|
Banca del Mezzogiorno, il progetto era ben
diverso
di Oreste Parise
Mezzoeuro Anno XI num. 06 del 11/02/2012
|
Rende, 8/02/2012
Augusto
Dell'Erba ha seguito la nascita della Banca del Mezzogiorno dai primi
vagiti quale presidente del Comitato dei Promotori, scioltosi per decisione
spontanea perché nel frattempo il progetto originario era stato stravolto.
È nata o non è nata la questa benedetta Banca del Mezzogiorno? Cos'è e a
cosa serve? Quali sono le sue funzioni, le risorse disponibili, i progetti, le
operazioni finanziarie che intende finanziare? Sono domande alle quali si
possono trovare risposte immaginarie estrapolandole dai documenti ufficiali e
dalle pompose dichiarazione dei protagonisti rilasciate nei mesi scorsi
nell'attesa di questo evento miracoloso. Dal primo gennaio funzionano centinaia
di sportelli, la cui principale attività è quella di spedire raccomandate e
pagare i bollettini postale, come qualsiasi ufficio postale in tutta Italia. È
rimasto solo Massimo Sarmi, l'onnipotente patron di Poste Italiane, a credere
nelle sue parole. Solo qualche mese fa annunciava con grande enfasi l'inizio di
una nuova era per il piccolo imprenditore meridionale.
Di tutto quel grande progetto è rimasta solo una girandola di milioni di
euro transitati dalla finanza pubblica, poiché Poste Italiane è una spa il cui
capitale è, in via diretta o indiretta, nelle mani del Tesoro, ad Unicredit che
ancora si frega le mani. Invece di creare una nuova banca, si è deciso alfine
di comprarne uno spezzone - un ramo del Mediocredito Centrale di proprietà di
Unicredit e chiamarlo pomposamente Banca dl Mezzogiorno. Il risultato è che il
Mediocredito continua tranquillamente la sua attività con un bel cadeau di 136
milioni e la nuova banca è solo 'na fissiatura.
Di questa vicenda, come di altro, parla Augusto dell'Erba, ex presidente del
Comitato Promotore, per chiarire alcuni aspetti di questa complessa vicenda.
Come tante altre operazioni finanziarie restano oscure per la reticenza e
l'omertà che le copre. Alla fine si scopre soltanto che una montagna di denaro
è andato a rifluire nel gran libro del debito pubblico.
Intervista ad
Augusto Dell'Erba
- La nascita della Banca del Mezzogiorno è avvolta da una nebbia che
impedisce di seguire con chiarezza cosa si è veramente verificato. Poste
Italiane Spa comprano Mediocredito e questa diventa Banca del Mezzogiorno con
una metamorfosi improvvisa. Il disegno originario prevedeva, invece, una
banca nuova, con capitale sottoscritto da altri soggetti, dalla bcc, da
soggetti istituzionali e anche imprenditori privati meridionali, tant'è che
era previsto un Comitato Promotore di cui lei era presidente.
- Per ricostruire la vicenda dobbiamo ritornare all'estate del 2010,
quando fu nominato il Comitato. A fianco di esso era previsto il Tavolo
di Consultazione, nel quale sedevano i rappresentanti delle associazioni
di categoria più rappresentative dell'imprenditoria privata. Abbiamo
predisposto le cosiddette linee guida previste dalla legge finanziaria
2010.
- L'unico documento che compare nel sito del Comitato.
- Nelle linee guida venivano esplicitati i compiti e le funzioni del
nuovo istituto. Già alla fine dell'estate avevamo prodotto un piano di
impresa, con l'ausilio dell'advisor. Poi è successo che
imprevedibilmente, in quella stessa estate, Unicredit ha messo sul
mercato Mediocredito Centrale. L'orientamento a questo punto è stato
quello di accelerare i tempi. Invece di attendere i tempi previsti per
l'ottenimento della licenza bancaria necessaria per l'inizio
dell'attività, si è deciso di comprare il Mediocredito Centrale.
- Il primo problema era quella della costituzione di un capitale, al
momento limitato allo stanziamento dei cinque milioni di euro messi a
disposizione dal Tesoro. Di fatto il sistema del credito cooperativo è stato
estromesso.
- No, noi siamo stati della partita. Non abbiamo partecipato all'acquisto
ritenendo che fossero necessari troppi soldi per le nostre disponibilità.
Poiché ormai la trattativa era molto avanzata, Poste Italiane Spa ha
acquistato Mediocredito Centrale.
- Che senso dare a questa operazione? La Banca del Mezzogiorno nasce con
una certa idea tradotta nel vostro piano industriale. Ma cosa potrebbe fare
di nuovo e diverso un altro mediocredito rispetto a quello che già faceva.
