici che questo avrebbe comportato, soprattutto in questo momento di grave crisi congiunturale.

Il commissariamento non provoca l'automatica decadenza della compagine sociale, che resta e potrebbe avere un ruolo nella gestione dell'emergenza, se riesce ad “inventarselo”. Quasi tutti i casi, o sarebbe meglio dire la stragrande maggioranza, si concludono in maniera traumatica con l'azzeramento del capitale e la sparizione della banca (per cessione vendita o fusione con altro istituto). Fino a quando questo non si verifica, i vecchi soci potrebbero farsi promotori di una operazione di aumento di capitale per riprendere il controllo della banca. Finora non si ha notizia di qualche caso concreto in cui questo si sia verificato, con l'augurio di una gradita smentita. Ma la cosa è teoricamente è possibile e meriterebbe certo molto rispetto e considerazione da parte della Banca d'Italia e dell'ICCREA.

Un gruppo di soci (o ex-soci) sostiene di aver costituito una sorta di comitato raccogliendo le sottoscrizioni per circa tre milioni di euro, una cifra certamente insufficiente per le esigenze di patrimonializzazione della BCC di Cosenza, ma che potrebbe essere una buona di discussione. Sono stati ricevuti nella sede della Federazione calabrese delle BCC, alla presenza del rappresentante del Fondo di Garanzia come già riferito nelle settimane scorse, contestando l'ipotesi di soluzione prospettata in sede ICCREA e chiedendo con insistenza quale sarebbe l'impegno dello stesso fondo per poter quantificare l'ulteriore capitale necessario per una soluzione.

La Regione Calabria, per bocca dell'Assessore alle attività produttive Antonio Stefano Caridi, ha espresso interesse a favorire una soluzione calabrese alla crisi della BCC. Si è chiamata in causa Fincalabra che avrebbe messo a disposizione un importo rilevante (sotto forma di liquidità o più verosimilmente di garanzia per l'emissione di un prestito subordinato.

Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto non si è certo peritato di organizzare riunioni e dare la sua solidarietà alla lodevole iniziativa, cui si è aggiunto il “Canto notturno di un pastore errante dell'Asia”, intonato dal sindaco di Mendicino. Il sottosegretario al Tesoro Antonio Gentile, si è piacevolmente intrattenuto con Alessandro Azzi, Presidente della Federazione Nazionale delle BCC.

Da nessuno è pervenuto però uno straccio di concretezza, un impegno scritto e sottoscritto, la formalizzazione di una proposta, il disegno di uno scenario. Solo aria fritta che serviva da companatico a Pulcinella, ma non è idonea a provocare una decisione della Vigilanza.

Eppure le premesse c'erano tutte … se …

Proviamo a esplicitare quel se, per cercare di vedere un futuro che non ci sarà. Se al momento del commissariamento un gruppo di soci si fosse costituito in un comitato promuovendo la sottoscrizione di un impegno ad un congruo aumento di capitale. Gli stessi si fossero rivolte alle “autorità” locali (comuni dove vi è una sede della banca, provincia e regione), sollecitare anche altri enti come la Fondazione Carical. Se i dipendenti si fossero dichiarati disponibili a un prelievo forzoso sui propri emolumenti da trasformare in quote di partecipazione della banca (per ipotesi 5-0% fino al massimo statutario di 50 mila euro), se la regione avesse autorizzato la Fincalabra ad intervenire per qualche milione di euro. Il “territorio” avrebbe potuto esprimere una proposta seria e accoglibile.

A questo manca un elemento essenziale. Il patrimonio è una condizione necessaria, ma non sufficiente, poiché l'altro elemento di debolezza è costituito dal management. Difficilmente la Banca d'Italia potrebbe accettare il ritorno alla vecchia logica, localistico-clientelare. Presupposto imprescindibile per un rientro in bonis è la scelta di un management prestigioso e riconosciuto per competenza, capacità, moralità e professionalità. Tradotto in termini pratici, questo significherebbe un “autocommissariamento” almeno per il primo triennio di gestione. I nuovi soci potrebbero nominare un loro candidato nel Consiglio di Amministrazione, ma tutto il resto (Presidente, altri membri del Consiglio e Collegio sindacale) dovrebbero essere espressione esterna per garantire una transizione controllato verso la normalizzazione.

La difficoltà di realizzare questa condizione è confermata dalla ostilità che incontra persino in una ipotetica soluzione, poiché chi dovesse apportare gli sghei si arroga anche il diritto di scegliersi il “suo” management. Questo rappresenta forse l'ostacolo più serio a qualsiasi tentativo, tanto più che era una delle condizioni poste dalla Federazione locale delle BCC che ha subito incontrato una indomabile resistenza.

Insomma, meglio non farsi illusioni. La soluzione arriverà dall'alto e sarà uno spezzatino. La BCC di Cosenza sarà sezionata in due: una parte (che comprende la filiale di Via Panebianco con la Direzione, e gli sportelli di Mendicino, Dipignano, e Pietrafitta) andrà alla Banca Sviluppo, mentre i rimanenti sportelli di Santo Stefano di Rogliano, Scigliano e Parenti saranno acquisiti dalla BCC Centro Calabria. Non si tratta più di una mera ipotesi, poiché le due banche acquirenti hanno già iniziato la “due diligence”, vale a dire la verifica contabile e amministrativa che precede l'acquisizione. Si tratta di un atto dovuto. Non ci dovrebbero essere sorprese, infatti, poiché i commissari Gianni Elia e Silvio Tirdi hanno già svolto un ottimo lavoro di pulizia e di verifica delle posizioni debitorie di tutta la clientela. Dagli incontri avuti e dalla “lettura” degli eventi che si sono succeduti i due commissari si sono fatta una opinione molto precisa sia delle condizioni della banca che della reattività degli stakeholder territoriali.

Il giudizio che non hanno mai esternato – ma per loro parlano i fatti e le decisioni prese - non è certo positivo per il nostro sistema politico-istituzionale e la capacità di risposta di tutti i possibili attori interessati. A questo punto, dopo aver ascoltato vane promesse, ritengono ormai chiusa la partita. Hanno persino già avviato le procedure di cui all'art. 22 del CCNL per la mobilità dei dipendenti che, sulla base dell'auditing gestionale.

Resta il rammarico di tutti i possibili “se”, che potranno avere un senso per le altre situazioni critiche ancora non definite.

Ci sarebbe voluto la palla di acciaio, il colpo di genio: un piano industriale costruito in un tavolo di concertazione tra tutti gli attori interessati, formalizzato in un documento sottoscritto solennemente con tutti i crismi richiesti. Ma più che la palla è mancato il gruista.


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