OP

Mezzoeuro

Gabriele Barrio e la nascita dell'idea di Calabria

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 6 del 9/2/2013


Rende, 4/2/2013


Il primo storico della Calabria, il quale concepisce questo territoro come dotata di un forte carattere unitario a dispetto di tutte le diversità linguistiche, culturali, economiche e sociali che la dividono puntigliosamente descritte nel suo volume edito nel 1571.

I numerosi refusi e le omissioni rendono necessaria una proonda revisione, cui l'autore si dedicherà fino alla morte, senza riuscire a complearlo. Bisognerà aspettare il 1737 per vedere la nuova edizione a cura di Tommaso Aceti, con le modifiche lasciate manoscritte dallo stesso autore, le note a margine lasciate da Sertorio Quattromani, le aggiunte e le integrazioni del curatore.

Biblioteca vaticanaGabriele Barrio è il primo storico della Calabria non solo da un punto di vista cronologico. Si può ben dire che con lui nasce l'idea di una Calabria territorialmente e culturalmente definita. La sua produzione letteraria si limita ad un unica opera, De antiquitate et situ Calabriae lib. V, pubblicata a Roma nel 1571. Nella sua biografia curata da Soria sono elencati altri libri, alcuni tuttora inediti, che non hanno lasciato alcun segno. L'importanza attribuita al suo libro sulla Calabria è testimoniata dalle dispute sulla reale identità dell'autore. Oggi la sua attribuzione al Barrio è stata ormai definitivamente riconosciuta, ma molti autorevoli scrittori ne avevano messo in dubbio la paternità attribuendola al Cardinale Guglielmo Sirleto, molto apprezzato per il suo sapere enciclopedico, o a Paolo Emilio Santoro. Il dubbio nasceva dall'enorme mole di citazioni erudite del libro, scritto in un elegante latino. Lo stesso autore minacciava chiunque avesse osato tradurlo in una lingua volgare, poiché questo ne avrebbe distrutto l'eleganza formale. Tuttavia, il libro conteneva molti errori di stampa e lacune evidenti. Il Barrio lavorava alacremente per una nuova stesura del suo libro, opera che non riuscì a completare per la sua morte improvvisa. Si dovette attendere più di un secolo prima che il suo lavoro fosse completato. Fu Tommaso Aceti, un altro calabrese nato a Figline nella Calabria Citra, che quale correttore della Stamperia Vaticana ritrovò il manoscritto del Barrio, e una copia del suo libro con le annotazioni autografe di Sertorio Quattromani e si propose di curarne una nuova edizione arricchita da sue note e integrazioni che fu pubblicata nel 1737. Anche questa nuova edizione fu pubblicata in latino per rispettare la volontà del suo autore espresse con molto vigore. Una traduzione italiana della edizione curata da Tommaso Aceti è stata effettuata da Erasmo Mancuso e stampata dall'editore Brenner di Cosenza.

Egli è il capostipite di una folta schiera di storici preti o frati (Girolamo Marafioti 1601, Fiore da Cropani 1691, l'Abate Pacichelli 1703, Elia Amato 1725) le cui opere imitano il libro del Barrio con integrazioni e aggiunte ma senza stravolgere l'impianto. Si direbbe che ciascuno di essi si sia assunto il compito di emendare e completare l'opera. Antonio Piromalli sostiene che le loro opere "hanno un carattere erudito-umanistico, enciclopedico, storico-geografico, che discende dalle epitome medievali per il moralismo, per il carattere agiografico".