Che fosse nel Mezzogiorno è un aspetto del tutto secondario. Il tutto è
apparso come una complessa operazione di ingegneria finanziaria per la
ricostituzione di un polo finanziario pubblico attraverso Poste Italiane,
Cassa DDPP entrambe nelle mani del Tesoro.
- Mi consenta una battuta. Perché questa domanda non la fa a loro? Il
sistema delle banche cooperative in questo polo non c'è. Io posso solo
affermare che a questa operazione noi non abbiamo partecipato.
- Le BCC era parte integrante del progetto e costituivano una parte
importante per realizzare quel piano industriale. C'è qualcosa che non quadra
negli eventi. C'è stato uno snaturamento della figura, avete rinunciato al
progetto, oppure è successo altro?
- Non so se il progetto originario è venuto meno, perché ancora non è
stato attuato.
- Che fine hanno fatto i cinque milioni messi a disposizione dalla
finanziaria 2010? Che fine ha fatto il sogno tremontiano?
- Non sono stati spesi, restano nella disponibilità del Tesoro. Il
ministro Tremonti intravide nell'acquisto del Mediocredito Centrale, una
possibilità di accelerazione dell'iter formativo di questa azienda.
- Da qualche parte si dice che dal primo gennaio trecento filiali della
nuova banca hanno iniziato ad operare ... Un mediocredito con trecento
filiali non esiste da nessuna parte, non si capisce cosa dovrebbero fare. Se
Bancoposta ancora non riesce a gestire un bonifico al di fuori del proprio
circuito, come può diventare la banca innovativa del Mezzogiorno?
- La sua è una domanda singolare, perché non sono io che devo rispondere.
Io sono stato il responsabile di un Comitato che doveva attuare un certo
progetto. A un certo punto, si è deciso di procedere per una altra strada
per una questione di vil denaro, perché si è ritenuto di volere fare un
investimento nel Mediocredito. Noi abbiamo ritenuto che
quell'investimento non rientrava nelle nostre strategie e possibilità.
Chi aveva questa idea è andato oltre e i soggetti sopra nominati sono
oggi proprietari di questa scatola che non è una scatola vuota, ma piena
perché ha a disposizione Fondi di garanzia del Ministero dell'Industria.
Uno dei punti fermi del progetto è che questa banca dovesse innanzitutto
funzionare, agendo come banca di secondo livello, come banca di garanzia,
uno strumento utile ai sensi di Basilea-3 perché libera patrimonio.
- Ma cosa c'entra la Banca del Mezzogiorno? Questo compito poteva essere
svolto dal Mediocredito come nel passato. Il piano industriale è
completamente snaturato.
- Io ho partecipato all'elaborazione di un piano d'impresa fino
all'estate del 2010, poi è successo altro. Io non so quale sia oggi il
piano d'impresa cui fanno riferimento. Di certo hanno la capacità di
svolgere la funzione di garanzia. In realtà non vogliono aprire degli
sportelli, ma si parla di corner all'interno degli uffici postali, che
ancora non sono partiti. Incontrando Massimo Sarmi mi assicura che avremo
occasione di incontrarci per valutare e decidere forme di collaborazione.
Quella banca in questo momento ha un altro padrone e altri obiettivi.
- Qui a Cosenza si è in attesa della costituzione di una banca di garanzia,
fortemente voluta da Pino Gaglioti, presidente della Camera di Commercio
Mario Oliverio, presidente della Provincia. A questo punto potrebbe essere
superflua.
- Si tratta di una iniziativa importante che farà parte del nostro mondo.
Ritengo che una banca espressione del territorio è sempre un grande
valore, soprattutto per il tessuto di piccole e medie imprese meridionali
che costituiscono l'ossatura del nostro sistema economico.
- Le BCC sembra che abbiano cambiato strategia e puntato su uno strumento
diverso, come la Banca Sviluppo per intervenire a sostegno del
territorio.
- Si tratta di un problema diverso. Banca sviluppo è uno strumento che la
categoria si è dato da diversi anni. L'anno scorso l'abbiamo rafforzata
trasformandola nella banca del nostro sistema, perché l'esperienza si è
rivelata positiva. Noi lo utilizziamo nelle situazioni di emergenza, come
è il caso della BCC di Cosenza che rischia di essere posta in
liquidazione. Noi gestiamo queste operazioni cercando di intervenire a
favore delle nostre consorelle evitando soluzioni traumatiche.
