Metti una sera un cenadi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XII num. 26 del 29/6/2013 |
Rende, 28/6/2013
Rende un sindaco a Cinque Stelle
Il prof. Becchi è convinto che il rilancio del movimento comincia dal Sud. Dopo Ragusa, la prossima tappa dovrà essere sulle rive del Campagnano per risalire verso Teano ripetendo lo storico incontro con il Nord per costruire una Italia finalmente unita nel buon governo.
Una due giorni fitta fitta d'impegni quella del Professor Becchi qui a Rende. Assurto agli onori della cronaca come l'ideologo ufficiale di Peppe Grillo appartiene al ristretto numero del nuovo cerchio magico che si sta creando attorno alla Lanterna. La Lega è lontana con i suoi tormenti diamantiferi, qui si gioca la partita del cuore, l'equilibrio di potere dei prossimi anni.
Forse sarà un caso, ma anche il professor Becchi è un genovese DOC, e sicuramente Gilberto Govi sta godendo per questa nuova centralità assunta dalla Superba, che contende ancora una volta il potere ai toscani. Ieri era Pisa la rivale, oggi è Livorno, la città di Enrico Letta, a cui contende un potere assunto miracolosamente da qualche settimana, proprio per il gran rifiuto del nuovo personaggio del panorama politico nazionale.
Forse c'è qualche ripensamento, qualche dubbio sul mancato impegno per uno governo di cambiamento. Nessuna incrinatura. Una decisione decisa, un dogma incrollabile il rifiuto di qualsiasi governo con il Pdl meno Elle, nel nome della purezza degli ideali, del rispetto degli impegni elettorali, delle opinioni espresse da questi misteriosi personaggi che azionano i potenti bottoni del web. Sembra che si stia materializzando il mondo liquido, universo alla Baumann con la liquefazione della stanza dei bottoni, trasformati in impulsi elettronici, quale espressione dell'agorà informatica, dove si riuniscono i cittadini della “Nuova Atene” del futuro, che vogliono realizzare il sogno di una democrazia partecipativa in una società complessa quale quella attuale, popolata da milioni di individui, interessi contrapposti, pluralità di visioni democratiche. Grandi idee che esprimono piccoli numeri, una manciata di voti provoca decisioni devastanti, epurazioni che hanno un sapore antico. Quanti pietruzze sono bastate per condannare all'esilio e Socrate alla morte?
Qui si tratta di un processo di decantazione di un movimento cresciuto troppo in fretta che ha bisogno di liberarsi delle zavorre che ha imbarcato nel suo tumultuoso cammino. Bisognava scegliere un metodo che rispondesse alla filosofia del movimento.
Una apertura in quel momento delicato avrebbe potuto imbarcare tanta acqua sporca, politici trombati che volevano usare il movimento per scopi personale, come una grande lavanderia politica. Il rischio era serio ed evidente. Meglio allora ritirarsi nel grembo, dare spazio solo ai giovani che avevano seguito la sua crescita, un numero ristretto e in gran parte privo della necessaria cultura politica e dello spesso intellettuale. Preferibile l'aria fresca dell'ingenuità, gli errori dell'inesperienza alle tortuosità dei politici navigati, alle ambizioni di personaggi senza scrupoli alla ricerca solo di una opportunità per continuare a perseguire i propri interessi personali.
Un movimento giovane che ha bisogno di strutturarsi, di definire il suo modus operandi, i criteri di selezione, le regole d'ingaggio di coloro che vogliono contaminarsi.
“Nei meet-up e nei forum agiscono in pochi”, sostiene Gianfranco D'Atri, docente dell'Unical, “ma questo risponde alla logica della democrazia rappresentativa. Il Parlamento è costituito da un migliaio di persone e viene percepito come pletorico. In rete il numero di partecipanti è sempre più elevato delle presenze nelle commissioni o dei membri del Parlamento che approvano le leggi, una garanzia di maggiore democraticità”.
Il problema è nella rappresentatività del campione. In rete è si specchia solo una delle componente della società, i forum formano un campione molto distorto della realtà, e non hanno la legittimazione che solo un controllo rigoroso può dare. Cosa avverrebbe se si dovesse realmente decidere l'entrata in guerra contro la Croazia per riprendersi Fiume?