Il Barrio "inventa" la Calabria come regione unitaria, definita geograficamente e culturalmente. Fino ad allora essa era una terra dove eranoNuova edizione transitati e vi convivevano popoli e culture diverse: Enotri, Bretti, Ausoni, Pelasgi, e naturalmente greci che aveva segnato uno dei periodi di maggior splendore con la creazione della Magna Grecia, dove fulgevano le repubbliche di Locri, Crotone e Sibari. Cosa era rimasto di tutto questo al tempo in cui Gabriele Barrio scriveva? Secondo Giuseppe Galasso nel Cinquecento la Calabria era semisederta: la popolazione complessiva si aggirava sui centomila individui per effetto delle guerre e devastazioni: le incursioni saracene, le campagne di riconquista dei bizantini e poi l'arrivo di normanni, svevi, angioini ed aragonesi. Ciascuno aveva portato rovine e morte, tanto che coloro che venivano catturati e ridotti in schiavitù dai turchi spesso preferivano tentare un impossibile riscatto sociale tra gli infedeli piuttosto che ritornare sotto il potere dei baroni. Il Barrio fu l'unico tra i menzionati a denunciare la prepotenza dei baroni, assimilati ai "Lestrigoni campani per l'inesauribile sete e l'inesausta avarizia si nutrono ogni giorno delle faiche dei mortali", e lo stato di miseria e prostrazione in cui avevano ridotto la popolazione. "La Calabria è travagliata non solo con le ordinarie esazioni, ma è vessata anche con ingiuste e gravi estorsioni. ... Per questo motivo città e villaggi sono pirivi di abitanti e i campi di molte zone non sono lavorati", scrive il Barrio.

Chi sono i calabresi non lo precisa. Parlando del loro dialetto scrive che "I Calabri nel loro vernacolo si servono del latino, che impararono dai Latini lì mandati dal Senato, sebbene conservino ancora molti vocaboli greci e vi siano, come ho detto, alcune città greche e villaggi greci. E, che di quei vocaboli latini, che ora sono comuni a tutta l'Italia, i Calabri si servono di molti altri, che non sono in uso in nessun altro luogo. Egli si preoccupa di difendere i Bruzi dall'accusa di essere gli uccisori di Gesù Cristo e che lo stesso fosse un bruzio, senza preoccuparsi di sapere quanti ne sopravvivessero dopo tanti secoli e vicende travagliate e l'arrivo di nuove genti, come gli albanesi che nomina espressamente. Parlando del circondario di San Marco Argentano scrive: "in questo territorio i popoli albanesi abitano in piccole capanne". Secondo quanto afferma il Papa Pio II si trattava di un popolo di 300.000 persone, la maggior parte stanziati in Calabria, un numero certamente esagerato, ma ragguardevole in rapporto alla popolazione di quel momento.

Gabriele Barrio, prete secolare della terra di Francica in Calabria Ultra, nacque verso il 1510. Attese a tutto potere agli studj sacri e profani, e si rendè a forza di una continua applicazione così familiare gli autori latini, che divenne senz'avvedersene un perfetto loro esemplare. Il suo genio predominante nulladimeno era per le antichità del suo paese, e impiegò moltissimi anni in viaggi e ricerche tanto in Calabria, quanto in Roma, per venir a capo di formarne compiutamente la corografia e la storia. Ebbe corrispondenza con varj uomini eruditi, che rincontrò nella nominata città, dove trasse la maggior parte dei suoi giorni; e i dotti cardinali Guglielmo Sirleto e Giulio Antonio Santoro l'onorarono d'una particolar amicizia, e patrocinio. Il primo saggio, che vi diede de' suoi talenti, furono le picciole, sensate opere Pro lingua latina lib. III, De eterntate urbis, e De laudibus Italiae, che pose a luce nel 1554; ma intorno a ciò bisogna avvertire l'error del Lipenio, il quale nella Bibl. Real. Philos. t.1 p. 784, dice, che il Barrio in detto anno stampati avesse solamente due libri della prima di coteste operette.

L'applauso, con cui furono quelle ricevute, e lo grande spaccio, che se ne fece in pochissimo tempo, obbligarono i letterati a far istanze all'autore, perchè le mettesse nuovamente alle stampe. In fronte alla seconda edizione delle medesime vi è una lettera a quello scritta fu di tale proposito da Domenico Tramondiano d'Orvieto nel gennajo del 1556; e tralle Clariss. Italor. et German. Epistolae ad Petrum Victorium t.1 avvi la 53, che è del nostro Barrio, in data di Roma del Novembre 1559, in cui sollecita il Vettori alla ristampa del suo libro Pro lingua latina, giacchè esso nel maggio del seguente anno ritrovar si doveva assolutamente in Calabria. Ma siccome siamo al buio dell'esito di codesta edizione disegnata in Firenze, e delle censure fatte al Barrio, conform'egli se ne querela in altra lettera al Tramondiano l.c.; così sappiamo di certom che i mentovati libri piacquero sì grandemente a Roma, che il Senato di quella città ordinò. che si ristampassero a pubbliche spese nel Campidoglio, ed affidonne la cura la Patrizio Virgilio Crescenzi, sotto i di cui auspici ricomparvero nel 1571 in 8°. Il trattato poi De laudibus Italiae fu ristampato dal Grevio nel Thesaur. antiq. Ital. t. par. 1, e dallo Struvio nella Bibl. antiq. t. 1.

