Chi più ne ha più ne mettedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 27 del 7/07/2012 |
Rende, 5/07/2012
Regione Calabria e dirigenti a go-goI
l Direr denuncia i metodi illegittimi utilizzati dalla Regione Calabria per riempire di fedeli accoliti i ranghi della dirigenza. Fino ad adombrare il rischio di un empeachment del Presidente per manifesta incostituzionalità del suo operato e gravi irregolarità amministrative ….
La premessa dell’esposto denuncia presentato dal DIRER, il più rappresentativo sindacato della dirigenza pubblica, è una poesia scritta in puro avvocatese. Una delizia per i palati fini che si inebriano nelle sottili disquisizioni comparabili agli eruditi dibattiti conciliari medioevali sui più intricati misteri della fede. A un profano poco aduso ad aggirarsi tra leggi, commi e interpretazioni autentiche possono causare un corto circuito mentale che provoca quello stato confusionale che consente alla burocrazia di vincere ogni resistenza e consente la costruzione del castello kafkiana.
La DIRER ha svolto un lavoro paziente e dotto, condito con una rara e approfondita conoscenza della normativa amministrativa. E’ tuttavia difficile seguire il percorso logico-giuridico, per cui si rende necessaria la definizione di una chiave di lettura per semplificarne la comprensione, e trarne le conseguenze più evidenti.
La prima impressione è una sensazione di sconcerto di fronte ad un affastellarsi di norme che si sono cumulate nell’arco di pochi lustri, caratterizzati da un accesso dibattito sulla deregulation, la semplificazione amministrativa, lo snellimento delle procedure, il disboscamento legislativo. Tutto questo processo ha prodotto un guazzabuglio tale che, mentre prima si aveva qualche certezza, oggi si è soli in una selva di dubbi e di incertezze giuridiche che producono contenziosi senza fine.
Lo scopo del sindacato, uno scopo senz’altro nobile, è quello di difendere la categoria contro i soprusi della politica, contro gli arbitri e le sopraffazioni che mortificano le professionalità e le competenze della dirigenza in-house.
Gli elettori in primo luogo e i cittadini non elettori (che si avvicino alla maggioranza del corpo elettorale) vivono con un certo distacco queste epiche contese per la semplice ragione che non vi è una chiara evidenza che i risultati dell’azione regionale dipendano dal modo di reclutamento della dirigenza. Le condizioni in cui si è ridotta la regione indicano senza possibilità di smentita che il “Supremo Ente Territoriale” esprime una politica e un’azione di governo di pessimo livello a prescindere dalla coalizione politica e dalla natura dei dirigenti. Che siano interni o esterni è più un problema di procedura che non di risultati, che sono quasi sempre pessimi comunque.
La ragione risiede nel sistema di reclutamento. Che avvenga per concorso, con procedura quindi formalmente regolare, o con l’arbitrio è praticamente una questione irrilevante: tanto i concorsi sono quasi totalmente pilotati e finisce per prevalere comunque il legame familistico-clientelare, l’indice di fedeltà al patron politico su qualsiasi altra considerazione. Per riprendere le stesse parole dell’esposto che si tratti di concorso o di curriculum da esaminare si mette in moto sempre “una farsa strumentale, finalizzata a dare copertura ad incarichi compiacenti, adottati in favore di … amici, porta borse, compagni di partito, e sostenitori politici” oltre ogni regola di diritto. La domanda da porsi è se questo avviene solo in applicazione dello spoil system, ad ogni cambio di maggioranza, o non è un sistema che ha selezionato “in peius” l’intera burocrazia regionale e solo per accidente si trova qualche travet in grado di garantire la sopravvivenza dell’ente.
La seconda questione è di carattere numerico. I dirigenti sono nell’ordine di qualche centinaio, una pletora che nasce per partogenesi, poiché ognuno aggiunge i propri ai precedenti senza mai mettere in discussione gli altri. Comandi, consulenze, part-time, incarichi provvisori sono grimaldelli per forzare l’ingresso nell’Ente Supremo, perché una volta entrati è difficile uscirne. I dipendenti della regione Calabria non godono solo dei privilegi della illicenziabilità, dell’inamovibilità e dello stipendio “a prescindere” dalla qualità e quantità del lavoro. Essi acquisiscono anche la rara qualità dell’immortalità burocratica, diventano dipendenti perpetui.
