Dirigenti regionali: il terzo mistero gloriosodi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 28 del 14/07/2012 |
Rende, 12/07/2012
L'esposto-denuncia del DIRER
Per Alessandra Sarlo si costruisce un Dipartimento Regionale su misura. La sua “qualità” è il rapporto di coniugio con un magistrato. Il dott. Prampolini, invece, Ë assunto per i requisiti che non ha … conditi con il gesto dell'ombrello nei confronti degli attoniti elettori calabresi. Ciascuno ha la classe dirigente che si merita.
Un esercizio molto salutare per qualsiasi elettore calabrese è consultare la pagina http://www.regione.calabria.it/personale/allegati/trasparenza/albo.dirigenza/2012/retribuzione.dirigenti_28_maggio__2012.pdf
dove sono elencati per nome, retribuzione e mansione i 157 dirigenti della Giunta Regionale, cui vanno aggiunti la ventina di teste d’uovo del consiglio regionale. Un esercito di supermanager che dovrebbero far funzionare la macchina regionale. Come denunciato dal DIRER (Federazione Nazionale Dirigenti e dei Quadri Direttivi delle Regioni) tutti i partiti hanno fatto uno sforzo enorme per piazzare i propri rampolli nei posti chiave con un effetto cumulativo che ha visto lievitare le cifre oltre ogni limite immaginabile. Con il suo esposto-denuncia, il Direr ha cercato di cogliere un aspetto importante della questione mettendo in rilievo l’arbitrio e l’assoluta mancanza dei più elementari principi di trasparenza, professionalità, competenza e esperienza nella scelta dei professionisti che devono garantire il funzionamento della macchina regionale.
Il misuratore più attentibile è certamente quello dei risultati che eufemisticamente non si possono certo dire esaltanti. Il dato incontrovertibile è che la Calabria occupa saldamente l’ultimo posto in tutte le classifiche che si rispettino, dal valore aggiunto alla produzione industriale, ridotta ormai a una presenza simbolica. Considerando l’efficienza amministrativa, i risultati di un possibile confronto sono letteralmente da urlo, un vero e proprio abisso li divide dalle regioni più efficienti e genera un meccanismo di freno alla sviluppo, che costituisce una causa non secondaria del secolare ritardo della regione.
Le giunte che si sono succedute nell’ultimo ventennio hanno depositato i loro detriti dirigenziali nella pianta organica della regione, per cui essa si trova ad esprimere una classe dirigente (ma sarebbe meglio dire di dirigenti “nominali”) pletorica ed inefficiente. Che si tratti di interni o esterni poco importa, poiché il metodo di selezione varia molto poco. Le regole di ingresso e di avanzamento di carriera assicurano brillanti percorsi ai protetti, spesso fornendogli gli strumenti per creare ex post ricchi curriculum da esibire per il passo successivo.
Il pur lodevole sforzo fatto dal DIRER per limitare almeno gli abusi più evidenti è destinato a provocare scarsi effetti poiché il livello di efficienza e di produttività varia molto poco sulla base della composizione dell’organico dei dirigenti. La stragrande maggioranza dei dirigenti “interni” di oggi sono dirigenti “esterni” di ieri, scelti con gli stessi metodi e gli stessi criteri.
La nuova giunta giovanilista ha assunto al di là di ogni limite imposto dalla legge una caterva di giovani rampanti, simbolo del nuovo e dell’inefficienza quasi totale, totalmente digiuni dei meccanismi burocratici, scarsamente attratti da un impegno gravoso e ben preparati a svolgere il loro ruolo di laudatores.
I casi presi in esame dal DIRER sono particolarmente significativi e presentano anche aspetti un po’ singolari poiché un totale arbitrio lascia intravedere scenari inquietanti, di un mondo dove domina clientelismo e protezione, labilità delle regole e discrezionalità sospette. Molte sono le domande che si affacciano alla mente di un ingenuo elettore. Perché tante bocche fameliche? Perché tanti abusi? Perché si premia sempre l’incompetenza?
