Catanzaro città di provincia, chiusa e senza ambizioni

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 20 del 19/05/2012


Rende, 18/05/2012


Il dopo voto a Catanzaro

Vittoria netta del centrodestra e sospetti di brogli, terzo polo svanito e centrosinistra in difficoltà. Come leggere una vittoria zoppa


Intervista a Saverio Zavettieri

Nella città di Catanzaro ha vinto l’usato sicuro, un altro uomo della Provvidenza come Leoluca Orlando a Palermo o il carisma del fare come a Verona?
La vittoria del centrodestra è certa oltre che netta ed inequivoca in presenza di venti punti di scarto nel voto di lista tra le coalizioni e, nella sostanza, molto simile a quello precedente se si tiene conto della perdita di alcuni alleati. E’ più incerto il voto sul Sindaco, pur proclamato con un risultato che lascia perplessi per i seggi ed i voti contestati e la soglia del 50% superata di misura, che configura nei fatti una realtà ben diversa da quella di Palermo o Verona. In una battuta direi che è quello che passa il convento di Catanzaro e la riflessione, semmai, andrebbe fatta sulla natura del blocco sociale-elettorale della Città.
Si parla di brogli, di possibile voto inquinato, ma qualche errore gli altri l’avranno pur commesso. Il candidato del “Terzo Polo” ha sofferto della sindrome del buco dell’ozono e si è squagliato…
Irregolarità, anomalie e brogli che si verificano ormai ad ogni tornata in tutte le diverse aree del Paese rischiano di diventare la norma e rappresentano l’inquietante segnale di un progressivo venir meno del senso del diritto e del valore della democrazia specie tra gli addetti ai lavori, tra i responsabili dei seggi elettorali e dei soggetti preposti alla gestione del procedimento elettorale. Sono stati riscontrati errori, irregolarità e anomalie gravi in alcuni seggi anche in sede di verifica presso l’Ufficio Centrale senza però che ciò impedisse la proclamazione del Sindaco sulla cui legittimità andrebbe fugato ogni dubbio. Quanto al candidato di centro questi ha subito l’effetto dovuto alla sua scelta operata in extremis, unitamente alla incertezza che ha caratterizzato detta coalizione in campagna elettorale con il prevalere, sulla spinta di alcuni partiti, più delle esigenze delle proprie liste che di quelle del candidato Sindaco e dell’intera compagine.
Celi viene considerato evanescente, al di sopra della politica e Salvatore Scalzo un’altra figura supponente e di scarsa capacità comunicativa.
Le sue valutazioni non mi sembrano appropriate e calzanti. E vero che Celi ha avuto meno voti delle liste a lui collegate, circa un quarto, avendo avuto poco tempo per organizzare la sua campagna elettorale e farsi apprezzare dall’intero elettorato catanzarese, ma è anche vero che si è buttato nella mischia con generosità e senso di civiltà non comune, senza le garanzie politiche ed organizzative minime che i partiti proponenti avevano il dovere di assicurare. Scalzo ha condotto invece una buona campagna elettorale con una ottima performance ed un risultato eccellente, superiore alle attese ed ai voti delle liste della sua coalizione che gli affida una grande responsabilità come capo di una vera opposizione democratica di cui a Catanzaro, come altrove, c’è tanto bisogno!
Catanzaro ha interiorizzato l’idea della politica come luogo di difesa degli interessi, il luogo della spartizione degli affari senza utopia, senza sogni e senza ideali. E’ dura per chi vuole concorrere per gestire la torta, è meglio affidarsi a chi ha mostrato grandi capacità di manovra piuttosto che a dei “parvenu” ...
Catanzaro rimane una città di provincia, chiusa e senza ambizioni con una realtà economico -sociale a forte prevalenza burocratico – clientelare, che non ama il confronto e lo scontro, meno che mai forti azioni di rottura, ma preferisce il quieto vivere dietro cui attivare rapporti, intese e compromessi tra i poteri che più contano (amministrativi, economici, burocratici, etc…) lontano da occhi indiscreti, complice una rappresentanza politica di scarso profilo che ha rinunciato ad ogni progetto di crescita e di sviluppo e sotto l’occhio benevolo e strabico dei vari soggetti chiamati a svolgere le funzioni di controllo. In questo caso calza bene “l’usato sicuro”.
Potrà Sergio Abramo arrivare dove non è riuscito Michele Traversa, con un consenso decurtato e il conflitto non risolto tra i “cavalieri del lavoro”? Si può oggi chiarire i motivi di quell’abbandono: interessi personali o “impotentia coeundi”?
Ci credo poco! Gli esecutivi e le maggioranze non sono tutto specie se privi di una guida autorevole e forte. Quando la società è rassegnata e si è costretti a ricorrere a soluzioni già provate senza risultati di rilievo le azioni di rottura necessarie restano una chimera. Non vedo nella maggioranza consigliare energie nuove e fresche ma solo espressioni di ben noti interessi da tutelare con l’occupazione delle relative postazioni. E’ il caso di confidare più nell’opposizione che da questo voto esce rafforzata e con qualche idea, mi auguro, più chiara e qualche proposta costruttiva in più archiviando una consolidata pratica consociativa che ha prodotto il degrado e la commistione esistente. Per il resto non sembra questa amministrazione nascere sotto una buona stella!
Quale insegnamento può trarre il Terzo Polo dalle elezioni catanzaresi? Saprà la politica superare il proprio discredito e preparare una ipotesi credibile di gestione della Regione?