Questo giustifica gli espedienti di rara erudizione giuridica per far entrare i propri protetti, che saranno i referenti del patron politico a vita. Si spiega allora il vasto inventario di espedienti, leciti e illeciti per difendere le posizioni acquisite, lo squartamento delle norme, lo stiracchiamento interpretativo che da luogo a abusi e illiceità. Nell’esposto ve ne un ampio campionario, fino ad adombrare l’empeachment del Presidente e la decadenza del Consiglio regionale.
Certo nel caso in specie si è raggiunto un livello di spregiudicatezza che non ha precedenti. In nessuna delle giunte precedenti si era arrivati a tanto, infischiandosene di norme, procedure, Corte dei Conti e Corte Costituzionale.
Nell’esposto vi è un esplicito richiamo al primo comma dell’art. 126 della Costituzione che conviene ricordare per intero. “Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio Regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica”.
E’ inutile accalorarsi, tuttavia. Questo non è mai avvenuto e non avverrà neanche questa volta. Sarebbe vero in un paese serio, dove ancora l’antico adagio romano del “tam dixi quan volui”, avesse ancora un senso. Questo è scritto nella Costituzione e questo andrebbe fatto, una volta accertato quanto denunziato dal sindacato.
Nell’Italia di oggi la politica ha saputo blindarsi con la previsione della commissione bicamerale per la cui composizione è necessaria una apposita legge, che ovviamente non è mai stata approvata.
Infine, non si può non rimanere storditi di fronte a una politica che continua a gestire se stessa. Superato il giro di boa della legislatura non si è ancora definito il quadro dirigenziale della Regione, vale a dire che la macchina non è ancora partita e i risultati si vedono chiaramente. Vi annoverano ritardi dappertutto, la regione sembra caduta in una zona grigia, un cono d’ombra e d’immobilità.
Il quadro sarà completo al prossimo giro di boa, quando bisognerà forse ricominciare daccapo.
Si premette che con nota prot. 45/Segr. del 3 agosto 2010 e successiva nota prot. N. 50/Segr. Del 12 ott. 2010 (di riscontro alla nota prot. N. 770 del 31 agosto 2010 del Dipartimento “organizzazione del personale” della Regione Calabria), lo scrivente sindacato aveva già, a suo tempo, segnalato agli organi competenti (con espressa diffida e messa in mora) una serie di illegittimità ed irregolarità inerenti il reclutamento dall’esterno di personale per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti nell’ambito della dotazione organica della Giunta della regione Calabria, poiché effettuate sulla base della Deliberazione della Giunta Regionale (D.G.R.) della Calabria n. 440 del 7 giugno-12 luglio 2010, adottata in violazione dei principi stabiliti in materia di reclutamento e di accesso al pubblico impiego ed agli incarichi dirigenziali, assumendo provvedimenti di nomina e stipulando i relativi contratti anche in favore di soggetti privi dei requisiti di legge per il conferimento di un incarico dirigenziale esterno ovvero per assumerli in posizione di comando.
In particolare, per alcuni soggetti i concreto comandati, appartenenti all’Albo dei Segretari Comunali e al personale delle Prefetture, si è verificato un “anomalo” e illegittimo “avanzamento di carriera”, che ne ha consentito il transito dalla qualifica di funzionario direttivo a quella di dirigente, senza alcun concorso ed in violazione delle disposizioni legislative in materia di accesso al pubblico impiego disciplinato dal D.Lgs. n. 165/2001 (con riferimento alla dirigenza).
Già in precedenza, con nota prot. N. 39/Segr. del 16 giugno 2010, questo sindacato, tra l’altro, richiamava l’attenzione sul vincolo al rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 19 (commi 1, 5-bis e 6) e 23 (comma 2) del D.Lgs. n. 165/2001, come modificati e integrati dal D. Lgs. N. 150/2009, che fissano i limiti massimi della dirigenza per soggetti “esterni” con contratto di diritto privato ed al 5% della dotazione organica della dirigenza per dirigenti di altre amministrazioni in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, ponendo l’Amministrazione regionale in condizione di non poter ignorare l’esistenza e le modalità di applicazione della novella apportata dalla cd. “Riforma Brunetta”.
