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Anna bell’Anna e la saudade
di Oreste Parise
Mezzoeuro Anno XI num. 21 del 26/05/2012
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Rende, 16/05/2012
La
Calabria altrove
Donna,
bella, itelligente e non è neanche figlia d’arte. Il suo spazio se l’è
costruito da sola, senza ricorrere al nepotismo “trotista”. Una figura che ben
figura nel firmamento del nuovismo politico dove brillano le stelle
Bagnolifutura S.p.A. è una società per azioni pubblica, il cui capitale è
per il 90% nelle mani del comune di Napoli, mentre il restante 10% è detenuto
dalla Provincia di Napoli e dalla Regione Campania. È stata costituita nel 2002
per il recupero urbano dell'area Nord della città dove era ubicato il dismesso
centro siderurgico. Una lunga esperienza industriale che ha lasciato dietro di
sé un paesaggio lunare: un disastro ambientale a cui oggi si tenta
faticosamente di dare una dignità urbanistica. Subito dopo la sua elezione
plebiscitaria il sindaco Luigi De Magistris ha rinnovato completamente il
vertice, nominando presidente Omero Ambrogi, un magistrato napoletano molto
stimato, e un consiglio di amministrazione dove siede anche una giovane e
vivace cosentina, Anna Falcone, bella d'aspetto e ricca d'intelligenza.
Laureata all'Unical dove insegna, svolge la sua attività professionale in
qualità di avvocato specializzata in diritto penale amministrativo in uno
studio legale della capitale, insieme a due altri suoi colleghi.
Il nuovo sindaco partenopeo ha voluto portare con sé un pezzetto di
Calabria. Nell'intervista qui sotto affiora a un pizzico di saudade. O forse un
progetto riposto in un cassetto …
Intervista
con Anna Falcone, del CdA di BagnoliFutura
- Vi è la tentazione di un impegno attivo in politica nella propria terra
di origine, o il passato è ormai lontano?
- Credo che la politica e l'impegno professionale siano legati in maniera
diversa rispetto a come ci hanno abituato a intendere in Calabria. Si fa
testimonianza politica anche lavorando con dedizione, con professionalità
e serietà. L’esempio è un grande strumento e un importante valore da
riscoprire. Per quel che posso cerco di metterlo in pratica.
- Sarebbe disponibile a una partecipazione diretta alla
politica?
- Io non mi sono mai tirata indietro, ho sempre militato a Sinistra, nel
Partito Socialista (che non mai sostenuto, né ama De Magistris), perché
sono convinta che l’idea del riformismo socialista europeo e
socialdemocratico sia e resti la via migliore per favorire uno sviluppo
sociale vero e partecipato. Oltre a ciò, il PSE in Europa rappresenta una
grande scuola di pensiero, oltre che una importante palestra politica e
occasione di confronto. Purtroppo, soprattutto a livello locale, non
sempre dietro ai simboli si professano le idee che li rappresentano, e
accanto a ottimi esempi si registrano pesanti strumentalizzazioni e
personalismi, che rischiano di inquinare anche i più nobili ideali. La
mia è e rimane, anche oggi, una militanza dal basso e di ideali. Non ho
mai cercato ruoli o candidature, la mia carriera preferisco farla nel
lavoro. Anzi, mi ero dimessa da ogni carica già due anni fa, perché
lontana dalla linea politica nazionale e locale, ma sono stata rieletta
nella Direzione Nazionale del Partito da compagni e amici che non hanno
voluto accettare un mio disimpegno. Rimango solo per loro, non a caso
nella minoranza, per dare voce al loro voto e alla grande voglia di
cambiamento che si respira, come nella cittadinanza, anche nella parte
più sana e libera dei partiti, e che merita di essere riconosciuta e
rappresentata. Del resto questa parte politica è da tempo motore, dentro
e fuori dai partiti, di iniziative coraggiose e di grande rottura
rispetto al passato. L’unica speranza, forse, per un loro rinnovamento
dall’interno. Anche il mio impegno si è sempre svolto contemporaneamente
