La montagna ha partorito un topolinodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 19 del 12/05/2012 |
Rende, 8/05/2012
Salta il concorso dei farmacisti?
Un esercito di giovani farmacisti pronto a indossare camice bianco e caduceo. In tempi record, secondo quanto previsto dal decreto sulle liberalizzazioni entro il prossimo 31 marzo le nuove farmacie avrebbero alzato le serrande e i giovani e speranzosi farmacisti si preparavano ad accogliere con un sorriso pieno di speranza i loro primi clienti. Ancora una volta però la potenza delle lobby si sono servite della “force de frappe” di un codicillo per bloccare tutto fino alla prossima legislatura. Poi si vedrà …
“Hai visto? Alla fine l’hanno corretto. Si trattava di un errore evidente, ed è giusto che il governo sia intervenuto”, dice Peppe, un farmacista molto attento e interessato al decreto sulle liberalizzazioni. Uno dei tanti che aveva cominciato a sperare di poter aspirare a una sede più idonea. Una farmacia vera dopo il lungo purgatorio di un presidio rurale in un posto sperduto.
Era persino riuscito a superare il suo stesso scetticismo per la potenza della lobby di categoria che da secoli difende il suo privilegio feudale contro qualsiasi logica economica, etica, morale e anche giuridica. Sono poche le categorie ancorate al passato remoto delle corporazioni, che vantano il più intricato e confuso sistema di difesa che si possa immaginare. Una concessione “ad personam” trasmissibile ereditariamente, vendibile sul mercato, che può esercitarsi per interposta persona. Un po’ paradossalmente si potrebbe dire che è come se un avvocato potesse trasmettere a figlio la sua abilitazione all'esercizio della professione in via ereditaria, o un medico potesse vendere liberamente la sostituzione in sala operatoria in un intervento chirurgico.
Persino nell'ultima legge che pomposamente reca nel titolo il proponimento di liberalizzare la professione, si è stabilito che in caso di decesso di un titolare di farmacia, ai suoi eredi vengono concessi 36 mesi mesi di tempo per trovare una soluzione. Perché proprio tre anni?
“È il tempo minimo necessario per una laurea breve in farmacia”, risponde Peppe. Tutto programmato: anche la morte è tenuta sotto stretta sorveglianza.
“Questa è però la volta buona”, si accalora Peppe, “il governo dei tecnici è riuscito nel miracolo di scalfire la lobby dei farmacisti, superando anche il ricatto della serrata, i mille pretesti addotti per impedire l'approvazione da parte del Parlamento. E poi sono stati definiti termini precisi, si è evitata la lungaggine di un concorso per titoli ed esami che avrebbe comportato tempi biblici, si è stabilita una data precisa per concludere tutto l'iter, si è previsto il “commissario ad acta” per superare le resistenze degli enti locali … E poi si correggono anche gli errori!”
“E’ questa la trappola, Pepè!”
L'ingresso dei tecnici aveva suscitato qualche speranza che almeno non sarebbero incorsi negli svarioni alla Calderoli con i suoi porcellum. Ogni provvedimento è un progetto cantierabile, poiché reca il marchio di qualità di una squadra di supereroi. Niente a che vedere con le improvvisazioni burlesque di una squadra di dilettanti della politica allo sbaraglio.
Sorpresa! I tecnici nominano dei supertecnici che si servono dei consulenti i quali alla fine si rivolgono ai funzionari ministeriali, i quali si premureranno di preparare provvedimenti dotati di una loro coerenza interna che opportunamente rimaneggiati risaliranno la china delle modifiche e dei pareri dei consulenti, dei supertecnici, dei Ministri, fino ad approdare in Parlamento. Un processo entropico che assicura il giusto livello di incoerenza e disordine da rendere il tutto inapplicabile senza un intervento correttivo.