Ma l'opera, che è di nostro conto, e per la quale il Barrio faticò con tanto impegno, ed immortalonne il suo nome, è De antiquitate et situ Calabriae lib. V, Roma 1571 in 8°. Della qual'opera egli era così geloso, che non solo ottenne dal Pontefice S. Pio V il divieto, che altri potesse ristampare, ma augurò ancora nel principio del II libro tutti i guai e malanni del mondo a ci la traducesse per ventura nell'italiano idioma. La stampa nulladimanco non gli riuscì troppo esatta, ed ei medesimo riconobbe con rincrescimento moltissimi abbagli nell'opera; ma mentre attendeva a postillarla per farne una nuova e più corretta edizione, fu verso il 1575 rapito importunemente da morte. Il libro dunque, così qual era, venne inserito da Andrea Scotti nell'Italia illustrata, da Pietro Burman nella continuazione del citato Thesaurus del Grevio t. 9 par. 5, e da Domenico Giordano nella Collectio Script. rer. Neap., che incagliò nel I tomo. Mons. Aceti finalmente, siccome abbiam veduto nel suo articolo, unito avendo alle postille dellautore, ritrovate nella Vaticana, alcune sue giunte e note, e le animadversioni fattevi da Sertorio Quattromani, ne fe una bellissima edizione in Roma nel 1737 in f.

Biblioteca vaticanaIl Burman taccia il Barrio non meno di credulitò e di superstizione, che di troppa stizza contra coloro, e quali de Calabris non satis honorifice scripserunt, aut senserunt. E tanto esso, quanto l'Ughelli, il Coleti, Mongitore, Antonini, Pratilli, ed altri l'hanno biasimato di smoderato amore veerso la sua patria, in forza del quale volle arricchirla, non che di parecchi illustri personaggi, ma eziandio di città e contrade intere appartenenti alle convicine provincie. Ciò in fatti è così vero, che gli stessi suoi nazionali non han mancato in varie occasioni di fargliene francamene delle note censorie. Ei pretende, p.e., che il nome di Calabria, il quale era di un tratto di paese della Japigia, fosse stato antichissimo della Brezia o Bruzia; e questo errore vien difeso acremente dall'Aceti. Ma il Can. Morisani nel libro De Protopap, p. 148 n.b. dice con tutta sincerità, che Thomas Aceti, Barrium corrigere potius in hac parte, quam tueri debuisset. Nel lib. 1 cap. 2 trasporta l'antica regione Chonia dalle rive del seno Tarantino al golfo di Squillaci, dov'è Becastro; ma il P. Fiore nella sua Calabr. illustr. p. 216 riprende il cotesto travedimento non meno il Barrio, che il P. Marafioti, il quale seguito l'avea. Nel lib. 2, cap. 4 vuole, che il villaggio di Bonifati sia l'antia Hyela o Elea, che tutto il mondo riconosce in Velia, oggi Castellamare della Bruca, in provincia di Salerno; e tanto fu lungi l'Aceti di correggerne il suo Barrio, che censurò anzi il Goltzio, il quale era stato di contrario parere. Il Quattroman però, uomo di odorato più fino, gli dà giustamente la mentita: Quae affinitas Bonifati cum Hyela? Altri falli topografici vengono notati dall'Antonini in diversi luoghi della sua Lucania, dal Mazzuchelli Scritt. d'It. t. 2. par. 2 p. 720 e da altri. Alcuni infine, gli rinfacciano, che molte delle iscrizioni da lui rappartate sono imperfette, e che leggonsi più complete presso il Gutero, il Gualtieri, il Fabretti, ecc.. Ciò forse avrà dato luogo al Cav. Rogadeo nel Dritt. pubbli. p. 341 di chiamar Barrio uomo alquanto versato nelle cose della sua Calabria, ma sfornito di criterio; il che per altro sembrami detto con molta giustizia, massime che tanto il Baron Antonini, acre censore del Barrio, quanto altri avveduti scrittori l'han tacciato ordinariamente di mala fede. È più forte nulladimeno quel che disse il Pratilli nella Dissertazione De patria divi Thomae Aquin., che trovasi nell'Histo. Princ. Langob. Pellegrini t. 2 (non I, come per errore di stampa leggesi nel nostro art. Amato-Elia).

