Quegli spiccioli in mano alla castadi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 05 del 4/02/2012 |
Rende, 2/02/2012
Spariti da un partito che non c’è
Ha ragione Luigi Lusi quei tredici milioni gli servivano proprio per qualche appartamento, un po’ di argent-de-poche e poi la famiglia. Come avrebbe fatto a sopravvivere con il solo compenso da senatore della repubblica che non bastano neanche per il breakfast?
“Siamo di fronte a un comportamento sbagliato di una persona”, dichiara sicura Rosy Bindi in una intervista a Repubblica. Non si è accorto di nulla Franscesco Rutelli cointestatario del conto. L’unico cattivo di questa incredibile storia è lui, Luigi Lusi, senatore del PD che come Tesoriere della Margherita utilizza per scopi puramente personali 11 milioni di euro o giù di lì. Le cifre non sono sicure poiché in questo vorticoso giro di affari nessuno è in grado di accertare con sicurezza cosa è realmente avvenuto. A Milano o nelle vicinanze è scoppiato il caso Penati, dove i milioni giravano vorticosamente passando sempre per il cucuzzaro.
Lusi più Penati a cosa portano? Il sistema di corruttela milanese aveva pesantemente coinvolto lo stesso segretario del PD, che non si era accorto della girandola di malaffare del suo segretario particolare. Neanche gli ex margheriti si sono accorti di nulla, come il ministro Scaloja che si è visto pagare un appartamento a Roma a sua insaputa o il miracoloso Carlo Malinconico Castriota Scanderbeg (qual nome ha infangato il tapino!) che ha subito l'inganno del pagamento di una vacanza a sua insaputa. Mi faccia il piacere! E’ innocente come una colombella pasquale! Non sapeva neanche di essere in vacanza!
Quello che è certo è che si tratta di finanziamenti pubblici finiti a un partito che nel frattempo si era sciolto e nessuno sapeva bene come e a cosa sarebbero dovuto essere destinati quei soldi. I soldi piovono a catenella sui partiti, sulla casta e loro amici e parenti che non riescono più a tenerne il conto. Incredibile la soluzione immaginata dall’ineffabile servitore dello Stato e del partito! Conscio della responsabilità del suo ruolo e della mancanzella commessa si è offerto di restituire cinque milioni cash, e sopportare pazientemente la pena di un annetto di galera, a casa propria ovviamente, e con tutti e due i piedi nel Parlamento. Quei sette milioni di spiccioli che rimangono costituiscono il giusto compenso di un servizio reso alla collettività, sacrificando giornate intere nella sua attività criminogena. Se il crimine non rende, che crimine è? L’onore è sacro e l’onorevole intoccabile. Non si può certo pensare a un terribile castigo come l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Quello no, sarebbe un duro colpo per la casta, che può sopportare tutte le ignominie, ma non l’allontanamento coatto dal loro alto incarico, o sarebbe meglio dire dai loro alti incarichi.
Però la sua tremenda condanna l’ha avuta, e se l’è meritata. E’ stato subito espulso dal gruppo PD del Senato e rischia persino di essere espulso dal partito. Non ci dorme la notte, affranto da cotanto dolore. A consolarlo non gli resta che il conto in banca e l’appartamentino di due milioni di euro nel centro di Roma, una topaia dove sono stati reclutati tutti i gatti dell’Associazione Culturale Colonia Felina di Torre Argentina per la derattizzazione. I giudici – roba da non credere - hanno rifiutato il patteggiamento perché vogliono vederci più chiaro. In un mondo scuro e opaco come quello della finanza dei partiti basta accendere una lampadina di pochi watt per mettere in luce situazioni incredibili.
