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Mezzoeuro

Luigi Gaetano Gullì: un enfant prodige

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 31 del 04/08/2012


Rende, 31/07/2012


Un musicista dimenticato

Nato a Scilla, rivelò molto presto le sue notevoli doti musicali. Si formò tra i conservatori di San Pietro a Maiella a Napoli e Santa Cecilia a Roma. Concertista di fama internazionale agli inizi del novecento, morì per un attacco di uremia sulla nave che lo riportava in Italia. Fu sepolto nelle acque dell'Oceano Atlantico

Giuseppe Maiorca onora con la sua firma questo settimanale. È un maestro di pianoforte apprezzato in tutta Europa per i suoi concerti. Tuttavia un suo merito particolare, che lo contraddistingue è l'indefessa attività di promozione dei musicisti meridionali. Figure si secondo piano soltanto perché non hanno mai trovato palcoscenici e sponsorizzazioni importanti interessati a valorizzarne la figura e l'opera, ma che costituiscono un patrimonio artistico di grande valore che meriterebbe di essere conosciuto non solo localmente, ma entrare di diritto nel panorama musicale internazionale. I comuni di nascita non hanno avuto la forza e la capacità di trasformarle in icone da utilizzare per un efficace marketing territoriale e organizzare manifestazioni ed eventi legati a questi nomi.

Giuseppe Maiorca è uno dei pochi calabresi che include nei suoi concerti opere di artisti come lo strongolese Leonardo Vinci o lo scillese Luigi Gaetano Gullì, una figura quasi dimenticata al di fuori del circondario di Scilla. Esecuzioni pregevoli per la perfezione dell'esecuzione, che costituiscono una autentica rarità ed impreziosiscono la sua copiosa discografia, consentendo a tutti di conoscere questi autori dimenticati e forniscono nello stesso tempo un saggio della perfezione tecnica interpretativa del maestro. Come può leggersi nelle note biografiche disponibili in rete, tiene regolarmente concerti in tutta l’Italia e in Europa, suonando frequentemente per prestigiose istituzioni, nonché conferenze e seminari dedicati alla forma e al linguaggio musicale. Vanta collaborazioni cameristiche con strumentisti di fama internazionale: Timofei Dokshitzer, Marçal Cervera, Arturo Bonucci, Alain Marion. È solista apprezzato soprattutto per la profondità della lettura del testo musicale, insieme ad un’intensa partecipazione emotiva.

Luigi Gaetano GullìDella sua vita e soprattutto dell'opera di Luigi Gullì si conosce molto poco, anche perché vi è una documentazione molto scarsa, salvo il 61esimo volume del Dizionario Biografico degli Italiani che gli dedica un articolo a firma di Alessandra Ascarelli, e qualche riferimento sul web, sul sito della città di Scilla. Per avere un saggio della sonorità di Gullì, le rare incisioni di Maiorca sono le uniche disponibili e meriterebbero una maggiore diffusione.

Luigi Gaetano Gullì nasce a Scilla il 16 giugno 1859 da Giuseppe e Annunziata Delfino. La madre era una buona cantante lirica e il marito, che era un apprezzato avvocato, spesso l’accompagnava alla spinetta. Il fratello Domenico era un maestro di musica e fu per molti anni direttore della banda di Scilla per la quale si dilettava a comporre dei piccoli brani e si impegnava come insegnante dei piccoli allievi. Anche le sorelle si dilettavano a cantare qualche brano di opera lirica.

Luigi era l'ultimo di nove figli, e in famiglia respirava questa passione musicale, incoraggiato dalla madre che ben presto notò la sua predisposizione musicale e il suo naturale talento, che cercò di stimolare in tutti i modi incoraggiandolo ad affinare la sua sensibilità musicale. Egli apprese i primi rudimenti della tecnica pianistica dal padre, che ben presto superò nel virtuosismo tecnico e nella capacità interpretativa seguendo in maniera quasi spontanea gli spartiti. All'età di sei anni si esibì in un concerto a Reggio Calabria, riscuotendo un successo clamoroso. La sua esecuzione fu accompagnata da continue interruzioni per i fragorosi applausi che sottolineavano i passaggi più difficile e si concluse con una “standing ovation”. Il commento unanime fu di aver scoperto un vero e proprio genio musicale, un “enfant prodige”, che poteva paragonarsi a Amadeus Mozart, il quale aveva iniziato la sua attività concertistica alla stessa età.