dentro ai partiti e nelle associazioni, nel volontariato, perché nessuna
via deve essere lasciata imbattuta nel perseguimento di quel obiettivo di
profondo rinnovamento sociale in senso equitativo e meritocratico di cui
l’Italia e il Sud hanno un disperato bisogno. Tutto ciò, nella
consapevolezza che gli steccati politici del secolo scorso vanno
definitivamente superati, che gli ideali di giustizia sociale e libertà
non sono monopolio di una sola sigla, ma devono diventare patrimonio di
un’area più vasta di partecipazione politica, all’altezza delle sfide che
tali ideali impongono, che la società è ormai strutturata su categorie e
realtà profondamente diverse da quelle che la caratterizzavano anche solo
20 anni fa, che gli ‘sfruttati’ non stanno più da una parte sola, in una
sola classe, o categoria lavorativa, e che gli ‘oppressori’ sono lontani
e molto più furbi di prima: contano sulla divisione fra i lavoratori, i
disoccupati, i precari di ogni tipo, sugli odi e le frammentazioni che
già hanno decapitato le lotte sociali delle generazioni precedenti, e che
oggi rischiano di frustrare le rivendicazioni di quelle attuali. Serve un
nuovo patto sociale, ma fra cittadini e fra forze del lavoro questa
volta, per svelare l’inganno del ‘dividi ed impera’ e ripartire su nuove
basi, insieme solidaristiche e meritocratiche. Sarebbe ora che ne
prendessimo atto e non chiedessimo solo un giusto ricambio delle classi
dirigenti, ma ci prendessimo la responsabilità di essere noi cittadini
nuovi attori della società sostanzialmente e non solo formalmente
democratica che vogliamo. In questo, partiti politici per primi dovranno
rassegnarsi a rispettare sul serio quel ‘metodo democratico’ cui li
vincola l’art. 49 Cost. e che chiedono a gran voce i cittadini, aprirsi a
forme di democrazia partecipata e alla grande vitalità che viene dai
movimenti e dalla società civile. È, a mio avviso, l’unico modo per
salvarne ruolo e funzione democratica. O verranno superati da altre forme
di partecipazione, più rispettose della sovranità popolare e del diritto
di partecipazione politica reale. Non è la prima volta che insisto su
questi punti, ma è importante ripeterlo.
- Non soffre di nostalgia per la sua terra di origine?
- Torno spesso in Calabria e non sono partita per voglia di andar via, ma
per necessità. Il cuore era ed è pesante. Eppure per poter svolgere un
ruolo in questa terra e pensare di poterla realmente cambiare forse
bisogna partire, andar via, e sperare di tornare. Ma non basta l’impegno
di singole persone, occorre una presa di coscienza da parte dei
cittadini. Qui abbiamo la classe dirigente politica meno amata e meno
stimata di tutto il Paese, e che - ahimè - gode di una pessima
reputazione anche fuori dalla Regione. Questo pesa sulle possibilità di
sviluppo della Calabria che, infatti, non ha un ruolo da protagonista
nelle scelte strategiche del Paese, né leader politici di caratura e fama
nazionali, capaci di imporre all’attenzione dell’Italia i drammi di
questa terra. In questo si ripete da troppo tempo nei partiti il ‘patto
scellerato’ fra ‘signorotti nazionali’ e ‘vassalli locali’: sostegno
politico nazionale ai primi in cambio di franchigie locali su baronati
clientelari locali, fuori da ogni controllo e legittimazione. Non c’è
altra soluzione: i calabresi devono dimostrare di ‘volere’ una diversa
classe dirigente, scegliendo sulla base di una valutazione di onestà, di
merito, di capacità e rappresentatività e non di intermediazione
clientelare. Emergono già ora esponenti di tutto rispetto su cui
investire. Ma se l’offerta politica non è ancora soddisfacente, e qualora
resistesse a ogni tentativo di rinnovamento dall’interno, allora
bisognerà avere il coraggio di costruirne altre, nuove e alternative.
- Il problema è il metodo di selezione che premia chi sa intercettare i
bisogni trasformandoli in promesse irrealizzabili.
