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Mezzoeuro

La Calabria una regione unitaria nella diversità

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 8 del 23/2/2013


Rende, 19/2/2013


Un nome importato

L'antica Calabria denotava la penisola salentina fino a quando non fu conquistata dai longobardi nel IX secolo. I Bizantini piuttosto che riconoscere la perdita di quella importante provincia ne trasferirono il nome alla terra dei Brutii.

Ma dove abita chi abita in Calabria? Potrebbe sembrare una domanda senza senso, lapalissiana che provoca una risposta ovvia: in Calabria. La regione ha dei confini naturali, circondata com'è dal mare da tre lati e con il massiccio del Pollino che la separa dal resto della penisola italiana. Una regione che ha provocato amori esagerati che si sono tradotti in elogi sperticati. Ecco come ad esempio si esprime il Marafioti in : “Onde per dar principio all'opera, sia di mestiero sapere, che è la Calabria una delle più belle provintie, quali fossero in tutta Europa, cinta nel sinistro lato dal mare d'Occidente, e nel destro dal mare d'Oriente, congionta a due provintie principalissime del regno di Napoli, cioè Basilicata, et anticamente Puglia, e da rimpetto verso il mezzogiorno ha l'isola di Sicilia, qual'è divisa dalla Calabria, per un canale di mare, detto il Faro, dove si congionge il mare d'Occidente col mare d'Oriente, e l'istesso Faro, è quello che fa cingere la Calabria da dui mari”. Tuttavia, chi tentasse di ricercare notizie della regione nei testi classici, come ad esempio tentare di ricostruire l'itinerario di Ulisse al sua ritorno dalla guerra di Troia, e identificare i luoghi della regione toccati dall'eroe omerico si troverebbe in serie difficoltà.

Capo Colonna CrotoneGabriele Barrio che fu il primo a dedicare un intero libro alla regione si dilunga per più capitoli per elencare i vari nomi che ha avuto nel corso dei secoli e le vicende che hanno portato tante volte a cambiarlo. E se la prende molto alla lontana. “La Calabria è, naturalmente la più antica di tutte le regioni d'Italia”, scrive il Barrio, “abitata fin dal diluvio, da Aschenaz, o Aschenez, o Ascenez, pronipote di Noè. Infatti, dopo il diluvio universale, avendo Gomer, primo dei figli di Jafet, figlio di Noè, fatto stabilire i Galati in Asia, mandò il figlio maggiore Aschenaz in Italia perché vi abitasse e diffondesse il genere umano. Navigando con la sua famiglia dall'Asia, essendo giunto lì dove ora sorge Reggio, e perché per primo si era offerto, e perché preso dall'amenità del luogo .. vi pose la prima dimora e fondò una città, che dal suo nome chiamò Aschenaz e Achenazei i suoi abitanti. … I Greci chiamaro Reggini gli Ascheni”. Una ricostruzione molto fantasiosa che si ritrova in tante altre leggende legate a miti greci e leggende sugli eroi omerici che sono venuti a colonizzare la regione.

“La Calabria fu indicata con vari nomi”, prosegue Barrio, “infatti, dapprima detta dagli abitanti greci e dai confinanti Auxonia, dal verbo greco auxo, cioè augeo, far crescere, perché ivi sempre l'abbondanza di ogni cosa è accresciuta; fu detta anche dai Greci di levante Esperia, poiché sottoposta ad Espero, cioè al tramonto. Quindi fu detta Enotria, dall'arcade Enotro, di poi Italia, da Italo della stirpe di Enotro, nato e regnante in Calabria. … Una parte dell'Enotria fu detta Peucezia da Peucezio, fratello di Enotro”. Interessante è il percorso del termine Italia che oggi denota l'intera penisola, secondo la ricostruzione fantasiosa di Gabriele Barrio che precisa quanto aveva affermato qualche riga prima.

