Ingoiata dalla ‘Ndrangheta

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 14 del 7/04/2012


Rende, 6/04/2012


La Lega Nord affonda nel profondo Sud

Dopo tante lotte contro i terrun, “The family” ha messo il suo futuro nelle mani di uno di loro, Francesco Belsito legato “anema e core” con personaggi, come l’avvocato Bruno Mafrici, il quale vanta vaste frequentazioni con il gotha del potere politico locale e dell’establishment imprenditoriale calabrese. Il dubbio è che attraverso il più importante e organizzato movimento autonomista, la ‘ndrangheta cercava di costruire il suo “Stato” autonomo, al di fuori di ogni legge e controllo, con le alte e ramificate protezioni nordiste …


Sembra proprio incredibile come la realtà supera persino la fantasia dello scrittore più immaginifico, e crea personaggi straordinari. Girano per l’Italia dei loschi figuri che viaggiano con caterpillar e betoniere, armati di livelle e cazzuole, che ristrutturano appartamenti e ville, lustrano i mobili all’insaputa degli interessati per rovinarli. E intervengono persino nella compravendita degli immobili per buttare soldi sulle povere vittime, che si vedono proprietarie di immobili e altri beni come barchette di venti metri o altre amenità del genere. L’ultima vittima illustre è Umberto Bossi, che con fare minaccioso ha tuonato contro questa nuova genia di delinquenti: “se vengo a sapere chi è stato, li denuncio!”, ha tuonato con severità padana. Per la verità a sentirlo in diretta sembrava piuttosto un grugnito condito con qualche pernacchio di totoiana memoria.

Sono molti gli sbadati e gli smemorati che non ricordano particolari irrilevanti, come l’ex ministro Scaloja al quale qualcuno ha giocato il brutto tiro di pagargli una casa al centro di Roma, o l’ex Ministro Tremonti alle prese con un “affitto alla Milanese” condito di misteri, Francesco Rutelli che cade dalla nuvole insieme ai milioni della Margherita. Tutti afflitti da emicranie e vuoti di memoria tanto da non riuscire a ricordare quella girandola di biglietti, mentre dei piantagrane di giornalisti li infastidiscono con le loro insolenti domande.

Possiamo persino essere contenti che la seconda repubblica sia finita in farsa. Poteva andare peggio e declinarsi in tragedia, dopo il razzismo neanche tanto mascherato, la xenofobia seminata a piene mani, la volgarità e l’astio introdotto nella dialettica politica. Chi non ricorda ancora la dichiarazione di guerra di Cesare Previti, il teorizzatore dei pogrom politici: “non faremo prigionieri”, perché gli avversari vanno distrutti, annientati. Le macerie sotto le quali rischiamo di soccombere sono il frutto amaro di un populismo che ha contagiato tutta la società e non solo il sistema berlusconiano. Vi è stato un innamoramento collettivo della personalizzazione della politica, la rincorsa alla ricerca dell’uomo della provvidenza, in grado di risolvere da solo tutti i problemi della società, la trasformazione di tutto il sistema pubblico in una organizzazione imprenditoriale, lo stato come una azienda, come gli enti locali e tutte le altre istituzioni pubbliche dalle scuole alle carceri. Sembra un secolo, ma solo qualche mese fa si è seriamente tentato di creare la “Protezione Civile spa”, un enorme conglomerato sotto la cui ombra potevano prosperare gli affari della “Suprema Casta della Nazione. Nell’interesse collettivo, s’intende, poiché vi è una perfetta coincidenza tra la “Casta” e la “Nazione”: tutti gli altri sono degli iloti, cittadini di serie B che appena appena conservano il diritto di voto. La loro libertà va tenuta strettamente sotto controllo con proposte controllare, liste bloccate, programmi preconfezionati, per evitare orge collettive, ubriacature sociali. Nei partiti e nella nomenklatura non vi è la consapevolezza che è necessaria una totale rigenerazione della classe politica, che i personaggi che stanno oggi sulla scena sono usurati, obsoleti, e non godono più di alcun credito presso l’elettorato.

La caduta di Berlusconi prima e di Bossi poi, non ha eliminato la malapianta del populismo che si è saldamente radicato in tutti i gangli vitali della società. Abbiamo i vari partiti che recano nel simbolo il nome del loro padrone, Berlusconi, Fini, Casini, Di Pietro … indicano a iscritti e simpatizzanti guru di riferimento, i “lider maximo” depositari del pensiero, della storia e della cultura del movimento.

