OP

Mezzoeuro

Pasquale Galluppi: la forza delle parole

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 12 del 23/3/2013


Rende, 20/2/2013


Poi viv

Pasquale Galluppi è un filosofo nato a Tropea dove le è stato intitolato il liceo classico cittadino. Nonostante oggi sia quasi dimenticato al di fuori della sua città natale, è stato uno dei più noti e apprezzati uomini di cultura dell'Ottocento, con una copiosa produzione libraria, in particolare il “Saggio filosofico sulla critica della conoscenza” e la “Filosofia della volontà”, che sono considerate le sue opere principali. Gli sono stati dedicati anche il Convitto nazionale ed il Liceo Classico di Catanzaro.

A Tropea è attivo un Centro Studi Galluppiani, che si dedica alla conservazione della sua memoria, riproponendo la stampa delle sue opere, lo stimolo a studi e ricerche sulla sua figura, le opere, e l'analisi delle sue teorie filosofiche, sui quali ogni anno si organizza un convegno internazionale in cui sono invitati importanti studiosi provenienti da ogni parte del mondo.

Pasquale GalluppiEgli nasce da una importante famiglia tropeana. I suoi genitori, Vincenzo, barone di Cirella e Lucrezia, sono cugini e portano lo stesso cognome, ma con una condizione economica non molto brillante, perché il patrimonio familiare era molto scemato per le dissipazioni conseguenti a uno stile di vita eccessivamente oneroso.

La madre apparteneva al ramo siciliano dei Galluppi, che aveva a Santa Lucia del Mela vicino a Messina dove conservava degli interessi agraria, che non producevano una significativa rendita.

Per le ristrettezze economiche fu rinchiuso in seminario per ricevere una preparazione adeguata e avviarsi alla professione dell'avvocatura.

A Caria, una frazione del comune di Drapia (VV), vi sono ancora i ruderi della residenza della sua numerosa famiglia, un vero e proprio castello situato in un vasto tenimento.

Nato nel 1770 fu uno studioso molto precoce e aperto alle nuove idee. Aveva diciannove anno quando scoppiò la rivoluzione francese, un evento che segnò la sua vita e la sua formazione poiché aveva studiato il francese e conosceva ed apprezzare la sua letteratura. Uomo di vasta erudizione e aperto a nuove idee, si interessò a tutte le nuove correnti filosofiche e letterarie, dedicandosi agli studi di filosofia e di teologia, dedicandosi in particolare allo studio di G.W. Leibniz e di Cartesio.

Introdusse in Italia Immanuel Kant, divenendone uno dei più apprezzati cultori ed esegeti, criticandone però gli esiti demolitori e avvinandosi alla scuole scozzese di Locke. Le sue “Lettere filosofiche” nelle quali espone tutte le correnti di pensiero a lui contemporanee divenne un testo sacro nelle università, poiché venne considerato come il primo vero saggio della filosofia moderna pubblicato in Italia.

Luigi Settembrini fu un suo allievo che nelle sue rimembranze scrive: “con che festa noi giovani e con quanta calca tutte le colte persone si andò a udire la sua prolusione, e poi le lezioni che egli appollaiato su la cattedra dettava con l'accento tagliente del suo dialetto”. I maldicenti dicevano che “egli era mezzo barbaro nel parlare; ma in quel parlare era una forza di verità nuove, ma l'ingegno era grande, e il cuore quanto l'ingegno. Che buon vecchio! Quanto amava i giovani!”.

Stanislao Binciardi pubblicò uno studio sulla figura e l'opera “Pasquale Galluppi o i piaceri dell'intelletto, Firenze 1853”, che contiene la biografia sotto riportata.