Una questione assurda, come era assurdo pensare che in Jugoslavia milioni di persone si sgozzassero reciprocamente in nome della purezza della razza.
Come mai qui professore? Non è una intervista, perché risponde direttamente ex-cathedra, il prof. Becchi, accorso al richiamo del suo amico Alessandro Mazzitelli, un fine professore di Diritto costituzionale che si alternano in una sorta di “lectio magistralis” a due voci sugli aspetti costituzionali dell'attuale situazione politica.
Un ritorno alle origini del mio cammino universitario, “nel luogo dove ho sostenuto il mio primo esame di ricercatore”, ricorda il Professore. “Arrivavo in una campagna, tra il profumo della terra, che si attaccava alle scarpe. Oggi è tutto cambiato, vi è una strutta enorme e complessa, un ateneo moderno e prestigioso e “sono contento di esserci ritornato dopo tanto tempo, perché ho rivissuto le emozioni di allora”. Il richiamo della foresta, il ritorno al grembo materno, al luogo dove ebbe inizio il lungo viaggio che lo ha portato dentro il potere nazionale.
Si alternano a parlare i due cattedratici con toni molto critici per per questo strano connubio tra due forze inconciliabili che ha provocato un golpe strisciante e continuativo attuato con uno stravolgimento del dettato della carta, nella quale non è prevista la rielezione del Presidente. Non è neanche vietato, ma lo impedirebbe la logica e la prassi costantemente seguita. Così come irrituale appare il diktat imposto ai partiti all'atto della accettazione, che costituisce un atto di abiura della politica al suo ruolo naturale di mediazione e ricerca di un compromesso in nome della governabilità. Cos'è questo governo delle larghe intese se non la difesa del potere costituito, la continuazione del montismo senza Monti, la riedizione del compromesso che di storico vi è rimasto solo il richiamo a un momento lontano.
Una strisciante rivoluzione verso un sistema semi-presidenziale, con una figura che era stata disegnata come neutra, di pura rappresentanza e di garanzia costituzionale, che diventa centrale, che si arroga il diritto non di nominare il Presidente del Consiglio, ma di garantire la sopravvivenza, di gestirne la nascita e la sua operatività legata a un agenda dettata dallo stesso Presidente.
Di fatto assistiamo a un premier sotto tutela. Un tema delicato che ha appassionata la sala, gremita di un pubblico attento e partecipativo, con una richiesta di partecipazione inconsueta per appuntamenti di questo genere. Una voglia di parlare che è stata impedita solo per la mancanza di tempo, e la necessità di dover liberare l'aula per non mettere in libertà i custodi.
Tra le tematiche introdotte non poteva mancare il richiamo all'euro, alla politica europea, al commissariamento del nostro paese da parte di poteri forti.
Il richiamo del professore Mazzitelli è stato molto deciso. Non c'è futuro senza Europa, non c'è futuro con questa Europa. La risposta è la costruzione di una grande Stato federale, una Europa politica, con una propria politica di bilancio, un governo politico e la definizione di uno spazio giuridico entro il quale potersi riconoscere, che salvaguardi i principi basilari della nostra civiltà costruita con il sangue nel corso dei secoli.
Un lungo applauso accoglie la notizia declamata al microfono della condanna del Cavaliere per il Rubygate. Un applauso liberatorio di quasi tutta la sala. Quasi, perché si percepisce che si sono ancora degli irriducibili supporter convinti che nell'ippodromo elettorale vince il cavallo e non il fantino, di cui si può anche ignorare il nome. Condannato a sette anni. Ha detto tette? No, no, sono sette Presidente. È una delle battute che corrono sul web, e su quelle tette usate ed abusate che si gioca la sua partita il Cavaliere, costringendoci ancora una volta a misurarci con le sue pruderie.
Cosa succederà quando le cadute avranno completamente acciaccato il Cavaliere?
Si profila ancora una volta un governo di cambiamento? Vade retro satana. Non vi sono margini di trattativa, e il movimento sta trovando il suo equilibrio dopo lo sbandamento iniziale.
