L'indomito Saverio alla battaglia campaledi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XII num. 8 del 23/2/2013 |
Rende, 21/2/2013
I Riformisti Italiani vanno alla battaglia da soli, in un clima arrovantato dove si teme l'arrivo del ciclone grillino
"L'obiettivo non non è tanto ottenere una sparuta pattuglia parlamentare, ma creare un forte movimento di opinione per una riforma costituzionale, per ricostruire dalla fondamenta l'Italia" dichiara Saverio Zavettieri, leader del movimento.
Siamo giunti alla fine di questa strana campagna elettorale, come l'ha vissuta un militante di lungo corso ancora sulla breccia?
È stata una brutta campagna elettorale dominata da protagonisti logori della politica, che hanno tentato di recitare per l'ennesima volta il copione del bipolarismo muscolare, ma si sono ritrovati spaesati in un mondo che cambia sotto i loro piedi. I veri protagonisti sono da un lato i grillini e dall'altro i magistrati, che sono ritornati prepotentemente sulla scena come nel 1992.
Il bipolarismo ha una consacrazione istituzionale assicurato dal sistema elettorale.
Dobbiamo chiederci perchè andiamo a votare propria ora, in pieno inverno con i disagi che potrebbero verificarsi dalla condizioni meterelogiche che si preannunciano pessime. Si è deciso di chiudere la legislatura con due mesi di anticipo e senza che il governo Monti sia mai stato sfiduciato per mettere termine alla pantomina sulla legge elettorale, che nessuno voleva cambiare, ma nello stesso tempo nessuno aveva il coraggio di difenderla perchè erano tutti consapevoli che la stragrande maggioranza degli elettori erano contrari al porcellum. Per ragioni diverse, ma coincidenti nel fine, i partiti trovavano molto conveniente il sistema: il PD sicuro di poter ottenere una comoda maggioranza, il PDL rassegnato alla sconfitta ma con la possibilità di portare in Parlamento una agguerrita pattuglia di fedelissimi in grado di trattare e contrattare i provvedimenti più delicati a difesa della cittadella berlusconiana.
Tuttavia almeno vi è la possibilità di ottenere un governo stabile ...
Intanto questo non è assolutamente certo. Potremmo dire che è certo il contrario, perché difficilmente al Senato si avrà una maggioranza definita. Ma anche se ciò dovesse avvenire, sarebbe un grave vulnus alla democrazia, perché se si può accettare un premio di maggioranza che assicuri la governabilità di una partito o coalizione che ottenga un risultato comunque importante e significativo, oltre il 40-45%, noi potremmo consegnare il Paese nelle mani di una forza minoritaria che raggiunga un terzo dei votanti. Questo è un golpe, la dittatura della minoranza che ignora le istanze provenienti da gran parte della società italiana che non trova alcuna rappresentazione parlamentare. Considerato il prevedibile numero degli astenuti significa veramente una esigua minoranza, com'è avvenuto in Sicilia.
Cosa non ha funzionato in questo schema, non pensa che ciascuno ha avuto il proprio tornaconto?
Lo schema bipolare è saltato, come dicevo, intanto per la presenza di terzi e quarti incomodi come Monti da un lato e Grillo dall'altro, che non sono in grado di competere per la leadership, ma non sono del tutto irrilevanti come i micro competitor delle elezioni precedenti e questo rischia di provocare uno tsumani dalle conseguenze imprevedibili. Credo che la situazione che uscirà dalle urne non sarà di molto gradimento a nessuno degli schieramenti in campo perché il vero rischio è quello di un equilibrio molto precario, perché nessuno riuscirà a ottenere una chiara maggioranza. Il PD potrebbe ritrovarsi in una condizione peggiore di quella di Prodi nel 2006, senza la possibilità di poter fare affidamento sulla stampella montiana che non è riuscito a sfondare nell'elettorato. Per usare uno slogan abusato, oggi sembra prevalere la protesta sulla proposta e i tanti che si affannano a offrire una politica del fare sono sommersi dall'utopia di un mondo diverso. In un momento di crisi l'immaginifico prevale sul reale. Bisogna però ricordare che la presenza di Grillo ha avuto una funzione di ammortizzatore della protesta, ha intercettato il disagio è lo ha incanalato in una forma di partecipazione, evitando la deriva greca.