«Nacque egli d'illustre, ma poco agiata famiglia in Tropea, piccola città della Calabria, nel 1770. I genitori lo educarono colla maggiore accuratezza, e furono aiutati nell'opera da un Ruffa che ebbe l'arte rarissima d'innamorarlo della scienza, insegnandogli filosofia sulla metafisica italiana di Antonio Genovesi. Dell'indole del suo ingegno, e dell'avanzamento da lui fatto negli studi ne sia riscontro il sapere, che a soli 13 anni, percorse le lettere greche e latine, come all'età sua si addiceva, e come comportavano i tempi, aveva pure fatto saggio di alcuni scrittori di alta filosofia. A tredici anni, intendete, o giovanetti, a tredici anni, egli godeva dell'intendere, del pensare, del lavorare colla mente; l'anima sua con con ali ancora malferme tentava il volo dell'aquila. Il quale ardimento, quando non sia presunzione, cui dieno ragione e speranza un orgoglio insipiente, all'età nostra, è pur bello! È pur bello vedere un fanciulletto che per nulla spaventato dall'assetto rugoso ed arcigno col quale alcuni pedanti, degni della sorte del maestro falisco, sonosi compiaciuti di effigiare la scienza, incurante delle ironie di compagni cattivi o giucchi, entra animoso e dura instancabile nel nobilissimo arringo!

Quando poi i genitori suoi lo mandarono a Napoli, invece di starsene ai lavori di luce riflessa, ai compendi, ai libretti appropriati alle menti più deboli, prese a studiar la filosofia nelle opere de' sommi, e fece la sua delizia sant'Agostino.

A ben comprendere la gioia che dovè provare il filosofo adolescente, trovando nel santo Vescovo d'Ippona un autore che confaceva alla tempra dell'animo suo, figuratevi per un momento, o fanciulli, anzi ognuno di voi si figuri d'essere ad un tratto, in questo momento medesimo, da mano potente e misteriosa rapito ai genitori, ai parenti, agli amici di casa, ai compagni di scuola, alla Toscana, all'Italia: e trovarsi in un paese straniero, a traversare ignoto fra ignoti lunghissime strade; e la sera dopo una giornata di vuoto affancendamento, tornare scorato

A quelle case ove nessun l'aspetta;

si figuri, mentre per parecchi giorni è andato errando in quel modo, d'incontrare all'improvviso un uomo della sua patria, un amico: oh! Come correrebbe incontro a quell'amico, e gli si butterebbe al collo, e per la mano poi con lui, continuerebbe a girare tranquillo, quasi baldanzoso, fra quella folla che prima era come cosa morta per lui! - Ecco un'immagine di ciò che goder dee un giovane non volgare, allorquando s'imbattè in un uomo o in un libro che lo intenda appieno, lo riveli a se stesso, e chi dichiari e gli abbellisca nell'anima i propri pensieri; ciò che quel giovane travedeva confusamente lo scorge allora rilevato e distinto, ciò che era muto nell'anima sua prende una voce schietta e gradita, ciò che era pallido e smorto brilla ad un tratto di luce e di colori vivissimi.

Quasi folla strana esser dovea per Galluppi la turba dei filosofanti tuta composta di principii suppositivi: semplice perché superficiale, facile perché bassa, ordinata in un mirabile organamento perché agevolissimo è l'ordine laddove l'immaginario supplisce all'esperienza, l'arbitrio domina la ragione, e la mala fede scomoda i fatti: né il buon senso, e la morale rettitudine di quell'egregio dovea trovar nulla che gli si confacesse in quei filosofi, per dirlo con ciceroniana espressione, plebei.

Sul finire del secolo scorso infatti dominava quasi da tiranna il campo delle discipline metafisiche una dottrina, la quale pretendeva che la sensazione fosse l'unica scaturigine delle idee, che la sola materia esistesse, che il semplice, l'indivisibile, e l'incorporeo fossero una mera astrazione: filosofia senza libertà di volere, anzi senz'anima e senza Dio, che i francese semplificando, ed applicando oltre il primitivo concetto, le sentenze di Locke, avevano predicata prima colle parole poi decollato un monarca, ed erigendo un nuovo altare, coi fatti. I seguaci di questa dottrina, per questa e per altre ragioni, chiamavano se medesimi spiriti forti. E siccome la genìa di costoro no è ancora spenta, voglio dirvene due parole, perché all'occasione possiate conoscerli bene.

