BCC di Cosenza: trattativa arenata

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 01 del 7/01/2012


Rende, 5/01/2012


Diciotto esuberi da eliminare subito. La Federazione è categorica e i sindacati sono pronti a scendere sul pide di guerra con la proclamazione di na serie di agitazioni. La trattativa appare ardua, ma ci sono i margini per una intesa.


Una riunione che si può definire drammatica. Negli ovattati ambienti della Federazione Nazionale delle BCC la trattativa per trovare una sistemazione alla BCC di Cosenza si svolgono in un’aria pesante. Le posizioni sono molto distanti e si rischia una guerra di religione, forse inutilmente se si approfondisce la questione. Prima di procedere è utile riassumere la vicenda. La BCC è stata commissariata da due anni e, giunti al termine della gestione straordinaria, si pone il problema di trovare un futuro all’istituto.

E’ indubbio che il commissariamento è stato deciso a seguito di una ispezione della Banca d’Italia che ha rilevato una serie di irregolarità, una insufficienza della governance e una scarsa qualità del credito. Questo lungo periodo di gestione straordinaria ha consentito di “riparare” la macchina, riportarla in utile e consentirgli di avere un futuro. Nello sforzo si è “bruciato” tuttavia l’intero patrimonio e per poter ripristinare le condizioni di operatività è necessario ricostituirlo con una iniezione di liquidità di circa 17 milioni di euro, una cifra importante, ma non impossibile da raggiungere, considerato che con essa si acquisisce una banca pienamente operativa. Vi è persino stato un timido tentativo di chiamare a raccolta i vecchi soci, sotto l’egida dell’allora sottosegretario cosentino al Tesoro. L’operazione non ha mai raggiunto uno stadio di fattibilità reale perché si trattava di una operazione “panariello”, il cestino di vimini che viene calato ancora oggi dai piani alti dei palazzi della vecchia Napoli per ricevere la spese o qualsiasi altro oggetto evitando la fatica della salita di decine di gradini.

Il club dei vecchi soci aspettava che la Regione, i comuni di Cosenza, Castrolibero, Dipignano e limitrofi si impegnassero per un certo ammontare, che la Banca di Garanzia sborsasse ulteriori milioni, che il Tesoro intervenisse attraverso la Cassa DDPP e poi, per il residuo si sarebbero impegnati a sottoscriverlo. Una ipotesi di rimessa “in bonis” nella logica della spartizione del bottino pubblico per affari privati. En passant, si deve ricordare che fin qui le BCC commissariate di fatto sono sparite pur conservando sportelli e personale, con l’acquisizione da parte di altre consorelle. Solo la BCC di Scandale sembra essere sfuggita a questa logica, anche se l’operazione non è stata ancora definita. Una eccezione difficilmente ripetibile.

Per la BCC di Cosenza è stato ipotizzato un futuro “spezzatino”, con la spartizione di tutta la sua attività tra la Banca Sviluppo e la BCC Centro Calabria che si divideranno la banca con quattro filiali a testa e l'equivalente attribuzione del patrimonio mobiliare e immobiliare dell’istituto. Una soluzione traumatica che azzera la direzione della banca, e crea un groviglio territoriale, poiché intacca il principio della contiguità che costituisce da sempre una dei punti di forza di questi particolari istituti di credito.

La questione più grave e delicata è costituita dall’esubero di personale quantificato in 17 unità che sono condannate al licenziamento in tronco. Questa è la logica che prevale nell’organismo di categoria che ha assunto una posizione molto rigida, chiusa a qualsiasi ipotesi alternativa. Nell’incontro svoltosi a Roma i rappresentanti della federazione hanno assunto una posizione tranchant: “Vogliamo le teste”, non lasciando alcuno spiraglio ad ipotesi alternative.

Eppure, non dovrebbe trattarsi di un problema molto grave sotto il profilo tecnico. Si ha l’impressione che la BCC di Cosenza costituisca un caso di scuola che vale più come avvertimento all’intero sistema delle BCC per invitarle a una politica di maggior rigore nell’assunzione del personale. Non è passato molto tempo da quando nella federazione nazionale sono volate parole grosse per denunciare l’eccessivo investimento in Calabria di risorse del fondo di garanzia.

Per la BCC di Cosenza, in particolare, si fa notare come poco prima del commissariamento la BCC aveva proceduto all’assunzione di 15 unità e questo ha irrigidito le posizione odierne, poiché si contesta che il problema è stato creato per l’eccessiva spinta clientelare che ha governato l’unico scorcio dell’istituto. Il personale ha una età media molto giovane, circostanza che impedisce il ricorso al prepensionamento poiché gli anni di accompagnamento sarebbero eccessivi e tali da porre una serie ipoteca sui futuri conti degli istituti che si apprestano ad acquisire la banca.