“Durante l'età di Ercole, o poco prima, la Calabria fu detta Italia da un tale Italo, della stirpe di Enotro, re di quella regione, o, secondo altri, dai buoi. Di qui fu detta Morgete, figlio di Italo. Successivamente la parte vicino a Reggio fu detta Sicilia. La parte intorno a Petelia e Crotone fu chiamata Chonia e Japigia e Salentia. I greci, dall'abbondanza e bontà dei prodotti la chiamarono Calabria, come gli antichi Auxena; quindi Magna Grecia dalle grandi città o dal veramente grande numero di eruditi di ogni genere di scienza. In ultimo, una zona intorno a Sibari fu detta Lucania, poiché la occupavano i Lucani”.

“Poi col passare del tempo, una piccola parte della Calabria, volta ad occidente e settentrione, fu detta Brettia; in ultimo, come Plinio tramanda, una minima parte di essa, intorno a Turii, fu detta Lucania. Questi lucani, come alcuni vogliono, in seguito furono detti Brettii”.

Fin qui il Barrio, che non dà alcuna spiegazione del perché alla fine di tutti questi cambiamenti la regione ha preso il nome attuale.

La spiegazione generalmente accettata per tutto il Medioevo è legata alla sua feracità del suolo.

Leandro Alberti nella sua Descrittione di tutta Italia (1550) così scrive.

Ponte di Annibale - Scigliano Via Popilia“Per avventura potrebbe esser stato nominato questo paese de' Brutii, con parte della Magna Grecia (come ho scritto) Calabria, dalla grand'abbondanza delle buone e necessarie cose, per il vivere de' mortali, che produce. Imperochè calos in greco, in latino significa buono; et rheo, fluo, overo Bryo, che vuol dire emanare, o scaturire, come dicessimo, che quivi nascono, e scaturiscono tutt'i beni. Il che conferma Pietro Razzano. In vero in questo fertilissimo Paese, anzi felice, nascono quasi tutte le cose, non solamente necessarie, per il vivere de' mortali, ma etiandio per le delizie, e piaceri d'essi: E perché ho detto, comprendersi sotto il nome di Calabria ne' tempi moderni, parte della Magna Grecia, voglio addunque descrivere le lodi di detto Paese, quanto però appartiene a quello si contiene sotto detto nome. Egli è questo Paese quasi tutto pieno di monti, e di belli e fruttiferi colli, e di vaghe valli. Quindi si cava grano, orzo, et altre biade, con vino d'ogni condizione, cioè austero, e d'altre maniere: oglio, fichi, et altre saporite frutte. Zucchero, mele, cera, sale di miniera, e d'acqua marina; oro, argento, lino, bambaggio, e zaffrana, con altre simili cose. Etiamdio se ne trae tanta seta, che si cava dal resto d'Italia (sono comparativamente) la si possa ragguagliare ad essa. Quivi nasce il lino, canape, e dal cielo casca la manna; cosa veramente rara. Veggonsi appresso il sito di ciascuno di detti mari, e similmente ne' Mediterranei, belli giardini pieni di cetroni, aranci, e limoni di più sorte. Ritrovansi utili fiumi; dilettevoli colli dell'Appennino, e folti boschi di altissime ilici. Non vi mancano le fertili valli, producevoli di frumenti, e d'altre biade, come dissi”.

Neanche Leandro Alberti, fornisce una spiegazione convincente.

Il “Compendium of ancient geography” (vol. 1, pag. 175) di Monsieur Jean Baptiste Bourguignon d'Anville nella traduzione di John Horsley fornisce notizie più convincenti, sebbene ancora non sufficienti a risolvere la questione. In primo luogo, la Calabria antica è ben lontana da quella attuale, poiché denotava la penisola salentina fino a Bari e Taranto, comprendendovi gran parte della Lucania.