Con successiva nota prot. N. 65/Segr. del 22 novembre 2010, nel perdurare della situazione di grave illegittimità ed abuso da parte della Giunta Regionale e dei dirigenti preposti del dipartimento “Organizzazione del Personale” della Regione Calabria, questo sindacato presentava regolare esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Catanzaro, ed alla Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Calabria della Corte dei Conti, informando il Presidente della Regione, l’Assessore al Personale e il Dirigente Generale del Dipartimento “Organizzazione e Personale” il ministro p.t. per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, nonché la Ragioneria Generale dello Stato (S.I.F.P.). In detto esposto venivano puntualmente evidenziate le illegittimità perpretate e continuate da parte della Regione e, in particolare, con riferimento alla violazione dell’art. 19, commi 5, 5-bis, 6. 6-bis e 6-ter del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i., venivano espressamente segnalati i nominativi dei soggetti privi dei requisiti di legge per il conferimento dell’incarico dirigenziale esterno o in posizione di comando, nonché si evidenziava l’abbondante sforamento dei limiti percentuali di legge degli incarichi dirigenziali “esterni” e dei comandi, direttamente vincolanti per la regione in quanto stabiliti con norma dello Stato (art. 19 citato) adottato in materia di “ordinamento civile”, come confermato dalla Sentenza C. Cost. 3-12 novembre 2010, n. 324, richiamata nell’esposto-denuncia. Inoltre, nello stesso esposto-denuncia, per motivi suddetti, venivano indicate alla Procura della Repubblica di Catanzaro le ipotesi di reato di cui agli art. 323, 416 e 479 c.p.
Nonostante quanto sopra, la Giunta della Regione Calabria e il relativo Dipartimento “Organizzazione e Personale”, omettendo di uniformarsi alle pronunce della Consulta, della Corte dei Conti ed al dettato normativo della legge dello Stato, hanno posto in essere una serie di ulteriori provvedimenti, continuando a perpetrare le medesime illegittimità, con grave violazione di legge sanzionabile a norma dell’art. 126 della Cost.
La giunta regionale ha adottato la delibera n. 339 del 22 luglio 2011, con la quale fissava i criteri di valutazione per l'affidamento degli incarichi dirigenziali ex art. 19, commi 1-bis, 5, 5-bis e 6 del D.Lgs. n. 165/2001), bensì ponendo in essere criteri e parametri irrispettosi del principio di trasparenza, arbitrari e comunque totalmente disancorati dalle previsioni delle norme dello Stato, che rientrando nella materia dell'ordinamento civile (disciplina del lavoro alle dipendenza della P.A.) ex art. 117, comma 2 Cost., è nella potestà legislativa esclusiva dello Stato e, come tale, è norma inderogabile e vincolante per tutte le amministrazioni, ivi incluse le regioni a statuto ordinario.
La stessa giunta ha illegittimamente ed immotivatamente recovato alcuni incarichi dirigenziali a dirigenti di ruolo, in violazione delle ipotesi tassativamente stabilite dall'art. 21, comma 1, secondo periodo, del D.LGs. n. 165/2001, rioccupando i medesimi posti con personale esterno o in posizione di studi e ricerche e, in altri casi, in incarichi dirigenziali di minore rilevanza. Il tutto è avvenuto senza alcuna procedura concorsuale o valutativa, senza considerare che alcuni dei soggetti nominati avevano (ed hanno) minori requisiti e titoli rispetto agli esterni, peraltro, continuando a non tenere conto del già avvenuto superamento dei limiti percentuali per l'assegnazione di incarichi dirigenziali esterni o in posizione di comando.