La struttura dei costi di una BCC moderna, tuttavia, è notevolmente cambiata e il costo del personale non è più la componente di gran lunga la più significativa. Il costo complessivo annuo dei 17 esuberi è quantificabile in 500mila euro, una somma che potrebbe essere recuperata con una seria politica di risparmio. Sono gli stessi sindacati a indicare la via con la rinuncia alla monetizzazione delle festività soppresse, una riduzione generalizzata del costo del personale del 10% e una politica di austerity che consentirebbe risparmi ben superiori a quelli che si realizzerebbero con il licenziamento del personale ritenuto in esubero. In più 17 persone costituiscono comunque un patrimonio umano di grande valore con una competenza e una professionalità acquisite in anni di lavoro, che potrebbe essere utilizzato utilmente per migliorare la gamma dei servizi offerti alla clientela, riacquisire un rapporto personalizzato con le imprese e le famiglie. L’eccesso di tecnicalità utilizzato dalle banche nella valutazione del merito creditizio costituisce un serio ostacolo alla ripresa produttiva.

La struttura imprenditoriale della regione è costituita esclusivamente da piccole e piccolissime imprese che soffrono i metodi del “credit scoring” poiché i loro bilanci sono pesantemente condizionati dagli effetti di una crisi devastante che ne mette in serio pericolo la sopravvivenza. Come banche locali sono simbionti con le realtà produttive del territorio.

Si tratta di un momento molto delicato anche per le stesse BCC che rischiano di affondare con le loro imprese clienti. D’altronde i commissariamenti costituiscono una chiara evidenza delle conseguenze della crisi sui bilanci delle stesse BCC e non possono essere frettolosamente attribuite solamente a cattiva gestione e management inadeguato.

Il “credit crunch” colpisce duramente le attività produttive e le famiglie calabresi e vi è una estrema esigenza di disporre di personale specializzato in grado di accompagnare le imprese che si dimostrino in grado superare questo momento di grave difficoltà. Per poter individuare le potenzialità economiche delle imprese ferite dalla crisi, con bilanci squilibrati che abbisognano di un sostegno per i propri investimenti. Le difficoltà sono altamente selettive e alla fine saranno le imprese migliori a sopravvivere, quelle che costituiranno l’asse portante della nuova struttura produttiva. Una politica di formazione specializzazione del personale potrebbe condurre a una selezione oculate delle imprese da accompagnare nel loro percorso di crescita, ridurre il rischio del credito e provocare una migliore gestione del portafoglio dei crediti dubbi. Una politica che avrebbe ripercussioni positive non solo sui conti dell’istituto ma sarebbe in grado di dare un contributo alla crescita dell’economia.

Colpisce in questo frangente la totale assenza della politica locale, pronta a cogliere le opportunità clientelari che si manifestano allorquando c’è qualche assunzione o qualche vantaggio di altro tipo, si concretizzano in un turbinio di dichiarazioni roboanti prive di alcun contenuto programmatico.

Qual è allora il motivo di tanto accanimento? I sindacati in questo momento si dimostrano favorevoli a trovare un onorevole compromesso, e si trovano di fronte una controparte che si è molto irrigidita.

Le ragioni vanno ritrovate nelle questioni ancora aperte, poiché rimane da sistemare la BCC di Tarsia e soprattutto sullo sfondo vi è la BCC dei Due Mari che per dimensioni rappresenta un problema di un certo rilievo per il panorama economico locale.

Pesa anche il precedente della BCC di San Vincenzo La Costa i cui esuberi pesano ancora sui conti della Mediocrati che non è riuscita né a liberarsene, né ad avere le mani completamente libere per un utilizzo flessibile. I sindacati si sono a loro volta irrigiditi per la posizione della Federazione e sono intenzionati a iniziare una dura battaglia, poiché le partite aperte e la possibilità che possano aprirsi nuovi fronti impone molte cautele.

Il comportamento sindacale nelle esperienze passate ha una ripercussione nell’attuale vicenda della BCC di Cosenza e la federazione ha anche il clima favorevole alla flessibilità che si respira nel governo.

I numeri sono rigidi, ma la flessibilità dovrebbe essere utilizzata per trovare una intesa nell’interesse dei lavoratori, della banca e dell’economia locali senza inutili e dannosi dogmatismi.

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