“Secondo la suddivisione augustea, l'Italia era divisa in undici regioni, la seconda delle quali era costituita dal Sannio, che includeva gli Irpini, e si estendeva fino all'Apulia e l'antica Calabria, fino al promontorio della Iapigia. La terza regione comprendeva la Lucania e il paese dei Bruzi”, scrive il D'Anville.

“La Iapigia, tra gli scrittori greci, non è compresa entro gli stessi confini della Messapia; si estende all'altra parte chiamata Apulia. Questa area nello stesso tempo è il paese degli antichi Calabri, lontano da quello che in epoca posteriore prese il nome di Calabria. I Salentini sembrano essere un altro popolo che abitava l'antica Calabria. Tarentum, o Taras secondo i greci, è Taranto, che venne occupata dai Lacedemoni, e costituì il pretesto della venuta di Pirro in Italia …

Sulle rive di questo golfo, Metapontum, dove Pitagora insegnava la sua dottrina, Heraclea e Sybaris, hanno lasciato poche o nessuna traccia: la prima era vicina a Tarentum, la seconda tra i due fiumi Aciris e Siris, e la terza tra un fiume che aveva lo stesso nome della città e un altro chiamato Crathis. I Sibariti erano un popolo molto condannato per la licenziosità dei suoi modi: è la loro città fu distrutta dai Crotoniati, altri greci, tra i quali vi era Erodoto lo storico, e successivamente fu ricostruito prendendo il nome di Thurii, che mantenne fino a quando non scomparve.

Quella che oggi è chiamata Calabria, a sud dell'antica Lucania, era occupata dai Brutii. Il Crathis e il Noethus, oggi Crati e Neto, erano i fiumi principali. Una vasta foresta, che produceva trementina, era chiamata Brutia Sila; e negli Appennini permane ancora il nome Sila. La localizzazione della città che portava il nome di Pandosia, non è è stata ancora trovata; ma Roscianum e Consentia sono in tutta evidenza Rossano e Cosenza. Petilia, costruita da Filottete dopo il suo ritorno dalla guerra di Troia, ha preso il nome di Strongoli. Croton, che era una grande città, ha preso il nome di Crotone. Il vicino promontorio dove termina il Golfo di Taranto, chiamato Lacinum, è chiamato Cabo della Colonna (Capo Colonna), dalle rovine di un tempio di Giunone che sono ancora presenti. Ci soffermiamo su alcuni scogli che si trovano al largo di questo capo, perché tra gli altri nomi co' i quali sono conosciuti nell'antichità appare quello di Isola di Calypso. Da un lato della parte più stretta del continente tra i due golfi, Scylacium si trasforma in Squillace; e sull'altro versante Hipponium, che portava anche il nome di Vibo, si ritrova in quello di Bivona, Troepea e Nicotera sono rimasti letteralmente gli stessi”.

Quello che risulta ancora oscuro e il D'Anville non spiega è la ragione per cui il nome di Calabria si trasferisce dalla penisola salentina al territorio attuale.

Nicola Leoni (Della Magna Grecia e delle Tre Calabrie, ricerche etnografiche, etimologiche, topografiche, politiche, morali, biografiche, letterarie gnomologiche, numismatiche, statistiche, itinerarie, Napoli, 1844) fornisce una possibile chiave di lettura, che trova numerose conferme negli storici bizantini.