Intanto, bisogna dire che si tratta di una casistica rigorosamente bipartisan. Il caso Lusi è stato subito compensato da quello del senatore Riccardo Conti del Pdl, rivelato da Enrico Mentana al tg di La7, che in sole ventiquattro ore riesce a piazzare un colpo grosso e guadagnare 18 milioni di euro: compra un edificio al centro di Roma per 26 milioni (e mezzo per la precisione, ma sono spiccioli) e lo rivende “ipso die” a 44. Un vorticoso giro di affari messo in piedi per dotare della nuova sede l’Enpap, l’Ente nazionale di Previdenza e assistenza per psicologi, che da sola non avrebbe saputo come contattare l’Intesa-SanPaolo, proprietaria dell’immobile. Un atto di compravendita richiede un alta competenza tecnica e l’intervento di una miriadi di professionisti. In questo caso le cose sono un po’ più complicate perché nella vicenda entra anche il Fondo Immobiliare Omega e la Fimit. Ciascuno per la sua parte partecipa alla crapula. Qualche psicologo di buona volontà potrebbe organizzare una seduta spiritica, con l'intervento straordinario del mago Otelma e di qualche psicanalista di chiara fama, per valutare lo stato di salute psichico del presidente dell’ente cui è affidato il loro futuro. In fondo alla tavola, qualche briciola sarà pure caduta … Il tutto non è stato ordito con il finanziamento pubblico ai partiti, ma con altro senso di responsabilità e severa interpretazione delle funzioni parlamentari di un rappresentante del popolo, di cui possono andare fieri i suoi elettori per le notevoli doti professionali dimostrate. Anche lui, ovviamente, continuerà a far parte del nobile consesso, per spirito di servizio e nell'interesse della Nazione.
Vi è poi il caso dell’appartamento Montecarlo, di proprietà di Alleanza Nazionale a seguito della eredità lasciata dalla contessa Anna Maria Colleoni nel 1999. Anche in questo caso un partito morto si trova immischiato in un giro di affari tra società off-shore e amici e parenti che ne traggono benefici. Il caso è stato strumentalizzato ad arte per una campagna “à la Boffo”. Quello che stupisce, però, è che per un affare così irrilevante (un valore di circa 300mila euro) si abbia bisogno di un paradiso fiscale, come Santa Lucia, dove le società off-shore servono a coprire indicibili nefandezze. L’atto di compravendita reca la esotica firma dei signori Izelaar e Walfenzar. Cosa si potrà mai nascondere tra le montagne dell’isola caraibica e questi esotici intermediari? Iliacos intra muros peccatur et extra, commenterebbe Orazio.
Maestri del mistero sulla destinazione dei fondi pubblici restano però i leghisti e Di Pietro, campioni di ipocrita moralità.
La Lega Nord ha iniziato il suo “cursus honorum” finanziario con la Banca Popolare CrediNord s.c.a.r.l e la costruzione del villaggio Skipper, detto anche «il paradiso di Bossi», a Punta Salvatore, nella località croata di Umago, sino alla recentissima scoperta degli investimenti finanziari in Tanzania e a Cipro. Passando per scandali e scandaletti non del tutto secondari. Il tesoriere della Lega, Francesco Belsito, calabrese doc fedelissimo del padre-padrone Umberto, meriterebbe una menzione speciale per la sua inventiva politica. E’ giusto dire basta a questo becero antimeridionalismo e affrontare alla radice il problema degli immigrati. L'investimento tanzanesco prende due piccioni con una fava. I neri che ci servono li andiamo a comprare, e direttamente in Africa per risparmiare perché lì te li buttano addosso quasi gratis. Li portiamo qui come bravi schiavi per le nostre industrie e quando non servono più li rottamiamo, senza tutte queste preoccupazioni dello jus soli e l'alloggio e i diritti. Con i soldi accumulati in Tanzania si potrebbe già predisporre il primo carico: con quattro milioni e mezzo di euro se ne possono comprare un migliaio. Anche a Cipro si potrebbe aprire un mercato degli schiavi.
