Quia UBI sum, cura dimagrante per la Carimedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 42 del 20/10/2012 |
Rende, 18/10/2012
Chiusa d’imperio la manovra 2012/13
Decisa la chiusura di 20 sportelli, di cui 5 in Calabria e la trasformazione di 12 Filiali in minisportelli, quattro dei quali in Calabria e, soprattutto, la chiusura della Direzione Centrale della Banca su Cosenza.
Un altro duro colpo viene inferto alla già debole economia regionale. L’UBI-Banca, il gruppo bresciano calato in Calabria con l’acquisizione di gran parte degli sportelli ex Carical, continua la sua politica schiacciasassi, decisa a conseguire il risanamento del proprio bilancio a colpi di scure. Come accade ormai da vari anni l’unica politica gestionale che si riesce a concepire e perseguire è la drastica riduzione della sua attività “industriale”, intesa come il finanziamento del sistema produttivo che dovrebbe costituire il core business della banca, con taglio del personale, della struttura organizzativa e della rete di sportelli, e conseguentemente della sua presenza sul territorio.
Risulta sempre più evidente che la nascita della Carime non voleva realmente creare un istituto bancario attento alle esigenze del meridione. Il suo nome è la sintesi di “Cassa di Risparmio Meridionale”, ma nella realtà è rimasta solo una scatola vuota utile per accontentare qualche manager mandato in queste lontane lande a fingere di fare il banchiere, accontentandosi dei lauti compensi che la sua carica gli garantiva.
L’organizzazione a grappolo era solo finalizzata alla moltiplicazione degli incarichi direttivi, come denunciato nelle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia.
Non dovrebbe, quindi, costituire alcuna sorpresa la decisione di chiudere la Direzione Centrale di Cosenza, poiché fin dall’inizio non aveva alcuna funzione reale, ma costituiva un semplice passaggio verso la centralizzazione bergamasca, evitando il trauma immediato e una conflittuale che poteva avere qualche possibilità di successo in un momento di forte sindacalizzazione per la presenza di un numero consistente di dipendenti presso quella struttura.
La chiusura è stato un suicidio premeditato, lento e indolore come il taglio delle vene. Nel corso di questi anni si è proceduto ad un progressivo svilimento della sua funzione, con la sottrazione progressiva di compiti e di ruolo del personale. Soprattutto con una drastica diminuzione del loro numero. Chi dovrebbe protestare oggi? Chi potrebbe scendere in campo oggi a difesa di una storia e di una cultura bancaria che aveva qui radici profonde ed è stata deliberatamente dispersa?
Il personale è ridotto ad uno sparuto drappello di sopravissuti in cerca di una collocazione che salvi l’onore e la tasca, poiché trasferimenti in remote città comportano sacrifici e smembramenti familiari. La politica? Ma mi “facci” il piacere! Direbbe Totò. Non è intervenuta in nessuno dei casi precedenti quando si stava smantellando l’intero sistema creditizio meridionale, non scenderà certo in campo oggi a difesa di un corpo gracile e debole per volontà del vertice dell’UBI che non tiene in nessun conto gli interessi del Sud e l’agonia del suo sistema industriale, schiacciato dalla crisi e ancor di più dal credit crunch. Il sistema bancario fa venir meno il suo sostegno proprio nel momento di maggior bisogno. E la politica dell’UBI fa venir meno anche un interlocutore importante con cui tentare di trovare una soluzione alle varie situazioni di crisi. E’ difficile immaginare un piccolo imprenditore calabrese prendere l’aereo e recarsi in direzione generale a Bergamo per discutere dei suoi problemi. Gli costerebbe più dell’assegno che rischia di andare in protesto.
I sindacati sono in agitazione e minacciano ferro e fuoco, per il modo sbrigativo con cui sono stati trattati, si potrebbe dire che sono stati presi a pesci in faccia, e per il grave sacrificio chiesto ai lavoratori e al territorio.