Sempre la giunta e il dipartimento “Organizzazione e Personale” della regione Calabria, sulla base della citata delibera n. 339/2010, hanno proceduto a indire (con delibere n. 339 del 31 maggio 2011, n. 276 del 21 giugno 2011 e n. 295 del 12 luglio ed altre successive) una serie di avvisi di mobilità interna per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti con personale di ruolo, senza tuttavia dare formale ed adeguata pubblicità e congrui termini per la partecipazione (da un minimo di 7 a un massimo di 19 giorni, senza pubblicazione neppure sul bollettino ufficiale) e ai quali, dopo sommaria valutazione, falsamente ed arbitrariamente è stata attestata l'inidoneità delle professionalità interne, al solo scopo di avviare, previa revoca delle selezioni di mobilità interna, altre procedure rivolte all'assunzione diretta di personale esterno (cfr. delibera 2 novembre 2011, n. 466, adottata in assenza del previsto parere di regolarità amministrativa; Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 149 del 16 settembre 2011), o alla selezione di personale di altre amministrazioni per posizioni di comando (cfr. delibera 26 aprile 2012, n. 171), anche stavolta senza darne alcuna pubblicità sul Bollettino Ufficiale della Regione o sulla G.U.R.I. e con termini del tutto inadeguati (appena 7 giorni, dalla pubblicazione sul sito istituzionale ed in area non pertinente). In proposito, la DIRER, con nota prot. 56/Segr. del 9 luglio 2011, rimasta senza riscontro, evidenziava ai competenti organi dell'Amministrazione che:
1) La mobilità del personale della P.A. (sia essa interna, sia esterna), è attualmente disciplinata in via quasi esclusiva, dall'art. 30 n. 165/2001, come modificato dall'art. 49 del d.lgs n. 150 del 2009, disciplina che vincola indistintamente tutte le amministrazioni pubbliche, come ha avuto modo di chiarire la Consulta (con sent. n. 324/2010), in quanto va ricondotta “alla materia dell'ordinamento civile” riservata dall'art. 117, comma 2, lett. m), Cost. alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, e non già a materie di competenza concorrente o residuale delle regioni, ovvero all'organizzazione amministrativa degli altri enti pubblici.
2) Il comma 2 dello stesso art. 39, D.Lgs. n. 165/2001, rinvia la regolamentazione della materia alla contrattazione collettiva, essendo espressamente previsto che “i contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l'attuazione della mobilità volontaria, pertanto, in attesa della contrattazione nazionale, non può omettersi di fare precedere gli avvisi da una fase contrattuale o, quantomeno concertativa, in sede di contrattazione decentrata.
3) Non è dato rinvenire, nell'avviso di “interno per la procedura di conferimento dell'incarico di settore e di servizio” (ossia di mobilità interna), alcun richiamo ai titoli e requisiti necessari per ricoprire i posti disponibili ovvero a regolamenti o criteri e modalità di valutazione comparativa di requisiti e titoli e di formazione di eventuali graduatorie, secondo quanto stabilito dal comma 1, dell'art. 30 del D. Lgs, n. 165/2001, limitandosi al mero richiamo all'art. 19, comma 1-bis del D. Lgs. n.165/2001, come modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 150/2009, e non anche il riferimento a criteri di scelta (art. 30 D.Lgs. 165/2001), che risultano essere ormai inderogabili, come ha avuto modo di chiarire da ultimo la Consulta con il pronunciamento n. 108 del 1 aprile 2011, al quale la fattispecie degli incarichi in oggetto deve fare espresso riferimento, ancorchè rivolti a personale interno. Inoltre, non si fa riferimento neanche al regolamento sulla mobilità interna, a suo tempo approvato dalla Giunta regionale e del quale questo sindacato ha fornito copia alla Dirigenza della regione in occasione del tavolo di concertazione del mese di febbraio/marzo 2012, allora vigente ancorchè disatteso dal competente settore del Dipartimento “Organizzazione e Personale” della regione.
4) Non è dato rinvenire nell'elenco, dei posti da conferire mediante le predette procedure, quelli che risultano non ancora ricoperti e quelli dei dirigenti nominati con contratto esterno, per i quali questo sindacato ha segnalato e denunciato il superamento del limite massimo dell'8% stabilito dall'art. 19, commi 6 e 6-bis, D.Lgs. n. 165/2001 (per complessivi massimi 13 posti riservati su un organico di 164 posizioni dirigenziali), anch'esso limite inderogabile in quanto fissato dalla legge dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l), Cost. (in quanto materia afferente l'ordinamento civile) e la presenza di soggetti privi di requisiti di legge per ottenere il conferimento delle funzioni dirigenziali, ed i cui incarichi e contratti accessori (tutti) devono ritenersi nulli di diritto, proprio per effetto delle richiamate sentenze della Corte Cost. Ed anche delle sentenze della Corte dei Conti a Sezioni Unificate n. 12-13-14 dell'8 marzo 2011 ed altre pronunce e pareri, ben note all'amministrazione regionale ed ai dirigenti del dipartimento della regione, poiché tutti conferiti successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 150/2009 (14 nov. 2009) ed in violazione delle norme ivi contenute, con l'aggravante della dichiarazione, in atti, dei dirigenti proponenti, della inesistenza all'interno dell'ente di professionalità tali da ricoprire i posti conferiti agli esterni, al solo scopo di favorire l'adozione di provvedimenti rivolti al reclutamento all'esterno (tale da far sorgere il sospetto della presenza di un preordinato ed articolato disegno criminoso in concorso fra loro).