In seguito al largo successo registrato, il Consiglio Provinciale deciso di concedere un sussidio a Luigi Gullì per consentirgli di proseguire gli studi: un provvedimento del tutto eccezionale per l'epoca (siamo nel 1866) in considerazione del fatto che la numerosa famiglia non era nelle condizioni di poter affrontare le spese di un soggiorno lontano da casa, poiché non vi erano scuole musicali in Calabria. I genitori decisero quindi di mandarlo a Napoli a studiare al conservatorio di S. Pietro a Majella, dove conseguì il diploma sotto la guida di Beniamino Cesi e Lauro Rossi. A diciannove anni si trasferì a Roma per perfezionare la tecnica e completare la sua formazione artistica e culturale. Era un allievo molto diligente, apprezzato dai suoi professori per la profondità degli studi e la vasta cultura che andava acquisendo. Oltre al talento musicale mostrò una predisposizione naturale per l'apprendimento delle lingue, riuscendo a padroneggiarne cinque, con una disinvoltura e una padronanza semantica straordinaria e un accento che sembrava parlasse la sua lingua madre in ciascuna di esse.

Da Roma si trasferì a Parigi dove trascorse un periodo molto proficuo per la sua preparazione ed ebbe modo di confrontarsi con i maggiori musicisti del mondo. Dopo due anni ritornò a Roma dove stabilì la sua dimora.

Il panorama musicale della capitale alla fine dell'Ottocento era molto vivace e vi operavano molte personalità di grande rilievo: F.P. Tosti, G. Sgambati, T. Monachesi a G. Mancinelli. Luigi Gullì conquistò una posizione di grande rilievo e si distinse per l'apparente semplicità delle sue esecuzioni frutto di una tecnica raffinata, e per la personale interpretazione delle opere eseguite, che rendeva sempre diverse ed originali, riuscendo a trasmettere una forte carica emotiva nel pubblico che affollava le sale.

Fu notato da Gabriele D'Annunzio che lo citava spesso nei suoi articoli, come cronista di varie testate della capitale (Cronaca bizantina, Fanfulla della domenica, il primo Capitan Fracassa e, in particolare La Tribuna del principe Maffeo Sciarra). Nessuna sua performance passava inosservata, ma costituiva sempre un evento culturale di grande rilievo.

In una corrispondenza del 12 genn. 1888, apparsa nella Tribuna con la firma di Duca Minimo (pseudonimo utilizzato da D'Annunzio), infatti si legge: "Il concerto che diedero ieri sera nella Sala Palestrina Luigi Gullì ed Ernesto Consolo - col concorso di Vico Ridolfi - fu veramente di una severità degna di vecchi e grandi maestri. Non fu fatta nessuna concessione alla moltitudine: non moti perpetui, né Carnevali di Pest, né trascrizioni, né rapsodie, né altro simile ciarpame da dilettanti. Il programma si componeva di due concerti di Bach, di una suonata di Mozart e d'una improvvisata del Reinecke sopra una gavotta del Gluck. E fu eseguito da cima a fondo, con due o tre clavicembali e con compagnia di quartetti, mirabilmente".

La notorietà e la fama conseguita sono testimoniate dalla sua presenza ne “Il Piacere”, il primo romanzo scritto da Gabriele D'Annunzio. "Luigi Gullì, un giovine maestro venuto dalle natali Calabrie in cerca di fortuna, nero e crespo come un arabo, eseguiva con molta anima la “Sonata in do diesis minore” di Ludwig Van Beethoven. La marchesa d'Ateleta, che era una sua proteggitrice, stava in piedi accanto al pianoforte, guardando la tastiera. A poco a poco la musica grave e soave prendeva tutti que' leggeri spiriti ne' suoi cerchi, come un gorgo tardo ma profondo", si legge in un passo del citato romanzo.

