Sant'Antero, un grande Papa per un mesedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 46 del 17/11/2012 |
Rende, 14/11/2012
Martire nella sesta persecuzione indetta dall'Imperatore Massimino
Resse il soglio pontificio per quaranta giorni, mentre il Papa San Ponziano fu esiliato in Sardegna per disperdere la Chiesa romana
Sorge la cittadella di Policastro, alle radici della Sila, in luogo elevato, valida difesa dalla natura del luogo, cinta d'ogni parte da rupi, tra i fiumi Soleo e Cropa, fecondo di trote e anguille; dista cinquemila passi da Messurga, venti dal mare, altrettanto da Crotone, una volta detta Petelia.
Infatti Mela, come pure Plinio, collocano Petelia nel golfo di Scilaceo. Ancora Plinio dice che essa è mediterranea, perché dice che è all'interno. Sesto Giulio scrive che Petelia sostenne undici mesi l'assedio di Annibale. Livio tramanda che Annibale la prese con molto sangue dei suoi e non con la forza, ma con la fame; la qualcosa testimonia che Petelia è un forte baluardo. D'altra parte non bisogna affatto dubitare che Policastro sia Petelia, sebbene Raffaele di Volterra asserisca con leggerezza che dalla rovina di Petelia sorse al vicina cittadella di Altamura, poiché Petelia non scomparve e Altamura è in Puglia.
La città di Petelia è antichissima e famosa, ma non così grande, fondata dagli Ausoni o dagli Enotri, come è lecito pensare, i quali fondarono molte città nell'una e nell'altra parte della Calabria, quindi abitata da Filottete. Ma alcuni vorrebbero che fosse fondata da Filottete stesso, figlio di Peante e compagno di Ercole, non molto dopo la distruzione di Troia; dice infatti Virgilio nel terzo libro dell'Eneide: “Ivi quella piccola Petelia, forte del muro di Filottete signore di Melibea”. E Strabone, nel libro sesto: “Petelia è ritenuta la città più grande dei Lucani, avendo finora molti abitanti. Filottete, profugo da Melibea a causa della sedizione, la edificò forte per ottime opere di difesa, così che i Sanniti la rafforzarono con la costruzione di piazze forti”.
Questo è quanto scrive Gabriele Barrio (De antiquitate et situ Calabriae, Roma 1571) a proposito di Petelia, ma Sertorio Quattromani nella nuova edizione del 1737, a commento del testo sostiene che non è vero affatto che l'antica Petelia sia da identificarsi con Petilia Policastro. “Petelia è, infatti, quella che ora è detta Strongoli”, asserisce con sicurezza il Quattromani, ed è una opinione condivisa con la maggioranza degli autori successivi.
Anche Girolamo Marafioti (Chroniche et antichità di Calabria, Padova, 1601) riprende, però, l'ipotesi del Barrio. “È stata questa città fabbricata dagli Ausonij, dopo fatta Colonia degl'Enotri, & al fine magnificata da Filottete, poscia che compite le rovine troiane, ei venne in queste parti d'Italia, e da lui è stata chiamata Petelia”.
“Non è anco da tacersi che se la città Petelia è stata illustre per la sua antica fondatione, e guerre, gradissimo splendore ricevé per la maestà Pontificale, e per lo dono singolare della santità. Imperò ch'in essa è stato nativo cittadino S. Antero Sommo Pontefice Romano figliuolo di Romolo nato in questa città della Magna Grecia. Fiorì sotto l'Impero di Massimino; ordinò, che gli atti de' santi martiri di dio fossero da pubblici Notarij scritti, & insieme raccolti fossero conservati nell'erario della Santa Chiesa; acciò non si perda l'illustre memoria di sì gloriose persone; costituì, ch'un Vescovo per evidente necessità delle pecorelle di Christo col consenso del Sommo Pontefice Romano potesse essere rimesso da un Vescovato, e mandato ad un altro; ma per le molte buone sue opre, e per la difensione della S. Chiesa coronato dal martirio se ne volò in cielo nel dì terzo di Genaro, havendo seduto nella Catedra Ponteficale undici anni, un mese, e dodeci giorni. È stato sepolto nel cemeterio di Calisto, nella Via Appia, & allhora vacò la Sede Papale tredici giorni”.