Bisogna ritornare immediatamente alle urne, riprendersi la scena, rilanciare la partita. La palude è mefitica per chi è costretto a fermarsi, ad aspettare che altri decidano le mosse. C'è bisogno di una spallata la governo, perché la guerra di logoramento è letale, rischia di far proliferare le zanzare anofele nella palude politica.
Nel meet-up a chiaro di una splendida luna, tutto è più informale. Ci si confronta con i problemi pratici, i rimborsi, le espulsioni, le proposte di legge, i prossimi scenari politici, molto lontano dalla ritualità della politica politicante, ingenuamente candida e immacolata nelle sue aspettative, una logica prigioniera di un giovanilismo che ha bisogno di corroborarsi, misurarsi con le difficoltà del governare le difficoltà, nel rispondere alle ansie e alle attesa di chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese.
Lontano dai riflettori dei talk show, dove è costretto a recitare una parte come tutti, il Professore Becchi è una persona simpatica, dal viso gioviale e leale nell'espressione pronta a un sorriso accattivante, un cattedratico fine e sottile nelle sue argomentazioni.
A cena è un'altra storia, la conversazione diventa conviviale, con frequenti divagazioni personali, richiami ad aneddoti e ricordi. La 'nduja assume il valore di simbolo della calabresità, che trova più estimatori fuori che tra gli stessi calabresi, perché richiama amori e sapori antichi.
Ci si sofferma sugli errori del movimento, che costringono a una riflessione, inducono alla maturazione di comportamenti più responsabili. Errori di crescenza. Nel frattempo però quegli errori hanno costretto tutti a prendere atto di un cambiamento dello schema logica, hanno indotto un ripensamento dei metodi tradizionali della politica. Si ha bisogno di genuinità della rappresentanza, e l'ingenuità dell'inesperienza gioca un suo ruolo perché qualsiasi rivoluzione o grande trasformazione passa attraverso la cruna dell'ago dell'impossibile, realizza una utopia, rompe un equilibrio.
Vi è comunque la voglia di ricominciare il cammino, di rilanciare il progetto. Nella pausa di riflessione vi sono segnali positivi: la conquista di qualche comune, come Ragusa, ma soprattutto permane intatta la voglia di cambiamento, che ancora una volta si è rifugiata nel cono d'ombra dell'astensionismo. Bisogna rinnovare la proposta, stimolare l'interesse, dare una speranza.
I giovani sono un patrimonio inestimabile, ma accorre fare ricorso anche all'esperienza, alla competenza, alla capacità, dare delle risposte in termini di governabilità dei sistemi complessi qual sono oggi gli enti locali, le società pubbliche.
Ci si guarda intorno, a questa area urbana che appare comunque anomala nel panorama meridionale, una piccola metropoli indistinguibile nella sua suddivisione amministrativa, che appare piuttosto una costrizione che un residuo storico, con la sua università, il museo all'aperto, la tradizione culturale, il fermento di idee e di iniziativa.
Bisogna iniziare da qui, ripartire con un grande progetto per il Sud, dimostrando la capacità di cambiamento in una realtà che ha saputo mantenere una sua dignità di sviluppo, rifiutando il modello di crescita disordinata, governata dal caos e dall'abusivismo. Qui quella logica è stata tenuta fuori, ma oggi mostra qualche segnale di cedimento. Ripartire da qui per rilanciare la purezza del movimento.
Il prof. Becchi fa mentalmente qualche rapido calcolo di strategia politica, traccia un identikit di un personaggio che possa competere e assicurare la gestione di una realtà complessa dove vi è la presenza di un ateneo, la necessità di inventarsi una politica di conurbazione urbana, di dare continuità a una logica di rifiuto dell'abusivismo, recuperando spazi di agibilità politica. Salta fuori qualche nome. Perfetto, l'uomo giusto al posto giusto.
Sembra sollevato come succede dopo un parto naturale, che richiede tuttavia un grande dispendio di energia fisica e intellettuale.
Saremo qui a settembre per iniziare questa risalita lungo la penisola. Nel frattempo è necessario costruire l'ipotesi all'interno del movimento, rispettare le formalità difendendo il progetto. La cena è finita. Il futuro è domani, con una politica che ha il profumo del bucato della nonna.
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