Forti dunque si chiamavano, ed avevano ragione; ma sapete voi in che consisteva e consiste la forza di costoro? L'uomo, come coi studenti di filosofia già udiste, vive due vite: l'animale e la spirituale. Quella ci accomuna coi bruti, questa ci fa poco minori degli angeli; e per questa Iddio disse averci creati ad immagine sua. Ora siffatte due vite lottano incessantemente: e che l'animale non prenda il disopra, lo impediscono la ragione, l'autorità, le leggi, la religione. Le quali, sebbene sieno molto potenti ne' cuori bennati, pure a volte durano gran fatica a contenere gl'impeti dell'appetito superbo; e non è raro vedere, specialmente fra i giovani, chi a guisa di focoso poledro morda recalcitrante ed iroso quel freno. Ora se ad un tratto venisse con autorevole e geniale aspetto un qualcheduno, che facendosi interprete e patrocinatore di quelle cupidigie, incominciasse non contrastato, prima a predicare in favore del dolce far nulla; quindi alternando i sofismi e gli scherni alle gonfie declamazioni, ed ora eccitando a riso ora a sdegno, inculcasse che il diritto è una prepotenza, la proprietà un'ingiustizia, le leggi una rete tessuta dai birbanti e dai forti per accalappiare, a pro loro, i deboli ed in balordi, la religione una vecchia impostura politica, oh qual forza acquisterebbe bel bello sugli animi! Oh come le moltitudini pigre ed inabili a ragionare gli correrebbero dietro!

TropeaQuindi ci sarebbe forte davvero: forte come è l'adulatore astuto alla corte di un signore molle e perverso, forte della inesperienza e della nativa rettitudine altrui, come contro il povero Renzo, erano forti Azzeccagarbugli ed Abbondio. Appena però gli sorgesse a rincontro un possente, il quale, affidato nell'autorità della virtù, dell'ingegno, della scienza lo richiamasse inesorabilmente a ragionare, e svelasse al naturale buon senso della gente que' suoi cavilli, quelle sue vuote ciance che comparivano argomenti, addio lo spirito forte: voi lo vedreste fuggire, e cercare, forse invano, un ricovero contro il fremito, e le fischiate universali. Se dunque troverete alcuno di questi spiriti forte nella vita, non ve ne lasciate allucinare: fuggitelo, se potete: tacete, ché gran virtù e grande insegnamento è a volte il silenzio; e se conviene accapigliarsi con lui, accapigliatevi pure, e sappiate debitamente confonderlo e svergognarlo.

Vedete il nostro Galluppi! All'età di 25 anni nella quale non che giudicare e combattere, appena è capace l'uomo di di approvare saputamente, e seguitare ciò che vede fare da altri, sicuro nell'amore della verità, solingo in mezzo ai politici romoreggianti che allora imperversavano a Napoli, assale impavido le opinioni di moda, pubblicando una memoria apologetica in favore della religione cristiana. Scritto pregevole che fu notato poi quando l'autore, salito in fama per altre opere, fece avvertito il pubblico sui primi anni suoi. Egli però, da quell'opera fino alla storia della filosofia, cioè per cinquanta anni, rimase fedele alla via nella quale era entrato.

Nè solamente a lottare contro lo spirito predominante ne' tempi suoi gli furon conforto le consolazioni interiori, ma gli diedero pure vigore a sopportare le angustie private.

Sposato avendo Barbara D'Aquino, sorella del generale di quel nome, s'ebbe quattordici figli: onde e per le non agiate sue condizioni, e per mantenere con decoro sì numerosa famiglia dove' adattarsi ad un impiego di riscuotitore, il più alieno che immaginar si possa dai suoi studi e dall'animo suo. Ed egli piegò il capo né riluttante, né con superba rassegnazione a siffatto giogo, e seppe disperdere l'ingegno suo nelle meschine cure materiali di quel dicastero.

