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Mezzoeuro

Un percorso difficile verso la normalizzazione

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 18 del 4/5/2013


Rende, 3/5/2013


L'UBI Banca ritorna in utile

Dopo il disastroso risultato del 2011, il Gruppo ha iniziato una faticosa risalita verso la normalizzazione della gestione. “Ma è necessario che la Banca ritorni al considerare l'intermediazione finanziaria come il suo “core business” sostenendo le famiglie e le imprese”, afferma Emilio Contrasto, Segretario Unisin del Gruppo.

Il 20 aprile scorso si è tenuta a Bergamo l'Assemblea per l'approvazione del bilancio dell'UBI Banca, un gruppo di cui fa parte la “calabrese” Carime. Nonostante sia ritornato in utile per circa 83 milioni di euro per effetto di operazioni finanziarie, la situazione del gruppo si presenta ancora molto problematica. L'anno precedente si era, infatti chiuso con una perdita record di quasi due miliardi. Vi sono ancora squilibri strutturali e un peggioramento significativo della qualità del portafoglio crediti per effetto del notevole incremento degli incagli e delle sofferenze.

All'importante appuntamento annuale che quest'anno ha eletto i componenti del nuovo Consiglio di Sorveglianza che dovrà, a sua volta, provvedere alla nomina dei membri del Consiglio di Gestione per il prossimo triennio, ha partecipato Emilio Contrasto, Segretario Nazionale e Segretario Generale di Unità Sindacale Falcri-Silcea del Gruppo UBI Banca (Unisin).

Nella intervista che segue egli ha rappresentato i motivi della presenza del sindacato nell'Assemblea e espresso le valutazioni sull'andamento dell'Istituto.

“Da alcuni anni, l'Unisin partecipa all'Assemblea dei Soci, poiché ha acquisito delle quote del capitale, poiché si è ritenuto che fosse necessarie esprimere in quella sede le valutazioni del sindacato sull'andamento della gestione e sui piani industriali per superare l'attuale crisi”, dice Contrasto.

Qual'è il risultato della vostra azione?

“Già dall'anno scorso, abbiamo posto all'attenzione dell'Assemblea alcune delle principali problematiche da noi segnalate, che costituiscono un freno all’effettivo e definitivo rilancio del Gruppo, sono ancora sul tappeto".

“Questa volta abbiamo chiesto un preciso impegno al nuovo vertice del Gruppo di attivarsi per applicare concretamente un modello di gestione, in una logica di continuità del sistema cooperativistico, realmente semplificato, chiaro, univoco e riconoscibile in tutte le Aziende del Gruppo, in modo da consentire la creazione di valore che vada a vantaggio di tutte le realtà aziendali di UBI”.

Ma quali sono le ragioni di questa lunga crisi?

“Dal 2007 ad oggi il Gruppo ha registrato un consistente ridimensionamento sia della presenza territoriale che dei livelli occupazionali (-20% della forza lavoro). Tale ridimensionamento è stato realizzato con l’attuazione di manovre industriali ispirate, quasi sempre, a logiche di profitto contingenti e di breve respiro e che hanno puntato sostanzialmente solo alla riduzione del costo del lavoro. Ciò a discapito del Personale che pure è stato determinante, in questi anni, per la riorganizzazione di UBI, il suo positivo posizionamento sul mercato e il conseguimento di buoni risultati, nonostante la difficile congiuntura economica ancora in atto".

In che altra direzione avrebbe dovuto conseguire una riduzione dei costi?

“Vi è la necessità di contenere tutte le altre voci di costo a partire da quelle relative alla remunerazione degli Amministratori in essere nelle diverse Aziende del Gruppo e alle consulenze esterne. L'inversione di tendenza deve riguardare anche e soprattutto la capacità del Gruppo di prevedere sinergie da ricavi”.

Quale dovrebbe essere la strategia della banca? Quali le sue attività principali?