Ma dalle descritte, e da qualch'altra cosa in fuori, Barrio dev'essere giustamente considerato come lo Strabone e il Plinio delle Calabrie; e sua mercè può dirsi di quella regione quel che fu scritto altre volte della Grecia. nec sine nomine saxum. Il Burman in Praef. gen. t. 9 chiama il libro di cui favelliamo exquisitissimum e l'autore di esso praestantissimus celeberrimae provinciae Calabriae chorographum ... qui singulari plane industria totius Calabriae urbes, pagos, et omnia, quae vel nomine appellantur proprio, loca ita recensuit, et cum antiquorum scriptorum monumentis comparavit, ut dubitem, an ullius regionis exactior descriptio dari possit.

Biblioteca vaticanaPer la medesima ragione vine egli lodato dal Surit "Ad itner. Antonini p. 24 dal Giovana in " Var. Tarent. fort. l. 2 c. 1, da David Clemente per la purezza della lingua latina riportati così da Angiolo Rocca in ibl. vat. e ell'Oservaz. intorno alla bellezza della ling. lat. come dal Fontanini ell'Aminta difeso p. 139 e nell'Eloq. tal. p. 179 e da altri moltissimi. Conctos (a Barrio) libros de antiquitate et situ Calabriae, riaque volumina eruditionis non vulgaris pro lingua latina, quis cultor letterarum ignorat? dice Pietrangiolo Spera De nobil. profess. gramm. p. 542. Apporterò in ultimo luogo un solo tra moltissimi testimoni domestici, e questi è il P. Amato, il quale nel Musoeum litter. p. 33, dipinge il Barrio in geographia doctum, in utraque lingua peritum, in historia comptum, ceteris i scientiis suo aevo plaeclarum. E tanto esso in Var. animadv. presso il Calogerà t. 24 . 336, quanto Angelo Zavarroni Bibl. Calab. p. 113 lo difendono dalle censure del Quattromani; siccome discolpato venne dall'imputazione del Pratillli in una Lettera stampata nel 1751 in 4° sotto il nome di D. Saverio Zavarroni.

Non so ond'abbia avuto origine una certa voce, che ha tentato di spogliare il nostro autore non meno della testè enunciata opera, che dell'altra Se laudibus Italiae. Paolo Emilio Santoro fu il primo a dir nell'Histor. Carnonem. Monastar. p. 14 (Historia monasterii carbonensis ordinis S. Basili, Roma 1601), ma senza recarne ragionevol motivo: Librum de antiquitate et situ Calabriae multi non insulse Gulielmi Card. Sirleti ingenio adscribunt. Costui fu seguito a chius'occhi dal Ciocarelli in Cript. Neap. t. 1, p. 190 et 201, da Gregorio di Laude nella Mirabil. B. Joachim verti. defens. p. 4 da David Abercrombe in Fure Academ. p. 90, dal Colomesio Ital. orient. p. 50, dal Pacichelli Lettere famil. t. 2, p. 244, dal Fontanini in Bibl. Card. Imperialis p. 463, rtc.

Ma altri, come Nicodemi Addiz. al Toppi p. 82 e il P. Amato Pantopol. Calab. p. 194 sospettano all'incontro, che la medesima opera sia del Card. Sirleto; sebbene il primo di esi vi aggiugne il preservativo Platoniano ιττω Ζευσ, il sappia Iddio. Il secondo libro poi ascrivesi senza miglior fondamento dal Grevio l.c. e da altri al med. Card. Sirleto, ma alcuni ne fanno autore il card. Jacopo Sadoleto. V. Bibl. Card. Imperial. p. 47 e Bibl. volante Scanz. 23, pag. 94 ove dicesi, che forse sarebbe ristampato in Verona trall'altre opere di quest'ultimo Cardinale.