Quei rigorosi provvedimenti che dovevano avere il crisma del rigore tecnico, si dimostrano improvvisazioni jazzistiche, fughe di Bach, prove d'orchestra di ottimi musicisti impegnati a ripetere la propria parte incuranti del caos che li circonda.
Delle strombazzate liberalizzazione è rimasto poco o nulla. Ciascuna è rimasta incagliata tra pali e paletti distribuiti ad arte nel percorso parlamentare. A pensarci bene erano molto meglio le lenzuolate alla Bersani: pratiche, immediate, di sicura applicazione. Queste sono forse vittime di troppa scienza. Troppa grazia, Sant'Anto'! Esclamavano i nostri saggi di fronte a una fortuna inaspettata.
Il caso dei farmacisti è emblematico.
Con il decreto liberalizzazioni il governo ritiene che si apriranno 5-6mila nuove farmacie in Italia. Federfarma dal canto suo lancia un urlo da Tarzan: «ci sono norme che faranno implodere la rete delle farmacie che può sostenere al massimo un 10-15% di punti vendita in più, pari a 2000, non 7-9000 come previsto dal decreto», si legge in un comunicato ufficiale diramato subito dopo l'approvazione definitiva. Si proclama «lo stato di agitazione», si minacciano serrate, si ricorre allo sciopero del viagra per indurre gli allupati clienti privi del loro supporto “erettorale” di ribellarsi e protestare flaccidamente, insieme con le amanti insoddisfatte, contro tale soperchieria ministeriale.
In soccorso della categoria interviene il “codicillo d'onore”, che serve a correggere i numerosi errori che i supertecnici hanno lasciato passare nel testo, che richiedono l'emanazione di un nuovo provvedimento che reca l'innocuo nome di “Disposizione integrative”. Solo qualche ritocco, insomma per eliminare piccole imperfezioni, si direbbe.
Di fatto il nuovo testo è molto più lungo e articolato di quello originario che intende integrare. Si dovrebbe parlare di una “novella”, nel senso legislativo. Forse ci troviamo di fronte a una novella in senso letterario.
Le modifiche più significative riguardano lo slittamento del termine per l’applicazione della nuova disciplina del pensionamento, una migliore definizione di farmacia “soprannummeraria”, una nuova formulazione dei poteri regionali per l’armonizzazione delle sedi farmaceutiche in caso ai mutamenti nella distribuzione della popolazione, e dei comuni sul trasferimento delle farmacie sul territorio.
Tutto ciò appare ragionevole se non comportasse uno slittamento di tutto il processo di liberalizzazione, che rischia di essere rinviata a data da destinarsi, quasi certamente nella prossima legislatura.
Mentre per il primo provvedimento si è fatto ricorso a un provvedimento urgente come il decreto legge, accompagnato da trombe e fanfare per dare risalto e pubblicità a un evento epocale, ora si ricorre a un disegno di legge per correggere quelli che vengono definite correzioni “tecniche”. Come sa qualsiasi matricola di giurisprudenza il disegno di legge non produce nessun effetto immediato, ma deve passare sotto le forche caudine della doppia lettura delle Camere per diventare legge. Il tutto è avvenuto in sordina per non disturbare i sogni dei tanti giovani farmacisti che si preparavano ad affrontare la nuova avventura. Possono continuare a vivere la loro illusione, perché non vi è stato alcun impegno a forzare i tempi del Parlamento in tutt’altre faccende affaccendato in questo momento.
Una vicenda molto simile al famoso decreto di Rogliano con il quale Garibaldi concedeva ai contadini gli usi civici del demanio silano. Stanno ancora aspettando i decreti attuativi promessi da Donato Morelli …
Soltanto per la “calendarizzazione” si può arrivare tranquillamente alla fine della legislatura. Una vittoria delle lobby ottenuta senza alcuna guerra, senza lasciare morti e feriti sul campo di battaglia. I soliti noti possono continuare la loro crapula. Gli altri si arrangino.
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