Il calumet della pacedi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XI num. 48 del 1/12/2012 |
Rende, 28/11/2012
Firmato l'accordo all'UBI Banca
Dimezzamento del numero degli esodandi, nuove assunzioni, mantenimento dei poli territoriali. Questi i punti più significativi di un accordo sofferto, firmato da tutti i sindacati ad eccezione della Fisac-Cgil. E per la prima volta si parla di una riduzione del costo della governance
Fumato il calumet della pace all'Ubi Banca. Dopo una estenuante battaglia condotta a suon di dossier, recriminazioni reciproche, accuse, ultimatum, minacce di clamorose azioni tanto da parte sindacale che datoriale, alla fine si è raggiunto un accordo che pone fine a una vertenza lunga ed estenuante, il verbale è stato invece siglato da Dircredito, Fabi, Fiba-Cisl, Ugl, Uilca, Sinfub e Unità sindacale Falcri/Silcea.
Se questo costituisce l'atto finale del conflitto, è ancora presto per dirlo. L'impressione che sia ancora una volta solo una tappa del lungo cammino intrapreso dall'Ubi Banca per raggiungere uno stabile equilibrio economico-finanziario.
La strategia adottata mira al contenimento dei costi, con una riduzione del costo del personale e la compressione degli investimenti che comporta la completa metamorfosi della sua struttura aziendale e lo snaturamento delle funzioni tradizionali della banca. Abbandonata il carattere solidaristico e mutualistico, tende ad assumere sempre di più la fisionomia di supermarket per la vendita di “prodotti” finanziari, mentre la funzione di intermediazione diventa un'attività sempre meno importante, quasi residuale.
L'obiettivo dell'UBI Banca è quella di inserirsi nel club delle grandi banche non avendo però né l'organizzazione, né la disponibilità patrimoniale, né la struttura tecnico-amministrativa per affrontare i mercati finanziari internazionali. Le progressive manovre, di cui quella appena chiusa è solo un capitolo, la stanno portando a un progressivo distacco dal territorio e dalla capacità di leggerne i bisogni, interpretarne le esigenze e predisporre un sistematico programma di aiuti per consentire alle aziende di poter trovare risposta alle gravi difficoltà che esse incontrano nell'attuale difficile congiuntura economica.
Quando si parla di “credit crunch”, si pensa a un perverso meccanismo dotato di un possente e salvifico potere di rigenerazione, poiché l'abbandono sul monte Taigeto delle imprese deboli e patrimonialmente gracili, come avveniva a Sparta per i neonati che presentavano qualche malformazione, avrebbe operato una selezione delle migliori.
In realtà la falcidia del personale più anziano e formato, e la loro sostituzione con giovani rampanti e precari, ha spersonalizzato il rapporto bancario. Il processo di valutazione è diventato un meccanismo asettico e automatico, un processo privo di anima che non prevede alcuna interazione con la clientela, ma la mera applicazione della risultanza di un procedimento tecnico basato sui metodi di Basilea. Con troppo ritardo si è percepito il pericolo che l'applicazione di un sistema ideato e applicato in un momento di crescita con un forte carattere prociclico avrebbe potuto provocare nella fase recessiva.
Nel Mezzogiorno gli effetti restrittivi della politica creditizia si sono sommati con la cronica debolezza aziendale e l'inceppamento dell'economia pubblica. La banche hanno chiuso l'ombrello proprio nel momento in cui ha iniziato a piovere e non sono più disponibili a sostenere imprese in difficoltà nel pieno della crisi per non correre il rischio di restare coinvolte nel crollo.
Appare evidente che le stesse banche non sono più in grado di ricostituire la loro capacità analitica proprio per la politica del personale, sottoposto a una feroce politica di compressione nei ruoli, nei gradi e nelle funzioni con finalità puramente economicistiche poiché si mirava semplicemente a una compressione dei costi senza alcuna considerazione sulle ricadute. Si è prodotto un decadimento delle capacità valutative, della gestione interattiva dei rapporti con la clientela, dell'analisi delle informazioni possedute sulla imprese cliente. Il caso dell'Ubi è particolarmente significativo poiché tutte le ipotesi di piano industriale tendevano all'unico obiettivo di ridurre l'impatto del personale sul conto economico.
