OP

Mezzoeuro

Lega Nord e 'Ndrangheta a Nicosia

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 12 del 23/3/2013


Rende, 20/3/2013


Intrecci pericolosi sulle spiagge cipriote

Colazione a Limassol

La strana crisi di una piccola isola mediterranea che fa tremare l'euro. Incontro tra due religioni e due civiltà, ma anche degli affari criminali e dei politici corrotti. Nello stato di confusione in cui è piombato il paese per lo strano risultato elettorale, si è persa memoria di Francesco Belsito e degli investimenti leghisti nell'isola. Un filone della saga del Circo Magico che meriterebbe una maggiore attenzione.

La costruzione della macroregione centro-europea è iniziata qualche anno fa a Limassol. Sembra proprio che la Lega Nord porti sfiga. Dopo aver messo in ginocchio un paese come l'Italia lasciandola con il culo per terra, nel suo poliedrico esercizio di internazionalizzazione è riuscita ad esportare il suo influsso mefitico, come portatore infetto di un terribile germe che rischia di trasformarsi in una pandemia a diffusione planetaria. Dopo l'Italia ecco Cipro, e si spera che lo stesso non debba estendersi anche alla Tanzania, che sembra godere di uno stato di grazia in questo momento.

Il buon Roberto Maroni, oggi tronfio governatore lombardo, da ottimo ministro degli Interni, che ha combattuto epiche battaglie contro la 'ndrangheta, non aveva avuto alcun sentore che il nemico gli era entrato in casa e gli stava rubando le mutande nel comò di casa sua.

Quando nel marzo del 2010 Roberto Saviano nel suo primo monologo a "Vieni via con me" di Fabio Fazio aveva denunciato l'infiltrazione della 'ndrangheta nel Nord, l'ineffabile Ministro aveva preteso un immediato intervento di rettifica, concessogli la settimana successiva. Il titolone della prima pagina de “Il Giornale” del 23 marzo urlava: A Vieni via con me Maroni zittisce Saviano: "Parole offensive, noi arrestiamo i superlatitanti". "La sua affermazione è ingiusta e offensiva per chi da sempre contrasta l'illegalità”, dichiarava Roberto Maroni.

Mai dichiarazione fu più improvvida. Solo qualche mese dopo il suo partito fu investito di uno tsunami giudiziario che mise a nudo una realtà allucinante. Nello sforzo di combattere i superlatitanti, si era dimenticato che anche gli incensurati possono combinare qualche guaio. Inconsapevolmente la sua Lega aveva perduto il suo carattere celodurista e si è ritrovata sodomizzata dalla 'ndrangheta reggina, che aveva avuto la luminosa idea di utilizzare proprio quello che doveva a rigore essere il suo principale avversario nella lavanderia finanziaria dell'organizzazione. Tra i canali utilizzati vi era quello cipriota. Una sorpresa per chi non ha molta dimestichezza con questi giochini finanziari che stanno distruggendo la nostra vita.

La grande fortuna del grande Roberto, è stata che nel corso di questa campagna elettorale, la Lega è stata data per morta, e non costituiva più un interessante argomento di discussione. Questo gli ha consentito di far dimenticare non solo il brutto affaire della contaminazione criminogena, ma ha potuto scansare imbarazzanti approfondimenti su vecchie vicende prodromiche a quelle. Fatti e circostanze che mettevano in luce il suo vero carattere e preannunciavano i disastri successivi.

Prima di tentare una breve analisi del caso cipriota, è illuminante accendere una fioca luce su tutti questi inquietanti precedenti finanziari della Lega, poiché danno una chiara indicazione della sua capacità di governo. Non si può dimenticare il piccolo particolare che essa ha avuto un ruolo fondamentale nella determinazione dell'agenda politica nazionale.

È ridicolo pensare che la 'ndrangheta aveva ben chiaro quale fosse il ruolo di Cipro nel decidere la diversificazione dei propri investimenti e la destinazione dei suoi capitali, mentre una delle forze di governo più importanti non aveva alcun sentore di quanto succedeva nell'isola. Nella declinazione della politica europea dei leghisti si è sentito di tutto, dai rutti bossiani, alle invettive di Boso, ma mai che qualcuno abbia fatto cenno alla necessità di una regolamentazione bancaria più incisiva, di porre un argine alla speculazione finanziaria, di un controllo della circolazione monetaria per combattere la grande criminalità organizzata.

Il piccolo particolare è che ha avuto la responsabilità del governo di uno degli Stati fondatori dell'Unione Europea, che era legittimato a porre la questione nell'agenda europea e tentare un approccio per combattere la crisi un po' diversa dalla decurtazione degli stipendi e delle pensioni di coloro che vivono a reddito fisso. Il divo Giulio che in occasione delle ultime elezioni ha sciolto definitivamente il nodo della sua appartenenza, è stato il facitore della nostra politica economica e finanziaria, ha dimostrato di possedere una grande capacità analitica ex post, mentre nella concreta azione di governo ha sempre operato in direzione completamente opposta ai principi predicati nei suoi testi sacri. Il bravo Maroni da ministro della giustizia non ha mai sentito la necessità di servirsi di invocare strumenti efficaci per debellare la speculazione finanziaria e impedire alla grande criminalità di trovare canali di investimento dei proventi illecitamente accumulati.