Ma il Burman sostiene giudiziosamente contro all'Abercrombe che l'opera intorno alla Calabria sia vero parto del nostro autore, sulla conformità dello stile di essa agli altri libri senza verun contrasto al medesimo attribuiti; ed a questo argomento sonosi iin vero, o il Barrio tolse di soppiatto quest'opera al Sirleto, o al Santoro; e non è credibile, che avendola pubblicata sotto gli occhi de' propri autori, nessuno di questi se n'avvedesse, e non gridasse subito al ladro: o ebbela da' medesimi regalata, ed è un portar troppo all'eroico la virtù di cotesti cardinali, che lasciarono volontariamente corre ad altrui la gloria delle proprie fatiche. Ma il Barrio era assai dovizioso di proprio fondo, e non gli abbisognava di far traffico dell'aliente derrate. La fama in suo discapito potrebbe riferirsi ad alcuna notizia comunicatagli forse o dal Sirleto, da cui nel suo libro De emendatione Breviarii si accenna di aver fatta qualche fatica sulle cose della Calabria; o del Santoro, il quale (che che ne dica il Zavarroni) era ben provveduto di memorie di quella provincia, da che appropriossi tutte le scritture della Chiesa di S. Severina, della quale era Arcivescovo. Ma qualsivoglia notizia somministrata non può certamente far passare qualcheduno ome principal autore di un libro. Nell'opere di compilazione si ha sempre bisogno de' lumi altrui: ciò è avvenuto a moltissimi scrittori, e più di una volta a me.

Il Barrio si vuol autore della Vita del B. Gioacchino, Abate di Flora in Calabria, premessa a' Vaticinj del medesimo, tanto nell'edezione italiana fatta in Venezia nel 1589, quanto nella latina di Roma del 1600 in 4°. Ma il Toppi Bibl. Nap. p. 102 opina, che cotesta opera gli venga falsamente attribuita; e soggiugne, che essendosi errato nel titolo di essa circa il nome patrio del nostro autore, poiché in luogo di Francicano si stamò Fraciscano, abbia indi preso motivo il P. Wadingo in Syllabo script. ord. min. p. 142 di annoverar Barrio fr' Francescani, e di farlo divenir Frate dopo la sua morte. L'istesso abbaglio nulladimeno fu seguito dal Possevino in Appar. sac. t. 2 p. 103, dal P. Gio. da S. Antonio in Bibl. univ. Francisc. t. 2 p. 2, dal Teissier in Catal. auctor. et libr. p. 96 e dal Burman l.c., il quale per altro suppose, che la patria stessa di Barrio si appellasse Francisca. Ma il fatto si è che il medesimo affare incontrossi nel codice delle Lettere a Piero Vettori, pubblicate dal Ch. Can. Angiolo Maria Bandini, Bibliotecario della Medicea e mio distintissimo amico; perchè il Barrio nella su Epistola s'intitola Franciscanus, non già francicanus. Oltre a' mentovati autori fan ricordo del Barrio il Tafuri Scritt, del Regno t. 3 par. 7 p. 564, ed il Mazzuchelli Scritt. d'It. t. 2 par. 1.

(Soria, vol. I pag. 18/357)

Tommaso Aceti nacque in Figline, villaggio appartenente a Cosenza, il 24 ottobre dell'anno 1687. Apprese in quella città le lettere umane e le scienze, e vi fe così pronta riuscita, che alcuni astiosi suoi concittadini gli recarono perciò non lieve disturbo. Asceso quindi al sacerdozio, involossi di soppiatto all'invidia altrui e alla patria, e senza comunicare il suo disegno nè meno ai genitori, che lo piansero come perduto, si condusse in Napoli, ove replicò i suoi studj, e vi aggiunse anche quello delle lingue chiamate dotte, e della geometria.