C’è poi la questione Di Pietro, il quale, secondo quanto scrive Oliviero Beha, “si sarebbe confezionato un partito fai-da-te assai personalizzato, fino al punto di ricevere tutti i finanziamenti pubblici previsti dalla legge in modo personale e riservato. Avrebbe poi trovato il sistema di acquistare due immobili di pregio nel centro di Roma e Milano, con una società di capitali con socio unico Di Pietro ... denominata An.To.Cri. srl acronimo delle iniziali dei tre figli di Di Pietro, immobili poi affittati come sedi all'associazione Italia dei Valori. Una sorta di tutto in famiglia”. Una vicenda venuta alla luce a seguito di una denuncia dell’avv. Mario Di Domenico, socio fondatore di Italia dei Valori. Alla base della creazione del partito, che reca ancora nel simbolo l'indicazione del padrone, ci sono i valori. Quelli monetari e immobiliari.
Vi è poi il mastellismo e le sue infinite sigle, il suo Campanile organo d'informazione diffuso in tutto l'emisfero nord, che succhiano finanziamenti pubblici come gigantesche idrovore.
Lo stesso Partito Radicale, che ha organizzato un referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti vive di finanziamenti pubblici e non solo quelli dei partiti. Una legge del 1990 riconosce che Radio Radicale, pur essendo privata, svolge attività di informazione di interesse generale perché trasmette le sedute del Parlamento. Per tale ragione, da allora riceve un contributo statale oggi pari a quattro milioni di euro l’anno. Una bazzecola certo, ma uno spreco altrettanto certo. Perché il servizio di informazione pubblica non è svolto dalla RAI, per la quale ogni famiglia italiana è chiamata a pagare annualmente un inutile canone, considerato il carattere eminentemente commerciale delle sue trasmissioni?
Alla base del “caso Lusi” vi è l’articolo 49 della Costituzione di un solo comma, o meglio la mancata attuazione di quell’articolo che costituisce l’unico riferimento normativo che regola l’attività dei partiti. Laconicamente si limita ad affermare che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questo consente oggi ai vari Rutelli, Parisi, Franceschini e via dicendo di trincerarsi dietro un laconico “io non c’ero e se c’ero non mi sono accorto di niente”.
I partiti, infatti, sono delle associazioni private non sottoposti ad alcun controllo, salvo quello interno degli stessi iscritti. Essi decidono in maniera completamente autonoma le proprie regole di comportamento. I rendiconto sono dei semplici pezzi di carta dove ciascuno può scrivere quello che vuole tanto nessuno chiederà spiegazioni e non vi è alcun limite all’attività che possono svolgere: speculare in borsa, costituire società off-shore, finanziare la costruzione di villaggi turistici, acquistare una isola nel Pacifico, o regalarli alla mamma del segretario.
Il vuoto normativo è stato giustificato dall’orrore che qualsiasi controllo possa significare un attentato alla libertà politica, un ostacolo alla libera partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.
Questo ha consentito e consente la massima libertà che sconfina quasi sempre nell’arbitrio. Un sistema molto collaudato che ha consentito ieri la formazione de cacicchi che dominano la scena politica, quello che oggi viene comunemente denominata casta, e oggi la loro conservazione e autorigenerazione.
Gli arbitri e gli abusi non sono solo di natura economico-finanziaria. Vi è un lungo inventario di anomalie, irregolarità, comportamenti disinvolti che vanno dalle iscrizioni di amici e parenti a loro insaputa fino all’iscrizione di morti, alla mancata elezione democratica degli organi con largo uso dell’acclamazione come forma di investitura “democratica”, alla formazione di partiti-azienda, come il Pdl, o partiti familiari, come l’Udeur, alla scelta arbitraria e incontrollata delle candidature nelle varie consultazioni amministrative o politiche.
I punti più delicati e controversi che finora hanno impedito qualsiasi ipotesi di regolamentazione per la paura dei castali di perdere il proprio potere sono costituiti dalla pubblicità degli iscritti e il divieto di appartenere contemporaneamente a più partiti, la democrazia interna per garantire la regolare elezione degli organi di rappresentanza, il meccanismo di distribuzione e utilizzazione dei finanziamenti pubblici, la redazione di bilanci sottoposti al controllo di un organismo pubblico come la Corte dei Conti, la disciplina delle compatibilità tra incarichi pubblici e di partito.