Agazio Loiero aveva ben capito che tante noiose domande potevano essere semplicemente evitate occultando le notizie. Con molta intelligenza aveva semplicemente statuito che tutte queste questioni fastidiose appartenessero al regno degli "arcana imperii", al luogo dell’occulto e aveva abolito la pubblicazione sul BUR di queste quisquilie. Apparentemente è stato costretto a fare marcia indietro e abolire l’abolizione, ma la trasparenza resta comunque molto dubbia, poiché di fatto il BURC resta uno degli strumenti più oscuri e leggibili di quanti sono disponibili in rete.
A fianco si riportano integralmente due stralci dell’esposto-denuncia del DIRER, dove sono indicati dei casi particolarmente gravi di comportamento illecito, che già nel titolo lasciano esterrefatti: “Ipotesi particolarmente gravi di nomine dirigenziali illegittime”, per i casi di Alessandra Sarlo e Mario Prampolini e “Assunzione di dirigenti con contratti nulli di diritto”. La denuncia è talmente macroscopica che viene il dubbio che il sindacato ha volutamente esagerato, perché altrimenti non si capirebbe come la Regione possa essere incorsa in comportamenti palesemente illegittimi, trattandosi del massimo organo legislativo a livello locale. Questo non può che essere uno squarcio su uno scenario che si immagina ben più inquietante, poiché gli interessi in gioco sono ben più importanti.
Forse sarebbe ora di chiedersi se tutto questo esasperato autonomismo sfociato nella farsa di uno pseudo federalismo possa reggere ancora, o se non è giunta l’ora di portare allo scoperto il grande bluff leghista. La vicenda dei dirigenti regionali della Calabria evidenzia con estrema chiarezza che la grande riforma del titolo V della Costituzione voluta in limine mortis dal Centro sinistra ha generato un corto circuito tra i poteri dello Stato. Le sottili distinzioni tra funzioni delegate e concorrenti si è risolto in un vertiginoso aumento delle controversie tra i poteri dello stato. Sembra assurdo che a dirimere una questione locale sia stato necessario ricorrere alla Corte Costituzionale, chiamata a giudicare sulla legittimità della legislazione nazionale. Gli abusi nascono dalla confusione dei ruoli e dei poteri e dall’assenza di un efficace sistema di controlli.
I due casi specifici, tra l'altro, (nomina dottoressa Alessandra Sarlo a Direttore generale del Dipartimento “Controlli” e nomina del dott. Prampolini Franco a dirigente del Settore “Attività produttive”, l'Amministrazione regionale:
1) nel primo caso, con estrema celerità ed efficienza, ha creato ad hoc un Dipartimento “Controlli” precedentemente inesistente, ha illegittimamente dichiarato privi di requisiti ben tre dirigente interni (dei 9 partecipanti alla selezione) che avevano già espletato funzioni dirigenziali di livello generale e i cui curricula, da un esame comparativo, risultano di gran lunga assorbenti e più adeguati per titoli, professionalità ed esperienza, rispetto a quella della persona in concreto nominata, procedendo, quindi (cfr Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 149 del 16 settembre 2011), alla nomina della dottoressa Sarlo (moglie del dott. Vincenzo Giuseppe Giglio, magistrato del tribunale di Reggio Calabria, attualmente agli arresti per fatti noti alla magistratura ed alle cronache) in soprannumero rispetto ai limiti percentuali, per gli esterni e i comandati, già raggiunti e abbondantemente superati in precedenza, nonché assegnandole tale incarico in posizione di comando, laddove per la dirigenza Generale il combinato disposto dagli artt. 25 e 26 della Legge regionale n. 7/1996 stabilisce tassativamente che l'unica tipologia di rapporto ammessa, per la copertura dei posti di dirigenza generale, è il “contratto di diritto privato”, con collocamento fuori ruolo per i dipendenti della P.A., ed anche a carico degli stessi dirigenti di ruolo dell'Amministrazione regionale (dunque fattispecie rientrante sempre e comunque nell'art. 19, comma 6, del D.lgs. n. 165/2001 e s.m.i. - esterni – e non in quella del precedente comma 5 – comandati – dimostrando il tal modo la messa in atto di un organico ed unitario disegno criminoso, atto a condizionare l'attività dell'amministrazione, al solo scopo di conferire illegittimamente l'incarico a suddetta persona. In proposito, con noto prot. n. 87/Segr. Dl 23 novembre 2011, questo sindacato, nel segnalare le ulteriori illegittimità in materia di personale non di ruolo della regione Calabria, aveva intimato (senza esito) l'annullamento in autotutela della procedura e della nomina stessa, richiamando anche il contenuto delle proprie precedenti note.