Certo: mentre tanti mediocri correvano, come sempre corrono, bramosi per ogni via alla potenza, alla ricchezza, a quel che si dice levarsi di be' gusti, esser dovea spettacolo maraviglioso vedere quell'altissimo ingegno adattarsi all'umile, e sgradevole sua condizione, pago nelle consolazioni della mente, e lieto nella coscienza di adempiere i suoi doveri sostentando pure una crescente famiglia: come mentre s'incendia una splendida e romorosa macchina di fuochi artifiziali è piacevole cosa veder tremolare in un canto del cupo azzurro celeste una limpida stella, la quale non manda certo faville e non romoreggia, ma qual si vede ora, tale si vedrà fino alla fine de' secoli.

Appena però poteva il Galluppi riprendere le care occupazioni sue vi si gettava di nuovo; e tanto era intenso il concentramento delle mentali sue facoltà, ch'ei rimaneva ore ed ore assorto, senza essere per nulla distratto in Tropea dal chiasso romorosissimo di tutti que' suoi figliuoli, né poi, in Napoli, dal frastuono di una strada popolosissima.

Poiché aveva egli già sessant'anni, quando, per ciò che mi fu detto, mentre il monarca delle due Sicilie, visitava un giorno a Parigi una raccolta di ritratti illustri viventi, gli fu da chi lo scortava mostrato quello del grand'uomo, dicendo: Ecco un suddito di Vostra Maestà che onora altamente l'Italia. - Tacque il re attonito a quelle parole, ma appena tornato in patria, volendo riparare al torto, di che per eccessiva umiltà il filosofo di Tropea, lo veniva, con suo rincrescimento, ad aggravare, gli conferì spontaneamente e senza esame, per mezzo del suo ministro Pietracatella, la cattedra di Logica e di Metafisica nella regia Università.

Allora sì che fa dato all'egregio uomo di immergersi tutto nei prediletti suoi studi, allora gode' senza mistura alcuna le gioie del pensiero. Tutto per la filosofia, tutto per i suoi discepoli, era bello vederlo in quelle sue lezioni non obbligatori e pur sempre affollate, abbandonarsi alla eloquenza delle idee, e trattenersi poi coi suoi scolari in amichevoli schiarimenti; ai quali, se le esigenze della vita non avessero posto un limite, la inesauribile sua sapienza, e l'amore ardentissimo avrebbe dato alimento senza fine. O le ore passate in quiete discussioni, in profonde indagini, quando l'anima, dimentica affatto dei legami che la incatenano alla terra, sentesi quasi innalzata a Dio: oh luce possente dell'intelletto dinanzi al quale

… cotal si diventa
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta!

E qui vorrebbe il tema che io parlassi, almeno per sommi capi, delle grandi opere del Galluppi; mostrandovi come a ragione fu chiamato iniziatore sapientissimo d'una nuova era filosofica nella nostra bella penisola: ma né io sarei da tanto, né quand'anco fossi, voi giovanetti, ai quali vogliono essere dirette le mie parole, potreste per avventura intendere e valutare debitamente ciò che Galluppi fece a pro delle filosofiche discipline fra noi; onde mi contenterò di accennarvi cosa che nel corso nostro, ancora incipiente, i razionale filosofia ci verrà fatto di costatare, che cioè; «il filosofo di Tropea, ritraendo gli uomini al vero col retto senso avvalorato da profonda analisi, ma senza uscire dai termini della osservazione e degli esperimenti, sconfisse gloriosamente il sensismo de' suoi predecessori, combattendolo colle sue proprie armi; e assuefece nuovamente i nostri pensanti a quella sagace riserva sperimentale e induttiva, onde nascono le utili scoperte nel giro de' fatti interni, e che è l'applicazione psicologica del metodo di Galileo.»