- Questo è vero in tutto Italia, ma qui assume un carattere assolutamente
abnorme, facendo emergere spesso il peggio che la società riesce a
esprimere. Molti politici continuano a coltivare il bisogno per
perpetuare sé stessi piuttosto che fornire soluzioni, e su quel bisogno
riescono a estorcere un consenso che non ha nulla di democratico. Non
basta rispettare la forma della democrazia se se ne offende la sostanza.
Nessun eletto, nessun potere può dirsi legittimato così. Questo è un
danno enorme che si produce alla nostra Regione. Non a caso la Calabria è
l'ultimo attrattore di investimenti in Italia. Se gli incentivi pur
generosi spalmati sulla nostra non sono riusciti a indurre gli
imprenditori seri a realizzare grandi progetti, la ragione va ricercata
anche nell’estrema difficoltà di fare impresa ‘sana’ in Calabria. In
questa situazione non bisogna meravigliarsi se alla Calabria sono toccati
solo predoni, speculatori e affaristi, pronti ad approfittare dei fondi
pubblici e creare false aspettative di lavoro. In cambio hanno lasciato
le sagome di industrie fantasma che deturpano il territorio e continuano
a testimoniare la beffa delle promesse e del mancato sviluppo di questa
terra meravigliosa e dei suoi talenti.
- Come uscire da questo circolo vizioso?
- Il voto non sarà mai libero se non si garantiscono i bisogni primari, a
partire da lavoro vero per i giovani, e se non si innesca un moto di
orgoglio sociale che faccia dire ‘no’ a chi ti estorce il voto in cambio
del tuo futuro. Al Sud serve un nuovo rilancio, ma che parta dai suoi
cittadini questa volta. È per questo che serve un nuovo patto sociale fra
cittadini ed è importante che i giovani si riprendano lo spazio pubblico
da cui sono stati esclusi, a partire dalla partecipazione politica. È
indispensabile anche ai fini della formazione di una nuova classe
dirigente sensibile ai bisogni e alle esigenze della collettività. Il
dramma della regione è l'emorragia di talenti che depaupera il patrimonio
umano. Qui le famiglie investono tutto sui figli, per la loro formazione
culturale e poi tutto questo ingente sforzo viene dilapidato poiché la
grande maggioranza è costretta a cercare fortuna altrove. È un quadro
desolante, anche perché, in un sistema familistico che selezione per
‘appartenenza’ e ‘innoucuità’, sono spesso le migliori risorse ad dover
emigrare, quelle che non si piegano ai ricatti e alla prospettiva di una
vita senza dignità. In questa situazione diventa difficile riuscire a far
emergere politici liberi, di spessore umano e culturale e di respiro
nazionale.
Certa classe politica locale ha fatto di tutto per poter decapitare i
talenti che potevano rivelare la loro mediocrità. Tuttavia i processi
sociali, in condizioni di crisi, sono imprevedibili: quando tutto sembra
perduto accade l'imponderabile che stravolge qualsiasi previsione. Dopo
la Iervolino tutti si aspettavano un sindaco di destra a Napoli … Questo
non è avvenuto e si è accesa una speranza, in una città che sembrava
averla persa. Anche in Calabria, e proprio di recente a Cosenza, sono in
atto processi di ‘risveglio civile’ e presa di coscienza, in particolare
da parte dei giovani, che mi fanno ben sperare. Parlo della protesta del
movimento dei precari di “#OIL- Oltre il labirinto”, che hanno
manifestato in piazza a Cosenza la scorsa settimana, con grande emozione
e partecipazione popolare, e di altre esperienze di buona politica e di
cittadinanza attiva che stanno emergendo in tutta la regione. Sono
orgogliosa di queste giovani donne e giovani uomini che hanno trovato il
coraggio di alzare la testa e diventare parte attiva di un processo di
cambiamento sociale profondo. Credo che la miccia sia stata innescata, in
tutto il Sud. Se queste forze prenderanno consapevolezza di quanto
possano essere incisive e innovative, se solo avranno il coraggio di
portare fino in fondo le loro proposte e unire sempre di più le loro
forze, anche a livello nazionale, per i ‘gattopardi’ non ci sarà più
spazio. Gatto avvisato…
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