Gnomi e furetti: sospetti e misteri all’ombra della Sila

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 13 del 31/03/2012


Rende, 30/03/2012


La ‘ndrangheta tra i boschi?

Attentati che non hanno mai trovato risposta, tagli illegali di migliaia di alberi, incendi per la maggior parte appaiono dolosi, e una disperata denuncia d’impotenza da parte del comandante del Corpo Forestale dello Stato. I Verdi lanciano alti lai per le sorti della grande montagna calabrese


L’ecosistema della foresta silana ha un’importante biodiversità e una significatività ecologica connessa alla complessa evoluzione geologica e climatica e alla lunga azione dell’uomo che ha plasmato il suo territorio posto al centro della regione mediterranea.

Questa è una delle motivazioni presenti nella relazione che accompagna la relazione stilata per l’inclusione dell’altopiano calabrese nel “World Heritage” dell’UNESCO. Il “Patrimonio dell’Umanità” è l’insieme dei luoghi considerati d’incomparabili bellezza e irripetibili come fonti di vita e d’ispirazione culturale, naturale, artistico o storico. Questa sicuramente si può considerare una gran bella notizia per la Calabria, perché l'iniziativa dell'UNESCO sta riscuotendo un successo planetario del quale la Sila non potrà che averne una ricaduta positiva. Una attestazione importante che mortifica tutti noi che abbiamo perso la nostra sensibilità nel riconoscere la natura come il nostro vero patrimonio da difendere e conservare.

Qualche giorno fa è venuto il ministro Clini a presentare la candidatura del Parco della Sila, che è stata già inserita nella “tentative list”, sottolineando il valore simbolico, e la possibile ricaduta turistica di una operazione non solo di alto profilo culturale, ma costituisce allo stesso tempo un potente strumento di marketing territoriale.

Non c’era certo bisogno dell’Unesco per individuare nella Sila un patrimonio d’incommensurabile valore naturalistico e un patrimonio economico dalle grandi potenzialità inespresse, sia da un punto di vista turistico che quale inesauribile “miniera” legnosa, sfruttata sin dai tempi più remoti. Basti pensare che con il suo legno si costruiva la flotta e le sontuose case della Roma imperiale, e la sua pece era una componente essenziale del “fuoco greco”, un misterioso composto che bruciava in acqua e ha consentito all’Impero di Oriente di resistere allo strapotere della flotta turca.

Questo grande patrimonio non è adeguatamente tutelato, né la nostra classe politica ha dimostrato la sensibilità necessaria per darle la giusta considerazione e assicurare gli investimenti necessari per un rilancio. All’ombra dei maestosi Giganti di Fallistro si sono verificati nel corso degli anni molti episodi che risultano ancora inspiegabili, nonostante l’intensa attività investigativa della magistratura. Tagli abusivi di bosco, incendi, attentati messi insieme assumono proporzioni preoccupanti tanto da far temere un vero e proprio disastro ambientale.

L’allarme è stato lanciato su di doppio fronte. Da un lato Francesco Curcio, Comandante Provinciale del Corpo Forestale dello Stato che denuncia la presenza sul territorio silano di una vera e propria associazione criminale specializzata nel saccheggio delle foreste. Insomma, la ‘ndrangheta sarebbe arrivata anche nella montagna silana.

Su un altro fronte, verdi ed ambientalisti Verdi si mostrano molto preoccupati e ne hanno ben donde, poiché considerata la provenienza, l’allarme non può essere certo sottovalutato, e sottolineano lo sconvolgimento del sistema ecologico e dell’equilibrio geomorfologico. Il comandante assicura ogni impegno nella repressione del fenomeno. Un’affermazione lapallissiana, poiché il controllo e la repressione del fenomeno criminale sono funzioni precipue del Corpo. Se non controlla e non reprime, che fa? In questa innocente domanda si nasconde l’insidia della “pantofolizzazione” del corpo, nato per scorrere tra i boschi e finito a scaldare le sedie, che diventano poltrone sempre più comode salendo di grado. L’attività di controllo è sempre più cartacea e burocratica e sempre meno affidata all’attività sul campo.

In una interrogazione presentata da Giovanni Dima del marzo 2011, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali si legge: “da notizie apparse sulla stampa regionale, il Corpo forestale dello Stato di Cosenza avrebbe inviato alla procura della Repubblica di Cosenza ed a quella di Rossano due distinti rapporti di polizia giudiziaria in cui si segnalerebbe il taglio abusivo e clandestino di ettari di bosco dell'altopiano silano, più precisamente nei comuni di Spezzano della Sila e di Longobucco, in provincia di Cosenza, e si configurerebbe, di conseguenza, l'esistenza di condotte criminose di danno ambientale; dal rapporto del Corpo forestale si evincerebbe che sarebbero stati tagliati, senza alcuna autorizzazione o prescrizione di legge, ben seimila e seicento alberi (sic!) al fine di soddisfare le esigenze di un mercato, quello del legname, che garantisce introiti finanziari ed economici di non poco conto alle aziende di settore”.