Lo scrivente sindacato DIRER, con successive note del 25 luglio 2011, prot. 62/segr. E del 3 settembre 2011, prot. 69/segr., dirette agli organi della regione, dapprima formulava una serie di dettagliate osservazioni alle deliberazioni della Giunta Regionale n. 276 del 21 giugno 2011 e n. 295/2011 e dei connessi e conseguenti avvisi di mobilità interna del 21 luglio 2011 e successivi, adottati dal dipartimento “Organizzazione e personale” e pubblicati sul sito web istituzionale delal regione Calabria, e successivamente diffidava la stessa, denunciando la palese violazione delal vigente normativa in materia di affidamento degli incarichi dirigenziali e ulteriori gravi illegittimità determinate dalla regione Calabria, poiché le decisioni assunte con le delibere citate, altro non sono che veri e propri vincoli, posti in essere al solo scopo di subordinare e condizionare l'intera procedura all'insindacabile decisione dei dirigenti generali dei dipartimenti (di appartenenza e di destinazione del dirigente interessato), mediante le previsioni di un generico parere non motivato e, conseguentemente, all'insindacabile volontà e discrezione del Presidente della Giunta, del quale i dirigenti generali sono espressione, poiché nominati “intuitu personae” proprio da quest'ultimo, con rapporto fiduciario vincolante.
Nonostante le osservazioni e la denuncia di irregolarità e di illegittimità delle procedure formulate dal Sindacato DIRER, l’Amministrazione regionale, a suo dire “in adempimento a quanto previsto dall’art. 19, comma 1-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001”, sulla base della disposizione di cui alla delibera della giunta regionale n. 276 del 21 giungo 2011, ha disposto ulteriori avvisi di procedura rivolti a dirigenti esterni appartenenti ad altre Pubbliche Amministrazioni, per la presentazione della candidatura finalizzata al conferimento delle funzioni dirigenziali, per i quali la medesima giunta regionale, a conclusione dell’istruttoria di mobilità interna, non ha ritenuto conferire gli incarichi a dirigenti interni.
In proposito, peraltro è assai singolare che il dipartimento “Organizzazione e personale” con a nota prot. 82992/SIAR del 5 agosto 2011 invitava tutti i dirigenti generali di dipartimento di appartenenza, dei dirigenti interessati alla mobilità, ad esprimere entro un termine perentorio, il parere a destinare gli stessi dirigenti ad altro incarico, ed ancora più singolare l’espresso avviso che il decorso infruttuoso del termine indicato sarebbe equivalso a parere non favorevole”, determinazione in palese violazione delle disposizioni di cui all’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni.
Peraltro, già nella nota del 25 luglio, prot. 62/Segr., questo sindacato aveva paventato un comportamento strumentale, fazioso e non conforme, posto in essere dall’amministrazione regionale, con l’avallo dei dirigenti del dipartimento “Organizzazione e personale”, cosa in concreto verificatasi poiché sia nelle delibere della giunta regionale, sia negli avvisi, non è dato riscontrare elementi probatori di effettiva e puntuale applicazione dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, più volte richiamato, e dei criteri di scelta previsti dal successivo comma 1-bis, del medesimo articolo. In altri termini una vera “farsa strumentale finalizzata a dare copertura ad incarichi compiacenti, adottati in favore di … amici, parenti, portaborse, compagni di partito e sostenitori politici” oltre ogni regola di diritto ed anche in eccesso al limite dell’8% della dotazione organica complessiva dei dirigenti, entro il quale è possibile conferire incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni, abbondantemente superato e non ripristinato entro i predetti limiti, nonostante le pronunce della Corte Costituzionale con le sentenze n. 324/2010 e n. 108/2011 e della Corte dei Conti a sezioni unificate con le pronunce n. 12, 13 e 14 dell’8 marzo 2011, tale da poter ritenere configurabili, a carico del Presidente della Regione, le condizioni previste dall’art. 126, comma 1 della Costituzione.