L’Unità Sindacale Falcri-Silcea è particolarmente incazzata per l'atteggiamento arrogante tenuto nella fase negoziale, arrivando a contestare persino la legittimità del suo operato e minacciando di fare ricorso alla magistratura del lavoro per tutelare i dipendenti. Una posizione coraggiosa quella di Emilio Contrasto, capo “incontrastato” e motore della protesta, che vorrebbe opporsi legalmente al piano di azione e richiedere al magistrato di far invalidare le iniziative aziendali, considerate illegittime. Ma sarà dura perché manca il sostegno politico e sociale ad una vertenza che meriterebbe ben altre attenzioni e non tanto per la perdita di posti di lavoro, ma perché senza un’adeguata politica bancaria non c’è futuro per questa regione.
E' scaduto oggi il termine previsto dal CCNL per portare a soluzione il confronto sindacale relativo alla manovra decisa da UBI Banca e finalizzata soprattutto al contenimento del costo del lavoro. Anche nell’ultimo incontro, tenutosi in data odierna a Bergamo, ancora una volta del tutto privo di contenuti, UBI ha perseverato nell’intento di non instaurare una vera trattativa con il Sindacato. Il confronto, quindi, nonostante i numerosi incontri, non ha avuto uno svolgimento effettivo.
Infatti, UBI nei vari incontri si è limitata ad illustrare genericamente gli interventi da attuare, senza fornire la corretta informazione e l’adeguato supporto documentale, avendo l’Azienda consegnato solo in parte la documentazione richiesta da UNISIN e necessaria a valutare in maniera esaustiva la manovra. Pertanto, nei diversi incontri non si è potuto procedere, nel merito della manovra, ad una discussione compiuta volta a trovare un’intesa fra le parti. Non avendo, quindi, avuto effettivo svolgimento la fase di negoziazione, non possono ritenersi adempiuti gli obblighi, contrattualmente previsti, di UBI nei confronti del Sindacato.
UNISIN, quindi, ha rilasciato a UBI una specifica dichiarazione con la quale si invita l’Azienda – preliminarmente alla realizzazione degli interventi di cui all’informativa del 28/8/2012 – a dare esatto corso a quanto previsto dal CCNL, svolgendo una trattativa effettiva con i Rappresentanti dei Lavoratori, fornendo i documenti richiesti e discutendo nel merito le proposte del Sindacato in ordine alla manovra.
UNISIN, con la predetta dichiarazione, ha anche precisato ad UBI che senza il regolare svolgimento del confronto non potranno attuarsi gli interventi previsti dalla manovra e che in caso di realizzazione degli stessi, UBI si assumerà la gravissima responsabilità di procedere in modo unilaterale e in spregio alle norme contrattuali che prevedono l’obbligo dell’Azienda di esperire la fase di confronto e negoziazione con le OO. SS., preventivamente all’attuazione di ogni intervento che presuppone ricadute sulle condizioni di lavoro del Personale. In tale caso, inoltre, UNISIN agirà in sede giudiziale al fine di far dichiarare l’antisindacalità della condotta aziendale e far invalidare – conseguentemente – le eventuali iniziative che l’Azienda dovesse unilateralmente decidere di porre in essere.
UNISIN ribadisce ancora la propria contrarietà ad una manovra che persegue esclusivamente il contenimento dei costi del Personale e comprime gravemente la capacità da parte delle Banche di UBI di presidiare i territori di riferimento, presupposto essenziale per sviluppare la propria produttività e redditività. Stigmatizza, inoltre, l’atteggiamento fin qui tenuto dall’Azienda che, come detto, non ha consentito lo svolgimento di un confronto reale volto ad individuare soluzioni condivise in grado - oltre che di attenuare le ricadute sui Lavoratori interessati dagli interventi previsti dal piano - di apportare alla manovra in atto anche correttivi strutturali in un’ottica di sviluppo e crescita di tutto il Gruppo che non può prescindere, in primis, dall’immissione di nuova e giovane forza lavoro e dal rafforzamento della Rete a presidio dei territori serviti.
Infine, UNISIN ha invitato la Capogruppo a porre in essere, sin da subito, un effettivo piano d’interventi finalizzati al ridimensionamento del costo relativo agli emolumenti percepiti ai più alti livelli aziendali e all’elargizione di benefits. In ogni caso, non potranno essere richiesti ulteriori sacrifici alle Lavoratrici e ai Lavoratori rispetto a quelli già sostenuti in questi anni e che hanno consentito a UBI il raggiungimento di buoni risultati per come, peraltro, recentemente evidenziato anche dall’European Banking Authority (EBA).
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