Qualche lustro fa, i grandi capi leghisti si avventurarono nella costruzione del favoloso Villaggio “Rezidencija Skipper” ad Umago in Croazia, che fu subito soprannominato «il paradiso di Bossi», un investimento di 10 miliardi di lire che finì miseramente perché la Ceit, la società che raccoglieva i soldi dei possibili acquirenti fallì mettendo a nudo una situazione sconcertante di incroci societari, soldi scomparsi risoltosi in condanne e patteggiamenti dei vari protagonisti di quella edificante vicenda, e l'intervento salvifico del benefattore Silvio, che impedì che la farsa si trasformasse in tragedia politica ottenendo in cambio una solida e inossidabile patto di acciaio per il governo del Paese.

Altra storia molto edificante della finanza leghista è quella della Banca Credieuronord, un vicenda finita nelle aule dei tribunali che ha visto coinvolti tanti personaggi influenti della seconda repubblica, e un tentativo di salvataggio da parte della Banca Popolare di Lodi di Fiorani, uno dei golden boys dei furbetti del quartierino. Alla fine tutto è stato coperto da investimento politico che ha creato l'asse di ferro con il PdL del Capo Supremo di questa lunga stagione politica dura a morire. “Secondo Rosanna Sapori, ex consigliere comunale leghista e giornalista di Radio Padania Libera, in cambio del salvataggio del Credieuronord da parte di Gianpiero Fiorani, Silvio Berlusconi avrebbe ottenuto la proprietà legale del simbolo del Sole delle Alpi”, come si può leggere su Wikipedia. Affari e politica sono stato un perfetto binomio che ha governato l'equilibrio della seconda Repubblica berlusconiana.

Non può certo sorprendere, quindi, la decisione del tesoriere leghista di investire a Cipro una parte del patrimonio del partito accumulato con i ricchi rimborsi elettorali, con l'acquisto di quote della “Krispa Enterprise ltd” di Larnaca per 1,2 milioni di euro, e altri quattro milioni e mezzo di euro investiti in titoli di stato della Tanzania.

Ma perché proprio a Cipro, e perché questo piccolo Stato è un fonte di preoccupazione tanto da far temere una implosione dell'Unione monetaria?

La risposta va trovata nei paradossi dell'Unione, nella incapacità (o mancata volontà) di gestire delle situazioni di frontiera, nell'equilibrismo tra una politica di rigore etico-morale e politico-sociale e di tolleranza per comportamenti che creano vantaggi diffusi e generalizzati.

L'isola è divisa in due etnie, quella cipriota e quella turca, che convivono divisi su tutto. Da un punto di vista finanziario era un paradiso fiscale nel cuore del Mediterraneo, dove affluivano capitali da ogni parte del mondo, ma soprattutto dall'Europa e dal “continente” ex-sovietivo, con una piccola tassazione (inferiore al 4%) pagata molto volentieri dagli investitori in cambio di una assoluto anonimato e la protezione del tesoro affidato alle banche dell'isola. Questo consentiva un alto tenore di vita ai ciprioti senza alcuna necessità di doversi prendere il fastidio di qualche impiego di nessun tipo. Una economia drogata con un tasso di crescita stratosferico legato unicamente all'afflusso di capitali. Leciti? Pecunia non olet, avrebbe risposto Vespasiano. E tanti sono ancora i Vespasiani tuttora esistenti nel mondo.

Il referendum ebbe un esito dicotomico: i ciprioti greci dicono sì a grande maggioranza, i turchi dicono no. La conseguenza salomonica fu che Cipro entra a metà nell'Unione anche monetaria. L'entrata in circolazione dell'euro nell'isola genera un effetto di esplosione degli “investimenti” esteri che possono contare non solo sul regime fiscale favorevole, sulla legislazione bancaria permissiva e in più sulla garanzia di una moneta stabile e che funge da mezzo di pagamento internazionale. La classica quadra bossiana: l'isola diventa un paradiso fiscale superprotetto.

Tra le regole di ingaggio all'Unione naturalmente viene richiesto al governo cipriota di adeguare la sua legislazione finanziaria allo standard europea, senza una esplicita imposizione di abbandonare il suo status di paradiso fiscale.

Questo ha portato al recepimento della normativa fiscale europea, e alla firma di 32 convenzioni bilaterali sulla doppia tassazione. Tuttavia, l'economia dell'isola era legata esclusivamente agli investimenti finanziari internazionali, in particolare dei magnati russi. Per un accordo non scritto, si è tollerato che nell'isola fosse possibile la costituzione di società anonime che avevano lo scopo di interrompere la tracciabilità delle transazioni finanziarie. Si era ricreata per altra via, la possibilità di mantenere la sua natura de facto di paradiso fiscale e finanziario.