Biblioteca vaticanaTrasferitosi in Roma verso il 1714, diede ivi nell'Accademia ecclesiasitica così chiari indizj del suo sapere, che fu a capo di pochi mesi eletto Correttore della Stamperia Vaticana, fondata non guari prima da Clemente XI nell'Archiginnasio della Sapienza. Ei durò in questo impiego per lo spazio di oltre a dodici anni, ed attese con impegno all'esatte edizioni di varj riputatissimi libri. I suoi talenti intrattanto, e si suoi costumi gli accrebbero l'amicizia de' letterati di quella città, e gli guadagnarono la protezione non meno del Cardinal Tommaso Ruffo, fautore de' begl'ingegni calabresi, che del cardinal Annibale Albani, il quale gli conferì un Chericato Benefiziale nella Basilica di S. Pietro. Fu parimenti scrittore della Biblioteca Vaticana, e venne aggregato alle Accademie di Cosenza, Montalto e Venezia, ed all'Arcadia col nome di Laraste Enotrio. Volendo finalmente Benedetto XIV riconoscerlo delle sue fatiche, lo promosse a' 7 di settembre del 1744 al Vescovado di Lacedogna, laddove egli visse poco più di cinque anni, compiendo sempre le parti di ottimo pastore, e passo a miglior vita a' 10 d'Aprile del 1749 in etò di 62 anni.

Avendo egli veduto, che l'opera di Gabriele Barrio sulla Calabria era divenuta assai rara, ed era nell'istesso tempo così scorretta, che avea fatto rinnegar la pazienza fino ad Abramo Ortelio, ne intraprese perciò una nuova edizione, e si servì di un codice della Vaticana, postillato e corretto in più luoghi di mano dal medesimo Barrio, cui mentre meditava di ristampar più emendato il suo libro, morte avea troncato il suo lavoro, e la vita. Vi aggiunse inoltre alcune osservazioni critiche, fatte sulla medesima opera da Sertorio Quattromani, che conservavansi MSS nella Biblioteca Angelica di S. Agostino; ed avendola egli stesso accresciuta di sue note storiche, e topografiche; di alcuni prolegomeni intorno ai primi abitatori delle Calabrie; di un Sommario cronologico delle cose ivi occorse dalla venuta di G.C. fino a' suoi tempi, e di un Catalogo degli antichi luoghi, e degli uomini e donne illustri di quella Regione, diella alla luce sotto di questo titolo: In Gabrielis Barrii Francicani de Antiquitate et situ Calabriae libros V, nunc primum ex autographo restitutos, ac per capita distributos Prolegomena, Additionese, et notae. Quibus accesserunt Animadversiones Sertorii Quattrimani, Roma 1737.

Intorno alla qual opera, così favellò il Ch. Co. Mazzucchelli ne' suoi "Scritt. d'Italia tom. 1: Notissimo alla Repubblica letteraria si è il pregio di questa edizione, ed il merito delle fatiche, e delle annotazioni e prolegomeni del Sig. Aceto non fu nota al dotto uomo la promozione del nostro autore). Ma il Marchese Spiriti negli Scritt. cosent. pag. 185 sembra di non farne troppo caso, in dicendo: L'Aceti non tralascia cosa, che in qualunque maniera riguardi la gloria della sua nazione, che è l'oggetto della sua penna. Ma tirato sovente da questa φιλοπατρια sostiene per vero ciò che avrebbe bisogno di maggior pruova, e non si guarda di scendere a riferir minuzie di niun conto, e di rapportar come persone illustri delle due Calabrie uomini di poco merito e di niun nome.

Qualche di lui travedimento inoltre vien notato dal P. Elia d'Amato nelle Varie Animadvers. che trovansi nella Raccolta del P. Calogerà t. 24 p- 366 e 373 dal Barone Antonini nella Lucania pa. 137 e 220 dal canonico Morisani nel Libro De Protopapis p. 148 not. b e dal Sig. D. Carmine Fimiami De Epocha et causa nomini Calab. p. 9 n. Vedi articolo Barrio.

Altre opere di Monsignor Aceti sono un volumetto 'Jerodrammi o sacre poesie, di cui non mi è nota l'edizione; un Ortografia Latina ed italiana, con in fine una Breve notizia delle lettere greche, Roma 1733; ed alcune Note tralle molte, che furono fate alle Vitae Romanorum Ponteficum di Anastasio, dell'edizione vaticana di Monsignor Francesco Bianchini.

Angelo Zavarroni in Bibl. Calab. pag. 194 chiama il nostro Autore virum latine, graece et hebraice doctum; e tra le suo opere inedite lasciò un'Epistola ad Thomam Acetum Episcopum Laquedonien. De vita Vita Francisci Nardò Montaltini, che per la morte del medesimo vescovo con fu data alla luce.


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