Non mi intendo di “Terzo Polo” né ho mai identificato in questa formula un progetto politico. Oggi, non saprei cosa dire. Un terzo polo, proprio perché terzo, gioca di rimessa e non in prima battuta, da protagonista, neppure ora che i due maggiori poli sembrano sfaldarsi e disgregarsi irreparabilmente. La politica che nella storia è stata la nobile arte del governare, nella cronaca attuale, se continua a restare estranea e sorda ai problemi della società, finirà per essere vista come ostacolo al cambiamento e destinata quindi ad essere travolta. Non c’è ricambio né rinnovamento vero quando qualcuno viene promosso sol perché l’altro viene bocciato, cosa che puntualmente si verifica nelle tornate elettorali in Italia da quasi vent’anni a questa parte con questo sistema bipolare maggioritario. Non mi aspetto pertanto grandi sorprese né sul piano locale né su quello nazionale. Si procede per forza di inerzia.
Dalle inchieste milanesi emerge l’ipotesi che la ndrangheta sia arrivata nel cuore dello Stato attraverso la Lega Nord. Ma il mondo politico calabrese è immune da questo morbo.
La ndrangheta ha sempre seguito il percorso del potere e continua a seguire la strada della integrazione progressiva fino alla “simbiosi” dove trova le condizioni favorevoli. Non mi risultano casi seri di contrapposizione con le istituzioni e con la politica. Nonostante le tante minacce ed i tanti piani per eliminare inquirenti scomodi, pochi, sono stati in Calabria i casi si attentati veri a uomini delle istituzioni, politici e magistrati (Scopelliti, Ligato, Fortugno) oltre l’atto dimostrativo con una bomba alla Procura di Reggio di qualche anno addietro. Quando poi, come nel caso della Lega, si affermano sulla scena soggetti nuovi ed in crescita, le attenzioni delle ndrangheta che segue molto le evoluzioni della politica, diventano particolari e pregnanti. La Lega d’altronde è fatta di comuni mortali che, viste le recenti vicende, più comuni non si può!
Su Franco Morelli è calata una cortina di silenzio: non lo difende nessuno come successo ad esempio con Franco Pacenza. Sembra che stia riempendo lenzuolate di verbali. Cosa c’è dietro questa cortina fumogena?
Intanto è ancora tutto da dimostrare. E’ calato il silenzio perché Lui preferisce il silenzio da uomo di curia e perché la sua parte politica si sente la coda di paglia per abbozzare una difesa avendo sposato in Calabria, per comodità ed opportunismo, una linea di difesa giustizialista. L’imbarazzo deriva forse dal fatto che gli ambienti di recente e nuova frequentazione di Morelli erano noti ad altri di più antica conoscenza ed il timore di andare incontro a qualche spiacevole sorpresa avrà frenato ogni proposito bellicoso. Morelli, per quanto ho avuto modo di conoscerlo, essendo un uomo timorato di Dio, accorto e fiducioso nella giustizia, non solo in quella divina, darà la massima collaborazione per comprendere meglio il contesto e la realtà in cui, probabilmente, a sua insaputa, si è venuto a trovare. Quanto alla sinistra lo spirito di appartenenza e la diversità sono tratti distintivi collaudati e costanti.
La ndrangheta è il vero problema della Calabria, poiché crea lavoro e provoca sottosviluppo. E’ possibile sperare in un governo regionale “pulito”?
E’ vero che la ndrangheta è il primo problema della Regione di difficile risoluzione in quanto non si presenta come corpo estraneo separabile dal contesto, ma vive e vegeta dentro la società, nelle istituzioni e nella politica specie quando si pratica un modello di gestione della cosa pubblica arbitrario e illegale e si perde il senso dello stato, del diritto e del bene comune. Non so se prima o dopo ma c’è anche un problema di classe dirigente, intesa in senso lato, il cui deficit è sotto gli occhi di tutti, per avere ognuno abdicato al proprio ruolo e privilegiato un rapporto di commistione con gli altri poteri dove nasce e cresce la cosiddetta borghesia mafiosa come ceto sociale nuovo, anello di congiunzione tra malaffare, mala-politica e malavita. Senza una forte presa di coscienza, il protagonismo dei cittadini e fatti di rottura che scuotono il sistema di potere consolidato facendo nascere una nuova classe dirigente, difficilmente la Regione troverà un Governo all’altezza del compito che arresti il circolo vizioso che da lunghi anni l’avvolge.
Il suo tetragono impegno è veramente lodevole, cosa è necessario fare per vincere la repulsione di larghissimi strati della società civile nei confronti della politica? Qual è oggi l’alternativa al “grillismo”?
L’alternativa al “grillismo”, che io non demonizzo, è solo il riformismo socialista, merce rara di questi tempi. Ma sinceramente dubito che questa risposta possa venire dall’attuale assetto politico e dagli attuali Partiti che andrebbero cambiati e riformati in profondo ma che non sembrano propensi a cambiare o a riformarsi. Se c’è rifiuto di un prodotto perché scaduto, scadente ed avariato bisogna presentare un altro prodotto migliore e cambiare gli stessi offerenti. Se il vino va in malora vanno cambiate anche le botti!
Secondo lei è ancora una volta arrivato il momento di affidarsi all’uomo della provvidenza?
L’uomo della provvidenza non solo non esiste ma qualora esistesse sarebbe un grave disastro in quanto destinato a sconfinare nell’arbitrio ed a lasciare le cose peggio di prima. Gli esempi della storia sono innumerevoli. L’uomo della provvidenza è, invece, il senso civico, il senso dei propri diritti e dei propri doveri, il rispetto della dignità e dei diritti degli altri, una nuova presa di coscienza, nuovi valori, un cambio di mentalità e di cultura che faccia prevalere l’interesse generale sul particolare e che accetti le regole, i controlli di legalità, l’equilibrio dei poteri, il rispetto delle leggi dello Stato. L’importante è invertire la tendenza e cambiare la rotta se si vuole avere un traguardo ed un futuro.

Articolo in pdf


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.