A conferma si può leggere il comunicato della Unità Sindacale Falcri-Silcea diffuso dopo la conclusione dell'accordo. “In data odierna, dopo una lunga e complessa trattativa che ha registrato momenti di grave tensione, è stata raggiunta l'intesa relativa alle ricadute sul Personale conseguenti alla manovra, concernente "Tensioni occupazionali", decisa dalla Capogruppo e finalizzata al consistente contenimento del costo del lavoro per circa 115 milioni di euro, pari a 1.578 risorse full‐time”. Il costo del lavoro è l'elemento clou se non esclusivo e la finalità non è quella di razionalizzare, personalizzare o professionalizzare il personale, ma diminuirne il numero, comprimere il costo, precarizzare il rapporto.
“Gli accordi siglati”, prosegue il comunicato, “regolamentano l’utilizzo di alcune leve di intervento, attraverso le quali l'Azienda potrà conseguire il dichiarato obiettivo del contenimento dei costi”.
Dott. Contrasto soddisfatto dell'accordo? Il Segretario Nazionale e Segretario Generale di Unità Sindacale del Gruppo UBI Banca non ha esitazioni a rispondere.
“In una trattativa così complessa e con ricadute così rilevanti per il personale della banca è necessario una sana dose di pragmatismo. Non si possono rincorrere sogni ideali, ma badare a quelle che sono gli interessi immediati dei colleghi che hanno vissuto un lungo periodo di tensione, di incertezza. Tutti sentivano il bisogno di porre fine a questo estenuante braccio di ferro”.
La Fisac-Cgil non ha firmato, però. Ancora una volta il fronte sindacale appare diviso.
“Noi non entriamo nel merito delle scelte altrui. Le rispettiamo, anche se abbiamo deciso una linea diversa. Le posizioni aziendali e quelle sindacali erano molto distanti, e questo ha creato questa lunga scia di contrapposizioni e polemiche. Ciascuno ha dovuto fare un passo indietro, cedere alcuni principi. Neanche noi di Unità Sindacali ci possiamo ritenere completamente soddisfatti, ma abbiamo ottenuti risultati assai importanti e significativi”.
Vogliamo riassumere i termini dell'accordo e le “vittorie” conseguite?
“La terminologia bellica non esprime adeguatamente il confronto, aspro ma mantenuto su livelli di confronto civile. Questo voglio sottolinearlo. Possiamo parafrasare il nostro comunicato, che mi sembra molto chiaro e sintetico sull'argomento concentrandoci su tre aspetti, gli esuberi, le assunzioni e gli interventi sulla governance”.
Cominciamo dagli esuberi. Non siete riusciti ad evitare un ulteriore esodo di personale, ormai �una sorta di piaga biblica.
Il piano industriale, ribatte Emilio Contrasto, annunciato a luglio prevedeva 1500 persone da esodare, che sono state ridotte a 650, su base volontari attraverso l'attivazione di un piano di esodo anticipato. Per ottenere questo risultato si è prevista la riduzione dell'orario di lavoro incentivata, allo stato su base volontaria, fino ad un massimo di 220.000 giornate lavorative nel triennio 2013‐2015, con utilizzo della parte ordinaria del Fondo di Solidarietà che prevede la retribuzione al 60% circa del periodo di riduzione dell’orario di lavoro; l’obbligo di fruizione delle ex festività, limitazione nelle prestazioni lavorative aggiuntive (Banca delle Ore), impegno aziendale ad un significativo contenimento delle spese amministrative, l’obbligo aziendale a non attuare interventi a valere sulla contrattazione di secondo livello, la salvaguardia sostanziale dei poli territoriali sulle singole Banche rete. Un aspetto significativo è l'inserimento della clausola di salvaguardia per i lavoratori che sceglieranno di andare in esodo, nel caso che intervenissero modifiche legislative che modificano il quadro della normativa pensionistica. Con una crisi così grave in atto, questo costituisce un paracadute importante, poiché molto spesso gli interventi sulle pensioni hanno intaccato anche i diritti acquisiti. ”.