La fine del duo BB mostra senza ombra di dubbio il limite dei padreterni salvatori della patria, che costruiscono un potere personale, familiare confinato entro un cerchio magico, ma sarebbe meglio definirlo un bunker inespugnabile che scherma il Capo facendogli vedere la realtà con le lenti deformanti dei propri interessi personali. Entrambi sono arrivati a superare i limiti fisici, l’uno colpito da un ictus che ne aveva seriamente intaccato le facoltà fisiche, l’altro afflitto da saturniasi, un’incontrollata e insoddisfatta pulsione della carne che lo obbligava al bunga bunga. herchez la femme! Entrambi sono vittime delle donne, escort, prostitute e donnine allegre in un caso; donne di famiglia e collaboratrici fidate che hanno ridotto l’Umberto a una vacca da mungere dall'altro. La moglie e l’onnipotente vice-presidente del Senato lo avevano ridotto a un burattino di cui muovevano sapientemente le fila sul palcoscenico della politica. C’è da credergli quando con ingenua meraviglia il Senatur ingenuamente si chiede come tutto questo è potuto accadere, perché non era più nelle condizioni di poter controllare un bel niente, ma si era ridotto nella loro totale dipendenza. C’è da chiedersi come e perché un paese democratico, o che tale vuole apparire, possa essersi consegnato nelle mani di due malati, che lo hanno portato sul ciglio di un baratro - e ancora non è certo che non finiremo per caderci dentro e ricoprire con le macerie di un tale sconvolgimento il nostro futuro, ma soprattutto quello dei nostri figli.

Vi è il concreto rischio che vi è una spasmodica ricerca di un nuovo uomo della provvidenza che rimpiazza l’icona caduta, ma ne perpetui l’ideologia. Questa continua ad essere la cultura dominante, che prevale in gran parte dell’opinione pubblica che mostra distacco, disprezzo e indifferenza nei confronti della politica, aspettando un altro padreterno. Questi due decenni di passione berlusconiana, e il precedente ventennio, avrebbero dovuto essere un potente vaccino contro la tentazione autoritaria e populistica, ma tutti i sondaggi indicano il contrario. Il governo Monti gode di una grande popolarità perché evita di pensare al futuro, costituisce una risposta ancora una volta calata dall’alto che impone salassi a suon di fiducia.

Il compito specifico del governo Monti è quello di cercare di colmare il profondo vuoto che si è creato in un ventennio di malgoverno, e correggere gli obbrobri legislativi introdotti nella giustizia, i reati societari, la regolamentazione del conflitto d’interesse, la legge elettorale, le ronde padane, e tutte le altre panzane in tema di immigrazione introdotte dalla miope visione leghista.

Un altro insegnamento avremmo dovuto trarre da questa triste vicenda. La democrazia è costruita su di un insieme di regole da conservare gelosamente e difendere contro ogni tentativo di stravolgimento. Non abbiamo bisogno di decisioni rapide, di provvedimenti affrettati e rabberciati ma di buoni provvedimenti. Non abbiamo bisogno di una rappresentanza numericamente debole, ma di una rappresentanza di altro profilo etico, morale, professionale che abbia la capacità e la competenza per dare risposte ai bisogni e alle domande che provengono da una società in evoluzione che impone sfide drammatiche, ad un aspro confronto internazionale per la definizione del ruolo da occupare nello scenario economico.

La Magna Charta è stata molto più importante per plasmare la democrazia in Inghilterra di qualsiasi padreterno, da Cromwell a Churchill. La sensazione è che oggi viviamo in una società dalle regole affievolite, con ampie praterie senza regole, come sono i partiti.

Di fronte alle punte di un iceberg di illegalità e di disinvolto uso del denaro pubblico che emergono dall’oceano senza confini del più assoluto arbitrio, come sono i casi di Lusi e Belsito, si dovrebbe procedere immediatamente ad una rigorosa disciplina dell’attività dei partiti per assicurare la democrazia interna, la trasparenza e la pubblicità degli atti, la definizione delle regole elettorali degli organi statutari, una rigida definizione dei rapporti economici, l’obbligo della documentazione di tutte le operazioni che devono essere strettamente attinenti al ruolo e alle finalità pubbliche. Come un bell'investimento immobiliare in Croazia o l’acquisto di bond in Tanzania … !