Per tagliare 6600 alberi ci vogliono dodici giorni, lavorando ininterrottamente 12 ore al giorno e supponendo che per ognuno occorra un tempo di 10 minuti per farlo sparire, compreso quindi il trasporto che crea un viavai che difficilmente potrebbe nascondersi tra i sentieri. Il taglio di un albero in una operazione "mordi e fuggi" che passi in modo inosservato è possibile e può succedere ogni giorno, considerata l’estensione della foresta silana, le difficoltà di accesso, le molte vie di fuga. Ma è possibile immaginare il taglio di una intera foresta senza che nessuno se ne accorga? Ogni albero che cade geme, si abbatte pesantemente al suolo, lascia traccia: una foresta che scompare lascia una traccia indelebile, un vuoto immediatamente visibile a occhio nudo, ma soprattutto dall’alto poiché crea una ferita, rimarginabile dopo solo dopo anni, nel manto arboreo. Ma il “Corpo Forestale” non ha in dotazione un elicottero per monitorare la foresta? Non dispone di mezzi e di personale sufficiente per l’azione di controllo?

Quale dovrebbe essere il compito di un responsabile del CFS, se non quello di predisporre gli strumenti di controllo ed eventualmente denunciare le carenze, e le insufficienze di uomini e mezzi che gli consentano di svolgere appieno i compiti e le funzioni che gli sono state affidate dalla legge ? Limitarsi a sollevare un polverone sulla possibile esistenza di una organizzazione occulta, misteriosa, impalpabile e inafferrabile appare solo come un tentativo di salvarsi da eventuali responsabilità.

Il «mercato del legname», illegale e clandestino, così si legge nella interrogazione Dima, “potrebbe essere gestito dalla criminalità organizzata che ne ricava enormi profitti, tanto che alcune intimidazioni e minacce compiute contro gli amministratori locali e, negli anni scorsi, contro lo stesso comandante provinciale di Cosenza del Corpo forestale dello Stato potrebbero avere la stessa matrice e, cioè, quella delle organizzazioni criminali”. L'impressione è che si tratta di una esagerazione, sotto molto aspetti. Intanto, non risulta che il versante cosentino della Sila sia mai stato affetto dal morbo criminale, almeno non nel senso della criminalità organizzata. Il furto di legname, come forma di tracimazione del diritto di legnatico da sempre presente nel demanio silano che si limitava al diritto di raccolta del legname secco, è stata una forma di sopravvivenza delle popolazioni di montagna. Oggi ha assunto una forma più organizzata. Ma si tratta pur sempre di una criminalità “pezzente”, di piccoli operatori, che non assicura grandi profitti, ma solo la sopravvivenza. Per ragioni storiche è nelle Serre catanzaresi che si registra una 'ndrangheta dei boschi, che ha dato luogo a vere e proprie faide per il controllo del territorio. Qui si tratta, forse, di ben altra lotta, per il controllo del territorio professionale, per la definizione dei ruoli di potere all'interno della foresta burocratica.

Gli enormi profitti cui si fa cenno, appaiono una chimera. Se si analizza l’industria del legname, per volume di affari, personale addetto, e qualsiasi altra misurazione dell'incidenza della forestazione e delle attività legate allo sfruttamento del bosco, si hanno indici costantemente decrescenti. Come decrescente e in misura drammatica appare la popolazione dei centri silani, fatta eccezione per qualche località di spiccata vocazione turistica come Camigliatello, rischiano il totale spopolamento in qualche decennio.

Se l'industria del legname è una opportunità per la Calabria, è una opportunità quasi del tutto sprecata e residuale che interessa poche centinaia di persone. Volendo azzardare una ipotesi il rapporto tra controllori e controllati si avvicina all'unità, che dovrebbe consentire una pronta ed efficace risposta all’aggressione della criminalità, poiché in fondo si tratta quattro “sciancati”, non certo della più potente organizzazione criminale d’Europa. Nella guerra tra guardia e ladri in Sila, vi è una disparità di volontà, determinazione e spiegamento opportuno delle proprie forze. Mentre questi utilizzano tutte le astuzie e le audacie che sanno mettere in opera, i primi sono chiusi nel caldo dei loro uffici a stilare rapporti. Con un uso più razionale delle risorse a disposizione, si potrebbe organizzare un agevole controllo del territorio, servendosi dei moderni sistemi aerei e aerofotografici, dei mezzi di locomozione che consentono di raggiungere quasi ogni più recondito anfratto della foresta.