Monumento a GalluppiPer quattordici anni, procedendo con quel suo fido drappello di verità in verità, ei pote' godere, quasi senza turbamento, le gioie dell'intelletto, a guisa di astronomo che fisso il telescopio, ora in uno ora in altro dei corpi celesti, ritrova e comprende l'ordine dell'universo, sente coll'udito dell'anima l'armonia delle sfere; e per nulla si avvede di ciò che in più bassa regione accade intorno a lui.

Felice, quindi poteva chiamarsi il Galluppi nella sua vecchiezza. Salutato in Italia e fuori come vigorosissimo atleta della sana e diritta filosofia, come novello argomento di quell'antico vanto italiano, che i solenni traviamenti in fatto di filosofia furono sempre merce forestiera fra noi, e se ci vennero d'altronde velati, degl'intelletti italiani fu la gloria di averli scoperti; beato ne' propri studi, nell'amore della famiglia, degli alunni, dei concittadini, maturava l'ultima e più poderosa delle sue opere, la storia della filosofia, per la quale aveva raccolto numerosissimi materiali. Ma se tutto immerso nelle sue meditazioni, colle quali, notate bene, compensava esuberantemente all'impiego, e pagava alla patria ed alla famiglia il suo debito, poteva rimanere inaccessibile all'invidia, all'ambizione, ad ogni basso effetto, se poteva per avventura allentare o rompere moltissimi dei legami che lo tenevano avvinto al mondo circostante, tutti no poteva però: egli era padre! Voi qui presenti che sentite nell'anima la forza soave e terribile di questo nome, sappiatemi dire se v'è cosa al mondo che possa farne dimenticare i doveri.

Vincenzo suo figlio, giovane di alte speranze, militava, già capitano, nelle Calabrie, quando nell'anno 1844 in un infelice scontro perse la vita. Si sparse la sera questa funestissima nuova per Napoli, e gli amici che non pochi erano e caldissimi dell'infelice genitore, determinarono di soprassedere a dirglielo per tutta quella notte, l'ultima forse di sonno tranquillo per lui. Ed ei non lo seppe: ma uscito per tempo la mattina a far colazione ad un caffè, sedutosi appena, prese un giornale da leggere; e fosse forza d'istinto paterno, fosse quella specie di divinazione che ci fa scuoprire agevolmente quasi scopo della umana vita, il dolore, trovò di subito fra i nome de' morti in un'avvisaglia il capitano suo figlio. - Povero vecchio! No, io non tenterò parlare di quel fierissimo colpo; né a me, padre, darebbe animo di trattenermi in tale argomento senza che la voce divenisse fioca di pianto; né voi giovanetti, potreste intendere le mie parole; né voi, padri e madri, avete di parole bisogno. Povero vecchio! Ei cadde come morto a terra, e portato a casa da alcuni pietosi, molto ci volle perché riacquistasse le forze.

Oh ma le gioie del pensiero non gli sorrisero più! Quella cima dalla quale per tanti anni aveva contemplato un ampio, svariato, sereno orizzonte, ei non ci pote' più arrivare; e se pur vi giunse e ci si fermò, altro no vide che una distesa di nebbia morta, uguale, incresciosa; mai più fu udita la voce sua dalla cattedra; il leggere gli fu noioso, lo scrivere impossibile; e la vita sua ne' pochi mesi che sopravvisse altro no fu che una preparazione alla tomba. Nella quale ei discese colla tranquillità del filosofo, e colla speranza del cristiano il 12 dicembre del 1846.

Grande fu il compianto, non solo della famiglia e de' discepoli, ma di tutta Napoli; solennissime le esequie, e l'accompagnatura al sepolcro tale, che pura a quel modo di ogni codarda simulazione, non si era in quella città a memoria d'uomo mai più veduta. I giornali di tutta Europa parlarono di lui, e de' suoi scritti, e molti valenti ne scrissero biografie che voi, avendone vaghezza, potrete a suo tempo leggere.»


Articolo in pdf

     Parte prima

     Parte seconda


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.