Questo è uno scenario un po' apocalittico ...
Vi sarà un governo di transizione con una grande coalizione che non riuscirà ad affrontare i grandi nodi del paese perché a fronte di una maggioranza più o meno ampia prevarrano i veti incrociati che porteranno alla paralisi, com'è successo al governo Monti che di fatto è riuscito solo a scalfire la superficie dei problemi. La presenza del folto gruppo grillino porterà una nota di folcklore, ma è molto difficile che possa tradursi in una forte spinta riformista. La vera partita si giocherà dopo qualche mese quando saremo costretti a ritornare alle urne e in questo caso è ineludibile affrontare il nodo dell'equilibrio istituzionale. Senza una vera riforma dello stato non si esce da questo momento di instabilità e la proposta di una assemblea costituente è la sola e vera alternativa a un insieme incoerente di modifiche che rischiano di minare alla base le istituzioni senza dare una vera soluzione ai problemi che sono sul tappeto. Abbiamo bisogno di un intervento sistemico e come Riformisti Italiani siamo gli unici a muoverci coerentemente su questo terreno.
Il problema più serio è quello economico, con tante famiglie che stanno cadendo sotto la soglia della sopravvivenza, le mese della Charitas sono sempre più affollate ...
I problemi economici devono essere la principale preoccupazione di qualsiasi forza politica in questo momento, ma senza un intervento strutturale non potremo mai uscire da questo tunnel. La spending review può certamente far recuperare qualche risorsa con la contrazione delle spese, ma qui occorre incidere profondamente nella struttura dello Stato con il riordino del potere locale: dobbiamo eliminare gli sprechi di un federalismo mal realizzato e mal interpretato, accentrare nello Stato le funzioni più importanti come la Sanità, eliminare gli enti inutili, accorpare i comuni. Una riforma epocale che incida sul sistema del debito. Se consideriamo la storia della sua formazione, ci accorgiamo che la metà è stato creato nei primi quarant'anni di questo lungo dopoguerra e ha consentito la creazione di un rilevante patrimonio pubblico e la costruzione di un avanzato sistema di welfare. L'altra metà è frutto della politica inconcludente degli ultimi vent'anni, gli anni in cui i governi che si sono succeduti hanno dilapidato una parte consistente di quel patrimonio accumulato, hanno smantellato il sistema del welfare e ci hanno condotto in una crisi senza via di uscita.
Quale ruolo ha la magistratura in questo contesto.
Come dicevo all'inizio come nel passato cercano di inserirsi nel gioco politico e assumere un ruolo di supplenza. Nel 1992 hanno tentato di spigere la gioiosa macchina di guerra di Occhetto e oggi tentato di spingere ancora una volta per arrivare a una posizione dominante attraverso il cuneo della sinistra. Si muovono come un potere incontrollato e incontrollabile, utilizzando in maniera spregiudicata l'enorme potere di cui dispongono. Oggi si sono trasformati in partito e tentato la scalata diretta al potere, utilizzando la popolarità raggiunta con l'uso spregiudicato delle inchieste. Nessuno sembra ricordare che vi è stato un pronunciamento refendario sulla responsabilità civile dei giudici che ha avuto un consenso bulgaro ed è stato vanificato da una legislazione che ha tradito lo spirito e la sostanza di quel referendum. Vi è una concentrazione di provvedimenti proprio in questo momento elettorale che hanno provocato sconcerto nell'opinione pubblica, ed hanno colpito in maniera discriminata tutti gli schieramenti finendo per ingenerare l'impressione che solo l'azione della magistratura potrà dare una risposta al dilagare del malaffare nel nostro paese. Ma la soluzione dei problemi economico-sociali non può essere ricercata nelle aule giudiziarie.
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