La questione è aggravata dalla legge elettorale proporzionale a liste bloccate senza preferenze, che consente ai direttivi dei partiti di nominare direttamente i candidati che saranno eletti e costituisce oggi la forma di cooptazione per il rinnovo controllato della casta con l'ingresso di mogli, amanti, figli, nipoti, generi alimentari e vari.
Non mancano in Parlamento proposte di legge che si occupano di alcuni degli aspetti sopra citati. Come si può desumere dal dossier predisposto a maggio scorso dall’Ufficio Studi della Camera. Siamo di fronte a proposte di singoli parlamentari, non coordinati tra di loro e la cui discussione non è mai stata iniziata né messa in calendario. Si tratta di puro divertissement, una forma di masturbazione mentale per assicurare i poveri cittadini che c'è pur chi pensa ai problemi veri del Paese. Manca una qualsiasi disegno di legge organico non solo da parte del governo (di qualsiasi governo da quello in carica a quelli che lo hanno preceduto), ma anche degli stessi partiti politici, ben lieti della pacchia dello status quo.
Non è così in tutta Europa. In molti stati vi è una normativa che disciplina l’attività dei partiti, pur garantendo la massima libertà di partecipazione ai cittadini. In Spagna il passato governo Zapatero ha approvato una legge molto severa che prevede un controllo pubblico stringente per impedire che i partiti si trasformino in centri operativi del terrorismo.
Nell’aprile scorso il Parlamento Europeo ha approvato, con voto quasi unanime, una risoluzione sull'applicazione del regolamento del 2003 relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. Le fondamenta dei partiti politici a livello europeo sono state poste nei trattati di Maastricht e di Nizza, che hanno introdotto la possibilità di finanziarli e dato loro autonomia operativa rispetto ai gruppi parlamentari in un processo che preveda un equilibrato sistema di istituzionalizzazione.
I punti essenziali della nuova disciplina, che si intende estendere a tutti i paesi membri con l’emanazione di una apposita direttiva da parte della Commissione, riguarda in particolare l’ottenimento di uno status giuridico unico per i partiti politici europei e per le fondazioni, attraverso l'acquisizione della personalità giuridica, la regolamentazione del finanziamento pubblico, sistemi di incentivazione delle donazioni ai partiti politici e la possibilità di sanzioni nel caso di violazione delle norme di trasparenza delle donazioni, la definizione di uno status politico, giuridico e fiscale comune per i partiti politici europei, mentre l'organizzazione dei partiti politici europei e delle loro fondazioni resta di loro esclusiva competenza.
La risoluzione “sottolinea la necessità che tutti i partiti politici a livello europeo si conformino alle norme più rigorose di democrazia interna (in materia di elezione democratica degli organi del partito e di processi decisionali democratici, anche con riferimento alla selezione dei candidati)” e che “l'allentamento del regime di finanziamento dovrebbe essere controbilanciato dalla previsione di sanzioni nel regolamento di finanziamento, che attualmente ne è privo”.
L’intervento del Parlamento europeo non riguarda i partiti nazionali, ma non si può tuttavia ignorare che una piena applicazione della futura direttiva impone anche un intervento sui questi.
Come segnalano tutti i sondaggi, e confermato da tutte le riunioni informali tra amici, l'avvento del nuovo governo è stato realmente un disastro per la casta accomunata in una sensazione di rigetto totale, un cambio epocale. D'un tratto la classe politica appare vecchia, consunta e bisunta, lontana dagli interessi reali del Paese, incapace di rappresentarne le ansie, le attese i bisogni. Vi è il terrore che dopo questa parentesi possano ritornare sulla scena.
Di fronte a fatti di una gravità estrema come quello di Lusi, tutti si affrettano a ricercare un alibi, una scusa. Nessuno ha il coraggio di mettere il dito nella piaga per procedere ad una operazione di chirurgia normativa per estirpare il male alla radice.
L’antipolitica non è mai una soluzione. Ma questi politici, inconsapevoli e incapaci dovrebbero prendere atto che il loro tempo è scaduto ed è giunta l’ora di una ventata di aria fresca. Con questi uomini, con queste idee, con questi progetti, e con le troppe dimenticanze non si va da nessuna parte.
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