2) Nel secondo caso, sono stati illegittimamente esclusi (con la stessa metodica) i dirigenti interni, mentre il dott. Prampolini, esaminato dall'apposita commissione di valutazione, è stato dichiarato privo dei requisiti, ma, nonostante ciò, l'Assessore al personale Domenico Tallini proponeva l'atto di nomina alla Giunta che ha proceduto al conferimento dell'incarico senza la sussistenza dei presupposti di legge e senza alcuna motivazione (un vero e proprio uso privato della cosa pubblica).
Ancora più grave, per violazione di legge, si palesa la situazione che riguarda la riassunzione dell'Avv. Valeria Fedele e del dott. Giorgio Margiotta in qualità di dirigenti esterni, per i quali, il sindacato, con nota prot. n. 087/2011, aveva già segnalato e denunciato l'assoluta carenza di requisiti e titoli minimi per l'affidamento di incarico e funzioni dirigenziali.
In proposito, con la delibera n. 466 del 2 novembre 2011, adottata su proposta diretta dell'Assessore al personale Domenico Tallini, in assenza del prescritto parere di regolarità amministrativa, la Giunta ha riassunto i predetti soggetti ulteriormente aumentato il numero di dirigenti esterni, inseriti nella propria struttura organizzativa, aggravando lo stato di persistente e conclamato superamento dl limite massimo dell'8% della dotazione organica della dirigenza che l'art. 19, commi 6 e segg., D.Llgs. n. 150/2009, ha stabilito come tetto massimo ai contratti dirigenziali esterni.
Peraltro, la suddetta deliberazione sembra essere stata adottata sulla scorta del parere del Comitato di Consulenza giuridica della Giunta regionale, poiché lo stesso viene assunto e fatto proprio dalla Giunta regionale come parte integrante e sostanziale del medesimo atto. Il parere, sottoscritto dall'Avv. Alfonso Mezzotero dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, il quale, in qualità di relatore del suddetto comitato, pronunciandosi in maniera assai parziale, si è limitato ad esaminare e trattare il solo aspetto delle durata del contratto, di fatto accogliendo pressoché in maniera acritica le osservazioni presentate in via stragiudiziale dai legali di parte dei sig.ri Margiotta e Fedele.
Invero, non solo il suddetto componente il Comitato di Consulenza giuridica, ma anche tutto il Comitato di Consulenza giuridica della Giunta regionale, prima ancora di esaminare la validità della singola clausola contrattuale, che limitava a un anno la durata dell'incarico (anziché i tre minimi previsti dalla legge), avrebbero dovuto esaminare la validità degli stessi atti e contratti in cui detta clausola era contenuta, giacché, essendo stati stipulati quando le nomine di direttori generali della regione erano già intervenute, e dunque quando ormai il tetto dell'8% di dirigenti esterni era ormai esaurito, gli stessi si palesano integralmente nulli per contrasto con la disposizione imperativa di legge di cui all'art. 19 comma 6, del D.Lgs. n. 165/2011, che dispone chiaramente tale tetto alla dirigenza pubblica, poiché gli interessati risultano privi dei requisiti di legge per l'accesso all'incarico e lo svolgimento di funzioni dirigenziali, nonché assunti intuitu personae e senza alcuna procedura selettiva pur non essendo dirigenti apicali di nomina fiduciaria, come più volte fatto presente dal sindacato DIRER, anche con il citato esposto-denuncia.