“E omai è tempo”, scrive il Leoni, “chè ben ci siam dilungati, determinar quando la prima volta si udì sotto il bruzio cielo il nome di Calabria, e diffinirlo. Rotti, e dati in fuga i suoi eserciti da Grimoaldo quando Costanzo imperator dell'Oriente venne in Benevento, si perderono da lui in egual tempo, Gallipoli infuori, ed Otranto, tutti i luoghi dell'antica Calabria mediterranea, e marittima, Taranto, Brindisi, Otranto, Gallipoli fino a Bari. E potea non dolersi l'imperator di Oriente, che dalla lunga seguela de' suoi titoli fosse cancellato quello di Calabria? Eppure non in tutto ne avea perduto l'impero, rimanea ancor Gallipoli e Otranto. Da ciò volendo ancor ritener questo antico titolo, lo trasportò sotto il bruzio cielo. Ma Taranto sede dei Pretori dell'antica Calabria caduta sotto il dominio del ducato di Benevento, i Greci trasportando questa sede a Reggio, avvenne che al Bruzio fu donata la denominazione di Calabria, che si estese poscia ancor nella Lucania. I Longobardi non meno appellarono Calabria tutti que' luoghi, cui distendeano il dominio nel Bruzio, que' che da Taranto sino a Brindisi aveano tolti a' Greci nell'antica Calabria denominarono Puglia.

E donde tale denominazione? Tutto è pieno d'incertezza; né io saprei piegarmi ad ipotesi mal sicure, e sempre contraddette. Intanto altri ne vede l'etimologia nel greco idioma, da καλοσ, bello-buono, e Βρυω, scorrere, dall'ubertosità di ogni cosa necessaria alla vita. Mazzocchi la deriva da Calab, e Calba, cui da il significato di pece, e di resina, ciò da' boschi bruzi, ne' quali si fabbricava sì l'una, che l'altra. Altri rigettando questa etimologia danno all'ebreo caleb il significato di latte, a ragione degli ottimi pascoli, e de' numerosi armenti, di che sono ubertose le nostre contrade”.

Secondo quanto asserisce Nicola Leoni, l'attuale nome della Calabria è frutto di un bizantismo prodotto dalla vanità dell'Imperatore d'Oriente di mantenere il titolo di Re di Calabria, anche quando aveva ormai perso quella regione perché occupata dai Longobardi.

L'uso del plurale Calabrie nasce dalla necessità di includere nello stesso termine tanto la Calabria settentrionale (Terra d'Otranto) che la regione Bruzia. Un plurale nato per caso che però esprimeva molto bene le diversità di una regione ben definita da un punto di vista geografico, per i suoi confini naturali, ma che presentava una grande diseguaglianza storico-linguistica e economico-sociale.

La genialità di Gabriele Barrio è riuscita a dare unitarietà a una regione che è una somma di tante diversità.


Regioni Augustee II e III

La Calabria al tempo dei romani (da Wikipedia)

La regio II è denominata Apulia et Calabria si estendeva dai muntibus Calabri (l'attuale zona che comprende Murgia, Valle d'Itria e Salento) e al territorio dei Daunii e Peucetii unito col nome di Apulia. La regione comprendeva anche il Sannio irpino (Hirpinia).

La Regio III Lucania et Bruttii, la terza delle Regioni dell'Italia augustea, confinava ad est ed a nord con la Regio II Apulia et Calabria, a nord-ovest con la Regio I Latium et Campania, mentre a sud era racchiusa tra Mar Ionio e Tirreno e si spingeva fino al Fretum Siculum (lo stretto di Messina).

Geograficamente, il confine orientale era individuato nel corso del fiume Bradano (l'antico Bradanus) che scorre poco ad ovest dell'odierna Matera (Mateola), quello nord-occidentale dal corso inferiore del Sele (Silarus).

La Regio III comprendeva quindi tutta l'attuale Calabria abitata dai Bruttii e dai Greci, l'odierna Basilicata con l'esclusione del Melfese che era sannita e della Valle del Bradano che apparteneva all'Apulia, tutto il Cilento ed il Vallo di Diano nella provincia di Salerno meridionale, tutte queste zone erano abitate dai Lucani. Sulla sponda tirrenica il confine territoriale tra le due popolazioni era segnato dal fiume Lao (Laus) e dallo spartiacque del Pollino. Non si hanno informazioni certe per il versante ionico, ma è probabile che doveva trovarsi tra le vecchie colonie greche di Metaponto a nord, e di Sibari a sud. Entrambe le popolazioni erano di ceppo Osco.


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