Di fronte al disastro morale, è assurdo che si continui a balbettare di una blanda disciplina dei bilanci dei partiti, mentre in tutti i settori s'impongono interventi draconiani che stanno strozzando l’economia e la capacità imprenditoriali, strette in una morsa fiscale senza respiro.

Com’è possibile che un partito chiamato democraticamente alla guida del Paese, possa rimanere per dieci anni senza un congresso federale, con degli organi statutari in prorogatio; in un altro il responsabile e padrone Ë eletto per acclamazione, in altro si fa ricorso a delle finte consultazioni, pomposamente definite primarie, ma che sono delle procedure del tutto arbitrarie per la scelta dei propri dirigenti, avendo completamente azzerato qualsiasi rapporto con i propri iscritti con il territorio.

Tutti i partiti vivono nello stesso stato di illegalità, nella stessa condizione. Giocano alla democrazia e costruiscono recinti di privilegio personale per una ristretta cerchia di privilegiati che si difendono reciprocamente. Nessuno ha il coraggio di proporre una riforma organica dei partiti per consentire alla gente di poter ritornare a interessarsi di politica. La voglia di conservatorismo è diffusa in tutta questa screditata classe politica tanto che nessuno ha realmente interesse a modificare il porcellum.

La Lega viene investita da un ciclone che proviene dal Sud. Con meraviglia si assiste a un movimento nato tra le valli bergamasche che si mette nelle mani di un faccendiere proveniente dall’estrema punta dello stivale. Oggi viene anche da chiedersi perché l’ottimo Roberto Calderoli, nominato a suo tempo commissario dei forestali non abbia mai messo piede in Calabria. Qui avrebbe avuto tempo e modo per conoscere il terreno di coltura di un sistema in cui è rimasto invischiata la Lega e forse lui stesso. Alla luce di quanto va emergendo forse si è guardato bene dal mettersi in conflitto con coloro che avrebbero potuto essergli utili a lui, e al cerchio magico, per risollevare i problemi economici e finanziari della Lega e dei suoi maggiori esponenti.

La Lega ciancia di secessione, si affanna dietro i ridicoli riti eridani, mentre viene inseminata dalla ‘ndrangheta che s'insinua nei suoi gangli vitali, s’insedia nelle amministrazioni locali, occupa i centri di potere economico e finanziario. Dalla secessione si arriva all’infezione malativosa, a un cappio che si stringe attorno al collo del movimento incaprettandolo.

Perché tanto interesse della ‘ndrangheta proprio verso la Lega? Perché sorgono tanti movimenti autonomistici che cercano di scimmiottarla, di riprodurla su scala locale? Perché i confini territoriali della sua terra di origine sono diventati troppo angusti, e l’intermediazione della politica non è più sufficiente a rappresentare adeguatamente l’organizzazione, a sostenerne l’attività, a consentire di trovare i canali di riciclaggio e di investimento che la molteplicità dei suoi interessi impone.

La ‘ndrangheta, avendo acquisito un ruolo preminente nella criminalità organizzata, avendo risorse che tracimano rispetto alle opportunità di investimento della Calabria, ha bisogno di andare oltre, di costruire un proprio stato, di creare dei rappresentanti “in house”, che siano in grado di dialogare direttamente con i centri del potere romano. Le nuove generazioni di affiliati hanno la cultura e la formazione per poter assumere in proprio i ruoli di rappresentanza, senza bisogni di intermediari. La Lega offre l’apparato ideologico, per quanto possa essere fragile sotto il profilo intellettuale una però ha un grande appeal popolare, l’organizzazione politica, e la presenza negli apparati dello Stato che possono essere utilizzati per costruire il proprio apparato. Bruno Mafrici, il mancato avvocato che diventa legale di Stato, ha forti legami con il potere locale e importanti collegamenti con gli uomini forti dell’imprenditoria locale, poteva fungere alla funzione di raccordo.

Le occasioni per raccontare panzane inventando una epopea è molto facile in Calabria. C’è l’imbarazzo della scelta tra Enotri, Ausoni, Peucezi e c’è la ‘ndrangheta, tutti dotati di una forte attrazione identitaria.

E’ questa la chiave di lettura del sorgere di tanti movimenti autonomisti? L’inchiesta è solo all’inizio e potrebbe nascondere ancora tante sorprese. Non a caso la Calabria è diventato il crocevia di tanti filoni d’indagine, Milano, Genova, Latina tutti si affannano a dipanare i misteri del sistema Reggio. Quando scoppierà questa polveriera?

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