Del Papa Sant'Antero si hanno poche notizie. Certamente che il suo sia stato un lungo pontificato è scritto solo dal solo Marafioti, mentre tutti gli altri studiosi che si sono occupati a vario titolo della sua biografia sono concordi nel ritenere che il suo fosse uno dei pontificati più brevi della storia: una quarantina di giorni circa.
Nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Gaetano Moroni Romano scrive che il Papa Antero era greco di origine, e secondo alcuni trasse i natali in Petilia nella Calabria, detta Magna Grecia; secondo altri, in Policastro, città essa pure della Calabria, confermando indirettamente che le due città fossero diverse l'una dell'altra. Per quanto opina qualche storico, apparteneva ai canonici regolari, ovvero a qualche monistero della Sardegna. L'opinione più credibile è che sia stato un calabrese di origine greca, poiché questi erano molto numerosi nella regione dove erano presenti già da molti secoli.
Nell'Enciclopedia dei Papi della Treccani, nella voce a lui dedicata scritta da Federico Fatti, si legge: “Secondo il Liber pontificalis era di origine greca e suo padre si chiamava Romolo. Il suo nome potrebbe indicare una estrazione servile. A torto Eusebio, nel Chronicon e nell'Historia ecclesiastica, ne colloca il pontificato nel primo anno dell'impero di Gordiano III (238-244). Come attesta il Catalogo Liberiano, fu invece ordinato papa il 21 novembre 235 a seguito della rinuncia, il 28 settembre dello stesso anno, di Ponziano, che era stato condannato alle miniere in Sardegna insieme all'antipapa Ippolito su ordine dell'imperatore Massimino il Trace, e morì il 3 gennaio 236, prima, come sembra, del suo predecessore”.
Nel terzo secolo il Cristianesimo era già molto diffuso nell'impero romano, ma erano ancora lontani i tempi dell'imperatore Costantino, il quale l'avrebbe legalizzato dichiarandola religione di Stato. Il Papa Antero sembra sia stata vittima della sesta grande persecuzione che colpi i fedeli della nuova religione.
Nel 235, dopo quattordici anni di regno, viene assassinato l'ultimo della famiglia Severo, Alessandro. Egli fu un grande imperatore e valente generale. Dopo aver riportato una grande vittoria su Antaserse, stava dirigendosi verso la Germania per punire i barbari che avevano oltrepassato il Reno e il Danubio saccheggiando le province romane. Solo la paura del suo arrivo aveva già messo in fuga i germani. Vicino a Magonza, però, viene assalito e ucciso da un gruppo di soldati galli. Sembrava un episodio di ribellione contro una disciplina troppo ferrea e punizioni esemplari, ma subito fu chiaro che si era trattato di un complotto per spodestarlo. Il capo dei congiurati Massimino, detto il Tracio, si fece subito proclamare imperatore.
Secondo il Barone di Henrion (Histoire générale de l'Eglise depuis la prédication des apôtres jusqu'au pontificate de Grégoire XVI, Paris 1843) racconta che egli era meno romano che barbaro. Nato in Tracia, da un padre goto e la madre di nazionalità degli Alani, era perfettamente romanizzato e non lasciava trasparire le sue origini, né per i suoi costumi, né per la sua figura. Era di statura gigantesca, si dice che fosse alto più di otto piedi (circa due metri e quaranta centimetri), e di una forza proporzionale alla sua taglia.
Quando si vide padrone dell'impero, non pensò che a governare con il terrore. Trucidò senza pietà e senza processo gli ufficiali sospetti, insieme a quattromila uomini accusandoli di aver pianto Alessandro Severo.