Tale omissione e parziarietà si rivela ancor più grave se si tiene conto della circostanza che il parere è rilasciato da un avvocato dello Stato, che si contrappone nella sostanza alle tesi propugnate con forza dall'Avvocatura dello Stato a difesa dell'interesse nazionale e più volte accolte dalla giurisprudenza, anche costituzionale, in particolare, da ultimo, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 124 del 3-12 novembre 2010, ma anche con la sentenza n. 108 del 1 aprile 2011 della stessa Corte Costituzionale, riguardante la legge regionale 26 febbraio 2010 n. 8, con il che si palesa che: o il parere sarebbe da ritenere manipolato politicamente (cosa ampiamente sospettabile), oppure che l'estensore non ha tenuto la necessaria diligenza poiché rientra nel dovere di diligenza dell'avvocato medio non solo l'esame della specifica questione indicata dal committente (Giunta regionale), ma altresì, il dovere di informare il committente nel modo più completo ed esaustivo circa tutte le implicazioni giuridiche inerenti la vicenda al suo esame e le soluzioni prospettabili, dopo di che spetta al committente decidere quale percorso seguire e se avviare o desistere da un'azione, tenuto conto altresì che il dovere di informazione deve accompagnare il rapporto professionale in tutte le sue fasi al fine di porre il committente sempre nella posizione di piena consapevolezza.
Nel rendere il parere richiesto, tanto l'estensore quanto il Comitato di Consulenza Giuridica, infatti, avevano anche il dovere di effettuare un diligente studio del caso e di informare il proprio committente in modo da metterlo in condizione di assumere le decisioni sulla vicenda più opportune e rispettose della legge, con la conseguenza che l'aver omesso di rilevare la palese nullità totale dei contratti dirigenziali de quo, nozione che rientra nella perizia e capacità professionale dell'avvocato medio, ha comportato l'inadempimento contrattuale del legale in relazione alla richiesta di parere che ha altresì cagionato danno erariale costituito dalla spesa che la regione si è accollata per il pagamento degli stipendi a seguito della riassunzione, oneri che non sarebbero mai stati sostenuti laddove, usando l'ordinaria diligenza, l'estensore (avv. Mezzotero) avesse rilevato la nullità degli originari provvedimenti di affidamento degli incarichi e dei contratti accessori, alla stregua dei suoi colleghi romani che hanno assistito la Presidenza del Consiglio dei Ministri nei giudizi innanzi alla Consulta avverso diverse leggi regionali (compresa quelle della Calabria) riguardanti l'argomento.
Da ultimo, rileva che con la sentenza del novembre 2011, n. 310, la Corte Costituzionale ha, tra l'altro, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15 della legge della regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34. In particolare, detto articolo (il quale stabiliva che “per eccezionali ragioni di continuità nell'azione amministrativa restano validi gli incarichi dirigenziali conferiti, per la copertura dei posti vacanti. In data anteriore al 17 novembre 2010, ai sensi dell'articolo 10, commi 4 e 4-bis e 4-ter, della legge regionale 7 agosto 2002, n. 31 nonché i conseguenziali effetti giuridici”) era stato impugnato dal Presidente del Consiglio dei Ministri per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto tale norma si poneva in contrasto con l'art. 40, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Ebbene, secondo la Consulta, la norma regionale impugnata è costituzionalmente illegittima, poiché l'art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal D.Lgs. n. 150/2009, al comma 6-ter, dispone che i commi 6 e 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del medesimo decreto e dunque anche alle regioni. Tale norma non è derogabile dalle regioni trattandosi di regolamentazione di fattispecie “riconducibile alla materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost, poiché il conferimento di incarichi dirigenziali ai soggetti esterni, disciplinato dalla normativa citata, si realizza mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato”, come peraltro già statuito con la sentenza C. Cost. n. 324 del 3-12 novembre 2010, dovendosi ivi comprendere anche tutto ciò che attiene la “durata massima dell'incarico e, dunque, anche del relativo contratto di lavoro”.
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