- Secondo voci ben informate, proprio il Fondo di Garanzia da Lei diretto
si sia rifiutato di intervenire a favore della BCC di Cosenza perché stufo di
dover riversare soldi in Calabria.
- Non so da cosa traggano questa convinzione, posto che stiamo
intervenendo in maniera massiccia e coordinata. In circa due anni abbiamo
investito ottanta milioni di euro su questo territorio. Se non si troverà
una soluzione condivisa, la Banca di Cosenza rischia la liquidazione.
- Condivisa da chi?
- Dai cessionari che si devono assumere la responsabilità della
ripatrimonializzazione. In questo momento vi sono solo due soggetti che
si sono dichiarati disposti ad intervenire. La BCC Centro Calabria, una
banca importante ed efficiente di questo territorio, che si è dichiara
disponibile ad intervenire per una parte poiché non è grande abbastanza
da poter assorbirla per intero. Per l'altra metà vi è Banca Sviluppo, che
è una sorta di IRI del sistema del credito cooperativo. Essa è sempre
pronta a restituirla al territorio, quando se ne creino le
condizioni.
- Qual'è l'impegno che dovrà assumere il Fondo di Garanzia per il
salvataggio della BCC di Cosenza?
- Lo stiamo definendo. Subito daremo un milione e mezzo di euro.
- Un assaggio, come argent-de-poche ... una somma molto piccola rispetto
alle reali necessità.
- Serve per coprire immediatamente lo sbilancio patrimoniale. Per il
resto lo stiamo definendo, poiché è in corso la due diligence per
stabilire l'entità del patrimonio da ricostituire per restituire
agibilità operativa alla banca. Le due banche si faranno carico di
gestire i rami d'azienda che andranno ad acquisire. Noi faremo la nostra
parte, nella entità che si renderà necessaria.
- La cronaca recente ha portato alla ribalta la vicenda di due confidi,
Opus Homini e Finlabor, con qualche problematicità al loro interno. In che
modo questo può interferire sul futuro della BCC di Cosenza?
- Ho letto qualcosa al riguardo, ma non conosco a fondo la questione per
esprimere delle valutazioni sull'impatto che potrà avere sui conti della
BCC di Cosenza. Si può immaginare che possa esservi qualche risvolto, ma
allo stato non vi è alcuna quantificazione dei possibili effetti. Questo
è un compito dei commissari e sono convinto che ancora una volta staranno
facendo un lavoro eccellente e certosino.
- Anche la BCC di Tarsia è in una delicata fase di transizione. La sua
destinazione finale è la Mediocrati, una realtà che si dimostra sempre più
strategica e vitale sul territorio. A quanto ammonta l'entità dell'intervento
del Fondo di Garanzia?
- È molto prematuro dirlo, ma la soluzione prospettata dà ampie garanzie
di una conclusione positiva. La Mediocrati ha dimostrato la sua capacità
di assorbire banche problematiche come la Sibaritide e rafforzarsi e noi
la sosterremo in questo sforzo.
- Vi è poi la situazione della BCC dei Due Mari.
- Vi è una nuova governance, con un bravo presidente come Francesco Lopez
che si dà un gran da fare per sollevare le sorti dell'istituto. Pensiamo
di aver fatto una operazione molto positiva poiché siamo intervenuti
prima ancora che la banca fosse commissariata. Un intervento di
particolare tempestività evitando le conseguenze negative di un
intervento traumatico che blocca l'attività, genera un costo, genera un
allarme sociale, produce sfiducia presso i risparmiatori.
- Qual'è a sua avviso la ragione che tante BCC entrano in crisi proprio in
Calabria?
- Intanto sono le uniche banche locali rimaste sul territorio. Le BCC
sono le uniche banche che hanno una classe dirigente locale. Tutte le
altre sono state spazzate via. Ritengo che la ragione della difficoltà
sia un mix di fattori, la crisi congiunturale, la governance con qualche
peccato originale, una gestione che a volta si allontana dai canoni di
rigore e professionalità. Nelle crisi congiunturali si evidenziano quei
problemi che gli alti profitti dei momenti di crescita riescono a
coprire. Nei momenti di euforia espansiva le sofferenze possono essere
facilmente coperte: nella crisi intaccano il patrimonio. Le sofferenze
sono generate da cattiva gestione del credito, ma anche da povera gente
che si è trovata in grande difficoltà.
- Non crede che la rigida applicazione delle regole di Basilea che insegue
un modello matematico senza alcuna considerazione per per l'aspetto personale
abbia amplificato gli effetti della crisi?
- Le regole di Basilea incidono sullo sviluppo del credito, non sulla
qualità. Basilea non c'entra con i cattivi pagatori.