Al momento della sua proclamazione, Massimino si profuse in un atto di liberalità come era abitudine dei nuovi imperatori. Ogni soldato doveva presentarsi con in testa una corona di alloro per ricevere la sua mercede. Ma uno di essi comparve dinanzi all'imperatore a testa nuda tenendo nelle la sua corona di alloro. Richiesto la ragione di questo strano comportamento egli rispose: “Io sono cristiano, e la mia religione non consente di indossare le vostre corone”. Lo spogliarono della sua uniforme, gli tolsero le armi, e lo misero in prigione.
Questo fu un episodio cruciale che lo convinse della pericolosità dei cristiani per la sicurezza e la solidità dello Stato, poichè essi erano più propensia ad obbedire ai ministri della loro religione che alle leggi e decreti imperiali. Iniziò così una persecuzione che durò per tutti i tre anni del suo governo con migliaia di vittime innocenti in tutto l'impero e si caratterizzò per una serie ininterrotta di crudeltà.
Con i cristiani fu spietato, infatti, additandoli come nemici dell'impero. Scrive il Barone di Henrion: “L'ignorante e stupido Massimino li accusava di tutte le disgrazie dello Stato. Le sconfitte in battaglia, la peste, la dissenteria, i terremoti, gli incidenti più fortuiti; tutti i mali, secondo lui, provenivano da essi. Tuttavia, ordinò la pena di morte solo per i vescovi, come autori diretti dei rapidi progressi nella diffusione del cristianesimo, ma nella furia omicida finirono per essere coinvolti anche molti altri, accusati di complicità. I semplici fedeli si erano moltiplicati troppo, perché la politica anche la più retriva e limitata non si rendesse conto dei pericoli che poteva rappresentare un loro sterminio di massa”. Secondo Tertulliano “le città, le campagne, le fortezze, le legioni, i palazzi dei cesari, tutti i luoghi ad accezione dei templi, sono pieni di nostri fratelli; con la loro morte tutto l'Impero si svuoterebbe e le provincie diventerebbero facili prede del primo invasore”.
Il primo ad essere colpito fu proprio il Vescovo romano per la sua autorità sull'intera comunità religiosa. L'imperatore era convinto che con l'eliminazione del Papa, essi avrebbero perso il loro riferimento organizzativo e religioso e si sarebbero sciolti. Il Papa S. Ponziano fu spedito in esilio, e questi rassegnò il suo mandato per consentire la subitanea nomina di un successore. Al suo posto, i fedeli di Roma elessero Antero per impedire che il seggio pontificio rimanesse vuoto con grave danno per l'apostolato. Ma non durò a lungo e molto probabilmente morì martire nei primi giorni dell'anno 236, poco più di un mese dopo la sua ascesa al soglio pontificio.
Secondo la biografica della Treccani, che riporta quanto riferito dal Marafioti, “il Liber pontificalis gli attribuisce una ordinazione episcopale a Fondi; inoltre egli avrebbe incaricato i notai ecclesiastici di realizzare una accurata raccolta degli atti processuali dei martiri, che avrebbe poi nascosto nella sua chiesa, iniziativa connessa in qualche modo con un non meglio identificato presbitero Massimino o Massimo, morto per la fede”. Non si conosce quale sia stata la causa della sua morte, ma si presume che sia stato giustiziato o torturato. Dalla Chiesa è commemorato come martire.
Sant'Antero fu il primo ad essere sepolto nella cripta di S. Callisto costruita appositamente per conservare i resti mortali dei Pontefici, prima dello stesso suo predecessore S. Ponziano, le cui spoglie traslate dalla Sardegna furono deposte nella cripta dei papi durante il pontificato di Fabiano. È stato rinvenuto un epitaffio che ricorda la sua sepoltura, la cui autenticità, secondo il Fatti, non può essere messa in dubbio, in primo luogo per le circostanze del rinvenimento che ne testimoniano la contestualità con una delle tombe a loculo della cripta, in secondo luogo per le sue caratteristiche interne, quali l'uso della lingua greca e l'estrema laconicità, che rientrano pienamente nella prassi epigrafica cristiana del pieno III secolo.
I calendari e i libri liturgici romani lo commemorano alla data del 3 gennaio solo a partire dal IX secolo.
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