La questione dei poli territoriali è particolarmente significativa. Si è temuto a lungo che si volesse sopprimere tutto il centro direzionale di Via Popilia. Un rischio che sembra scongiurato, ma si tratta comunque di una presenza simbolica poiché restano solo poche funzioni.
“Intanto i Poli Direzionali e Territoriali nelle diverse aree geografiche dove operano le Aziende di UBI Banca saranno mantenuti e questo rassicura i lavoratori che i territori non verranno abbandonati. La Capogruppo si è impegnata a favorire la crescita delle banche del Gruppo, presupposto essenziale per far si che le famiglie, le imprese e gli Enti pubblici possono continuare a contare sulla necessaria assistenza creditizia e sui servizi bancari offerti”.
Il depauperamento del personale costituisce un ostacolo per un percorso di crescita.
“Il contenimento del costo del lavoro è un obiettivo perseguito da tutte le banche e l'UBI non poteva certo fare eccezione, poiché purtroppo si è inaugurato il sistema di farsi concorrenza sui diritti e le tutele dei lavoratori. La precarizzazione dei rapporti di lavoro è un fenomeno che va analizzato e combattuto nella sede politica, ma dobbiamo accettare di confrontarci nel contesto reale, anche quando il nostro mondo ideale è molto diverso. Non bisogna dimenticare che la proposta aziendale prevedeva anche la limitazione di importanti diritti, consistenti deroghe al CCNL e ai contratti di secondo livello, l’azzeramento di alcuni Poli Direzionali e nessun intervento relativo all’immissione di nuova e stabile occupazione. Rispetto a quella ipotesi l'accordo firmato può essere considerato un successo”.
Con l'entrata in vigore di Basilea-3 si potrebbe la banca potrebbe riacquisire dei margini di flessibilità.
“Non possiamo aspettarci grandi effetti da strumenti tecnici. L'unica via di uscita è il superamento della crisi che metta in moto i meccanismi economici. Basilea-3 restituisce un margine di flessibilità di gestione, ma richiede una iniezione patrimoniale, che potrebbe costituire un serio ostacolo all'implementazione di quelle misure”.
Veniamo alle assunzioni.
“La Capogruppo si è impegna ad assumere almeno 240 nuovi dipendenti nel periodo 2013‐2015, anche mediante stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in essere, da distribuire in misura proporzionale agli esodi registrati presso ciascuna Azienda del Gruppo. In un momento di grave crisi, e di un aumento esponenziale della disoccupazione, questa decisione ha una forte valenza sociale particolarmente nel Mezzogiorno”.
Cosa è previsto per la governance? Si parla di una riduzione dei costi.
“Recentemente la Banca d'Italia ha criticato l'eccessivo numero e l'elevato livello degli emolumenti dei componenti dei vari consigli di amministrazione. L'Ubi è una Gruppo multipolare, dove in ogni territorio opera una banca dotata di autonomia giuridica, con tanto di organi societari e rappresentanti ben remunerati. Un sistema nato per garantire un'ampia autonomia gestionale e la flessibilità necessaria per adattare il comportamento di ciascuno alle specificità del territorio.
Di fatto è prevalsa la filosofia accentratrice, poiché i metodi e gli indirizzi di gestione di ciascuna banca sono stati subordinati all'indirizzo della Capogruppo. L'accordo prevede la riduzione del costo complessivo degli organi di gestione di tutte le banche del gruppo. Complessivamente vi è l'impegno di ridurre il costo complessivo della governance di almeno il 20% agendo tanto sui compensi che sul numero degli amministratori. È prevista anche la riduzione dei benefit di cui godono gli amministratori dal taglio delle auto aziendali alla riduzione dei costi amministrativi (consulenze, servizi professionali, spese viaggio, immobili). Il risparmio è quantificato in oltre 45 milioni di euro”.
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