Per la grande fama acquisita, Luigi Gullì fu chiamato molte volte a suonare in concerti al cospetto della famiglia reale, ricevendone in dono una pipa con lo stemma dei Savoia e una spilla con brillanti a forma di M regalatagli dalla regina Margherita. Era timido e schivo e rifuggiva dalle occasioni mondane, ma fu insignito di diverse onorificenze, tra le altre numerose fu nominato membro onorario della Regia Accademia di S. Cecilia.

Nel 1896 eseguì un giro di concerti in molte città della Norvegia, sempre molto affollati ed applauditi, tanto da essere inserito nell'albo d'oro della Norvegia, un riconoscimento molto ambito e concesso molto raramente ad artisti stranieri. Qui conobbe Edvard Grieg con cui strinse una affettuosa amicizia, che ne apprezza le doti musicali, la modestia e la semplicità d'animo.

Nel 1897 costituì un proprio gruppo concertistico, il Quintetto Gullì, i cui componenti erano il primo violino R. Fattorini, il secondo violino R. Zampetti, E. Marengo alla viola, T. Rosati al violoncello. Il gruppo organizzò numerose tournée in Italia e all'estero riscuotendo dappertutto un clamoroso successo di critica e di pubblico.

Nel 1912 si recò negli Stati Uniti d'America, dove assunse la direzione della scuola musicale di Sherman nel Texas, dove fu molto apprezzato e vi rimase per circa un anno, trasferendosi successivamente a Chicago, dove la sua scuola – il College of Music - era la più frequentata e rinomata della città. In questo periodo si esibì in numerosi concerti, sempre accompagnato da un grande successo.

Per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute decise di ritornare in Italia. S'imbarcò sul piroscafo "Dante Alighieri" il 5 marzo 1918. "Al settimo giorno di navigazione, fu colpito da un mortale attacco di uremia che mise fine alla sua esistenza. Erano le ore sette del mattino del 12 marzo 1918". Fu sepolto in mare alla mezzanotte di quello stesso giorno.

“L'arte del G. si attestò su posizioni aristocratiche, rifuggendo tanto da concessioni a un gusto più facile, quanto da un'altrettanto facile popolarità; egli si rivolse sempre a un esigente pubblico internazionale di veri intenditori. Fra i musicisti che ebbe occasione di frequentare, quello che riscosse la sua simpatia e che, forse per sensibilità musicale, gli fu più vicino fu E. Grieg, cui fu legato da profonda amicizia”, scrive Alessandra Ascarelli.

Secondo Martinotti, prosegue l'Ascarelli, la personalità di Luigi Gullì "si colloca nel quadro della tradizione e della poetica del pianismo italiano ottocentesco che si esaurisce nei primi anni del secolo nuovo, indipendentemente dalle novità espressive portate da Busoni e Casella". “La figura del pianista calabrese scomparso nell'Oceano Atlantico rimane quindi solidamente ancorata alla sua formazione ottocentesca di cui porta nel nuovo secolo tanto la decisa individuazione stilistica, quanto una nota di costume tardoromantico”.

Di Luigi Gullì si mantiene il ricordo dei suoi memorabili concerti, ma resta poco della sua opera di compositore, poiché decise di non pubblicare le sue numerose opere non ritenendole all'altezza di grandi maestri. Secondo alcuni distrusse tutte le sue composizione prima di partire per l'America. “Ciò fece perché l'ideale dell'arte della musica era da lui considerato così alto, quasi irraggiungibile, da ritenerne molto lontana la sua ricca produzione", scrisse un suo ammiratore contemporaneo.

Quello che rimane è elencata dall'Ascarelli. “Presso la Biblioteca del Conservatorio di S. Cecilia a Roma si conservano comunque due pubblicazioni del G. che s'inseriscono in quella che era la moda del pezzo "de salon" e "de genre", spesso ispirata alla tradizione germanizzante tardottocentesca: Vier Klavierstücke (Albumblatt, Im Walzertakt, Novellette, Valse brillante, editi da Breitkopf & Haertl, Leipzig 1894), e Sfumature, fogli d'album per pianoforte (Dedica, Alla mazurka, Capriccio, Canto d'amore, Tarantella, Tempo di valzer, ibid. s.d.)”.

Il maestro Salvatore Tripodi, docente e studioso emerito, li ha recentemente rispolverate ed introdotte allo studio degli allievi del Conservatorio “Francesco Cilea” di Reggio Calabria.


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