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Mezzoeuro

Il ruolo di Reggio Calabria

di Saverio Zavettieri

Mezzoeuro Anno XI num. 27 del 7/07/2012


Rende, 5/07/2012


Come uscire dalla crisi

La città dello Stretto è lo snodo politico fondamentale per il rilancio dell’intera regione. E’ necessario guardare al passato per rilanciare lo sviluppo partendo dalla città metropolitana, i porto di Gioia Tauro e un razionale piano dei trasporti locali

Reggio vive un paradosso: oggi è all’apice del suo peso politico con una rappresentanza legittimata dal voto degli elettori nelle maggiori istituzioni locali: Comune, Provincia e Regione.

Basti pensare che i 13 Consiglieri regionali della Circoscrizione reggina sono tutti espressione della Città eppure, nonostante ciò, Reggio si trova al punto più basso di agibilità democratica.

Sia detto per inciso che Arena è sindaco solo dallo scorso anno e quindi è fuori dalle vicende che possono riguardare le indagini sul Comune e le vicende relative alla Commissione di accesso.

Non è stato infatti né Consigliere comunale né Assessore e forse è stato scelto proprio per questo! Vi è un partito di maggioranza assoluta, il Pdl, ma non c’è infatti una coalizione se si esclude l’accordo di potere con l’Udc, un partito la cui dialettica interna è costituita dal coordinatore regionale nonché presidente della giunta che relaziona, dal vicario che dice come è bravo Peppe, e da Peppe che conclude nel consenso unanime.

Quello che preoccupa maggiormente è il silenzio dell’opposizione, con un Pd che pensa a tutto tranne che a svolgere il ruolo che gli elettori gli hanno assegnato. Non fa discutere il Consiglio regionale neppure l’insorgere di fatti traumatici come l’arresto di due Consiglieri regionali

Oggi sarebbe necessaria una riflessione sul ruolo della stampa, su libertà, autonomia e indipendenza e sul rapporto con le istituzioni locali, Regione in primis.

Si scoprirebbe che la Regione ha conquistato un record assoluto nell’utilizzo dei fondi comunitari per i piani di comunicazione/informazione e pubblicità, finanche fuori dai confini nazionali, e predispone un piano, non si capisce per quale ragione, di sostegno al sistema televisivo locale mentre l’editoria langue.

Noi abbiamo creduto sull’istituto regionale, sul decentramento dello Stato, sull’autogoverno locale per la programmazione e la formazione di una nuova classe dirigente al posto del vecchio ceto politico clientelare, dei soliti notabili e della struttura assistenziale e di potere su cui reggeva il sistema.

E’ venuta invece avanti un ceto medio ed una borghesia figlia degli apparati burocratici e dello Stato, della Pubblica amministrazione che ha le mani dappertutto, condiziona la vita economia, sociale ed istituzionale e troppo spesso entra in contatto e collude con la malavita organizzata, supportata da una pletora di consulenti/esperti vari, tra cui spiccano molti avvocati, di cui sono pieni gli assessorati e le strutture regionali.

Quanto alle continuità ed alle collusioni basta vedere alcune indagini del reggino che mettono in luce l’alto grado di infiltrazione mafiosa nelle istituzioni locali e nelle società partecipate, eventi non possibili senza le connivenze e coperture politiche. Così si conferma la tesi secondo cui la mafia segue il percorso del potere, non guarda il colore dei partiti e dei governi, ma solo gli interessi e gli affari.

Quale sono le risposte? I codici etici e proclami vuoti sostituiti al lavoro ed alla cultura che sono le vere misure antimafia che la politica non riesce ad assumere? Ha senso evocare congiure e vedere ovunque oppositori e nemici di Reggio?

Inventarsi falsi bersagli reiterare il metodo “Mancini” - oggi si direbbe “Boffo”- messo al muro da vivo e considerato il migliore post mortem dagli stessi che lo avevano messo al bando? Ha senso vagheggiare una nuova rivolta? E’ il nord responsabile di tutti i nostri mali, ndrangheta compresa, senza che noi c’entriamo nulla come qualcuno teorizza?

Dobbiamo tutti sforzarci di fare qualcosa per le nostre popolazioni sfiduciate che vedono sempre più come via d’uscita la fuga da questa Regione! Chi punta prima tutto sull’immagine, anche se dietro c’è il nulla o tanti guai, deve avere le carte in regola ed essere consapevole che nessuno ci fa sconti!

Abbiamo punti di forza eccezionali come la mobilità, la collocazione geografica e un territorio costiero e di montagna di straordinario valore e bellezza se viene adeguatamente tutelato e valorizzato partendo da Reggio come area metropolitana che non può restare un semplice pennacchio, vuoto di significato, surrogato del capoluogo mancato.

Serve riprendere un progetto industriale specie nel settore agro-alimentare, in quello manifatturiero e nelle produzioni di qualità dove la Calabria eccelle, rivitalizzare l’Omeca, rilanciare il porto di Gioia Tauro che non può essere delegato a chi non ha autorevolezza e rappresentatività. Non esiste sviluppo senza base produttiva: turismo ed ambiente da soli non bastano.

L’uso mirato dei Fondi comunitari denominati fondi strutturali e quindi da impiegare per lo sviluppo e non disperdere come misure di natura assistenziale e sociale.

Il modello non può essere quello di why not! Un uso sociale per occupazione fittizia con progetti di ogni genere delle tante società in house della Regione (Field, Fincalabra, Terina, Magna Graecia etc) che sono diventati tanti carrozzoni buoni soltanto ad alimentare clientele e bruciare risorse pubbliche preziose.

Il rilancio della questione meridionale va posto nel quadro della crescita dell’intero paese come unica occasione di sviluppo rimasta, a fronte delle notevoli risorse naturali, ambientali, territoriali di cui dispone il Sud.

Il Mezzogiorno oggi più che mai può svolgere una funzione nazionale nell’interesse del Paese trasformandosi da palla al piede in grande volano per la crescita se riesce a organizzare e proporsi come piattaforma naturale del mediterraneo. La Calabria in questo contesto, con il grande Porto di Gioia Tauro, gioca un ruolo decisivo come decisivo può essere il rigassificatore specie dopo il fallimento di Brindisi per dare un forte impulso all’organizzazione di un apiattaforma logistica altrimenti astratta e priva di respiro.

Porto, aereoporto, trasporti stradali, ferroviari e marittimi, ponte sullo stretto, ecc. Sono tutte componenti essenziali per un grande progetto di mobilità centrato nell’area reggina ma di traino per l’intera Regione.

Non ci risultano tentativi in questa direzione né la voglia di rivedere ruolo, funzioni, poteri delle regioni che sono tante, ma ai nostri Governatori va bene così purché ognuno sia padrone a casa propria anche a costo di fare bancarotta. Sotto i diktat della Lega è stato imposto un federalismo fiscale a senso unico e con l’unico scopo di garantire più risorse al Nord sottraendole al Sud. E’ il momento di fare un discorso nuovo più equilibrato e giusto che punti sulla responsabilità degli amministratori locali offrendo un terreno nuovo cui misurarsi ed affermarsi come nuova classe dirigente a tutti gli effetti. L’alta velocità si è bloccata a Salerno e deviata a Bari, tagliando Basilicata, Calabria e Sicilia, e stravolgendo il Corridoio 1 (Berlino – Palermo) che pure stava nelle scelte prioritarie europee senza che il Governo italiano facesse sentire la propria voce.

Non servono partiti meridionali ma capacità programmatoria e progettuale delle Regioni meridionali che non possono andare ognuna per conto proprio ma che debbono necessariamente cimentarsi in una nuova dimensione.


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