Rileva, inoltre, che il limite del 3% dei “comandati” di cui all’art. 10.bis della legge regionale 11 agosto 2004, n. 18, richiamati negli atti della regione, risulta già coperto con altro personale attualmente in servizio, ancorchè tale norma debba ritenersi parzialmente abrogata dai pronunciamenti della Corte Costituzionale in materia di accesso al pubblico impiego e di potestà legislativa esclusiva, in materia di ordinamento civile, riservata allo Stato.
A quest’ultimo proposito, se le informazioni assunte da questo sindacato corrispondono al vero, sembrerebbe che la giustificazione addotta dall’Amministrazione regionale nei confronti della Procura della Repubblica di Catanzaro, con l’intento di forviare l’attenzione in ordine al procedimento penale R.G.N.R. 117/2011, circa il superamento della percentuale di dirigenti esterni incaricati e quella dei comandi sarebbe che tale ultima percentuale vada computata sul totale della dotazione organica del personale regionale, di qualsiasi qualifica e categoria, e non limitatamente alla sola dotazione organica della dirigenza, come stabilito dalla legge.
Tale giustificazione è ictu oculi falsa, assurda, tendenziosa e fuorviante, dal momento che l’art. 10 bis, comma 1, della Legge Regionale 11 agosto 2004, n. 18 recante “Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario” (pubblicato sul BUR Calabria n. 15 del 16 agosto 2004, supplemento straordinario n. 1), laddove applicato (ancorchè implicitamente abrogato dal d.lgs. n. 165/2001 come modificato dal d.lgs. 150/2009) stabilisce che “in deroga alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 31, per motivate esigenze e/o per particolari professionalità, è consentito procedere a comandi e/o trasferimenti di personale proveniente da altri enti pubblici nel limite massimo del 3% delle dotazioni organiche del Consiglio e della Giunta regionale, con precedenza alle unità lavorative che abbiano prestato o siano i servizio, a qualunque titolo, presso il Consiglio o la Giunta regionale medesimi”, ma in proposito va tenuto presente che per la corretta applicazione della norma, considerato che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 la regione deve “attenersi” e non “adeguarsi” alle norme ivi contenute (ossia è tenuta a “rispettare le norme dello Stato” e non ad “adattare” le norme statali al proprio ordinamento) è evidente che occorre tenere distinte non solo “due” dotazioni organiche (una per la Giunta e una per il Consiglio), bensì diverse dotazioni organiche (una per il comparto o una per la dirigenza) per ciascuna delle due separate amministrazioni della regione.
A conferma di ciò rileva che, ai sensi dell’art. 19, comma 5-bis, del dl.lgs. n. 165/2001 e s.m.i. , gli incarichi dirigenziali “possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10% della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’art. 23 e del 5% della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purchè dipendenti delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti”, per cui, ammesso e non concesso che la richiamata norma regionale non sia da considerare abrogata ed intenda solo “adeguare l’ordinamento regionale ai principi espressi dalla legge dello Stato”, in ogni caso i principi espressi dalla legge dello Stato sono due:
1. che per l’affidamento degli incarichi dirigenziali a soggetti in posizione di comando il limite percentuale non può essere superiore al 10% dei dirigenti diprima fascia ovver a 5% di quelli di seconda fascia (o, come chiarito dalla Corte dei Conti, comunque non superiore al 5% per gli enti che hanno un’unica fascia dirigenziale come le regioni e gli enti locali) e dunque la regione può ben determinare una percentuale inferiore (il 3% nel caso di specie), essendo la percentuale definita dalla legge dello Stato il “tetto massimo” e la norma regionale una ulteriore limitazione imposta al proprio ordinamento;
2. che la percentuale suddetta si calcola sulla base della “dotazione organica della dirigenza” e non su quella di tutti i dipendenti delll’ente (altrimenti, per assurdo, sarebbe ipotizzabile procedere alla copertura di tutti i posti di dirigente con soggetti in posizione di comando) eludendo il reclutamento mediane procedure concorsuali.
Ne consegue che laddove la regione insista a ritenere vigente l’art. 10-bis, comma 1, della legge regionale 11 agosto 2004, n. 18, allora la percentuale di comandati non può superare il 3% della dotazione organica della dirigenza regionale, ma se così è lo sforamento del limite percentuale si rivelerebbe ancora più grave.
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