La strada principale di Nicosia è Makarius Avenue che pullula di banche, società finanziarie, studi di consulenza, tra le quali spicca la Deloitte e Ernst & Young, alcune con banner sul sito dell'Istituto del Commercio Estero del nostro Ministero. Nel 2010 il divo Giulio ha depennato Cipro dalla “black list” dei paesi fiscali, equiparandola a qualsiasi altro Stato europeo, con il paradosso che a Cipro si è reso possibile l'impossibile: effettuare sotto il mantello della legislazione europea operazioni illegali, frutto di attività criminali.

Una situazione molto comoda: un piede dentro e un altro fuori, mezza isola in Europa e l'altra metà nell'altro mondo, una moneta forte e un sistema monetario aperto al mondo e senza controllo. Un sistema che ha prodotto un boom economico e una euforia monetaria, poiché tutto sembrava possibile nell'isola del tesoro.

Un professionista molto noto agli inquirenti che si sono occupati della vicenda leghista è Paolo Scala, un faccendiere milanese che operava per conto dell’ex tesoriere leghista Francesco Belsito . Secondo quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Reggio Calabria, opera per conto di numerosi professionisti reggini, poiché era «abilitato a operare su mercati esteri, specializzato nella gestione di articolate operazioni finanziarie portate a termine in territorio cipriota».

L'attuale crisi cipriota nasce dalla svolta teutonica della politica di Bruxelles con l'applicazione del rigor mortis alle economie mediterranee. Nella furia iconoclasta di voler interrompere questo circolo vizioso ha imposto delle misure drastiche, ivi compreso un prelievo forzoso dei conti correnti bancari. L'intento non dichiarato era quello di colpire con una modesta tassa i capitali illeciti affluiti nell'isola, quale prezzo della loro “legalizzazione”. Una misura eccezionale per fronteggiare un caso eccezionale, che è stata gestita maldestramente da parte del governo cipriota. Nell'estenderne l'applicazione anche alle piccole somme dei risparmiatori ha creato il panico, ingenerando la paura che questo comportamento potesse diventare uno strumento comune di intervento nella gestione delle crisi.

Non è escluso, anzi andreottianamente si deve supporre che questa sia l'ipotesi più probabile, che il governo cipriota abbia voluto artatamente creare il panico tra i risparmiatori per costringere la Commissione europea di rivedere la sua decisione e costringerla a rinegoziare l'intero pacchetto di misure imposte all'isola per una completa europeizzazione finanziaria. Non è tanto la modesta tassa a preoccupare né il governo, né i magnati russi, ma la prospettiva di perdere il suo status di paradiso fiscale, con la conseguente fuga dei capitali. Il governo cipriota, e tutta la popolazione dell'isola, è perfettamente consapevole che questo impone una completa rivisitazione dell'intero sistema economico con la reinvenzione di una economia reale che fino a questo momento era un elemento secondario.

Le misure imposte dalla troika finanziaria (UE, BCE e Fondo Monetario) non prevede alcuna misura di rilancio dell'economia. In conseguenza di ciò, il risanamento si tradurrebbe in un disastro sociale, con la popolazione dell'isola ridotta a un esercito di disoccupati senza alcun mezzo di sostentamento.

Il lavoro un fastidioso sistema per vincere la noia, ma senza alcuna implicazione sociale ed economica poiché la ricchezza finanziaria consentiva a tutti un alto tenore di vita senza chiedere nulla in cambio. Questo è anche il motivo per cui, dopo un attimo di disorientamento dei mercati poiché gli operatori non avevano ben chiari ancora i motivi della crisi, il pericolo cipriota è scomparso. Gli stessi magnati russi non sono interessati all'esito della controversia, considerato che il sacrificio loro richiesto non è molto oneroso e possono trovare immediatamente una soluzione per i loro capitali, poiché i paradisi fiscali sono numerosi e ben protetti in varie parti del mondo. Non sarà certo qualche ora di aereo in più per le rare volte che possa essere necessaria una presenza fisica dei titolari, abituati a operare con fiduciari e alle traversate transoceaniche.

I grandi investitori internazionali sanno perfettamente che i valori coinvolti non sono tali da poter mettere a repentaglio il sistema finanziario internazionale e scontato qualche convulsione dei mercati fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio necessario dopo il ricollocamento dei valori finanziari.

La 'ndrangheta ha mostrato di avere una strabiliante capacità di lettura della evoluzione dei mercati e riesce ad operare nell'ottica di uno scenario globale, riuscendo a cogliere perfettamente e in anticipo rispetto al potere politico. La scelta della via cipriota non era del tutto casuale, ma aveva delle solidi ragioni economiche e finanziarie. Tutto questo non era palese ai grandi soloni leghisti che si sono visti i finanziari in casa ad indagare sui loro soldi senza che si fossero resi conto di quanto gli stava succedendo. Erano troppo occupati a individuare chi si era permesso di ristruttura la villa del loro capo, a sua insaputa. Delinquenti!

Ad onor del vero, un anno e mezzo di governo tecnico non ha percepito l'esistenza di questa macroscopica anomalia: si è trovato molto più comodo e facile operare “draculiane” manovre sanguisuga sui piccoli risparmiatori, dipendenti e pensionati piuttosto che occuparsi della speculazione finanziaria internazionale.


Articolo in pdf


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.