“Bisogna riaffidare alla sana intermediazione creditizia il core-business di UBI concentrando sull’assistenza reale a pmi, famiglie ed Enti locali l’attività della Rete commerciale che, quindi, deve essere adeguatamente dotata di Risorse Umane e di nuovi strumenti funzionali. Anche la politica di presidio dei territori deve essere rivista in quanto la chiusura di diverse Filiali, negli anni, ha inciso negativamente sulle quote di mercato detenute”.

Cosa ha provocato questo allontanamento della banca dalla sua clientela tradizionale?

“Una larga parte di clientela ha avuto spesso la percezione di una Banca complessivamente lontana. Per eliminare tale criticità, le Direzioni territoriali e le Filiali, quali strutture intermedie più prossime alla clientela e, quindi, in grado di interpretare meglio peculiarità e specificità della stessa, devono avere maggiore autonomia. Ciò garantirà, in un’ottica relazionale più immediata e fidelizzante, l‘innalzamento del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto e tempi di risposta più veloci”.

In che modo si può riacquistare la centralità nel territorio?

“Come dicevo, in primo luogo cercando di interpretare le esigenze delle famiglie e delle imprese, ma anche acquisendo un ruolo nel territorio con il concreto sostegno alle iniziative culturali, assistenziali e del volontariato è indispensabile poiché qualifica il marchio UBI quale Banca che opera nel territorio e per il territorio”.

Nonostante la forte presenza con gli sportelli Carime, il Mezzogiorno sembra aver perso importanza nella strategia del Gruppo.

“Le potenzialità espresse dalle aree meridionali sono, tuttora, sottovalutate da UBI, vista la graduale politica di smobilitazione dal territorio posta in essere nel tempo. È necessario richiedere precisi impegni e garanzie rispetto a ruolo e presenza di UBI nel Mezzogiorno".

Il Mezzogiorno attraversa una drammatica crisi occupazionale, e anche le banche hanno contribuito a questa situazione con il ridimensionamento del personale e con la compressione delle retribuzioni.

“Per quanto riguarda, poi, le Risorse Umane non possono essere ulteriormente impoverite dall’adozione di politiche salariali restrittive ma al contrario motivate da percorsi di carriera certi e commisurati alle professionalità possedute. Occorre, poi, stigmatizzare la continua tendenza a ridurre il numero degli addetti che costringe il Personale a operare in condizioni di grande disagio a tutto svantaggio della qualità della lavoro, della capacità produttiva e del livello di servizio offerto alla clientela”.

In questi anni si è andati in direzione opposta, con una restrizione del personale.

“In tutto il Gruppo bisogna procedere all’immissione di nuova e stabile forza lavoro e investire ancor di più in formazione, specie quella in materia di gestione ed erogazione del credito. Non bisogna, infatti, mai dimenticare che i Lavoratori sono “avamposti” sui territori che quotidianamente si propongono anche come partner delle aziende per valutarne rischi e potenzialità. Con le sole macchine, per quanto evolute, non si fanno investimenti e non si fa impresa. Le Banche devono rimettere le persone al centro della loro azione. È quindi indispensabile attuare trasparenti ed equi sistemi retributivi, in un’ottica di omogeneizzazione verso l’alto dei trattamenti da riconoscere a tutto il Personale di UBI; prevedere un modello unico di welfare di Gruppo; perseguire politiche di gestione delle Risorse effettivamente improntate ai principi contenuti nel Codice etico di UBI ed indirizzare l’azione d’impulso commerciale al rispetto della dignità personale e professionale del Lavoratore. Inoltre, è necessario definire velocemente il Premio Aziendale in tutte le Banche e Società di UBI".

Cosa auspica per il futuro?

“Le relazioni industriali devono essere improntate al conseguimento di soluzioni partecipate nonché un maggiore impulso verso la tenuta di un confronto sindacale finalizzato alla costante ricerca di percorsi condivisi poiché il sistema della concertazione rappresenta certamente lo strumento migliore per consentire al Gruppo di affrontare e vincere le maggiori sfide in essere e quelle che si presenteranno in futuro".


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