Vi sono, certo, attività nuove, come le centrali a biomasse che consumano materiale da sottobosco, le centrali eoliche posizione in opportune zone dove possono usufruire di venti costanti, che hanno reso di nuovo economicamente attrattivo il bosco e messo in moto un interessante meccanismo economico. Si tratta di attività stanziali che hanno bisogno di un flusso continuo di materiale, che non può essere sostenuto ed alimentato con spoliazioni sporadiche della foresta, ma richiedono una programmazione, molto più facile da tenere sotto controllo.

Basta qualche numero a dare consistenza a questa ipotesi. Nella provincia di Cosenza operano 45 stazioni della Guardia Forestale e due posti fissi, ritenuti sufficienti a costituire un qualificato presidio operativo, anche con l'aumento delle loro competenze che è stato esteso alla repressione dei reati agro-alimentari, alla tutela e la salvaguardia delle risorse naturalistiche e devono contribuire al mantenimento dell'ordine pubblico. Proprio in questa ottica debbono agire in concorso con le altre forze, come polizia, carabinieri, guardia di finanza che possono essere chiamati in caso di necessità a supportare il loro operato.

Il comandante Curcio preferisce chiamare in causa le ditte boschive prive di scrupoli e la complicità dei tecnici che queste sono assoldati. Ma i primi indiziati vanno ricercati all'interno dello stesso corpo, poiché la prima forma di corruzione è quella che investe i controllori, sottoposti alla pressione psicologica, per non parlare di tentazione, del facile guadagno con cui arrotondare uno stipendio certamente molto depresso. Qualche componente del corpo è finito sotto la lente della magistratura, anche se non si è riuscito ad arrivare ad alcuna ipotesi reale per spiegare i misteri silani. Vari sono stati gli episodi criminali registrati nel passato, come l'incendio a Longobucco di un caseggiato adibito a stalla di proprietà dell’Ufficio Territoriale e biodiversità del Corpo Forestale dello Stato de Comando Provinciale di Cosenza, e quello tentato di una autobotte, che ha provocato la distruzione del Centro Informazione in località Cuponella dello stesso comune.

Lo stesso comandante è rimasto coinvolto nelle indagini, dal quale è stato completamente prosciolto lasciando però sospeso l'interrogativo di chi e cosa si nascondesse realmente dietro questi atti intimidatori. Sembra di vivere nel bosco incantato dove gli gnomi compaiono di giorno per svanire al risveglio.

Nella risposta scritta all'interrogazione Dima dello scorso 10 gennaio, il sottosegretario Mario Catania, mette in rilievo alcune assurdità calabresi. Dal 2008 il rilascio dei pareri sul vincolo idrogeologico e le autorizzazioni boschive in Calabria sono passati alla regione, competente anche per il taglio dei boschi presenti all'interno del Parco nazionale della Sila. Ma non essendo ancora approvati il relativo piano né l'inerente regolamento, l'Ente Parco non esprime pareri al riguardo. Questo significa che questa funzione non appartiene a nessuno in particolare, in un caos che favorisce l’illegalità delle aziende e l’arbitrio della burocrazia.

Il Corpo forestale dello Stato, quindi, a decorrere da luglio 2008, svolge esclusivamente attività di polizia forestale. Siamo in un vuoto normativo che consente la perpetrazione di abusi “legali”, poiché legati alla libera interpretazione degli attori del processo autorizzativo.

“Per quanto sopra esposto, scrive Mario Catania, evidenzio che, su proposta del comando regionale per la Calabria, è in fase di valutazione l'attuazione di un programma per l'aggregazione temporanea di Comandi stazione, limitrofi, al fine di assicurare migliore organicità e funzionalità all'azione di controllo.

La risposta del ministero presuppone un riordino del corpo per assicurare una maggiore efficienza, anche con l'eventuale eliminazione dei doppi incarichi, che impediscono una azione più efficace dell'attività di controllo.

A questo si aggiunge la possibilità che una pioggia di denari contanti cada sulle foreste silane. ''Siamo riusciti – ha detto il ministro Clini nella sua tappa calabrese – a recuperare alla fine dell'anno 750 milioni di euro da destinare alle regioni del Sud e perciò anche alla Calabria, per coprire in parte i costi degli interventi per la prevenzione”. Una buona fetta di questo tesoretto sarà destinato alla Calabria, e la sua gestione costituisce uno stuzzichino per tutti gli attori chiamati in causa: l’Ente Parco, la Regione, l’Afor e il Corpo Forestale che in qualche modo sar‡ investito dalla pioggia d’oro.

“Stiamo predisponendo una iniziativa di legge che consenta di creare a regime le condizioni per fare in modo che la protezione e la sicurezza del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico diventino una misura regolare e permanente e non straordinaria per correre dietro all'emergenza. Dobbiamo prevenire l'emergenza. Spero che prima della fine dell'estate si possa avere questo strumento'', ha affermato il ministro Clini.

Un’ipotesi interessante che stimola interessi e appetiti.

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