- Ha però dirottato molte risorse finanziarie verso il finanziamento del
cosiddetto debito sovrano, sottraendole al finanziamento dell'economia
reale.
- Per questo rallentano la crescita degli impieghi, provocando una
restrizione del credito. La valutazione del merito creditizio resta nella
discrezionalità della banca, aiutata dai metodi statistico-matematici ad
evitare errori.
- La logica di numeri funziona egregiamente nei momenti di crescita. Quando
il meccanismo si inceppa e le aziende si trovano in difficoltà rischiano di
essere penalizzate ulteriormente, proprio quando avrebbero bisogno di aiuto
per superare quell'impasse.
- Tutte le volte che a fronte di una richiesta di credito le regole
impongono rigidità di criteri si ottiene un effetto restrittivo e si
attenua la capacità espansiva.
- Quando si rifiuta il credito a una impresa in difficoltà congiunturale,
ma non a rischio di default, si accentua la crisi.
- La banca ha due parametri da tenere sempre presente nella sua attività:
la solidità patrimoniale, per la quale occorre tenere sotto stretto
controllo le sofferenze, e la liquidità, che richiede un monitoraggio
degli incagli. Di sofferenze la banca muore poco alla volta, di
illiquidità muore in una notte. Il debitore in difficoltà che non va in
default, è illiquido e crea una grande difficoltà alla banca. Se sono in
pochi statisticamente il problema è sotto controllo. Se la massa degli
impieghi diventa illiquida contemporaneamente, è la banca che diventa
illiquida e non riesce a rispettare i buffer di liquidità fissati dalle
regole.
- Quando lo Stato accumula debiti verso le imprese per 50miliardi di euro,
il sistema delle imprese rischia di saltare. In qualche modo bisogna
affrontare la questione. Senza un ammortizzatore muore l'economia. Se non
interviene la banca, chi dovrebbe intervenire?
- La banca non stampa denaro, ma lo compra e quando la concorrenza dei
titoli di stato diventa eccessiva è difficile mantenere la propria
raccolta. Quando questo avviene in un momento di crisi, le due emergenze
si sommano poiché i risparmiatori ritirano il proprio denaro investirlo
in bot, mentre il sistema chiede maggiore liquidità. A questo si deve
aggiungere che i mutamenti sociali e la crisi vanno erodendo la raccolta
stabile, poiché il potere di acquisto delle famiglie è diminuito
drasticamente. Noi come banche cooperative abbiamo già il livello degli
impieghi che ha raggiunto l'82% della raccolta, una crescita positiva
degli impieghi anche se rallentata, una lievitazione delle sofferenze ci
si augura solo per effetto congiunturale rischiamo di entrare in un
tunnel. La BCE ha iniziato da pochi mesi a effettuare operazioni di
anticipo su titoli, per sopperire a quelle operazioni di mercato che nel
passato ci consentivano di tenere sotto controllo la liquidità.
- Ma le imprese oggi stentano a ottenere credito.
- Gli impieghi crescono più per effetto della capitalizzazione degli
interessi che non per una richiesta degli imprenditori. La verità è che
il cavallo non beve, poiché in pochi sono disposti a programmare
investimenti. Ad esempio, il settore dell'edilizia è quasi completamente
fermo.
- Cosa manca al sistema del credito cooperativo per svolgere una più
incisiva azione nel sostegno dell'economia meridionale? Cosa chiedereste al
nuovo governo?
- Noi svolgiamo già un ruolo importante nel sostenere l'economia del
Paese. Non abbiamo bisogno di specifici interventi legislativi. Stiamo
facendo un grande sforzo di autoregolamentazione. A dicembre scorso ci è
stato autorizzato il fondo di garanzia istituzionale che abbiamo
presentato al nostro congresso nazionale, che si mette in rete più di
quanto non lo siamo adesso, efficienta la macchina. Quando saremo a pieno
regime, presumibilmente entro la fine dell'anno, arriveremo alla
cosiddetta ponderazione zero. Ciò significa che tutte le operazioni
all'interno del gruppo non assorbiranno patrimonio. Questo è il vero
strumento nuovo della storia del credito cooperativo che ne cambierà i
connotati e consentirà di svolgere un ruolo molto più incisivo nel
sostegno allo sviluppo.
- Sopravviverà la Federazione calabrese?
- Certamente si. Abbiamo grandi capacità individuali e una organizzazione
efficiente. Il credito cooperativo deve diventare la struttura portante
del credito nella regione.
Inizio pagina
C O P Y R I G H T
You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing
the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.
Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il
nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da
http://www.oresteparise.it/.